Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |       
Autore: Iris Fiery    24/06/2012    3 recensioni
Watson ha una nipote, figlia del primo e unico matrimonio della sorella. Una sera viene chiamato: lei, la nuova amante e la piccola hanno un incidente.
Trauma Cranico è la diagnosi per Cheryl, ora orfana. Watson si presenta in ospedale e decide, con Sherlock, ti tenerla con loro.
Ma Cheryl non è come le altre. E' un genio, perché ragiona come Sherlock.
Inizialmente con astio e poi con amore, Holmes stesso si avvicina a lei, scoprendo lati di sé ancora inesplorati.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PrologoDodici. Dodici scalini, alti circa tre centimetri a testa. Scomodi da salire, soprattutto con questo borsone.
Il vento spira forte. È freddo. Dicembre è un mese freddo, e quest’anno è stato particolarmente cattivo. Sento il cervello molle. L’occhio sinistro è sensibile alla luce? No, non da segni, brucia solamente. Troppo. Brucia troppo, fa male. Dev’essere la Midriasi (allargamento della pupilla a dismisura), chiaro segno di un Trauma Cerebrale. Ronzio all’orecchio sinistro, leggera paralisi del braccio sinistro: forse l’emisfero destro del cervello ha subito traumi. Sento altro? No. Delle luci poco lontane: l’occhio destro registra alcuni fanali. Rumori. Tre macchine sembrano.

<< Cheryl. >> Una luce si punta nei miei occhi. Urlo, spingendo indietro quell’uomo, allontanando la fonte di luce dall’occhio sinistro. Brucia, lo sento scoppiare. Qualcuno mi blocca le braccia, e torna a controllare. Il bene è che il destro funziona. << Midriasi all’occhio sinistro, probabilmente permanente. Leggera paralisi. >> Vorrei rispondergli, ma sento la voce che non esce dalla bocca. Come se non ricordassi come si parla.


Mi guardo in giro. Pareti schifosamente bianche. Letti con protezioni ai lati. Coperte che profumano di sterilizzazione. Ho uno strano macchinario attaccato alla bocca: una maschera per l’ossigeno. Una flebo infilata nel braccio sinistro ed un sensore su un dito. Non posso muovermi, cavolo. << Sembra sia andata meglio di quello che pensavamo. >> Voce di uomo. Trent’anni. Virile. Intelligente. << Il suo cervello non ha subito troppi danni. Solo un occhio è danneggiato. >> << Sapevo che quella donna avrebbe combinato un guaio, un giorno. >> Altro uomo. Più vecchio, quarant’anni. Voce sicura. << Una ubriacona… ecco chi si doveva prendere mia sorella. >> John… zio John.
Sorrido appena, impercettibilmente forse. Sento ancora difficile controllare i muscoli facciali. Pressione del letto cambiata. John è uscito (porta che fa rumore, corrente d’aria artificiale). << So che sei sveglia. >> La voce del primo uomo. Apro gli occhi.

Occhi glaciali. Mi fissano insistentemente. Mi siedo, sfilando l’affare sul dito e la maschera dell’ossigeno, tossendo. Alto. Magro. Viso spigoloso, pelle diafana, labbra rosee. Accento inglese, madrelingua. Estremamente elegante, cappotto nero di alta sartoria. Sospiro, passando la mano tra i capelli, tirando indietro i ciuffi rossi che volano ovunque, sentendo i capelli legati in una treccia. Sorrido. Opera di John (gli è sempre piaciuto farmi la treccia). << Non sapevo la sorella di John avesse una figlia. >> << Opera del suo primo matrimonio. Unico. >> Rispondo io, tossendo con forza. Gola secca. Brucia.

La sua mano mi tocca la schiena. Scarica di piacere. Lo guardo negli occhi. << Interessante. I tuoi occhi sono estremamente scuri. Anche quello sinistro non si vede troppo il difetto della Midriasi. >> Vuole rassicurarmi? No, la sua voce non dice questo. Mi sta solo dicendo come stanno i fatti. Mi piace. È cinico. << Immagino tu sia Sherlock. >> Sussurro. Mi guarda ed annuisce, mentre arrivano i medici. Mi fanno sdraiare, a forza, fintamente preoccupati. Mi rimettono la maschera ad ossigeno, ma la strappo nuovamente, buttandola a terra. Ringhio quasi, mentre entra zio John. << Cheryl! >> Lo guardo. Capelli bianchi brizzolati (la paura). Viso stanco. Segni di occhiaie percettibilmente visibili (cattivo sonno). Voce preoccupata. Estremamente preoccupata. Cerco di allungare una mano, ma il sonno mi coglie.


<< Starai qui da noi, finché non stai meglio. >> È passato quasi un mese. Sono uscita dall’ospedale. Zio John è passato ogni giorno a controllarmi. Ha parlato con Sherlock e mi prenderanno da loro (so che il suo amico non è d’accordo, anche se non me l’ha detto). Vivono in un appartamento. Baker Street. Una delle poche case con l’effige ancora sulla porta. Carina. Una vecchietta con tacchi bassi e volto stanco è sulla porta. Corti capelli biondi. Occhi vispi. << Signora Hudson, mia nipote Cheryl. >> Sorride lui, mentre le stringo la mano. Vecchietta amorevole, mi parla con dolcezza (si sente in dispiacere per il mio essere orfana). Deliziosa.

Rumore odioso. << Sherlock suona il violino… >> << Suona? >> Lo guardo male. Insulto. Io suono il violino. Lui lo violenta, forse. Entriamo in silenzio, col mio borsone. Indossa dei pantaloni neri, e una camicia viola. Formale. Elegante. Affascinante. << Sherlock non puoi… >> << Smettere di far rumore? >> Mi guarda. Freddo. M’incenerisce (odia essere ripreso). Faccio qualche passo verso di lui, prendendo il violino. Suono un pezzo de “La Califfa”. Rimane in silenzio. Ancora. << Sei arrivata, noto. >> Crudele. Freddo. Colpito nel segno, si vede (Sherlock).

<< Dormirai al piano di sopra. >> Mi dice lui, facendomi strada. Pareti con un’orribile carta da parati (vecchio proprietario, poco curato). Pochi piccoli addobbi, giusto il necessario. Tre rampe di scale da dieci scalini alti cinque centimetro. Ultimo piano. Forse un’antica mansarda. Di fatto, quando entriamo tossisco per la troppa polvere. Una finestrella che da sul tetto (coperta da una tenda fatta velocemente). Un letto dalla costruzione in ferro battuto, un materasso comprato da poco e delle coperte. Non c’è altro: un armadio di fortuna diciamo, con alcune decorazioni ma delle fessure. << Purtroppo non è un periodo for… >> << Non c’è problema. >> Freddo Holmes, andando a coricarmi sul letto.

Sento un dolore penetrante. Un ticchettare continuo, come se qualcuno andasse a ritmo. Una scimmia che suona una musica nella mia testa. Mi sento così ora, che non sono padrona di me stessa (palpebra mobile destra che non si apre). Il mio occhio destro non risponde, e il sinistro, affetto da trauma, non è sensibile. Ho paura. Paura folle di essere colpita da sintomi peggiori. Ad esempio non saperlo parlare, comporre frasi complete ma senza senso (Afasia di Wernicke), oppure essere colpita dalla “sindrome postconsussiva”, che sfocia in vere e proprie malattie mentali. Devo tenermi attiva.

Riesco a scendere le scale rimanendo stretta alla ringhiera. È poco sicura (legno fragile, vecchio ormai). Sento due voci distinte di sotto. << Sembra non sia qualcosa di grave. >> << Mi spiace darti contro John, ma la perdita di coscienza, la midriasi e la capacità di coordinamento si trovano tra i sintomi di medio-grave trauma cerebrale. >> Sherlock è cinico. Conosce questa malattia meglio di mio zio. Oppure John non vuole semplicemente accettare tutto. << Tra le cose peggiori, possiamo aspettarci che non riesca a connettere verbalmente, che non si svegli dal sonno e che abbia disturbi comportamentali. >> Sherlock ha fatto un’ottima diagnosi. << E che abbia deficit cognitivo. >>

Quando ero piccola, mi hanno sempre definita genio. Il fatto che a otto anni risolvessi problemi logici universitari, sconvolgeva la gente, appellandomi in tale maniera. La mia mente non si fermava a guardare, ma analizzava. Rimanevo ore intere a fissare lo stesso punto, mentre il mio cervello analizzava ogni informazione. Grandezza, forma, temperatura cromatica.
Non ho mai avuto altro. Non ho amici (definisco la mia una smania di voler controllare tutto). Non ho qualcuno che mi ami. La gente generalmente mi definisce una sociopatica (non me ne dispiace, le persone sono false). (Odio la falsità). La gente non vede il mondo con i miei, con i nostri occhi. Perché Holmes sa cosa significa vedere il mondo in altra maniera. La mente lavora in ogni attimo, un semplice quadro rosso per noi è una sequenza di dati inimmaginabile. E la gente non comprende. Non comprende la fatica che si fa ad essere noi.

Sento le gambe molli. La destra non si regge, e la sinistra inizia a formicolare. Per quanto io mi regga, l’inconscio prende parte di me, facendomi rotolare giù. Giù. Giù.



















Se sieite arrivati qui... bhé, grazie. Un argomento delicato, lo sò. Ho deciso di trattarlo perché una persona vicino a me, dopo un incidente, era in questo stato: passando giorni e giorni vicino a lei, ho scoperto lati di questo trauma orribili e, come regalo, le avevo promesso questa long fic. Ora che non c'è più, ho deciso di iniziare a lavorarci.
Ho deciso di utilizzare questo metodo di scrittura telegrafico perché rendeva meglio il metodo di ragionamento. Noi ragioniamo in piccole frasi, e voglio trasporre ogni cosa come mi pare più reale. A volte pesante, a volte fastidioso, lo so: se non piace, posso solo dire di chiudere. Chi invece ha deciso di finire di leggere, mi lasci almeno un commento, anche solo per dire "orribile". Grazie tante^^ Aggiornerò il prima possibile.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Iris Fiery