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Autore: rolly too    24/06/2012    5 recensioni
Kidd ha tirato troppo la corda, e il suo migliore amico si è trasformato nel nemico più pericoloso con cui abbia mai avuto a che fare. Perché Killer è forte, determinato, e soprattutto è stanco di lui e del suo comportamento. Davanti a una minaccia tanto grande e tanto dolorosa, nemmeno il Capitano Kidd sa più che cosa fare, e forse nemmeno il suo storico nemico e amante può aiutarlo, e anzi, potrebbe anche essere in pericolo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Killer | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 Kidd camminò un po' intorno al metallo che aveva raccolto, studiandolo con attenzione.
Era riuscito a mettere insieme una buona quantità di materiale, aiutato anche dalla sua ciurma che inizialmente l'aveva guardato un po' stranita, come se fosse improvvisamente impazzito, poi avevano assecondato la sua richiesta senza fare tante storie.
Aveva accumulato i pezzi migliori in una cabina della nave che usavano poco, e aveva iniziato a lavorare per tentare di mettere in atto la sua idea.
Innanzitutto, decise di scartare tutto ciò che era arrugginito, o entro un mese sarebbe dovuto tornare da Trafalgar a farsi amputare anche la parte del braccio che gli era rimasta.
Un tempo si sarebbe fatto aiutare da Killer, ma in mancanza del suo vice aveva preferito ripiegare su Wire.
«Questi li buttiamo via.» gli disse passandogli il metallo arrugginito.
«Che ne vuoi fare di tutto questo ferro?»
«Un esperimento.»
Wire scrollò le spalle e prese ad ammucchiare ciò che il capitano scartava.
«Pensi che tornerà?» domandò alla fine.
Kidd lo guardò. Killer, già. Sarebbe tornato? Avrebbe voluto dire di sì, perché gli mancava terribilmente e pensare che sarebbe tornato era un buon modo per consolarsi, ma visto come stavano andando le cose ne dubitava. E poi, non era detto che avesse smesso di tirargli strani scherzi. La ciurma di Law era stato uno e l'avrebbe pagata, perché Law non lasciava conti in sospeso, soprattutto quando si trattava dei suoi uomini. Forse non l'avrebbe ucciso, però, anche perché a quanto aveva capito stava tentando di salvargli la vita, però forse l'avrebbe menomato, o chissà che altro.
Ma Killer poteva ancora organizzare altri sistemi per vendicarsi. Prima o poi avrebbe colpito anche la ciurma, Kidd ne era certo. Perché ormai non c'era più motivo di comportarsi bene, e Killer era cieco di odio, incapace di controllarsi.
Kidd aveva già visto cosa era in grado di fare il suo vice.
Era accaduto poco dopo essersi conosciuti, in quell'isola calda e umida in cui l'altro era nato. E lì, prigioniero di una vita violenta di cui non aveva mai voluto parlare più di tanto, raccontandogli solo pochi fatti, con la voce che tremava e gli occhi lucidi, liberi dalla maschera, aveva subito per anni le violenze di un gruppo di uomini rilevanti nella criminalità locale. Alcuni li aveva uccisi Kidd, ma gli altri... La fine che quei tizi avevano fatto, vittime della vendetta di Killer, era stata terrificante. Adesso la stessa fine poteva toccare a loro.
«Non lo so. Forse.»
«Questa volta... è diverso dalle altre volte che avete litigato.»
«Sì. E adesso quell'idiota si è messo contro Law.» aggiunse. A quel punto, non gli importava più di far finta che andasse tutto bene. Non andava bene, e la ciurma doveva saperlo. Se volevano Killer indietro, dovevano unire le forze. Dovevano, tutti insieme, capire dove Kidd avesse sbagliato, dove tutti loro avessero sbagliato, e cercare di rimediare.
«Contro Law?»
«Shachi vi ha detto del veleno, no?»
«Sì, ma...» fece Wire, senza capire. Poi sgranò gli occhi, come colto da una rivelazione improvvisa. «È stato Killer?»
«Già.»
Wire rimase in silenzio, forse colpito da quella notizia. Kidd non aveva idea di ciò che gli passava per la testa e non era nemmeno certo che gli interessasse saperlo. Voleva solo sbrigarsi. Di piani non ne aveva, ma un obiettivo sì ed era recuperare Killer. Non era nemmeno certo di rivolerlo nella ciurma, ma doveva parlargli. Anche solo per capire. Chiarire, a quel punto, forse era impossibile. Forse non c'erano possibilità di rappacificarsi, erano successe troppe cose. Il braccio, per esempio. Non poteva dire che l'avrebbe perdonato, perché una menomazione era per sempre. E lui avrebbe dovuto farci i conti ogni giorno della sua vita.
«Penso che possa bastare.» disse quando si rese conto d'aver eliminato tutto il ferro arrugginito dal mucchio.
«A che ti serve?» domandò di nuovo Wire.
«Voglio provare a fare una cosa, per il braccio.»
«Come la mano che usi per combattere?»
«Sì, una cosa simile. Ma dovrebbe essere fatta un po' meglio.»
Wire annuì e non chiese altre spiegazioni.
«Va bene così, Wire.» disse alla fine Kidd. «Puoi andare, adesso mi arrangio.»
«Come vuoi.»
Una volta rimasto solo Kidd si disse che non poteva iniziare a lavorare senza aver prima chiaro in testa un progetto dettagliato. Doveva utilizzare metalli leggeri, altrimenti si sarebbe stancato troppo a sollevare un braccio di metallo. E poi doveva riunire il tutto in un blocco unico, oppure avrebbe rischiato di perdere pezzi per strada. Quindi per prima cosa gli servivano delle viti.
Uscì dalla cabina e si diresse verso l'armeria, sicuro che lì avrebbe trovato ciò che cercava.

L'armeria era il luogo in cui l'aveva fatto con Killer la prima volta.
Era stato qualche settimana dopo che si erano conosciuti.
Quel giorno pioveva, e Kidd non ricordava bene perché era entrato nell'armeria. Forse aveva solo seguito Killer per vedere che cosa faceva. Era una cosa che gli capitava di fare ancora, ogni tanto. In ogni caso, si era trovato solo con lui, nella stanza un po' buia, fredda. Circondati da tutti quelle armi, non avevano potuto fare altro che guardarsi. E Kidd, davanti a quel nuovo compagno, non era riuscito a trattenersi.
«Fammi vedere di nuovo il tuo viso.» gli aveva detto. Killer era rimasto in silenzio per un po' e a Kidd era sembrato titubante. Poi, però, aveva annuito. Aveva tolto il casco, permettendo a Kidd di guardarlo negli occhi.
E a Kidd era sembrato molto bello, nonostante le cicatrici che gli deturpavano buona parte del volto. Non gli aveva chiesto chi gliele avesse procurate, sapeva bene che potevano essere stati solo quegli uomini che l'avevano vessato per tanti anni.
Quella volta era stato Killer a cercarlo per primo. Era stato lui ad avvicinarsi a Kidd. Sì, si era fermato davanti a lui, immobile, ma quando Kidd l'aveva baciato non si era ritratto, tutt'altro. Aveva risposto con ardore, aggrappandosi a lui, facendogli cadere la pelliccia, socchiudendo le labbra per permettere a Kidd di forzarle con la lingua.
Aveva lasciato che Kidd lo spogliasse, e lui stesso aveva aiutato l'altro a togliersi i vestiti. Quando Kidd si era trovato sdraiato su di lui, eccitato come non mai, Killer gli si era stretto contro, cingendogli i fianchi con le gambe, gemendo e baciandolo ogni volta che Kidd lo toccava.
A ripensarci dopo tutto quel tempo, con la consapevolezza che le cose sarebbero sempre state diverse, che Killer non gli avrebbe più permesso di andargli vicino, e forse nemmeno di parlargli, Kidd sentì lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa e per un attimo fu certo che avrebbe vomitato.
Ma quel dolore durò pochissimo. Sostituito da una rabbia cieca, terribile, Kidd uscì dall'armeria sbattendo la porta, senza nemmeno preoccuparsi di prendere con sé le viti che era andato a cercare. Attraversò in fretta la nave, ben deciso a trovare un modo per sfogare la furia che l'aveva invaso. L'unica cosa che gli veniva in mente di fare era tornare a cercare Killer, prenderlo, costringerlo a parlargli e trovare una soluzione, ma vista la predisposizione d'animo in cui si trovava era certo che avrebbe cercato di ucciderlo. Non poteva farlo. Ora che sapeva che Killer era ancora vivo, non poteva meditare propositi di vendetta e andare ad ammazzarlo.
Entrò nella propria cabina, furibondo, e prese a girare in tondo, sbuffando e ringhiando, facendo di tutto per controllarsi. Ma non ci riusciva, dannazione, non ci riusciva!
Si sedette sul letto e affondò il volto tra le mani, respirò a fondo e si disse che non ne valeva la pena. No, non ne valeva la pena.

Sentì l'esplosione, forte, terribile, e poi le urla dei suoi uomini.
Scattò in piedi e corse fuori dalla cabina per vedere cosa fosse successo, ma la prima cosa che vide fu il fumo. Solo dopo si accorse del fuoco, e con gli occhi che lacrimavano e bruciavano, mentre respirare diventava difficile, con la gola in fiamme, cercò i suoi uomini e il cuore gli saltò un battito quando si rese conto che non riusciva a vederli.
Il crepitio del legno che bruciava copriva i rumori, ma gli sembrò ugualmente di sentire la voce di qualcuno che gridava di portare acqua e coperte.
Si avvicinò, tentando di scorgere i suoi uomini, ancora non ci riuscì.
«Heat!» chiamò ad alta voce, tossendo e respirando a fatica. «Wire!»
Fece per aprire di nuovo la bocca a chiamare anche gli altri, ma la tosse glielo impedì. Cercò di riprendere fiato, non ci riuscì.
Gli bruciava la bocca, la gola, il petto. Respirare faceva male, e stava diventando sempre più difficile.
Con la vista appannata e la visuale coperta dal fumo mosse qualche passo in avanti. Riuscì a scorgere una figura che gli veniva incontro e allungava un braccio verso di lui. Cercò di afferrare la mano che gli porgeva, ma non ci riuscì.
Fece a malapena a tempo a distinguere la figura sconvolta di Heat, e prima di poter dire qualunque cosa perse i sensi.

Quando riaprì gli occhi si rese conto di essere nella propria cabina, circondato dalla ciurma.
«Che cosa è successo?» riuscì a gracchiare con grande fatica. Gli sembrava di avere un fuoco che gli bruciava la gola e il petto. Gli occhi gli facevano male, e temeva che presto si sarebbero messi a lacrimare. Ma non era solo la disperazione per ciò che era appena successo, si disse. Era il fumo. Era soltanto il fumo.
«C'è stata un'esplosione, e ha provocato un incendio.» rispose Peak.
«Cosa è saltato in aria?»
«Qualcuno ha sostituito il rum con un esplosivo.»
Non aveva nessuna difficoltà a immaginare chi fosse quel qualcuno. Ma si rendeva conto del pericolo in cui aveva messo la ciurma? Se qualcuno, magari già ubriaco, avesse bevuto quel liquido... Non poteva nemmeno pensarci.
«Dov'è Heat?» chiese, notando che l'uomo mancava all'appello.
«Con Wire.»
«È ferito?»
«Sì, la bottiglia gli è praticamente esplosa davanti. Ha pezzi di vetro incastrati ovunque, e bruciature...»
Kidd rimase in silenzio. La situazione sembrava grave, quindi forse c'era bisogno di chiamare un medico più preparato di Heat. Anche se Law aveva curato Killer... Non poteva rischiare di perdere un altro uomo.
«Law può aiutarlo.» considerò.
Quando Peak scosse la testa, con espressione più che mai cupa, Kidd sapeva che non gli avrebbe detto nulla di rassicurante. Non voleva sentire le parole che aveva da dire.
«Heat ha detto che è inutile, Kidd-san. Wire... Non resisterà che qualche ora. Forse un giorno.»
Quelle parole furono più tremende di qualunque altra cosa. Wire sarebbe morto. Lo sapevano, eppure non potevano farci niente. Solo aspettare che la sua vita finisse, e sperare che per lui fosse il meno doloroso possibile.
«Kidd-san!» intervenne un altro. «Kidd-san, Killer ha ucciso Wire! Anche se non è morto, morirà, e Killer l'ha ucciso! Voleva ucciderci tutti!»
Kidd annuì, la gola ancora più secca di prima.
Lo stomaco gli si annodò per la rabbia e si disse che no, non poteva piangere davanti alla sua ciurma.
Si mise in piedi a fatica, lanciò uno sguardo carico di furia al navigatore.
«Fai in modo di trovare il sottomarino di Law. Lui sa dov'è Killer. Ce lo faremo dire, e lo troveremo. Posso perdonarlo per il braccio, ma Wire... Ce la pagherà.»
Adesso si era stancato di giocare. Se Killer voleva la guerra, ebbene, l'avrebbe avuta. Ma sarebbe stata faccia a faccia, e, dannazione, l'avrebbe ucciso.
Sì, ormai non c'era più niente da fare.
Killer doveva morire.




Grazie di cuore a tutti quelli che hanno commentato lo scorso capitolo, le vostre recensioni mi hanno davvero resa felicissima.
Scusate se non ho risposto a ognuno di voi singolarmente.
Baci,
rolly too
   
 
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