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Autore: Sybeoil    23/06/2012    3 recensioni
Non è facile crescere in un paese che tutto il mondo critica ma che nessuno si scomoda ad aiutare, non è nemmeno facile crescere in una famiglia speccata come la mia. A dirla tutta non è affatto facile crescere in generale. La vita cambia, i problemi crescono, le delusioni aumentano e i sogni colano a picco. Ti rendi conto che tutto ciò in cui credevi da bambina, tutto ciò che la tua mamma ti raccontava, sono solo bugie vuote.
E così alla fine ti rassegni e ti integri a quel mondo che ti vuole schiava del lavoro. Diventi una dei tanti non una tra i tanti.
Succede però, che a volte e dico solo a volte, il Destino sembra volerti dare una mano e allora... allora succede l'impossibile. Ciò che hai sempre desiderato ti si presenta sotto gli occhi e tu non puoi fare a meno di afferrarlo e tenertelo stretto.
A volte ci si mette anche a l'amore, quello vero che fa battere i cuori e venire il mal di stomaco. Quell'amore così impensabile da sapere che è quello giusto.
Quando tutto va come dovrebbe andare, ci si mette l'amore per il ragazzo riccio conosciuto a Londra!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO AUTRICE:

 

Bentornatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. *balla la conga* Sono felicissima di essere riuscita a scrivere questo capitolo nonostante i mille impegni. Dove scriverlo, ne sentiva la necessità. Ad ogni modo vorrei ringraziare chi è stato così gentile da lasciare un commento sulla storia e chi, ovviamente, si limita a leggerla in silenzio. In questo capitolo succedono parecchie cose e, devo ammettere, che è anche parecchio lungo. Non voglio svelarvi nulla così, se siete curiosi di scoprire cosa è successo tra Bell ed Harry di così tanto importante, scendete e cominciate a leggere. Non ve ne pentirete ;)

P.s I commenti sono sempre graditi :)           Alla prossima, Sybeoil!



 

Capitolo 12

 

 

 

 

 

Ero arrivata in camera da un quarto d’ora decisa a farmi una doccia e dimenticare le parole di Louis, quando qualcuno bussò alla porta facendomi fare un salto di mezzo metro.

< Avanti > dissi appena mi fui ripresa. Era Mary che, sorridendo, entrò nella camera chiudendosi la porta alle spalle. 

< C’è qualcuno che vuole vederti > disse ancora sorridendo in modo un po’ troppo euforico.

< Come c’è qualcuno che vuole vedermi? > domandai stupita di quell’affermazione. Io non conoscevo nessuno a Londra, era la prima volta che mettevo piede in quella città. Era impossibile che qualcuno mi conoscesse.

< E’ un ragazzo > spiegò ampliando il suo sorriso < Dice di chiamarsi Louis > 

A quelle parole ebbi un sussulto. Come diavolo aveva fatto quel ragazzo a capire così in fretta dove alloggiavo? Io non ne avevo fatto parola, e di alloggi per studenti stranieri dovevano essercene a centinaia solo nel centro di Londra. Ma allora come aveva fatto? 

L’immagine di un russo biondo e muscoloso mi trapassò i pensieri congiungendo finalmente tutti i fili.

< Scendo subito Mary > risposi abbozzando un sorriso per nascondere il fastidio e la rabbia che provavo verso il bell’imbusto londinese e il macho russo.

La responsabile del dormitorio mi sorrise, strizzò l’occhio e poi lasciò la stanza lasciandomi basita.

Ma che credeva, che quell’idiota di un cantante fosse il mio ragazzo? Ma nemmeno nel mondo magico di Harry Potter.

Comunque sia, abbandonai sul letto la biancheria intima che avevo preso dall’armadio con l’intento di farmi una doccia, e scesi di sotto per vedere cosa voleva quel cretino. Prima però sarei passata un secondino dal biondo, giusto per dirgli due cosette in tranquillità.

 

< Razza di un deficiente, cretino, figlio di un ippopotamo in calore > sbraitai aprendo la porta della camera 10 e precipitandomi dentro come una furia < Cosa diavolo ti è venuto in mente, perché hai detto a Louis dove alloggiamo? >

Mi paralizzai nell’istante esatto in cui spostai lo sguardo dal muro che avevo di fronte al letto su cui era seduto un ragazzo in mutande.

< Ehm, scusa > dissi facendo retro front per tornarmene da dove ero venuta e nascondere così il mio visibile imbarazzo.

< No, aspetta > disse il ragazzo sorridendo divertito e alzandosi dal letto per avvicinarsi a me e porgermi la mano.

< Piacere io sono Ben > 

Sorrisi fissando quella mano grossa e abbronzata tesa nella mia direzione. Sorrisi a mia volta e gliela strinsi sussurrando il mio nome.

< Piacere, Isobel > lui mi guardò e se possibile sorrise ancora di più mostrando una schiera di denti dritti e bianchissimi. Sembrava uscito dalla pubblicità di un dentifricio.

< Da che paese vieni? > domandai notando un accento che però non riuscì ad identificare.

< Vengo dal Brasile > disse tornando a sedersi sul bordo del letto ed infilandosi un paio di pantaloncini da calcio neri. 

Era un bel ragazzo non c’era nulla da dire. Alto, fisico atletico di chi lo sport lo pratica almeno tre volte a settimana, capelli castani acconciati in un ciuffo che mi ricordò tanto quello di Elvis ed occhi di un blu profondo come l’oceano.

Sarebbe potuto tranquillamente passare per un modello.

< Tu invece da dove vieni? > domandò distogliendomi dalle mie riflessioni su quanto fosse bello e costringendomi a distogliere lo sguardo dai suoi più che accennati addominali.

< Oh, io sono italiana > risposi sorridendo e ricordandomi che quell’idiota di Louis mi aspettava di sotto < Scusa ma devo andare, ci vediamo a cena > dissi prima di scappare da quella stanza.

Stavo correndo per il corridoio, cosa che era vietata dalle regole del collegio, quando andai a sbattere contro quella che pensai fosse una montagna. Avevo finalmente trovato Vicktor.

< Dove corri, piccola? > domandò afferrandomi prima che volassi a terra.

< Di sotto > risposi acida < Per colpa tua > aggiunsi fulminandolo con lo sguardo. Lui mi guardò stranito, non capendo il mio comportamento ma io ero troppo in ritardo per dargli spiegazioni.

< Dopo dobbiamo parlare > dissi lasciandolo mezzo nudo nel corridoio mentre percorrevo l’ultima rampa di scale.

Arrivai di sotto e, senza che ci fosse un motivo valido, il cuore prese a battere all’impazzata. Sembrava quasi volesse bucare la cassa toracica, spezzare i muscoli ed uscire a farsi una corsetta. 

Dio, Bell! calmati, è solo Loui, uno stupido, egocentrico ed idiota ragazzo.

Dovevo decisamente darmi una calmata. Manco stessi per incontrare il presidente Obama!

Salutai un paio di ragazze ferme a chiaccherare nell’androne d’entrata e mi avviai invece verso la saletta relax in cui, a quell’ora, non doveva esserci anima viva.

Entrai lentamente, senza fare baccano e con altrettanta delicatezza andai a sedermi sulla poltrona accanto al divano su cui era seduto il moro.

< Ciaoooooooo > strepitò alzandosi e buttandosi addosso per salutarmi. Era per caso impazzito? Gli sembrava quello il modo di salutare una persona?

< Ciao > risposi visibilmente in imbarazzo per la situazione, piuttosto strana, che si era creata.

< Allora, ehm, come mai sei qui? > chiesi non sapendo bene che dire. Io quel tipo non lo conoscevo e, detto sinceramente, non ci tenevo nemmeno a conoscerlo.

< Non sapevo cosa fare > rispose alzando le spalle e facendo vagare lo sguardo per la stanza < Spero di non averti disturbato > aggiunse guardandomi sorridente.

Dovetti ammettere che aveva un bel sorriso, infantile certo, ma pur sempre bello. Metteva allegria.

< Oh, no stai tranquillo > risposi sorridendo a mia volta. Perché diavolo mi stavo comportando così carinamente? Perché, invece, non gli stavo urlando contro di andarsene?

< Allora gliela darai una possibilità ad Harry? > domandò alzandosi in piedi e cominciando a vagare per la stanza.

< Prima ti ho già detto di si > risposi leggermente spazientita. Quante volte gli andavano ripetute le cose?

< In fondo è un bravo ragazzo, solo che non si è mai innamorato > disse tutto d’un tratto. Come se fare quel discorso potesse cambiare la mia opinione sul suo amico. 

< Non gli è mai nemmeno capito di essere abbandonato da una bella ragazza nel cuore della notte > aggiunse in un sorriso. Io a quella frase arrossì violentemente. I complimenti mi avevano sempre messo in imbarazzo e non ne avevo mai capito il perché.

< Beh, c’è una prima volta per tutto > commentai non sapendo cosa dire.

< A quanto pare sì > annuì tornando a sedersi < Comunque sii gentile con lui, sembra tanto forte, tanto strafottente ma ha solo bisogno d’affetto > aggiunse.

Io lo guardavo ed annuivo ad ogni sua parola immergendomi sempre più in quei suoi occhi azzurro cielo.

< Comunque sia non sono venuto per parlare di Harry > saltò su all’improvviso < Sono venuto per conoscerti meglio >

Io strabuzzai gli occhi e per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. < Tu cosa? > domandai visibilmente confusa.

< Mi sei simpatica > disse lui molto semplicemente < Anche se a volte sei un po’ acidella mi sei comunque simpatica >

< Ehi > protestai tirandogli una pacca scherzosa sul braccio che constatai essere più che muscoloso < Non sono acida >

< Scherzavo > chiarì facendo la faccia da cucciolo < Comunque sia, so che sei italiana e che sei qui con una borsa di studio > 

Io lo guardai un po’ confusa. Come faceva a sapere tante cose su di me?

< Me lo ha detto Harry > disse rispondendo ai miei dubbi < Quindi volevo sapere, hai fratelli? Sorelle? Animali? Vivi da sola? Quanto resti qui? Sei bionda natura? Ti piacciono le carote? >

< Frena, frena, frena > ridacchiai < Primo: cosa centrano le carote? Secondo: dove trovi tutta questa vitalità e terzo: sei peggio di una macchinetta > sorrisi.

< Se ad una ragazza piacciono le carote, allora è perfetta > proclamò con solennità. Ok, era davvero buffissimo.

< Partiamo dalla prima domanda > dissi catturando la sua attenzione < Ho un fratello più piccolo di due anni, un gatto ciccionissimo, vivo con mia madre, resterò qui per tre mesi, sono bionda naturale e si, amo le carote > conclusi sorridendo < Ora tocca a te >

< Bene, ho quattro sorelle tutte più piccole, non ho animali, vivo con quei quattro deficienti dei miei migliori amici, suono in una band famosa, amo le carote, sono fidanzato da quasi nove mesi e adoro fare lo stupido > concluse il suo monologo ridendo da solo.

Continuammo a parlare, ridere e scherzare fino all’ora di cena, quando un divertita Mary venne a cacciare via Louis. Il moro mi salutò sorridente lasciando il collegio, non prima però, di avermi lasciato il suo numero e avermi obbligata a fare lo stesso. 

< Però promettimi che non lo darai ad Harry? > gli domandi supplicandolo con gli occhi.

< Lo prometto > rispose portandosi un mano sul cuore e chiudendo gli occhi.

 

 

***

< Zayn, ti rendi conto che stiamo aspettando solo più te? > strepitai dalla porta d’ingresso dove eravamo già tutti radunati.

Quel ragazzo era peggio di una donna. Ci metteva dei secoli per prepararsi, manco dovesse rifarsi tutto ogni volta.

< Arrivo > urlò il moro dal bagno dal piano di sopra.

Sbuffai irritato. Eravamo in ritardo, erano le undici e mezza e noi dovevamo già essere in macchina.

< Zayn giuro che se non scendi entro tre secondi salgo su e ti taglio tutto il ciuffo > minacciai cominciando a contare alla rovescia.

Sentì un urletto isterico, un no ed infine dei passi che si avvicinavano. Quella minaccia funzionava sempre. Sorrisi soddisfatto di me stesso ed afferrai le chiavi dell’appartamento dal comodino lì vicino.

Quella sera anche Liam aveva deciso di unirsi a noi, più che altro lo aveva fatto per riportarci a casa sani e salvi, ma quelli erano dettagli.

Il locale lo avevo scelto io ed ovviamente, come tutte le volte in cui il locale lo sceglievo io, avevo puntato su una delle discoteche più famose di Londra di cui, guarda caso, conoscevo il buttafuori.

La serata tra l’altro si prospettava grandiosa. In quel locale c’erano sempre un sacco di ragazze disposte a divertirsi ed Harry Styles, era il re del divertimento.

Salimmo tutti e cinque nella macchina di Liam, io mi accomodai sul sedile davanti lasciando che gli altri tre si schiacciassero nei sedili posteriori. Odiavo dover stare stretto come una sardina e per fortuna, avevo degli amici abbastanza comprensivi, almeno sotto questo punto di vista.

Il moro era decisamente più responsabile di me alla guida. Al suo confronto io sembravo un pilota di really, non rispettavo i limiti di velocità, la cintura non la allacciavo quasi mai e di certo non mi fermavo quando scattava il giallo. 

< Liam così arriveremo in ritardo > mi lamentai continuando a fissare il mio profilo nello specchietto posto in alto. 

< Harry non cominciare > rispose il moro alla guida abbassando leggermente i finestrini e lasciando filtrare un po’ d’aria fresca all’interno dell’abitacolo.

< Ma arriveremo in ritardo > mi lamentai ancora distogliendo lo sguardo dalla mia meravigliosa immagine.

< Dai Harry > mi richiamò Niall con la sua solita dolcezza < Fai il bravo > aggiunse aprendosi in un sorriso.

Per tutta risposta io sbuffai, incrocia le braccia al petto e misi su un finto broncio che mantenni per il resto del viaggio.

Non piaceva essere sgridato, nemmeno se a farlo erano i miei amici.

 

< Siamo arrivati > annunciò Liam fermandosi nel primo posto vuoto che trovò. Io sorrisi eccitato per quella serata e mi precipitai fuori dall’auto incamminandomi verso il locale.

< Dai ragazzi muovetevi > li incitai voltandomi nella loro direzione e vedendoli sorridere al mio entusiasmo.

Sentivo la musica fuoriuscire dalla piccola porta in metallo, era altissima e la fila di gente che attendeva fuori il suo turno, era immensa.

Che fortuna essere famosi e per di più amici del buttafuori! Se fossimo stati dei comuni ragazzi non saremmo entrai mai più.

< Eccoci qui > disse Zayn sbucandomi alle spalle e sorridendo alla vista dell’immensa fila che si allungava fino alla fine del marciapiede.

< Mike > salutai una volta arrivato davanti all’enorme gorilla che doveva occuparsi della sicurezza.

< Ehilà ricciolino! > mi salutò stringendomi la mano < Come stai? > domandò affabile.

< Bene grazie > risposi aprendomi in uno di quei sorrisi che tanto facevano impazzire le fan < Ci lasci entrare? > domandai ostentando tutta la mia sfacciataggine.

< Ma certo > annuì l’omaccione facendosi da parte < Che domande sono? >

Stavo per ringraziarlo quando sentì un commento poco carino rivolto a me. Mi voltai per identificare la fonte di quelle parole e rimasi paralizzato. 

Isobel era lì, bella come mai l’avevo vista, con un’espressione stupita quando la mia.

< T-tu che ci fai qui? > le domandai tornando indietro sui miei passi.

< Secondo te? > rispose acida < Faccio la fila per il latte > aggiunse sarcastica. 

Mi piaceva quando si comportava così. La rendeva ancora più sexy di quanto già non fosse.

< A dire il vero vestita così credevo facessi qualcos’altro > commentai senza rendermi conto della cattiveria che avevo appena detto.

Non ebbi il tempo di rendermi conto di ciò che stava succedendo perché le sue cinque dita si stamparono sulla mia guancia, lasciandoci il segno.

< Che diav… > borbottai portandomi una mano sul viso ma venendo interrotto dalle sue parole. Fredde, taglienti.

< Non. Osare. Mai. Più. Insinuare. Una. Cosa. Del. Genere > sillabò arrabbiata. Decisamente arrabbiata.

< Ti sembra un buon motivo per prendermi a schiaffi? > ribadì cominciando ad alterarmi. Ok che era bella, ma quello era troppo.

< Mi sembra un ottimo motivo, Styles > ringhiò furiosa.

Stavo per ribattere a tono, nessuno tratta Harry Styles in quel modo e la passa liscia, ma fui interrotto da Louis che venne a salvare la situazione.

< Ragazzi che ne dite di piantarla? > ci domandò passandomi un braccio intorno alle spalle e lanciando ad Isobel uno sguardo che non capì.

< Ha cominciato lui > 

< Ha cominciato lei > dicemmo all’unisono.

< Ok, non importa > convenne lui sorridendo divertito. Sembravano due bambini che litigano per un giocattolo < Adesso noi per farci perdonare ti facciamo entrare, ci stai? > propose il moro strizzando l’occhio in direzione della bionda che, dopo aver soppesato l’idea e valutato tutti i pro e i contro, annuì e ci seguì. 

Con lei, come se fossero la sua ombra, si mossero anche due ragazzi. Uno era biondo, alto e decisamente muscoloso. Faceva paura.

L’altro invece era castano, alto e decisamente attraente. Forse faceva il modello.

< E loro chi sono? > domandai con un po’ troppa gelosia nella voce.

< Non sono affari tuoi riccio > rispose lei andando avanti per raggiungere Louis. Io rimasi indietro con quei due non sapendo cosa dire.

< Io sono Vicktor > si presentò il biondo stringendomi la mano e sorridendo cordiale.

< Io invece sono Ben > disse l’altro stringendomi anche lui la mano. 

< Per caso uno di voi è, ehm, il ragazzo di Bell? > chiesi non riuscendo più a trattenermi. Non so per quale motivo ma DOVEVO sapere se uno di quei due era o no il ragazzo di Isobel.

Quando mi guardarono e scoppiarono a ridere devo dire che ci rimasi un po’ male. Che c’era da ridere?

< No > rispose poi il biondo < Nessuno di noi è il ragazzo della tua bella italiana > aggiunse strizzandomi l’occhio.

< La mia…cosa? > sbottai seguendoli all’interno del locale dove li persi di vista.

 

Il locale era esattamente come lo ricordavo, affollato, rumoroso e pieno di ragazze disinibite.

Passai qualche minuto a perlustrarlo alla ricerca dei miei amici ma, non riuscendo ad individuarne nemmeno uno, mi fiondai al bar per prendere qualcosa da bere.

< Un Cuba Libre > ordinai al barman dietro il bancone in vetro.

< Due > disse una voce di donna al mio fianco. 

Mi voltai e trovai Isobel poggiata al bancone con le braccia scoperte. Era davvero bellissima. La gonna a vita alta nera che indossava non faceva altro che risaltare le sue curve fenomenali, il top fiorato scollato a cuore ne metteva in risalto il seno prosperoso e il rossetto di un esagerato fucsia le rendeva le labbra terribilmente sexy.

< Occhio Styles > mi richiamò < Potresti perdere la bava > disse prima di afferrare il suo Cuba Libre e andarsene.

< Hey, amico > salutò Louis avvicinandosi al bancone e ordinando un Mojito < Contento che ci sia anche Bell? > domandò lanciando uno sguardo al centro della pista.

< Non molto > confessai bevendo un sorso di Cuba Libre.

< Come mai? > chiese lui fissandomi sconvolto. Aveva ragione, dopotutto quello che gli aveva detto, dopo tutte le rotture di scatole che aveva fatto, non essere contento di vederla era strano.

< Non lo so > confessai un po’ amareggiato < Non credo mi darà mai una seconda possibilità > dissi poi guardando anche io verso la pista da ballo dove la individua facilmente.

Stava ballando in modo mooolto sensuale con quel suo amico scuro e la cosa non mi stava affatto bene.

< Se la guardi così la consumi > ghignò Louis divertito < E comunque se non ci provi non lo saprai mai > suggerì prima di sparire anche lui inghiottito dalla folla di ragazzi e ragazze.

Aveva ragione, se non ci avessi provato non lo avrei mai scoperto, e poi io ero Harry Styles. Se volevo una cosa la ottenevo, in un modo o nell’altro.

Mentre mi avviavo verso la bionda che sembrava avermi rapito il cuore ed i pensieri scorsi Liam seduto su un divanetto mentre sorseggiava una coca così decisi di fare una deviazione.

< Ehi Liam > lo chiamai.

< Sì? > rispose lui alzando lo sguardo verso di me.

< Ti lascio il mio cocktail, non farlo bere a nessuno > dissi serio facendolo scoppiare in un fragorosa risata che però venne attutita dal ritmo incalzante della canzone.

< Ok, ci penso io > disse dopo qualche istante.

Lo ringraziai e poi tornai sui miei passi, notando solo in quel momento che, oltre al ragazzo che già avevo visto fuori dal locale, ce ne era anche un altro che la toccava un po’ troppo approfonditamente.

Non so per quale motivo ma sentì una gran voglia di prenderlo a pugni. Quella ragazza era solo MIA. Poco importava che la conoscessi da meno di una settimana, che lei probabilmente mi odiava e che dopo quella sera non l’avrei mai più rivista. Nessuno doveva permettersi di toccarla in quel modo.

Mi feci largo tra le folla a gomitate ma finalmente la raggiunsi e cominciai a ballarci insieme.

Ben presto il suo amico se ne andò mentre l’altro, che oltretutto era pure brutto, continuava a toccarla.

La strattonai per un braccio in modo da farla voltare verso di me.

< Ehi > protesto levando la mia mano dal suo braccio accaldato < Mi stavo divertendo > aggiunse facendo per voltarsi di novo ma non riuscendoci.

L’avevo bloccata. Di nuovo.

< Harry lasciami > urlò strattonando di nuovo le braccia per liberarsi dalla mia presa.

< No > risposi deciso < Quel porco ti sta toccando > aggiunse lanciando uno sguardo di sfida al ragazzo dietro di lei.

< Stiamo solo ballando > si difese lei < E poi non sei ne il mio ragazzo ne mio fratello, quindi sparisci > aggiunse per tornare a girarsi.

Questa volta la lasciai fare. Se non riuscivo a convincere lei, sarei riuscito a convincere quella specie di gambero.

< Ehi > dissi rivolto al ragazzo < Sparisci > aggiunsi indicando con la testa la porta del locale.

< E chi saresti tu? > chiese avvicinandosi e cercando di farmi paura.

< Nessuno > intervenne Bell < Lui non è nessuno > aggiunse tirando il ragazzo per la manica.

< Lei è mia > insistetti < Stalle lontano > 

< Harry smettila > mi supplicò. Io non la ascoltai e continuai a sostenere lo sguardo di quel bamboccio fino a quando, capendo che non era aria per lui, se ne andò.

< Grazie per avermi appena rovinato la serata > singhiozzò prima di scappare verso i bagni del locale.

Io la guardai allontanarsi impotente. Forse avevo esagerato, in fondo non ero nessuno. Quale diritto avevo di decidere cosa dovesse fare? 

Nessuno, quella era la verità. Per quanto mi potesse dar fastidio io non avevo nessun diritto di impedirle di ballare con qualcuno.

 

Erano passati dieci minuti e Bell ancora non usciva da quei maledetti bagni. Si esatto, non avevo distolto lo sguardo nemmeno un secondo. Mi dispiaceva averla fatta piangere e averle rovinato la serata.

Forse se le avessi chiesto scusa si sarebbe accorta che non ero un totale stronzo e mi avrebbe perdonato.

Decisi che quella era la cosa giusta da fare.

Mi alzai dai divanetti sui quali mi ero seduto accanto a Liam e cominciai a farmi largo verso i bagni.

Finalmente raggiunsi quella porta di legno e vi entrai. Non c’era nessuno, solo il rumore attutito della musica e quello di…singhiozzi misto a grugniti. E quei grugniti non erano di certo appartenenti ad una donna.

< T-ti prego > la sentì mormora < Non farmi del male > quella voce l’avrei riconosciuta tra mille.

Aprì una ad una tutte le porte fino a quando non la trovai. Era seduta sulla tazza del water, con il trucco sbavato e le lacrime agli occhi mentre un bastardo le stava di fronte con i pantaloni già abbassati.

Quello fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Senza preoccuparmi di ciò che sarebbe potuto accadere, senza preoccuparmi del fatto che avrei potuto prenderle di santa ragione e rimanere livido per settimana, senza preoccuparmi di cosa avessero detto Paul o Simon se lo fossero venuti a scoprire lo voltai e gli tirai un cazzoto in pieno viso.

Era talmente ubriaco che barcollò per qualche istante cadendo poi sul pavimento umido del bagno. Svenuto.

< H-harry > balbettò Bell fiondandosi tra le mie braccia già pronte ad accoglierla.

< Tranquilla > le sussurrai all’orecchio < Ti porto via, ok? > le dissi cominciando a guidarla fuori dal bagno.

Il locale era ancora più affollato se possibile e individuare i ragazzi fu un’impresa ardua. Finalmente però li trovai tutti e quattro seduti dui divanetti accanto a Liam. 

< Ragazzi io vado a casa > annunciai senza tanti giri di parole.

< Perché, che succede? > domandò Louis. Lo guardai sperando che capisse ma purtroppo non ci riuscì. 

< Stavano per violentare Bell > confessai alla fine < La porto a casa > 

A quelle parole scattarono in piedi tutti e quattro e mi seguirono verso il bancone del bar dove avevo lasciato Bell.

La ritrovai esattamente dove l’avevo lasciata, sola ed impaurita.

< Adesso vieni a casa con noi, ok? > le dissi prima di prenderla per mano e guidarla fuori dal locale. La notte londinese ci accolse sotto le sue luci e il suo silenzio.

< Grazie > mormorò un attimo prima che la macchina di Liam ci si fermò davanti consentendoci di tornare finalmente a casa.

 

Arrivammo a casa in circa quindici minuti che passai ad accarezzare i capelli morbidi di Bell.

Quella ragazza era bellissima e molto più forte di quanto si immaginasse.

Dopo i primi minuti in cui aveva pianto, sfogando la sua paura, si era ripresa e aveva anche insistito per tornare al suo collegio.

Io ed i ragazzi, Louis in particolare, insistemmo affinché di fermasse a dormire da noi e dopo un po’ acconsentì.

Mentre Liam apriva la porta e accendeva la luce, io l’aiutavo ad entrare.

< Stasera dormirò sul divano > annunciai a tutti < Tu puoi prendere la mia camera > dissi rivolto solo ad Isobel.

< Non se ne parla nemmeno > sbottò lei venendomi in contro < E’ già tanto che mi ospitiate, non intendo prendermi anche il tuo letto. Dormirò io sul divano > 

Il tono sembrava non ammettere repliche, ma io ero un tipo testardo, così insistetti.

< No > dissi risoluto < Insisto >

La vidi sbuffare e poi illuminarsi. Aveva avuto un’idea.

< Allora dormiremo insieme > concluse soddisfatta della sua idea.

< Sei sicura? > domandai un po’ spiazzato da quella sua trovata.

< Certo > disse lei dirigendosi verso la mia camera senza che io le avessi dato indicazioni. Doveva avere buona memoria.

< Vai amico che stasera ci sarà il secondo tempo > commentò malizioso il pakistano.

< Malik non dire cazzate > lo ripresi per avviarmi poi anche io verso la mia stanza.

La trovai in bagno a lavarsi i denti con le dita sottili mentre indosso aveva solo una mia maglia a maniche corte dell’Abercrombie.

< Scusa se te l’ho presa, ma quella roba per dormire è un po’ scomoda > borbottò sciacquandosi la bocca e tornando in camera da letto.

< Oh > risposi sorpreso < Figurati. Ti spiace se dormi in boxer? > aggiunsi cominciando a sfilarmi la giacca e la camicia.

< No > rispose semplicemente lei andando a coricarsi sotto le coperte del mio letto.

Io finì di spogliarmi, andai in bagno per lavarmi i denti e tornai in camera da letto.

Alzai le coperte e mi ci infilai sotto lasciando che il fresco delle lenzuola pulite mi solleticasse le gambe.

Stavo per spegnere la luce dell’abatjour e darle la buona notte quando la sentì sfiorarmi la mano.

< Sì? > le dissi voltandomi verso di lei.

< Grazie > soffiò a pochi centimetri dalle mie labbra prima di lasciarci un leggero bacio.

Fui colto alla sprovvista e mi ci volle qualche secondo per capire ciò che era appena successo ma quando i miei neuroni riuscirono a ricollegare il tutto reagì. Le afferrai viso delicato tra le mani e tornai a posare le mie labbra sulle sue, questa volta, approfondendo il bacio.

Quando ormai eravamo entrambi senz’aria si staccò, mi sorrise e mi augurò la buona notte.

Feci lo stesso, spensi l’abatjour e mi girai per abbracciarla.

La sentì muoversi per trovare una posizione più comoda ed infine intrecciare le sue dita alle mie.

Quegli spazi sembrano essere stati fatti apposta per essere riempiti dalle sue dita. Le baciai una spalla e mi addormentai.

 
 
 
 
 
 

  
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