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Autore: shesfede    22/06/2012    9 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter three.
 

1864
Con passi piccoli e veloci svicolavo lungo gli infiniti corridoi del palazzo, cercando di evitare la servitù, ma soprattutto mia madre. In quei giorni la vita a corte era diventata un vero inferno: tutti erano troppo occupati coi preparativi del ballo in maschera primaverile che mia madre era solita organizzare ad ogni equinozio. Le famiglie più antiche della città erano invitate nella nostra residenza per trascorrere una notte tra balli e musica. Un modo, secondo gli organizzatori e i partecipanti, regale ed elegante per festeggiare l’arrivo della nuova stagione.
Personalmente detestavo i balli e quel genere di feste: i cerimoniali da dover rispettare alla regola, i nobili riuniti che osservavano con attenzione ogni tua mossa per poterti attaccare non appena avessi sbagliato, le giovani della mia età con la puzza sotto il naso che si atteggiavano a regine solo perché erano nate con un cognome importante.
Più tempo passavo in quell’ambiente di corone e titoli, più mi rendevo conto di essere nata dalla parte sbagliata della giostra. Io non ero fatta per i pizzi e per i merletti, non mi piaceva atteggiarmi a nobil donna, ero incapace di impartire degli ordini. A stento riuscivo a controllare la mia vita, come avrei potuto allora gestire un intero territorio come quello di Cambridge? No, la vita con me aveva sbagliato tutto. Sarei dovuta nascere nel borgo, tra la polvere e il disordine. Sarei dovuta essere libera di fare le mie scelte e di sbagliare, senza mai essere giudicata o, peggio, colpevolizzata. Sentivo la necessità di dare voce ai miei sentimenti e ribellarmi a quel costume, ma sapevo di non poterlo fare. Perché per quanto detestassi la società in cui vivevo, amavo la mia famiglia e mai avrei voluto farle un torto.
Introdottami nelle stanze della servitù, grazie ad Emily arrivai nel giardino sul retro senza che nessuno mi vedesse. «I vostri genitori mi caccerebbero se sapessero che ogni volta che sparite è per colpa mia» mi disse con tono severo, ma morbido allo stesso tempo.
«Oh Emily» le sorrisi. «Sapete benissimo di essere molto di più di una semplice dama di compagnia. Mi avete cresciuta, così come state facendo con Elle. Siete come una seconda madre per me e lei e come una sorella per mia madre: non vi caccerebbero mai.» La congedai dopo questo discorso e lei mi lasciò andare, consapevole del fatto che tanto sarei sparita comunque.
Emily era l’unica estranea alla mia famiglia di cui mi fidassi ciecamente. Lei era stata la prima a cui avevo confidato la volontà di evadere da quel mondo e lei era stata l’unica a capirmi realmente. Nonostante mia madre si impegnasse ad educare Elle per un futuro regno, sapevo che il suo più grande desiderio era quello che fossi stata io ad ereditarlo. E probabilmente, nonostante tutto, sarebbe andata a finire così.
Tra le piaghe del vestito avorio che indossavo nascondevo il libro che avevo detratto dalla libreria, in modo da sedermi all’ombra di un albero e immergermi nella sua lettura per le ore successive. In quel modo sarei stata da sola per un po’ di tempo e sarei riuscita a staccare la mente.
Da lontano vidi la quercia sotto la quale ero solita leggere. Era l’unico grande albero in quel piccolo giardinetto riservato alla servitù, ma sapeva farsi valere. Era maestoso e rigoglioso: un spettacolo della natura secondo il mio parere. Mi avvicinai intonando una lieve melodia, ma qualcosa mi presa di sorpresa. Una lepre, o forse un coniglio, schizzò improvvisamente via, passando davanti ai miei occhi ad una velocità strabiliante. Sembrava quasi che stesse scappando da qualcosa o da qualcuno. Mi avvicinai di qualche passo,  fino a quando una figura grande e dominante non si alzò davanti a me.
«Harry» sussultai. «Mi avete spaventato, non credevo di trovarvi qui» continuai, ricomponendomi dopo il lieve spavento. Avanzai un altro po’, fino a raggiungerlo ai piedi dell’albero. L’ombra dei rami ci proteggeva da quel lieve sole che brillava nel cielo. Un leggero venticello tirava, scompigliandomi i capelli che erano legati in una lunga treccia.
«Juliet, come siete incantevole» disse con voce calda e seduttrice, prendendo dolcemente una delle mia mani e posandovi un delicato bacio, come nel nostro primo incontro.
«Tutti questi complimenti finiranno col viziarmi» lo ammonii, sorridendogli in imbarazzo. Tirai su l’ampia gonna dell’abito e, cercando di fare attenzione per non rovinarlo, mi sedetti a terra sulla soffice erba verde. Poggiai il libro che avevo portato con me al mio fianco, convinta che per quel pomeriggio non avrei dedicato ore alla lettura.
«Siete la figlia del duca, è giusto che io vi vizi.» Sorrise beffardo, mentre con un gesto agile e veloce si sedette al mio fianco. Voltai il viso nella sua direzione, perdendomi a contemplare la sua bellezza disumana. Era bello come nessun ragazzo, i suoi occhi erano come specchi e il suo sorriso illuminava più del sole stesso.
In quei giorni mi ero ritrovata più di una volta a condividere del tempo insieme a lui. Quando ero con lui mi sentivo libera di parlare di qualsiasi cosa, e così facevo. Stavo bene quando lui era attorno a me, mi faceva sentire speciale, in modo diverso dal solito però. Lui mi trattava come se non avessi un titolo nobiliare, come se tutte quelle attenzioni che mi dava non mi fossero dovute, bensì dovessi conquistarmele. Diceva che trascorrere del tempo insieme a me gli piaceva e che non lo faceva esclusivamente per non fare un torto alla figlia del Duca. Mi piaceva e mi faceva sentire reale.
«Non voglio che mi vediate così, io per voi sono Juliet e basta» dissi ad alta voce, dichiarando quello che era il mio pensiero ma che lui già conosceva. Sentii qualcosa di caldo accarezzarmi la guancia e, anche se non avevo bisogno di farlo, mi voltai per guardarlo sorridere mentre strofinava le sue dita sulla mia candida pelle.
«Non volevo turbarvi, cercavo solo di essere ironico. Chiedo scusa se vi sono sembrato indelicato» si scusò in una maniera terribilmente amabile. Ogni cosa in lui era impossibile da non amare, dal modo in cui si scostava i capelli ai suoi atteggiamenti garbati e cortesi.
«Scusate voi il mio inesistente senso dell’umorismo.» Mi mossi leggermente col busto e, anche se non era mia intenzione, lui ritirò la mano. Lentamente feci scivolare via il nastro che teneva legati i miei capelli, liberandoli da quell’incastro di nodi. Aiutata dal leggero soffio di vento, con la mano li ravvivai, in modo da far sparire i segni della treccia che avevo fatta fino a poco prima.
«Dicevamo?» chiesi ad Harry divertita, notando la sua espressione ammutolita di fronte a quel mio gesto. «Non credevo che bastasse così poco per mandare in confusione un uomo come voi» ridacchiai, dato che lui non rispondeva.
«Credevo che aveste già capito che non sono immune alla vostra bellezza.» Le dita della sua mano intrecciarono alcune mie ciocche di capelli, giocando ad arricciarli. Arrossii imbarazzata, come ogni volta che lui mi rivolgeva un complimento.
Aiutandomi con le braccia mi spinsi più vicina a lui, poggiando la testa sulla sua spalla senza dire nulla o domandargli il permesso di farlo.
«Vostro padre non approverebbe la confidenza che mi concedete» disse, stringendomi a sé con un braccio. La sua stretta era salda e forte, mi faceva sentire sicura e protetta.
«Finchè mio padre non lo scopre non abbiamo di che preoccuparci.» Alzai lo sguardo, fino ad incrociare il suo. Mi parve di vedere il mio volto riflesso nei suoi profondi occhi verdi, che in quel momento brillavano di uno strano luccichio. Il suo viso, sul quale era accennato un sorriso, si faceva sempre più vicino al mio.
Percepii uno strano nodo alla bocca dello stomaco, ma non era il solito dolore di pancia. Era qualcosa che ti stringeva, ma che ti trasmetteva anche una sorta di calore. Dei brividi mi percorsero la schiena quando la sua mano scese dalle mie spalle al fondoschiena. Mi attirò leggermente a sé, fino a far scontrare le nostri fronti che adesso erano poggiate una contro l’altra. Sorrisi, intuendo cosa sarebbe successo di li a poco.
Schiusi leggermente la bocca, aspettando che fosse lui a poggiare le sue labbra sopra le mie. E così fece qualche istante dopo.
La sua bocca sapeva di fragola, il frutto che più gustavo al mondo. O forse era solo una mia impressiona data la situazione. La sua lingua fece una leggera pressione contro i miei denti e, istintivamente, la feci entrare in modo che incontrasse la mia. Si intrecciavano in una danza particolare, un tornado di emozioni di cui solo loro erano le protagoniste.
Allungai le braccia dietro al collo di Harry, affondando le mani dentro i suoi folti ricci. Mi divertii a giocarci, mentre lui con la mano libera mi cingeva la testa, attirandomi ancora di più a lui.
Fu un bacio che durò giusto qualche minuto, anche se in realtà mi sembrò un’eternità. Quando fummo costretti ad allontanarci per riprendere fiato, tornammo a far combaciare le nostre fronti. I nostri nasi si strofinarono accidentalmente, facendomi divertire. Mi morsi il labbro, cercando di assaporare ancora il dolce gusto che quel bacio aveva avuto.
«Siete davvero speciale, Juliet» mi sussurrò, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Io scossi la testa, circondando nuovamente il suo collo con le mie esili braccia.
«Sei davvero speciale, Juliet» lo corressi, provocando in lui una leggera risata.
«Sei davvero speciale, Julie» ridisse, aggiungendo una piccola variazione personale.
«Julie?» gli domandai curiosa. «Nessuno mi ha mai chiamato così» sorrisi. Era qualcosa di insolito per me, ma mi piaceva come suonava.
«Si, esatto: Julie. Da oggi ti chiamerò così, sarà qualcosa di speciale ed esclusivamente nostro» mi rispose, per poi baciarmi di nuovo, questa volta in maniera più casta e composta rispetto alla precedente, che invece era stata più passionale e spinta.
«Mi piace Julie» gli sussurrai ad un orecchio. Lo tirai per il colletto della camicia, mentre lentamente indietreggiavo col corpo. Mi spinsi verso il terreno, fino a quando non lo toccai con la schiena. Lui si sdraiò leggermente sopra di me, aiutandosi con le braccia.
Ci baciammo di nuovo, alternando baci leggeri, dove le nostre labbra a stento si sfioravano, a baci dove bramavano disperatamente l’uno le labbra dell’altro. Ogni volta che questo succedeva sentivo una scarica di adrenalina attraversarmi il corpo ed era la sensazione più bella che avessi mai provato, perché mi faceva sentire come se ci appartenessimo.
 
2012
Un vento forte tirava quella notte, creando un’atmosfera tetra e terrificante. Sentivo il sibilo che emetteva quando si insediava tra i rami degli alberi nonostante le finestre chiuse e la testa infilata sotto la calda coperta. Probabilmente un temporale sarebbe iniziato di lì a poco data la situazione. Al rumore del vento mi parve di accostarne un altro, diverso e meno definito. Lasciai perdere, cercando di riprendere nuovamente sonno. Sicuramente si trattava di qualche animale fuori che cercava riparo dal vento.
Quella era stata una giornata abbastanza stancante e avevo le forze a raso terra. Rivedere Harry a scuola mi aveva consumato le energie e i mille e uno pensieri che mi riempivano la mente da quando erano tornati non facevano altro che procurarmi un mal di testa perenne.
Quando stavo per ricadere nel sonno lo stesso rumore di prima si fece risentire, questa volta più acuto e preciso. Sembravano essere dei passi, anche se non ne ero sicura dato lo stato di dormiveglia in cui mi trovavo. Lentamente mi alzai dal letto e mi avvicinai alla scrivania che si trovava in un angolo della stanza. Aprii uno dei cassetti e presi la torcia che tenevo lì. Dato che avevo deciso di fare un giro di perlustrazione per l’appartamento quella mi sarebbe tornata piuttosto utile.
Più andavo avanti nella perlustrazione delle camere, più in me cresceva l’idea che di punto in bianco mi sarei ritrovata nuovamente faccia a faccia con Harry. Imprevedibile com’era, avrebbe potuto azzardare ancora una volta una mossa del genere. Dovetti però ricredermi quando ebbi visto che anche l’ultima stanza rimasta era vuota. Tornai così in camera, decisa che se avessi continuato così avrei contattato io stessa uno psicologo per farmi curare. Dovevo smetterla di farmi condizionare la vita in quel modo, dovevo darmi una calmata o sarei diventata davvero pazza in poco tempo.
La mia stanza era come l’avevo lasciata: buia e vuota. Tornai al cassetto della scrivania e vi riposi dentro la torcia, tanto ormai non mi sarebbe più servita. Quando però mi voltai per tornarmene a letto, capii quanto affrettata fosse stata mia decisione.
«Aaah!» urlai come una bambina in preda al panico. Si, perché io avevo davvero paura in quel momento.
«Però, non credevo di essere così sexy fino al punto di farti urlare alla mia vista.» Inspirai ed espirai profondamente ripetute volte, prima di riprendermi totalmente da quello spavento. Nonostante avessi già riconosciuto la sua voce, realizzai di trovarmelo davanti solo quando lo ebbi guardato coi miei occhi.
«Non ci credo, Zayn sei qui!» Gli gettai le braccia al collo e lo obbligai a prendermi in braccio. Si, ero una bambina a tutti gli effetti a quanto pareva. Ma non potevo reagire diversamente all’arrivo del mio migliore amico dopo più di un anno dall’ultima volta in cui lo avevo visto.
«Che hai fatto tutto questo tempo? Dove ti sei cacciato?» lo riempii di domande, pretendendo delle risposte che però non arrivavano. Lui mi guardava divertito, mentre mi rimetteva coi piedi per terra.
«Un po’ qua, un po’ là» rispose evasivo, come era tipico di lui fare. Quando era partito aveva detto di voler visitare l’America, ma non avrei mai pensato che quella sua vacanza sarebbe durata così tanto tempo.
«Mi sei mancato da morire» gli confessai, abbracciandolo nuovamente.
«Anche tu piccoletta, anche tu» disse dolcemente, stringendomi con le sue forti braccia.
Avevo conosciuto Zayn a qualche mese dalla mia trasformazione. Ero incontrollabile all’epoca, incapace di comprendere in pieno quello che mi stava succedendo ma soprattutto quello che stavo facendo. All’inizio lui era stato duro con me, minacciando anche di uccidermi, ma alla fine si era rivelato completamente diverso. Mi aveva insegnato a controllarmi e a gestire i miei poteri e nel frattempo era diventato un buon amico. L’unico che avessi mai avuto. Era come una sorta di fratello maggiore, qualcuno che mi proteggeva e che si prendeva cura di me.
«Ora però esigo che tu mi racconti tutto quello che hai fatto in questi mesi, intesi?» Gli puntai un dito contro il petto, fissandolo negli occhi con sguardo da finta cattiva.
«Non puoi fare una delle tue solite magie e gironzolare da sola nei miei ricordi?» sbuffò, ridendo divertito. Feci di no con la testa, obbligandolo a seguirmi sul letto e a parlarmi del tempo trascorso lontano da me.
 
«Boston, Los Angeles, New York, Phoenix» elencai solo alcune delle città in cui era stato «Certo che non ti sei fatto mancare niente!»
«Si è trattato di un bel viaggio, devo ammetterlo» assentì, mentre con una mano si pettinava il ciuffo che forse adesso necessitava di una leggera spuntatina.
«Come mai sei venuto da me in piena notte? Si insomma, spaventarmi nel sonno ti allettava così tanto?» Lui mi fissò perplesso per qualche minuto, per poi buttare indietro la testa e scoppiare a ridere. «Davvero divertente, Malik. Ora sputa il rospo, cosa ci fai qui?»
Alzò le spalle, guardandosi intorno. «Deve esserci un motivo per venire a trovare la mia migliore amica?» chiese, guardandomi interrogativo.
«Suppongo di no» mi arresi infine. Non aveva tutti i torti e forse la mia era solo una sensazione sbagliata.
«Sono qui perché avevo voglia di vederti» disse teneramente, pizzicandomi una guancia. «Anche se…» continuò, diventando improvvisamente serio e cupo.
«Anche se…?» lo spronai a continuare. Forse il mio presentimento non era del tutto sbagliato. Non mettevo in dubbio il fatto che gli mancassi, ma forse c’era davvero qualcos’altro sotto.
«Ecco, io ho avuto una visione su di te» si decise infine a dire. Non era la prima visione di me che Zayn aveva. Solitamente erano più frequenti più una persona era a te legata, perciò non mi sorpresi più di tanto.
«E cosa hai visto?» gli chiesi diretta, sperando che per una volta fosse qualcosa di bello e non le solite disgrazie che una visione preannunciava.
«Ho visto te che parlavi con un ragazzo nella tua cucina» si fermò subito, grattandosi la testa in difficoltà. Stava cercando le parole più giuste per dirmi ciò che doveva, anche se non sembrava essere una cosa facile.
«Juliet non voglio allarmarti, anche perché non sono sicuro che sia lui, ma…» Fece un’altra pausa, forse la più lunga di tutte fin’ora. «Ma credo che si trattasse di Harry. Temo che lui sia sul punto di ritrovarti» si decise finalmente a parlare e a svelarmi quel mistero.
Sospirai, capendo che ormai era troppo tardi per andare via. «Zayn, lui mi ha già trovata.»
 
Se ci sono problemi chiamami, Zayn xx. Lessi il messaggio e gettai nuovamente il cellulare nella tracolla. Era forse la quinta o la sesta volta che Zayn mi mandava un messaggio del genere e, nonostante io tentassi in mille modi a rassicurarlo, lui continuava insistente. Riposi i libri ormai inutili nell’armadietto e presi quelli che invece mi sarebbero serviti per la prossima lezione. Sistemai la borsa e la misi in spalla, mentre controllavo se nei paraggi ci fosse Liam. Lo avevo intravisto quella mattina all’entrata di scuola, per poi perderlo di vista per il resto della mattinata. Avevo soltanto capito che si era ripreso da quell’improvviso virus che aveva contratto il giorno prima e che adesso stava bene. C’era poco che quadrava in quella storia, ma se l’unico modo per capirne qualcosa era parlare con Harry allora avrei continuato a stare nell’ignoranza. Persi definitivamente le speranze di rintracciare Liam quando il mio udito captò finalmente qualcosa.
«Così siamo insieme anche a matematica, praticamente seguiamo gli stessi corsi!» Riconobbi la voce di Liam, allegra e serena come sempre. La percepivo forte e chiara, segno che non si trovava poi così lontano da me.
«Già, davvero curiosa come cosa.» Istintivamente sbattei con forza l’anta dell’armadietto per richiuderlo quando sentii la sua voce. Aveva decisamente superato il limite, anche se da lui me lo sarei dovuto immaginare.
Schivai la folla di studenti che camminava nella direzione opposta alla mia fino a raggiungerli. Liam stava tranquillamente dialogando sorridente davanti al suo armadietto, mentre il suo interlocutore si fingeva interessato a quel discorso incentrato su compiti e appunti di qualche lezione. Harry si accorse subito di me e ne fui certa quando sul suo viso vidi apparire un sorriso di quelli che lasciano intendere che ha raggiunto il suo scopo. La voglia di afferrarlo e attaccarlo al muro era tanta, ma sapevo di non potermi lasciare andare, anche perché avrei perso io.
«Liam» lo chiamai forte, facendolo voltare verso di me.
«Ehi» mi salutò sorridente, facendomi segno di avvicinarmi a lui. Quella situazione mi agitava come poche cose. Vedere Liam, così innocente e ingenuo, vicino a Harry non prometteva nulla di buono.
«È tutta la mattina che ti cerco, dove sei finito?» Mi sforzai ad essere il più naturale possibile per non farlo insospettire, ma la presenza di Harry mi agitava parecchio. Se ne stava lì, vicino a noi, come se niente fosse, guardandoci e ammiccando.
«Scusa, sono stato impegnato» si scusò, scompigliandosi i capelli con una mano. «Conosci già Harry, vero? Stiamo a storia insieme.» Ecco che il peggiore dei miei incubi stava prendendo forma. Era riuscito a farsi spazio nella mente di Liam, a convincerlo ad essere suo amico. Mi sorrise cordiale, allungando una mano verso di me.
«Destiny, giusto?» chiese con la sua voce profonda e calda. Guardai la sua mano tesa a mezz’aria e Liam che mi osservava, probabilmente sorpreso del fatto che ancora non gliela avessi stretta ancora.
«Esatto, Destiny» risposi, marcando forse un po’ troppo il nome. Per fortuna Liam non se ne accorse. Strinsi la sua mano velocemente, cercando di limitare ad un breve tempo quel contatto che, nonostante tutto, mi provocò degli strani brividi. Per un attimo pensai che i sentimenti che provavo per lui stessero riemergendo, ma mi bastò poco per realizzare la realtà dei fatti. Aveva provato a farlo, aveva tentato di usare il suo potere su di me.
La delusione della sconfitta gli si leggeva in volto. Lo avevo sorpreso e quella era una bella soddisfazione. Una cosa di cui Harry non era a conoscenza erano appunto le mie doti speciali, così simili alle sue al punto tale di permettermi di contrastarlo e impedirgli di manipolarmi a suo piacimento nonostante non fossi al massimo delle mie forze data la mia dieta a base di sangue animale che seguivo.
La campanella per fortuna suonò, interrompendo quel momento tanto fastidioso quanto imbarazzante.
«Devo scappare, ho la verifica di inglese» disse sbrigativo Liam, torturandosi le mani per l’agitazione, aveva un’ottima media, ma l’ansia lo possedeva sempre prima di un test. «Pranziamo insieme?»
Lo guardai, annuendo. «Certo» dissi, avvicinandomi a lui. Lasciai che mi posasse un dolce bacio sulle labbra, prima che si incamminasse verso la sua aula.
«Ciao Harry, ci si vede in giro» aggiunse soltanto, mentre il riccio si limitò ad un segno col capo. Si era infastidito, anche se non lo dava a vedere.
Quando Liam se ne fu andato io lo imitai. «Aspetta» mi fermò Harry, questa volta senza usare maniere forti e prepotenti.
«Cosa vuoi ancora?» Incrociai le braccia al petto, guardandolo dura. Non mi sarei mai dovuta voltare verso di lui nuovamente, specialmente ora che eravamo da soli, eppure c’era qualcosa (forse la curiosità) che mi spingeva sempre a farlo.
«Come hai fatto? Come sei riuscita a contrastarmi?» mi chiese a basa voce, sussurrando, quasi come se fosse spaventato.
«Dovresti andare, hai lezione come ogni normale studente Harry.» Mi voltai per andarmene perché non volevo dargli risposte, non potevo giocarmi così le mie carte.
Lui mi afferrò per il polso quando capì quali fossero le mie intenzioni. «Juliet» mi chiamò.
«Mi dispiace Harry, ho da fare adesso.» Scansai la presa e mi incamminai verso l’aula dove avevo lezione quell’ora.
Una cosa era certa: dopo circa 150 anni ero riuscita a prendermi la prima rivincita su di lui.


here i am:

allora, eccomi qua col nuovo capitolo! scusate il ritardo, ma mi ero proprio scordata di dover postare ahah #sonopessima
vi dico subito che la parte al passato è una tra le mie preferite di tutta la storia, e penso che non ho bisogno di spiegarvi il motivo ahah
nella parte al presente vediamo l'arrivo di zayn, che per juliet è una sorta di fratello maggiore insomma c: 
e poi..non lo so.. magari la parte finale vi potrebbe lasciare perplesse o comunque con dei dubbi, ma vi assicuro che più avanti verrà spiegato tutto meglio c:
vi ringrazio per il sostegno e per tutti i complimenti che mi fate cwc
spero che la storia non vi stia deludendo e niente... grazie ♥

 

   
 
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