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Autore: Horrorealumna    22/06/2012    3 recensioni
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Mason
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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La Famiglia Riunita
 

 
Ce l’avevo fatta? L’avevo sconfitta? Avrei riavuto, ora, la mia Cheryl?
La ragazzina era là che gemeva, sussurrando parole incomprensibili e scuotendo delicatamente la testa.
 
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Mi faceva un po’ pena, era come se fosse legata al suolo da corde invisibili, perché non si muoveva affatto; ma io dovevo riavere mia figlia! Non potevo preoccuparmi di ogni singolo essere umano presente a Silent Hill; il mio unico obiettivo era trovarla e scappare. E quella ragazzina sapeva dov’era.
Mi avvicinai al suo corpo inerme, un corpo d’adolescente.
Sentivo che dovevo, in un certo senso, aiutarla... ma io non volevo! Lei era la causa delle mie sofferenze; non aveva la minima idea di cosa mi aveva fatto passare!
Eppure continuai ad andarle vicina.
- Fermati! – urlò con voce sorprendentemente forte; vidi i suoi occhi sfrecciare su di me – Hai fatto abbastanza.
- Cosa vuoi dire? – le chiesi.
- Ci hai condannati tutti! Tutti! – riprese ancora più forte.
Era stata scaraventata a terra con una forza davvero impressionante, ma non presentava alcuna ferita, livido o graffio. Era davvero impressionante e impossibile.
- Ho cercato di tenerti lontano... da questa realtà... ma tu non mi hai ascoltata... e adesso? – gemette, abbassando lo sguardo.
- Ascoltami! – dissi deciso, facendo qualche altro passo in avanti, fino a quando il mio piede calciò un oggetto pesante posato sul pavimento: il Flauros.
- Sta’ indietro! – gridò.
Mi bloccai, contro la mia volontà.
Poi la vidi piangere... ancora.
- Sta arrivando, adesso che lo hai svegliato – sussurrò. Sembrò che la sua voce, seppure debole e fioca, risuonasse limpida e chiara nel mio cervello.
- Chi? Chi sta arrivando?!
Continuò a piangere. Forse dovevo allontanarmi; forse dovevo andare via da quel posto, dovevo lasciarla sola. Raccolsi il magico oggetto ai miei piedi e lei subito disse:
- Cosa fai ora?! Te lo riprendi?! Ma... adesso cosa importa? L’hai aperto...
- Perché? – dissi – L’ho aperto... ma all’interno cosa c’era? Quella donna aveva detto che serviva ad imprigionare il demone! Era una specie di prigione!
Singhiozzò.
Ero stato ingannato?
- E’ tardi ormai... – disse prima di battere violentemente la testa sulla grata/pavimento.
- Io non capisco.
- Hai firmato la tua condanna a morte. E non solo, Harry Mason.
- Ascoltami bene: non voglio ucciderti, né ferirti di più. Mi rendo conto che... questo posto ha qualcosa che non va. Anche io credo di stare impazzendo, ma... non tutto è perduto. Se riavrò mia figlia... prometto che ti porterò via da questa città.
Dovevo aver centrato il punto: la ragazzina alzò la testa e mi fisso con occhi che esprimevano solo sorpresa e incredulità.
- D-davvero? M-mi p-porterai via... ? – chiese accennando un sorriso.
L’assecondai, anche se non l’avrei mai salvata se si fosse rivelata essere un demone!
Annuii.
In fondo voleva solo andarsene...
Poi il suo sguardo si rabbuiò di nuovo:
- Voi adulti non mantenete mai le vostre promesse – sussurrò.
Ma ad un tratto, il suo corpo fu attraversato da un agghiacciante brivido, come se avesse ricevuto una scarica elettrica davvero elevata.
- Ci hai condannanti tutti... – ripeté piano.
 
Chi era quella ragazza?
 
Sentii un inconfondibile rumore di passi, non molto distanti da noi. Anche lei doveva averli sentiti perché trattenne il fiato e cominciò a tremare. Aveva paura? E di cosa?!
 
Chi stava arrivando?
 
Poi una voce.
E un’ombra.
- Eccoti...
Ma chi... ?
La ragazza iniziò a sussurrare qualcosa e abbassò il capo.
La donna...
 
- Dahlia Gillespie?! – urlai per la sorpresa di vedere quella donna avanzare dal buio del luna-park.
Dahlia non guardava me: tutta la sua attenzione era concentrata su quella ragazzina. Si avvicinava a lei a passo sicuro e deciso. Sembrava arrabbiata ma... aspetta! Si conoscevano?!
 
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La ragazzina si immobilizzò al suono della sua voce. Anche io ero fermo, attendevo che succedesse qualcosa.
 
La donna parlò:
 
- Alla fine ci incontriamo, Alessa.
 
Alessa?!
Dove avevo sentito questo nome? Ah, nel sotterraneo dell’ospedale Alchemilla.
Quella bambina dallo sguardo triste nella foto... no, non poteva essere lei.
Ecco spiegata la loro strana somiglianza!
Ma... Alessa era ricoverata là. E ora che ci faceva qui? Perché non si è trasformata anche lei?
 
No.
Ma Alessa era morta? O stava male? Avevo letto il suo diario!
 
- Non capisco... – mi ritrovai a sussurrare – Cosa sta succedendo?
 
 
Alessa, o quello che era, al suono del suo nome, sollevò il busto e disse con un filo di voce:
- Mamma...
 
No.
Non era possibile!
La figlia di Dahlia era morta in un incendio, come mi aveva detto Lisa.
 
- Sto impazzendo... è davvero lei?
 
Era davvero un demone?
Dahlia considerava sua figlia un demone?!
In quel momento la ragazzina sembrava indifesa e debole, tremava come una foglia tormentata dal vento.
 
Non riuscivo più a muovere un singolo muscolo.
Cheryl...
Cosa centrava la mia piccola Cheryl in questa faccenda?
Dovevo trovarla!
 
Dahlia rivolse ad Alessa uno strano sorriso:
- Alessa. E’ ora di smetterla. Questo tuo gioco deve finire.
Alessa stava là, a guardarla, muovendo le labbra ma non emettendo suono.
Cercai di farmi notare ma sembravano, entrambe, incantate.
 
- Sei stata proprio una dispettosa piccola peste, Alessa – disse con voce dura, in cui traspariva una note di scherno – Vero?
Forse si aspettava una risposta alla sua ramanzina, ma sua figlia restò a fissarla, zitta.
- Rispondimi! – urlò la donna.
Alessa rimase ferma e, per tutta risposta, la madre le assestò un calcio sul petto. La piccola fu leggermente sbalzata a sinistra, senza urla o gemiti di dolore.
Sembra insensibile a tutto... tranne che al Flauros che avevo prontamente rimesso in tasca all’arrivo di Dahlia.
- Ero davvero in pensiero – continuò – Davvero pensavi di poter scappare dal nostro incantesimo? Pensavi di scappare via da tua madre, dalla tua città?
Lisa non poteva avermi mentito! Era impossibile.
Ma allora, come faceva una ragazza morta sette anni fa a stare davanti ai miei occhi?!
 
E poi... incantesimi?! Ma di cosa diavolo stavano parlando?!
 
Dahlia si chinò e afferrò, con fare materno, la guancia della ragazzina:
- Mamma non sapeva che sei cresciuta così tanto... non sapevo che eri diventata così bella. Non avevo la minima idea di come tu fossi, fino ad ora. E non sapevo neanche di quanto fossi, al tempo stesso... piccola e ingenua.
Gli occhi di Alessa saettarono, per meno di un secondo, su di me.
- Ecco perché non potevo catturarti da sola.
 
Finalmente Dahlia mi vide, sorrise e disse:
- Ma che coincidenza, vero Alessa? Ora sei, solo per metà, in debito con questo uomo! Ci ha davvero aiutate.
Cosa?!
- Ehi! – urlai – Di che stai parlando?!
- Non lo capisci? – rispose la donna – Oltre le aspettative iniziali... mi hai riportato Alessa completamente!
Non capivo...
Lei mi aveva detto di usare il Flauros e l’ho fatto!
 
 Ci hai condannati tutti  aveva detto Alessa.
 
Aveva ragione... ero stato...
 
- Tua figlia non è più a portata di mano... ma che peccato! – esclamò prima di rivolgersi ancora ad Alessa.
 
Cheryl... ?
Cosa ho fatto...
 
- Ora, Alessa. Sai bene cosa voglio da te... – disse afferrandola per i polsi.
- No! – gridò la ragazza – Lasciami! Stammi lontana!
Bam!
Ricevette uno schiaffo in piena faccia.
- Ragazzaccia! – urlò Dahlia.
Alessa cominciò a lamentarsi e riprese a piangere.
 
Piangeva molto per essere una ragazza adolescente.
Doveva essere molto fragile... ed emotiva. Ma anche cocciuta.
 
La loro “stretta” iniziò a sprigionare luce, come se si stessero fondendo.
- Tutto è pronto – riprese Dahlia mentre la luce si faceva sempre più intensa – Andiamo a casa...
 
Un grido.
Alessa...
 
Poi svanirono.
 
- No! Mia figlia... devo sapere...
 
Mi sentii debole.
 
Stavo morendo... ancora?
 
Sì può sentirsi morire più volte?
 
Cheryl...
 
Non voglio perderti...
 
E Alessa...
 
 
Buio.
 
 
   
 
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