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Autore: emome    24/06/2012    1 recensioni
Isabella,17 anni va a vivere con la zia in una piccola cittadina degli Stati Uniti. Genitori morti e fratello scomparso.Pensava che sarebbe sprofondata ancora di più nella depressione e nella monotonia ma a scuola nota qualcosa che non và e la cronaca del posto mette i brividi.Conoscerà Alexander, bello e misterioso, ma sarà stata fortunata o sfortunata a conoscerlo?.
"Mi sembrava di essere finita in un film dell'orrore, con l'unico dettaglio che era tutto rale. Lui era reale".
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                       Capitolo

                                           21

                                              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quella notte Alyssa dormì da me, e la mattina dopo Alexander,Brian e Axel ci vennero a prendere con la macchina in cui salimmo dopo aver salutato Zia Madison che non sospettava neanche lontanamente dove stessimo andando. Per lei stavamo andando a fare un allegra gita scolastica. Mi sentii un po’ in colpa per mentirle in quel modo ma l’avrei messa in pericolo, o mi avrebbe presa per pazza e fatta rinchiudere. Tra le due opzioni la terza è il male minore. O forse no .

“Quanto ci vorrà ? “ chiesi mentre Alexander mi porgeva un sacchetto dai sedili davanti, dentro vi era una ciambella ricoperta di zucchero. Avevo lo stomaco chiuso ma mi costrinsi a mangiarne almeno metà aiutata da Alyssa. “Un po’, la bocca dell’inferno è in Virginia” mi rispose quasi scosciato. Non era contento che ero lì e neanche che ci fosse Alyssa. La Virginia era lontana ma a quella velocità, Axel stava andando a quasi 200 k/h. Sperai che sapesse guidare.

“Che cosa hai detto a Nick? e ai tuoi genitori? Saranno preoccupati” Alyssa scrollò le spalle “ ai miei ho detto come te che c’era una gita e a Nick che ero impegnata con te” e finì con un morso la sua metà di ciambella. “Tranquilla, lui non sa niente” si affrettò a rassicurarmi subito dopo. Preoccupata ed in ansia girai la testa verso il finestrino ma il paesaggio scorreva troppo velocemente per poterlo ammirare.  Per un attimo desiderai la mia vecchia vita, quella a New York , con i miei genitori, con mio fratello . Il mio vero fratello. Le uniche cose che mi sarebbero mancate sarebbero state Alyssa e Alexander, solo che quest’ultimo sarebbe stato meglio se non fosse stato un demone. Ma lo amavo e lo accettavo, solo che volevo la vita normale di prima. Combattere con demoni travestiti da vecchiette e scendere all’inferno per aiutare tuo fratello quasi demone non fanno esattamente parte di una vita normale. Pensando a questo, sprofondai nel sedile e mi addormentai.

Quando mi svegliai ero sola in macchina, mi tirai su dal sedile e li vidi tutti poco lontano che osservavano qualcosa che non riuscivo a vedere. Uscii in fretta dalla macchina e li raggiunsi. Una folata di aria gelida mi investì penetrandomi fin nelle ossa,trasmettendomi una sensazione di sconforto e dolore che mi stringeva il cuore con una morsa inspiegabilmente. E allora vidi: davanti a noi vi era un’entrata grande tanto come gli antichi palazzi, le porta erano spalancate, in bronzo scuro intarsiate da dei strani simboli a ghirigori e sopra , intarsiata sulla roccia vi era la scritta in un bordò che sembrava sangue arterioso “ lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”.

Allora Dante non si era inventato quello che aveva scritto. “Casa dolce casa” mormorò Alexander tra se e se, sarcastico. Alyssa era pietrificata , aveva l’aria sconvolta e mi sentii tanto in colpa per averla fatta venire. “Lo sentite anche voi questa sensazione di  . . . “ chiesi non riuscendo a trovare le parole per descrivere quella brutta sensazione.

“No, ci siamo nati ma per i mortali fa provare dolore soltanto entrarci. Se un mortale ci sta troppo a lungo muore per il dolore” poi si girò verso di me assumendo un’espressione dolce “ non devi venire per dimostrare qualcosa” “io non devo dimostrare niente, mi sembra giusto così” gli risposi alzando la voce un po’ più del normale. “Va bene andiamo” ci interruppe spazientito Brian  cominciando dirigersi verso le porte con rapide falcate seguito da Axel. “Non so se ce la faccio” ci sussurrò Alyssa pallida in volto, sembrava stesse sul punto di vomitare. “Non venire ! “ le ordinò Alexander, “ se già stai così prima di entrare morirai poco dopo aver fatto cento metri” lei annuì e mi abbracciò di slancio. “Mi dispiace” mi disse quasi  in lacrime. “Sono contenta che non vieni, invece “ la rassicurai. “ Stai attenta” mi urlò un attimo prima che  varcassi la bocca dell’inferno. “Quindi noi umani moriamo solo  per questa aria gelida che porta discordia? “ gli domandi cercando di buttar via tutto quel dolore immotivato che mi stava aggredendo, perché sapevo che non era reale. Era come quando avevo visto i miei nelle bare, solo ancora peggio. “Si , ma dipende. Alcuni sono più forti e riesco ad arrivare fino in fondo” spiegò mentre mi camminava affianco tenendomi la mano per rassicurarmi mentre Axel e Brian ci camminavano davanti a pochi metri di distanza da noi. “Tu sei forte , sei quasi normale” mi incoraggiò abbozzando un sorriso. I realtà  sentivo un gelo in profondità di tutto il corpo e una “tristezza” che mai avevo provato prima, ma se riuscivo a concentrarmi e fare lunghi respiri riuscivo a scacciarla via.  “ Come è fatto ? come dice Dante ?” Alexander sorrise divertito , “più o meno “ io continuai a guardarlo incitandolo a continuare .

“Si , i gironi ci sono solo che Lucifero non è  conficcato al centro della Terra immerso nel lago sotterraneo Cocito , ma in un grande palazzo con tutte le cose lussuriose, e belle come sesso, alcool, droga, sigarette . . .” elencò  sorridendo. “

“E noi dobbiamo andare lì?” chiesi preoccupata, “no, il mio palazzo è vicino a quello di lucifero ma non è quello. E’ una città , con come monarca il maligno, come lo chiamano alcuni. Più i demoni sono in alto nella gerarchia sociale più casa loro è vicina a quella del Diavolo, e ovviamente più ricchezza, più privilegi” ora capivo perché poteva essere così allettante essere cattivi. “Com’era vivere lì?” chiesi curiosa, “potevo fare qualsiasi cosa, non ero mai punito. Non c’è etica, morale, religione” spiegò sognante e per degli  attimi quella prospettiva di vita mi attirò. Molto. “Però per vivere lì devia anche lavorare un minimo per lui, il mio compito sarebbe stato scendere sulla terra per corrompere le anime ma non mi andava, volevo solo divertirmi e mi hanno esiliato” cominciai a sentire lo scorrere di dell’acqua in lontananza. “Ma poi sono dovuto vivere sulla terra, ho capito come ragionavate e ho incontrato te che mi facevi stare bene, non un bene che sai che è male e non dovrebbe essere così, un bene con la maiuscola” capii cosa voleva dire e mi sentii lusingata di essere stata io la causa della sua felicità vera, solo che avevo sempre più l’impressione che la mia anima si stesse perdendo e neanche mi dispiaceva molto. Cercai di concentrarmi sul perché fossimo lì e mi aggrappai a quello. Ci fermammo e vidi un fiume dalle acque scure , che scorreva con regolarità, lento. Le rive erano piene di figure quasi trasparenti, ma nere. Anime dannate, e accostata alla riva dove noi ci trovavamo vi era una barca vecchio stile con una figura coperta da un lungo mantello nero e consunto. Era il fiume Acheronte con il traghettatore dell’oltretoma , Caronte.

Alexander mi strinse ancora più la mano e mi trascinò fino alla barca passando attraverso le anime senza neanche vederle. Brian e Axel erano lì cercando di convincerlo a traghettarli. “Niente da fare, usate le vie apposta per i demoni”, la voce di Caronte era bassa e gutturale, propio come me l’ero immaginata leggendo qualche anno fa la Divina Commedia. Alexander gli lanciò un pugno di monete d’oro di quelle che vedi nei film ambientati nel 1700. Salì sulla barca seguito dagli altri due e poi mi prese per la vita depositandomi sulla barca affianco a lui come si fa con i bambini piccoli, però era carino quando faceva così. “ I vivi non possono salire” sentenziò Caronte con voce gutturale, Alexander gli diede un altro pugno di monete d’oro. “Ora si” gli rispose a tono. Ci allontanammo dalla riva e io chiesi “dove andiamo ora ?” dall’altra parte del fiume, così non saremo visti. Sai sono ancora in esilio, e poi attraverseremo un tunnel che passerà sotto i gironi fino a dove inizia la città” annui seguendo il lento ondeggiare della marca. Mi sembrava di essere in un film, solo era tutto vero. “I demoni che incontreremo ti denunceranno a tuo padre?” gli chiese Axel ma Alexander liquidò la cosa, “no, il problema sarà entrare in casa. E fare in modo che non mi mangino al fidanzata, ovviamente” e ammiccò verso di me. Scendemmo dalla barca, davanti una porta cromata che stonava terribilmente con il resto. “Prego” mi fece Alexander aprendola rivelando un ascensore. “Un ascensore?” chiesi scettica “è più veloce che farsela a piedi come i demoni di basso rango”. Era un normalissimo ascensore solo che i bottoni al posto del numero dei piani avevano il numero dei gironi e presumo quello della loro città. La corsa in ascensore durò pochi minuti , le porte si aprirono e scendemmo  su di una terra color rame, con una distesa di baracche. “Qui ci abitano i demoni che non contano niente, dovremo farci un po’ di strada a piedi prima di arrivare a casa mia” mi spiegò Alexander stringendomi la mano e iniziando a camminare.

Il senso di sofferenza si faceva sempre più forte, sentivo una pressione che veniva dal basso. Mi sembrava perfino di non respirare bene ma dovevo solo resistere, con la forza di volontà ce l’avrei fatta. Succederà qualcosa di terribile. Non so perché lo pensai, era l’inferno che mi faceva pensare quelle cose. Qui puoi fare quello che vuoi, sarai felice. Scossi vigorosamente la testa, non dovevo dare retta a quelle vocine dentro di me perché erano cattive. Ero lì per aiutare mio fratello.

“Faremo in fretta” mi rassicurò Alexander ma sapevamo entrambi che non era così.

Solo allora mi accorsi che non eravamo solo noi quattro lungo le strade ma vi erano altri demoni: strani animali a due teste e più braccia, metà animali e metà uomini dalla pelle rossa e occhi completamente neri. Mi guardavano famelici. “Noi di rango più alto siamo come voi umani perché siamo più vicini a Lucifero, quindi più vicini a quelli che sono caduti dal paradiso, quindi come quelli che Dio a creato a sua immagine e somiglianza” mi spiego vedendo le mie occhiate a quegli esseri abominevoli. “Come stai per ora?” mi chiese stranamente Axel “ sento dolore, è come se fosse nell’aria. E mi sembra che mi manchi l’aria” e pensare che ero chissà quanti chilometri sotto la superficie terrestre.

“Fai lunghi respiri e non pensare dove ti trovi” “non è tanto facile” gli ribattei ma Alexander rimase serio stringendomi ancora più vicina a lui mentre passavamo davanti ad un altro gruppo di demoni. Man mano che camminavamo le baracche diventavano palazzi normali, poi palazzi più lussuosi ti il grattacielo dove abitavo a New York, e poi in ville . Ci fermammo davanti una villa cinta da alte mura di pietra scura, con un cancello in ferro ornato dagli stessi ghirigori che ornavano le porte dell’inferno all’entrata. Affianco al cancello vi erano due demoni col corpo mezzo di animale non identificato e mezzo di uomo con la pelle rossa. La villa era in stile neoclassico scura,ovviamente con ai lati delle statue di angeli con le ali spiegate trafitti da una decina di frecce. Mi fece male quella vista e allora riuscii a liberarmi della tentazione e del dolore che stava tentando di infondermi l’aria dell’inferno.

“Ti piace casa mia ?” mi chiese sarcastico Alexander mentre facevamo tutti il giro del palazzo mentre Brian era entrato per aprirci una porta sul retro nelle mura. “Per niente” gli dissi disgustata della vista di quelle due statue trafitte. “Così mi offendi” fece lui fermandosi davanti ad una piccola porta in bronzo. In quel momento mi assalì il terrore vero che se quel posto influiva su di me, pensa cosa avrebbe fatto su di loro che erano demoni cresciuti lì. Non feci in tempo a dire niente che la porta si aprì e Brian ci fece cenno di entrare in fretta. “Dove si trova l’infuso per l’assenza di fame?”

“nelle segrete , nella stanza per gli infusi magici” rispose concentrato a tenermi stretta a se e a scendere “nelle segrete” senza essere visto.

“La servitù è tutta al terzo piano, pare stiano organizzando una festa, non ci dovrebbero essere problemi” ci informò Brian mentre scendevamo delle scale strette e buie. “Avete anche delle segrete?” chiesi scettica “certo che si. Ci divertiamo a torturare gli altri demoni che fanno i cattivi” e ghignò . Le segrete erano un corridoio costellato di  celle ai lati da dove si intravedevano corpi di mosti martoriati. Puntai lo sguardo basso reprimendo un conato di vomito. “Resisti, ci vorrà un attimo” mi disse di nuovo dolce Alexander. Aprimmo una porta in fondo al corridoio; la stanza era riccamente arredata con un tavolinetto anticato coperto di una stola rosso sangue con sopra molte boccette di vari colori. Alexander mi lasciò la mano e dopo una rapida ricerca tirò fuori dal mucchio una boccietta dal contenuto viola. “Fatto, ora andiamocene” disse in fretta chiudendo la porta e risalendo in fretta le scale senza però lasciarmi la mano. “Funzionerà ?” “si, sarà sempre un po’ attratto dalla carne o dal sangue ma non farà del male a nessuno” mi spiegò in fretta ma prima di riprendere la porta sul retro da dove eravamo entrati si fermò di colpo stringendomi la mano fino a farmi male. Alzai lo sguardo e vidi il motivo per cui si era fermato: davanti alla porta vi erano i demoni-guardia con davanti un uomo  in completo scuro. “ Sapevo che saresti tornato, nonostante tutto” disse a d Alexander l’uomo con sguardo gelido e voce impassibile. ”Ciao anche a te papà”.

 

 

 

 

   
 
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