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Autore: Cathy Earnshaw    23/06/2012    2 recensioni
Una ragazza e un regno da liberare, una compagnia di ricercati e un monile dotato di vita propria. Un equilibrio sottile da conservare. "Non si sfugge al proprio destino".
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ariel rincorse la fiammella che Isaac reggeva fino a che non raggiunse Axel. Il tunnel era buio, e lei cominciava ad essere stanca di gallerie, cunicoli e passaggi segreti.
- Quanto è lungo?- mormorò all’orecchio del Principe, cercando di tenere il passo.
- Un’oretta- rispose questo.
Si lasciò sfuggire un gemito esasperato. Un’ora di silenzio rischiava di essere fin troppo funzionale alla meditazione e sapeva già che si sarebbe lambiccata il cervello con stupide paranoie. Paranoie sull’identità del traditore, paranoie su Gunnar, paranoie sulla Galassia. Paranoie sul comportamento di Isaac. La rabbia iniziale si era trasformata in frustrazione e in qualcosa di molto simile alla delusione. Essere trattata continuamente da bambina era snervante, soprattutto quando era l’unica a subire quel trattamento. Nemmeno Ian era così poco considerato. Ariel sentì le lacrime spingere per uscire ma si sforzò di ricacciarle indietro. Si era ripromessa di non piangere più per Ian, e non sarebbe certo venuta meno alla promessa in quel posto terribile mentre, con tutta probabilità, andava incontro alla morte. Se fosse sopravvissuta, magari, nella sua camera di Londra avrebbe potuto sfogare tutto quel vuoto che la opprimeva, ma non lì.
Bram si era rivelato una persona strana: sembrava che nessuno dei suoi compagni si trovasse a proprio agio in sua compagnia, nemmeno Isaac, che pure era suo nipote. Ariel sospirò. Eppure Bram era stato felice di vederlo…che cosa era capitato al padre di Isaac? La ragazza fu sorpresa di constatare di non esserselo mai domandato. Nonostante in sogno avesse visto quell’uomo, aveva continuato a considerare il medico una sorta di entità astratta, senza legami e senza affetti al di fuori della Confraternita. Che assurdità…probabilmente aveva amici a Glauce, fratelli, magari una donna…Che sciocchezze andava a pensare! Era colpa del buio, l’aveva sempre spinta a ragionare, forse perché non vedendo bene con gli occhi era costretta ad aprire la mente.
Improvvisamente, Axel si fermò ed Ariel gli andò a sbattere contro. Il Principe la apostrofò con un grugnito di dolore.
- Scusa- mormorò mortificata – Che succede? Perché siamo fermi?-
- Credo che Isaac e Angelica stiano discutendo- bisbigliò il Principe.
Il corridoio non era largo abbastanza da permetterle di affiancarglisi per verificare. Si appese alle spalle di Axel e allungò il collo per cercare di capire.
- Ma che problema c’è?- domandò captando solo dei bisbigli concitati.
Angelica gesticolava rivolta al piglio minaccioso del medico. Il Principe si avvicinò a Neil che gli sussurrò qualcosa. Annuì perplesso.
- Ehm…non abbiamo capito bene…credo che Angie si sia infuriata perché Isaac va troppo piano…-
Ariel lo guardò scioccata.
- Stai scherzando?! Litigano in un dannato tunnel che potrebbe seppellirci vivi da un momento all’altro per una cretinata del genere?!-
Axel fece spallucce.
- Credo che lei sia convinta che lui sia il colpevole-
- Per quale motivo?- sussurrò sempre più sbigottita.
- Perché è stato lui ad imporre di non convocare Eric e Richard-
- Ma…-
- Non ha senso, lo so- tagliò corto Axel. – Vuoi andare a sedare la lite, stratega?-
Ariel ghignò.
- Spero che Angie gli rompa il naso con un pugno-
- Ariel!- ammonì il Principe a metà tra il serio e il faceto.
- Va bene, va bene, vado…- disse la ragazza alzando le mani in segno di resa.
Axel si addossò la muro di pietra per permetterle di strisciare avanti, e così fecero anche Neil (cosa che risultò ardua vista la corporatura robusta del mugnaio) e Daphne. Quando riuscì a raggiungerli, i due sembravano effettivamente sul punto di venire alle mani.
- Ehm, ragazzi…- esordì titubante.
Entrambi la guardarono minacciosi.
- Che vuoi?- sibilò Isaac.
- Non vi sembra il caso di rimandare le risse?-
- Ma questo qui è un’idiota!- esclamò Angelica.
- Lo so, Angie, e se tu volessi pugnalarlo avresti tutta la mia comprensione, ma vi ricordo che siamo in uno stramaledetto pozzo, chissà quanti metri sotto terra, che non mi sembra neanche particolarmente sicuro…possiamo darci una mossa e litigare fuori?- disse, modulando la voce in una tonalità neutra, da attrice consumata. Riuscì persino a reprimere il sorriso soddisfatto suscitato dall’espressione stupita di Isaac.
Il medico sembrò inghiottire un grosso rospo viscido prima di rispondere con riluttanza:
- Non sai quanto mi costi ammetterlo, ma hai ragione. Rimandiamo le ostilità, Angelica-
L’alchimista spalancò la bocca per ribattere ma si bloccò quando la mano di Ariel le si posò sulla spalla.
- D’accordo- capitolò – ma io chiudo la fila-
Si voltò e, senza prestare troppa attenzione a non dare gomitate e pestoni ai compagni, scivolò dietro ad Axel. Ariel la guardò scomparire nell’oscurità. Quando si voltò, Isaac la fissava come aspettandosi di veder sparire anche lei.
- Ci muoviamo?- disse la ragazza, un po’ più secca di quello che avrebbe voluto.
Isaac grugnì e ripartì. Ariel fu costretta a seguirlo da vicino anche se avrebbe lungamente preferito tornarsene nella retroguardia. Ancora perplessa per il comportamento di Angelica, che poteva essere un po’ esuberante ma non era certo un’attaccabrighe, lasciò che il suo flusso di coscienza proseguisse libero. Axel credeva che Angelica credesse Isaac la spia. Questo significava che il Principe credeva Angelica innocente? Apparentemente si. Ma credeva innocente anche Daphne, in quanto sua consorte. Ed anche Isaac, per colpa sua. Cosa ne pensava di Neil? Ariel non lo sapeva, ma non lo riteneva abbastanza brillante da poter tenere in piedi tutto quel teatrino. A meno che non fosse troppo brillante…accidenti ad Axel, lui li conosceva tutti così bene che avrebbe dovuto capire al volo chi mentiva! Invece era talmente ingenuo, talmente buono da doversi affidare alla capacità di giudizio di una quasi perfetta estranea. Ariel sospirò. Se l’uomo di Gunnar fosse stato lui non avrebbe perso tempo a sviare i sospetti su qualcun altro. A meno che non giocasse a fare l’indeciso per trarla in inganno.
- Ci siamo-
La voce profonda di Isaac la strappò dalle proprie logorroiche riflessioni appena un momento prima che si mettesse a sbattere la testa contro al muro. Isaac bussò alla porta di legno contro la quale terminava il tunnel, contando i secondi tra un colpo e l’altro in una sequenza prestabilita.
Ariel sentì Angelica mormorare:
- E se non ci fosse nessuno?-
La sua voce non riusciva a mascherare la vena di panico. Domandandosi se l’amica soffrisse di claustrofobia, non si accorse che il medico stava indietreggiando. Nonostante l’imprecazione che le sfuggì quando andò a sbattere contro di lei, Isaac la ignorò, con la disinvoltura tipica di chi ostenta indifferenza, senza nemmeno chiederle scusa. Invece che infuriarsi, la ragazza si ritrovò ad invidiare la sua perfetta interpretazione. Soprappensiero, si massaggiò la fasciatura della vecchia ferita al braccio. Le faceva ancora male, ma in tutto il trambusto di quei giorni non ci aveva badato.
La porta cigolò mentre il chiavistello girava. Rialzando gli occhi, Ariel ebbe appena il tempo di notare lo sguardo fugace e vagamente apprensivo del medico prima che lo distogliesse. Maledicendo l’incoerenza si riparò gli occhi dalla luce che proveniva dalla porta che si scostava lentamente.
Un ragazzo con una lanterna in mano comparve titubante oltre il varco e un sorriso assonnato si allargò sul suo viso riconoscendo Isaac.
- Qual buon vento!- disse stringendogli la mano e facendosi da parte per permettere ai Ribelli di uscire dal passaggio.
Ariel si guardò attorno grata di trovarsi in una casa confortevole e ben illuminata.
- Brian!- esclamò Axel sgomitando per emergere dal cunicolo.
- Vecchio mio, è bello vederti ancora tutto intero!- ridacchiò il ragazzo, gli occhi scuri che brillavano di gioia.
Axel e Brian si abbracciarono ridendo di chissà quale ricordo comune.
- Mi sei mancato, Ax- sussurrò il moro lasciandolo andare.
Si rivolse agli altri e, dopo aver accennato un inchino diretto ad Angelica e Daphne, notò Ariel.
- Noi non ci conosciamo, dico bene?- disse porgendole la mano.
Ariel ricambiò il saluto con un sorriso nervoso. Perché su Rubio erano tutti così estroversi?
- Lei è Ariel, il nostro stratega- disse Neil.
Brian le ruotò il polso per osservare meglio il ciondolo.
- Cavoli, questa è roba che scotta! È veramente…-
Lasciò cadere la frase cercando gli occhi di Ariel, che annuì.
- In questo caso credo che non vi chiederò che cosa ci fate in città-
- Per te sarebbe senza dubbio più sicuro non saperlo- disse Axel.
Si accomodarono mentre il ragazzo andava a svegliare sua madre.
- È un po’ particolare, ma è una brava persona- mormorò Neil a beneficio di Ariel – Da quando suo padre è morto, tre anni fa, è lui ad aiutare sua madre con la macelleria-
Ariel annuì. Si sentiva sciocca a dover aspettare che qualche anima misericordiosa si prendesse la briga di darle qualche informazione, ma sapeva di non avere alternative. La stanza in cui erano sbucati era una specie di monolocale. Un lato era attrezzato con due lettini di paglia, un altro con uno scaffale pieno di stoviglie immacolate. Al centro c’era un tavolino con quattro sedie. Nessuna finestra. La porta da cui era uscito Brian era dotata di tre chiavistelli. Che fosse una stanza segreta che il macellaio aveva costruito per ospitare i Ribelli? La ragazza si sedette su un lettino accanto ad Angelica e la guardò di sottecchi. Sembrava ancora piuttosto nervosa. Ariel scosse il capo per scacciare il subdolo dubbio che le si era insinuato nel cuore, che il malessere della sua amica fosse dovuto alla probabilità che il suo doppio gioco stesse per venir smascherato.
- Benvenuti amici-
Una voce gentile e rassicurante la fece sentire subito meglio. Sulla soglia era comparsa una donnina piccola ed esile, con dei grandi occhi scuri e dei bei riccioli neri, che sorrideva maternamente. Somigliava molto a Brian.
- Neil, sei vivo!- esclamò alla vista del mugnaio.
- Che piacere vederti, Justine!- disse Neil abbracciandola.
Mentre Justine dispensava baci e abbracci, Ariel poté notare le sottili rughe che le correvano ai lati degli occhi e lo scialle nero che ancora portava. Si sentì improvvisamente più sollevata al pensiero di quante brave persone girassero attorno alla cerchia di fuorilegge alla quale si era accompagnata.
Justine e Brian fecero colazione con loro, riassumendo gli ultimi avvenimenti. Li informarono che Gunnar si era fatto ancora più restio alle apparizioni pubbliche, che era in corso una guerra commerciale con la lontana città di Passe e che stavano rischiando di venir tagliati fuori dalle rotte verso l’est. Che da qualche mese gli arresti per sospette attività illecite erano aumentati vertiginosamente, così come i tributi richiesti, che le truppe si stavano ritirando dal sud lasciando terreno alle città-stato confinanti. Insomma, la situazione era ogni giorno più nera.
Poi se ne andarono. Era mattina e la macelleria doveva aprire. I Ribelli restarono soli a definire i dettagli del piano, considerando ogni possibile variabile, anche le più improbabili, per non farsi cogliere impreparati. Ma Ariel non partecipava. Stava pensando a Glauce, a come da potenza inespugnabile, egemonica nei commerci con il suo immenso Porto, temibile in battaglia per il suo eroico esercito, in meno di vent’anni si fosse ridotta a quella larva che avevano descritto Justine e suo figlio. Un enorme corpo, alle estremità del quale non giungeva più sangue. Un cuore ancora pulsante, ma che a causa delle diffuse cancrene era estremamente precario. Com’era veramente la città? Le sue vie erano tortuose o geometriche? I suoi edifici di legno o di pietra? Com’era il palazzo?
Ariel si riscosse rendendosi conto che tutti la guardavano.
- Allora? Che ne pensi?- ripeté Axel.
Ignorando totalmente la domanda, Ariel disse:
- Credi che sarebbe possibile, Axel, fare un giro in città?-
Il Principe sgranò gli occhi.
- Scusa?!- farfugliò.
- Non guardarmi come se fossi impazzita! Mi piacerebbe fare un sopralluogo-
- Ti guardo come se fossi impazzita perché sei impazzita!-
Ariel si imbronciò.
- Non essere stupido, starò attenta e non darò nell’occhio. Infondo, c’è un solo testimone che mi abbia vista bene in faccia…-
Axel spostò lo sguardo sui Ribelli in cerca di sostegno, ma tutti sembravano incredibilmente interessati alle proprie scarpe. Isaac incluso.
- Perché ti vengono sempre queste pessime idee?!-
 
Il sole era allo zenit quando Ariel ed Axel uscirono alla luce del giorno. Brian aveva insistito per accompagnare lui lo stratega, ma Axel si era opposto. Non voleva che il suo amico rischiasse l’arresto e voleva essere presente quando quella sciagurata ragazza si fosse fatta beccare. Con un cappello calato sugli occhi, il Principe si guardò attorno circospetto. Continuando a lanciare occhiate di disapprovazione ad Ariel, borbottò:
- Solo un velocissimo sopralluogo, chiaro?-
Ariel annuì soddisfatta. Finalmente fuori da quel maledetti corridoi sotterranei! Si sistemò meglio il velo sul capo mentre Axel la prendeva sottobraccio e la trascinava fuori dal vicolo.
La ragazza scoprì ben presto che Glauce era una città estremamente caotica: le vie erano tortuose, lastricate con sempre maggior cura via via che si avvicinavano al centro, le case erano ammassate le una sopra alle altre senza un’apparente logica. Nell’aria si respiravano i più svariati odori, dai più sgradevoli ai più raffinati. Si sorprese di saper riconoscere la condizione sociale degli abitanti che incrociavano dal loro vestire e dalle loro pettinature. Il maschio del palazzo incombeva sempre più sulle loro teste, ed Axel si faceva sempre più nervoso. Ma Ariel non si sentiva in pericolo. La città era viva, piena zeppa di gente, di venditori ambulanti, di guardie che non degnavano di uno sguardo due umili contadini come loro. Non si era mai sentita più protetta.
- Hai abitato qui, Ax?- domandò improvvisamente.
Il Principe lasciò che il suo sguardo si perdesse sul profilo severo del castello, poi trasse un bel respiro prima di rispondere.
- Molti anni fa, si-
- È bellissima-
Axel sorrise e non rispose. La sua espressione parlava di nostalgia e di rabbia. Tutto quanto, lì, gli apparteneva, ed era costretto a muoversi di soppiatto, come un ladro di pollame.
- Quello è il teatro- disse cambiando bruscamente discorso.
Una costruzione molto strana si levava in mezzo alle case. Era interamente intonacata e decorata con disegni dai colori vivaci. Le tre alte guglie svettavano nel cielo spruzzato di nuvole, rivaleggiando in altezza con le torri del palazzo reale. Ariel storse il naso. Forse nella mente disturbata di Gunnar doveva sembrare ricercato, ma a lei sembrava solo un’accozzaglia di virtuosismi architettonici mal riuscita. Fece per proseguire lungo il vicolo, ma il Principe la trascinò nella direzione opposta.
- Non possiamo passare davanti al palazzo- disse.
Imboccarono una via secondaria che li condusse direttamente sul lato ovest, dove secondo le indicazioni di Jonathan si trovava la porta di servizio. Una rapida occhiata fu sufficiente per capire molte cose: era da molto tempo che l’ingresso secondario non era utilizzato, a giudicare dalla ruggine del chiavistello; non vedeva un presidio fisso da altrettanto tempo; Gunnar era un vero imbecille presuntuoso a lasciare l’unica via di accesso alla sua fortezza lì, abbandonata al proprio solitario e inglorioso destino.
Ariel stava traendo tutte queste conclusioni quando un brivido la attraversò. Prese Axel per un polso e accelerò il passo.
- Fermi dove siete!-
Troppo tardi. Una guardia a cavallo li aveva presi alle spalle.
- Tieni la testa bassa- bisbigliò al Principe prima di voltarsi, con le viscere attorcigliate.
Sfoggiando il suo sguardo più innocente e pregando di non venir riconosciuta, farfugliò:
- Abbiamo fatto noi forse male?-
La guardia strabuzzò gli occhi davanti a quel linguaggio stentato.
- Siete troppo vicini al Palazzo- rispose.
Ariel si inchinò.
- Oh, voi scusate! Scusate! Noi no di qui, noi persi! Noi non sapevamo. Tu, così gentile, prego dove noi potere trovare pozzo?-
La guardia guardò Axel incuriosito. Ariel si sentì mancare.
- Mio marito…- disse la ragazza con un filo di voce – lui cieco…- mormorò.
Impietosito, l’uomo disse:
- Il Re non vuole che i civili si avvicinino alla sua dimora, perciò è meglio che ve ne andiate velocemente. Proseguite diritto per tre crocicchi, poi svoltate a destra e troverete un pozzo-
- Grazie, signore, grazie, tu tanto buono…-
- Si, si, ma andate!- tagliò corto.
 
Axel non le rivolse la parola fino a quando la porta della macelleria non si richiuse alle loro spalle. Solo allora le posò le mani sulle spalle e, guardandola negli occhi, le disse:
- Tu sei completamente pazza-
Faticava a controllare la voce tanto era furioso, i suoi occhi brillavano in maniera allarmante. Ma Ariel era troppo elettrizzata dall’adrenalina che le aveva lasciato addosso l’essere riuscita a farla franca così spudoratamente per preoccuparsene. Ridacchiò.
- Ti ho riportato a casa sano e salvo, che cosa vuoi di più? E poi è stata una gita molto istruttiva: sappiamo che Jonathan ha una buona memoria, che Daphne non ha mentito e che la porta è davvero libera, ma anche che la zona è abbastanza pattugliata, anche se è probabile che di notte le guardie siano meno vigili, e che quindi dovremo essere rapidi a scassinare la porta-
Per un attimo la furia di Axel vacillò e i suoi lineamenti si addolcirono, poi ritrovò il cipiglio da comandante e rispose:
- Ringrazia i tuoi Dei per la fortuna che ti hanno concesso. La guardia ti ha risparmiata, e lo farò anch’io, ma non sai quanto mi costi…-
   
 
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