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Autore: paffywolf    24/06/2012    2 recensioni
Rachel, Quinn e Santana avevano sempre desiderato andare via da Lima. Ma sarà davvero New York il posto giusto per loro?
New York è il perfetto modello di una città, non il modello di una città perfetta.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A place for us

Buongiorno a tutti e buona Domenica. :)
Finalmente il terzo capitolo, con la storia di Quinn a New Haven. Come mi è stato giustamente fatto notare, questo capitolo è più "moscio" rispetto a quelli di Santana e Rachel che lo hanno preceduto. Il fatto è che per lei, in questo momento, la vita è tranquilla e serena. Unica novità è la sua convivenza con un ragazzo, il cui nome è volutamente non scritto, ma se siete degli acuti lettori riuscirete a indovinare chi possa essere. Scoprirete la sua identità nel nono capitolo circa. ;)

Premessa per chi non lo sapesse: Animaniacs era un cartone animato della Warner Bros. che veniva trasmesso un po' di anni fa in televisione. Tra i protagonisti c'erano tre creaturine bizzarre e matte da legare, due fratelli e una sorella che di cognome facevano proprio Warner: Yakko, Wakko e Dot. Per questo Matt (lo conoscerete in questo capitolo) chiama i suoi cuccioloni Animaniacs.

Vista l'attesa per questo terzo capitolo, ho deciso di postare quanto prima il quarto, che è completo e già nelle mani della mia scrupolosissima beta LionQuinn (e non avete idea di quanti erroracci mi abbia corretto in questo capitolo, non sono abituata a usare il presente nella narrazione!).
Mi appresto a scrivere il quinto, ho già ben chiaro quanto accadrà e voglio renderlo nel modo migliore possibile perchè sarà uno snodo fondamentale nella vita di Santana.
Grazie davvero a tutti i visitatori, i preferenti e i seguenti (LOL) e specialmente a chi ha il tempo di commentare e lasciarmi una recensione. Mi fate davvero una donna felice. 
A presto con il quarto capitolo! :)


 




Capitolo III: Quinn - L'incontro

Quinn Fabray



Il risveglio tra le sue braccia ha l’odore del suo profumo.
Ha delle note forti, leggermente agrumate, ma è un odore così inconfondibilmente maschio che a volte mi stupisco mi piaccia così tanto. Rimango qualche secondo accoccolata a lui, accarezzandogli l’avambraccio. Dormirà ancora? Una sonora russata mi dà la risposta.

Amanti per caso, fidanzati per scelta, oggi ricorre il primo mese dall’inizio di questa convivenza. Credevo ci saremmo frantumati piatti in testa fin dal primo istante, ma sorprendentemente così non è stato.
E’ il mio primo giorno di corsi e ne sono elettrizzata, ma in quel momento l’unica cosa che desidero è poter restare in quel letto per tutto il giorno, fra quelle lenzuola che profumano d’amore.
Controvoglia mi alzo e sguscio via dalla sua presa. Mi siedo sul bordo del letto e gli accarezzo la guancia, sulla quale sta crescendo una rada barba che punge appena sotto il mio tocco.

Il bagno di quella piccola casa è stato l’unico lusso che mi sono concessa: forse troppo piccolo per quell’enorme doccia che per me era assolutamente indispensabile. Mi lavo in fretta, i minuti scorrono rapidi e alle nove devo essere in aula per il mio primo corso. E sono in ritardo. Scatto in cucina ancora in accappatoio, con l’intento di trangugiare qualcosa al volo e correre a vestirmi.
L’ultima cosa che mi sarei aspettata è una tavola apparecchiata di tutto punto, con un piatto di uova e caffè caldo e fumante ad aspettarmi. E lui che, in boxer neri e canottiera, lascia cadere dalla padella qualche strisciolina di bacon croccante nel mio piatto. Bacon! Quest’uomo sì che mi ama.

“Buongiorno.”gli dico, schioccandogli un bacio sulla guancia.
“Buongiorno anche a te.”
Ci sediamo a tavola insieme e per cinque minuti dimentico cosa sia la fretta, dimentico che l’università dista parecchi chilometri da casa e che devo prendere almeno 2 autobus.
“Ti accompagno io.”mi dice, inghiottendo l’ultimo boccone e alzandosi da tavola.
“Sai, a volte credo davvero tu mi legga nella mente!” gli urlo dietro. Una risata sguaiata arriva dal bagno.

Più passa il tempo, più mi convinco non ci sia nulla di più bello che rimirare il suo corpo nudo, così familiare eppure ancora così estraneo. Rimango imbambolata appoggiandomi allo stipite della porta, osservandolo mentre prende dal comò una canotta nera e un paio di jeans. E’ solo quando tossisce e mi indica l’orologio alla parete che realizzo quanto sia dannatamente tardi.
“Dai, piccola, è ora di andare a scuola!”
Non gli rispondo, sono troppo impegnata a vestirmi in fretta e furia. Mi siedo davanti allo specchio e apro il beauty case, alla ricerca del fondotinta. Dal riflesso lo vedo mentre con aria scherzosa si avvicina a me con passo felpato.
“Oh no, non ci provare. ”
“Non dicevi così ieri sera.”ridacchia lui, avvicinandosi di un altro passo. Le sue mani guizzano sui miei fianchi e le sue dita giocose scatenano un violento attacco di risate.
“Oddio, ti prego, basta.” Biascico tra una risata e l’altra. Mi ritrovo boccheggiante, ansimando appena per riprendere fiato.
“Stasera me la paghi.”dichiaro, dandogli un morso al collo.
“Non vedo l’ora.”sussurra lui, baciandomi delicatamente sulle labbra.

*-*-*-*-*-*

Persino mentre guida, il suo sguardo ogni tanto ricade su di me, mentre gli racconto dei corsi che ho seguito durante la giornata. Niente di straordinario, era solo il primo giorno, ma sono comunque entusiasta.
“E tu che hai fatto oggi?”gli chiedo, accarezzando la sua mano posata sul cambio.
“Niente di particolare, sono andato da Bill. Gli sono arrivate delle ottime chitarre a un buon prezzo.”
“Ricordati di non esagerare.”lo ammonisco. “Massimo...”
“... 5 pezzi. Lo so, mammina. ” prosegue lui, sul volto il mio sorriso preferito.
“Dovresti smetterla di chiamarmi così. Mi dà sui nervi che mi chiami mammina. E c’è un semaforo rosso, frena!”
“Sempre a preoccuparti per me, mammina cara. So badare a me stesso, sai?”ridacchia, mentre l’auto si ferma all’incrocio. Si volta nella mia direzione, prende la mia mano e se la poggia sul volto con delicatezza, sfiorandomi come se avesse paura potessi rompermi in mille pezzi. Accarezzo la sua guancia, ritrovando ancora quell’ispida barbetta al contatto con le dita.
“Dovresti farti la barba, sai? Pungi come una pianta grassa.”
D’improvviso avvicina il volto al mio, fermandosi a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Allora niente baci?”mi sussurra con voce suadente.
Il suono di un clacson dietro di noi mi fa sobbalzare. Il conducente di quella Mercedes grigia ha l’aria di avere fretta.
Lui si allontana da me e ingrana la marcia infastidito, premendo sull’acceleratore con foga.

Un tonfo.

“Merda!”esclama, fiondandosi fuori dall’auto.
Io rimango impietrita sul sedile, incapace di muovermi. Quello era l’inconfondibile rumore di qualcosa che è stato preso in pieno. Qualcosa di vivo, a giudicare dai lamenti. Qualcosa che uggia, dolorante. Slaccio la cintura e apro la portiera. Sdraiato a pancia in su c’è un cucciolo di gatto, sembra dolorante ma non ferito, a parte un’abrasione su una zampa da cui spillava poco sangue.
“E’ stordito, ma credo stia bene.”mi dice lui, esaminando l’animale.
“Non vedi che è ferito? Dobbiamo portarlo al pronto soccorso.”le parole mi escono di bocca istintivamente. E se stesse peggio rispetto a come appare?
“Sei impazzita? Devo tornare in negozio! Non posso lasciare Kevin da solo, a stento distingue una chitarra da un basso!”
Sbuffo appena. Certe volte è davvero egoista.
“Va bene, andiamo in negozio e poi lo porto io dal veterinario, tanto è di strada. Mettilo nel sedile posteriore, ma sta’attento a non strapazzarlo troppo.” Gli apro la portiera, facendo attenzione che non venga maltrattato troppo.
“Ci muoviamo lì davanti, sì o no? Ci sono i Giants stasera!”

*-*-*-*-*-*

Il veterinario che lavora al pronto soccorso è fortunatamente il nostro vicino di casa Matt, con il quale siamo in ottimi rapporti. E’ un ragazzo bizzarro, che passa il suo tempo esclusivamente in quella piccola stanza della clinica.

Infila un paio di guanti monouso, poi passa del disinfettante sulla superficie del tavolino e vi poggia su il gatto, chiedendomi cosa sia accaduto.
“Adesso investi anche i gatti, eh Quinn?”mi dice, esaminando la zampa ferita.
“E’ stato quel cretino! Non è colpa mia.”borbotto, arrossendo lievemente. D’improvviso si fa serio,  mentre gira intorno a quel tavolino e controlla l’animale. Gli alza la coda, gli fa aprire la bocca, controlla i denti e la lingua prima di passare alle orecchie.
“Comunque è gravissimo, non sopravviverà.”dice ridendo, infilandogli un pezzo di carta nell’orecchio con l’ausilio di un bastoncino. Lo guardo disgustata mentre gira e rigira quel fazzoletto, con il micio che scuote la testa e inizia a giocare con il braccio di Matt. Afferra il polso con le zampine e vi affonda i dentini aguzzi, mordicchiandolo appena.
“Non gli fa male?” Lo guardo girare e rigirare quel fazzoletto, prima di estrarlo e passare all’altro orecchio.
“No, a meno che non vuoi che gli buchi un timpano. Vuoi vedere?” Riesco appena a distinguere una macchia giallo-marrone su quel fazzoletto, prima di voltare la testa disgustata.
“No, grazie. Sta bene quindi?”
“Sta benone, la ferita guarirà da sola. Però se vuoi posso sempre ammazzarlo adesso, se ti era così antipatico.”
“No, vorrei evitare di ritrovarmi addosso l’ira del suo padrone.”Matt è distratto, mentre passa una specie di rilevatore. 

Dopo qualche minuto mi guarda e scuote la testa.
“Non ha microchip, quindi deduco che il padrone di cui parli non esista. Io però non posso tenerlo... Dot potrebbe accettarlo, ma dubito che Yakko e Wakko siano dello stesso avviso.” Annuisco, ricordando i tre giganteschi Terranova che portava a spasso ogni giorno.
“Quindi che si fa?”gli chiedo, preoccupata.
“O lo prendi tu, oppure devo spedirlo al gattile. Mi dispiace, ma non potrei proprio portarlo a casa con me.”
“E la madre?”
“Probabilmente lo ha abbandonato. Succede spesso che qualche bambino si avvicini a dei cuccioli e li tocchi, senza sapere che poi la madre non li accetterà più. Sente l’odore dell’uomo e li lascia lì.”

Guardo quel micino rossiccio, che mi scruta con quei profondi occhi verdi. E' sporco e puzza un po’, ma ha un’aria vispa e intelligente.

“E’ maschio o femmina?”
“Credo sia femmina.” Mi avvicino a lei e allungo una mano. La gattina inarca la schiena e si lascia accarezzare. Le mie dita affondano in quel pelo morbido, mentre il gratificante suono delle fusa si fa largo nella stanza.
“Se decidi di tenerla, le faccio un bagno antipulci e le prime vaccinazioni. E ovviamente inserisco il microchip. E poi la uccido e ne faccio un pupazzo per i miei Animaniacs.”
“E’ in salute?”
“Quando sono cuccioli spesso hanno infezioni agli occhi o qualche problema respiratorio, lei invece mi sembra sana come un pesce.”mi rassicura, sfilandosi i guanti di lattice. “Può darsi abbia i vermi, ma con un vermifugo vanno via senza troppi problemi.”

Sono combattuta. Da un lato, mi dispiacerebbe se quella deliziosa micina tornasse sulla strada, dall’altro ho paura della reazione del mio coinquilino. E non ho esperienza con gli animali. Dopo un lungo silenzio nel piccolo ambulatorio, Matt riprende la parola.
“Cosa vuoi fare?”mi chiede.
“Se mi distrugge casa, sappi che sarà tutta colpa tua. Dai, la prendo.”
“Ringrazia quell’energumeno del tuo fidanzato, non me!” ridacchia lui, infilandola in una gabbietta. “Passa a prenderla qui alle sette. Oh, a proposito. Serve un nome per iscriverla all’anagrafe. Qualche idea?”

Con una smorfia, medito sul nome giusto per quella piccola palla di pelo rossiccia. La sua somiglianza con il colore di capelli di Nicole Kidman in Moulin Rouge è impressionante. Satine? No, non mi piace. Delle canzoni del film, però, la mia preferita era il tango di Roxanne.
“Roxie?”Appoggio un dito sulla grata di ferro, infilandolo tra le sbarre.
La gattina continua con le fusa e poggia la zampina sul mio dito, quasi ad affermare che sì, quello è il nome giusto per lei.
“Se ci sbatte fuori di casa sarà colpa tua, bel musino.”le sussurro, mentre lei mordicchia l’unghia.
“Matt, hai un letto in più per stanotte? Dubito che il mio ragazzo accetterà di farsi mordere da questa rompiscatole.”
“Ah no, io sono neutrale. Guarda che non voglio ritrovarmi coinvolto nel tuo omicidio. Quella motosega che  avete nel garage è dannatamente inquietante.”

   
 
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