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Autore: Iris Fiery    06/07/2012    0 recensioni
Watson ha una nipote, figlia del primo e unico matrimonio della sorella. Una sera viene chiamato: lei, la nuova amante e la piccola hanno un incidente.
Trauma Cranico è la diagnosi per Cheryl, ora orfana. Watson si presenta in ospedale e decide, con Sherlock, ti tenerla con loro.
Ma Cheryl non è come le altre. E' un genio, perché ragiona come Sherlock.
Inizialmente con astio e poi con amore, Holmes stesso si avvicina a lei, scoprendo lati di sé ancora inesplorati.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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TimeIl braccio molle, l’ago lo perfora e la morfina (analgesico usato per curare il dolore acuto o cronico) viene iniettata. Contenuta nell’oppio, da presto assuefazione e tolleranza, tanto che non è consigliata da usare per grosso tempo. Effetti collaterali: stimolazione di più ormoni, mancanza di desiderio sessuale (estremo è l’impotenza), stipsi e morte. La creazione è stata avvicinata agli alchimisti. Una storia molto interessante, quella della morfina.

Il cervello non ragiona. Si scollega, entra in un mondo parallelo, dove nostri cloni vivono vite parallele. A volte mi piacerebbe ricordare ciò che vivo, o che sogno in tali momenti: forse supererei le barriere che il nostro cervello crea, utilizzando quelle piccole parti nascoste ai più.

Una mano. Calore corporeo. Mano appoggiata aperta sul volto, guancia sinistra per la precisione. Riscalda. Mano calda, con lunghe dita affusolate. Sherlock. Odore di lavanda, di spezie. Non sta lì per nulla, so che mi sta fissando (vuole capire se fingo). << Respiro tranquillo. La morfina sta finendo il suo effetto. >> Analisi impeccabile.
Peso sul lato del letto. Si è seduto. Vicino a me. Sento le sue gambe vicino alle mie (magre, quasi a stecchino). Il suo busto proporzionato. I suoi occhi glaciali sul mio corpo coperto. I suoi riccioli neri, che profumano di spezie. Mi sta studiando.
Si allontana. Mi sto riposando. Non vuole disturbare.




<< Cerca di fare la brava. E se hai bisogno, chiamami d’accordo? >> << Si, zio John. >> Rispondo, mentre lo vedo uscire. Preoccupato. Mi fissa ancora. Più volte (almeno dieci). Terrorizzato, pensa che io mi senta male nuovamente.
Tornata a casa da un giorno. Ho avuto una paralisi temporanea dei muscoli. Deficit neurologico secondo loro. Preoccupante.
Ora sto bene. Sento formicolare le dita dei piedi, ma non l’ho detto allo zio. Doveva lavorare. Non può rimanere sempre qui.

<< Sei tornata a casa. >> Voce maschile. Sicura. Dispotica e prepotente. Sherlock. Sento odore di cinese (deve aver portato da mangiare). << Non sapevo ti avessero già dimesso. >> Bugia. Ha comprato per due. Non vuole sembrare troppo gentile. Stupido ragionamento maschile (sembrerebbe debole).
Si siede. Apparecchia. Cammino incertamente al tavolo, accomodandomi. Non mi compatisce. Mi guarda, per sapere i miei sintomi. So che vede il leggero tremolio della mano sinistra. Gli occhi stanchi. Probabilmente sente anche il respiro leggermente affannato. Lo so.

<< Oggi ho avuto un nuovo caso. >> Annuisce. M’informa. << Un omicidio. Una donna incinta, colpita da due colpi d’arma. Vicino un uomo. Il marito. Accoltellato. Si è svegliato in tempo per chiamare l’ambulanza. Pare che poco prima avesse incontrato l’amante. >> << Com’era l’amante? >> << Biondina. Venticinque anni. Bel fisico. Gracile. >> << Non è lei. >> Annuisco. Mi fissa, stranito. << Gracile. Non avrebbe la forza di sopraffare sia un uomo che una donna. >> Ci pensa. Ho ragione.
Si alza. Mi porta un blocco (appunti dell’omicidio). Vuole che lo studiamo insieme. Che lo aiuti. Non sa cosa fare. È a un punto morto.

Farfalle nello stomaco. Piacere. Gioia. Felicità. Sherlock Holmes ha bisogno di aiuto. Un caso così complicato che ha bisogno di me.




<< Sherlock. >> Zio John è sulla porta. Scarpe sporche di fango (piove da poco, zona est di Londra), cappotto bagnato, capelli in disordine. Ira nei suoi occhi. << Perché non l’hai fatta mangiare? >> Poggia la busta a terra. Vestiti di lavoro. << Ha appena risolto un caso, Watson. >> Dice lui, guardandolo, quasi sconvolto. Non lo mostra, ma è sconvolto. Gli occhi grandi luccicano. Azzurri, scintillanti. Ho la pelle d’oca. Perché poi?
<< Scherzi? >> << No. >>

Guarda le prove, più volte. Non può vederci. Ma è stato semplice. I conti correnti erano più alti. Soldi guadagnati. Spacciava. La ragazza che l’ha incontrato (l’amante) era una drogata. (È in clinica). Qualcosa non era andato. La droga non era buona. È stato un cliente. Il primo ad entrare era un poliziotto a parecchi isolati di distanza. Perché è arrivato lui, se vi erano pattuglie vicine? Semplice, era lui il drogato. Lo ha ucciso per punirlo, e lei è solo una vittima innocente.

Non tanto lei, quanto il piccolo feto nel suo stomaco. Aveva sei mesi ormai, una creatura ben formata. Le palpebre si aprono e chiudono e inizia a respirare. Inizia anche a sognare, a mostrare stress con movimenti febbrili.
Ormai è pronto a nascere. Non concretamente, ma se prima era poco più che una cellula, ora ha una forma umana. Con piccole braccia e piccole gambe, che scalciano. Sente i rumori, il ritmo. Sogna. Sogna di vivere. Di ridere. Probabilmente si chiede come sarà la sua vita fuori (sofferente). Da una parte lo invidio, non nascere non implica il soffrire per amore. Ma non può scegliere. Gli è stato imposto il non nascere, a quel feto.

<< Dobbiamo trovare il nome e tutto sarà fatto. >> Holmes si alza, indossando il cappotto. Mi fissa poi. Tra le mani ha la mia giacca di pelle nera. La controlla. Infila all’interno dei soldi senza farsi vedere e se ne va. Sa che ho visto. Sa che io so. Sa che io ho già intuito tutto.
<< Zio, vado a buttare l’immondizia. >> Annuisco. Esco, mettendo la giacca. Non risponde. Perché anche lui sa. È un circolo vizioso, il nostro.

Sherlock è principesco, in tutto quello che fa. Da quando si sveglia alla mattina con l’alito pesante (e i capelli in disordine) a quando esce, passeggiando leggiadramente. Forse sono le gambe lunghe ed affusolate. Forse la pelle che brilla quasi irradiata dalla luce. Forse gli occhi che paiono perle. Forse le labbra carnose. Forse la sua voce.
<< Prima ho fame. >> Annuisco. Vuole andare a risolvere il caso, ma lo vedo affamato (occhi dilatati alla parola cibo, leggera lappata sulle labbra). Accetta, accompagnandomi in un piccolo ristorante.

   
 
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