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Autore: nightswimming    25/06/2012    6 recensioni
"Spogliati".
(Seguito di Fury, in qualche modo).
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You’re gonna go to hell
With a certain inclination
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sai cosa significa non sapere minimamente come gestire sé stessi, Dom? Mh? Hai una vaga idea di come ci si sente? Sapere per certo che il proprio cervello è una tagliola da cui non si riuscirà mai a togliere la gamba insanguinata? Essere convinti di non sapere amare in maniera disinteressata, di non riuscire a fare il bene altrui, di non farcela a sacrificarsi per nessuno?
Ma no. Che cazzo ne vuoi sapere. Non credo che tu sia nemmeno capace di pensare. Vivi e lasci vivere, e tutti ti adorano per questo. Anche le persone che illudi, che fai sentire speciali per un paio d’ore, perché sei sempre sorridente e gentile e disponibile anche quando non te ne frega un cazzo. Ognuna di loro è convinta di essere stata trattata coi guanti bianchi da te. Qualcuna si è innamorata. Molte sono tornate a chiedere di più di qualsiasi cosa tu fossi disposto ad offrire.
Tutte, tutte quante sono cadute sotto il tuo incantesimo. Ma io no. Io non ti vedo con nessun cazzo di paio di occhiali rosa – io ti odio.
Odio che tu conosca tutto il mio passato, che tu l’abbia vissuto con me, che tu possa raccontarlo ad altri. Odio ricordarmi ogni singolo momento passato insieme. Ogni trionfo. Ogni baratro. Ogni attimo di noia e di serenità e di nervosismo. Odio quanto tu sia parte della mia vita, perché sei la persona con cui ho trascorso più tempo in assoluto. Tutte le volte che mi ritrovo insofferente a me stesso, che ripercorro nella mia mente episodi fonti di imbarazzo, o di dolore, tu ci sei sempre. Prima, che mi saluti con un sorriso – o durante, che mi sei affianco – o dopo, che mi sostieni. Quanto ti può penetrare sottopelle un essere umano, senza che tu te ne accorga? Ti ho mai voluto così tanto da farti volontariamente diventare una percentuale altissima della mia esistenza? E se sì, l’ho fatto perché ti volevo davvero, o perché mi servivi, mi adoravi, mi equilibravi?
Ho paura dei miei pensieri. Ho un terrore fottuto delle cose orribili che mi vengono in testa – e loro continuano a sgorgare fuori. Vorrei una mente pulita, e un cuore buono, e l’orgoglio per le mie qualità e la coscienza dei miei difetti. O, se proprio tutto questo non si può avere, vorrei la tua abnegazione nel condurre la vita che fai. La tua fede cieca in cose futili e superficiali, e il tuo affetto disinteressato per quelle poche persone che ami davvero.
Io non ti voglio bene, Dom, perché non voglio bene a me stesso. Non ci vivo bene, con me stesso. E tu, tu sei l’altra faccia della medaglia, troppo intrecciato alla mia vita per essere considerato uno straniero da poter amare. Ci si dovrebbe scegliere, per stare insieme. Cercarsi, tenersi stretti, non abbandonarsi mai.
Io non ti cerco. Tu non mi trovi. Siamo, e basta. Dove ci sei, io ci sono. Non ho mai avuto scelta e nemmeno l’hai avuta tu. È andata così, e non esistono belle parole per descrivere quello che siamo.
 
*
 
Matt aprì la sua porta come se stesse aprendo quella di camera sua – senza farsi nessun problema. Le luci erano spente. Dormiva; non gli importava.
Si chinò accanto alla sua cuccetta, appoggiandosi sui talloni, esattamente come aveva fatto lui con Paul. Era sdraiato di schiena, la coperta tirata fino al collo, le braccia abbronzate e la testa bionda appoggiati sul cuscino. Respirava piano.
Allungò una mano e affondò le dita nei capelli alla base della nuca.
“Sai, Dom, non penso di esserti grato per tutto quello che hai fatto per me. Non penso di non meritarti, e non penso neanche di meritarti”. Inanellò una ciocca al dito indice, mordendosi un labbro. “Non penso a niente, quando siamo insieme, so solo che sei ingombrante. Occupi un sacco di spazio. Non posso liberarmi di te neanche volendo”.
Sentì la sua schiena inarcarsi con un movimento nervoso. L’aveva svegliato, o forse era già sveglio, e stava solo reagendo alle sue parole.
“Vattene”. Non aveva nemmeno sollevato il viso nella sua direzione: la sua voce aveva raspato il cuscino come carta vetrata.
Premette il palmo della mano in mezzo alle sue scapole.
“Non ti voglio bene”, sussurrò, calmo.
“Nemmeno io. Nessun cazzo di affetto nei tuoi confronti, Bells, stai tranquillo”. Era come se quella sua amara dichiarazione di poco prima avesse inciso una ferita, e la voce di Dom sanguinasse. “Vattene”.
“Odio l’aver così bisogno di te, tutto il giorno, tutti i giorni. Ho paura che tu mi lasci perché non so cosa farei senza di te, ed è solo l’egoismo che parla. Non sarò mai in grado di offrirti niente, prenderò soltanto, e non mi sentirò mai in colpa”. Gli carezzò la guancia con una strana, morbosa attenzione. “Vorrei che tu non mi avessi detto che pensi a me mentre ti scopi un altro, perché così non avrei mai dovuto fare i conti con quello che provi. Avrei voluto che tutto restasse com’era. Tu. Io. I tour, la distanza dalla vita vera, la musica, Chris”. Sfiorò una palpebra serrata. “Avrei voluto essere ubriaco, una sera, e che anche tu lo fossi stato. Avrei voluto finire a letto con te per sbaglio, perché così avrei saputo cosa si provava. Ci penso da anni”. Chiuse gli occhi, avvertendo il proprio corpo irrigidirsi per il desiderio al solo pensiero. I capelli di Dom erano leggermente sudati. “Ci avremmo riso su, vero? L’avremmo rifatto per puro sport. Nei momenti di morta, per entrambi. Sarebbe stata solo una delle tante esperienze condivise insieme”.
Lo sentì emettere un sospiro tremulo, di rabbia e di rassegnazione e di voglia. Si girò sulla schiena. Matt decifrò con straordinaria facilità i suoi lineamenti nel buio.
“Ci hai proprio riso sopra, ieri, quando ti ho dato la possibilità. Da sobrio, pure”.
Non era ironico, non era serio. Era leggero, come solo Dom sapeva esserlo.
Matt strinse i pugni sulle proprie ginocchia. Non voleva tutto questo. Non voleva fare chiarezza. Voleva un pubblico per le proprie inquietudini e la luce pacificante nei suoi occhi, nient’altro.
“Spogliati”, rispose, tentando di giocare l’ultima carta, la voce più roca di quanto avrebbe desiderato.
Dom emise uno sbuffo esasperato.
“Spogliati, rivestiti… Quando mi hai dato della puttana lo pensavi sul serio, eh? Tutti questi ordini”.
“Posso chiederti di fare l’amore con me, per favore, se ti va, dolcemente ma con fermezza come so che riesci a fare”. Riuscì a mantenere un’espressione strafottente solo per pochi secondi, dopodichè rise breve e secco, cominciando a tremare e far vagare lo sguardo ovunque tranne che su di lui. “Ma con l’immagine che ti ho dato di me… Non penso che mi crederesti”.
Dom ridacchiò piano a sua volta. Cercò i suoi occhi nel buio, e li trovò immediatamente.
“No. Non crederei né a questo né a tutto quello che mi hai detto prima”.
Matt sentì di cominciare a manifestare i segni dei nervi; le mani sembravano incapaci di stare ferme.
“Sei la persona più egocentrica che conosco, Matt. Mi irrita tutto il tempo che passi pensando a te stesso. Mi sembra di parlare con un fottuto muro, molte volte, con un animaletto in gabbia che non fa altro che agitarsi e mordere le sbarre e che nello stesso tempo rompe i coglioni per avere la cuccia pulita e il cibo migliore e l’acqua fresca, perché in fondo nella sua reclusione ci sguazza”. Ghignò. “Una specie di ratto ipercinetico, con un dente storto e le zampe ridicolmente lunghe”.
Matt si strofinò gli occhi e rise acuto. Eccola, la pesantezza che svaniva, il fiume di pensieri deprimenti che scivolava via, la riunione con la parte migliore di sé.
“Ci terrei a farti sapere che nemmeno io ti sono grato di un bel cazzo di niente. E chiedersi se ti merito o non ti merito è come domandarsi se sia stato giusto nascere biondo, crescere vicino al mare, andare a pesca con mio padre e al mercato con mia madre. Avrei potuto evitarle tutte queste cose? O cambiarle? No. Le accetto, e non mi tormento pensando a cosa sarebbe potuto essere”. Si alzò sui gomiti, la mascella rigida, i tendini del collo in evidenza. “E se davvero credi di prendere e basta, da me, e di non essere in grado di offrire niente, pretendo almeno tutto quello che tu vuoi. Perché lo voglio anch’io”.
Matt lasciò che gli afferrasse la nuca e lo spingesse contro le proprie labbra. Si arrampicò sopra il suo letto come un bambino, stendendosi sopra le coperte, premendolo contro il muro sul quale aveva appoggiato la schiena.
Si baciarono, una gran confusione di piacere e nervosismo nelle loro teste. Dom si staccò per riprendere fiato e Matt appoggiò la guancia alla sua spalla, chiudendo gli occhi quando lo sentì accarezzargli i capelli. Strinse forte la presa su un suo fianco.
“Che numero di tacca sono sulla tua cintura, Dom?” chiese in tono basso e casuale, come se gli stesse chiedendo che tempo faceva fuori dalla finestra. Sotto di lui, il corpo di Dom si tese e si sollevò sotto la spinta di un sospiro furioso. Sorrise: gli piaceva che movimenti semplici come i suoi respiri riverberassero su di lui. Amava quella vicinanza. Gli sembrava già simile a una droga.
“Tu vuoi proprio essere menato”. Lo sentì appoggiare il mento sulla propria fronte, e stringerlo. “Sappi, Matt, che se continuerai a cercare di rovinare questo momento con i tuoi stupidi tentativi di autolesionismo, ti picchio davvero”.
“Me lo meriterei”.
“Non chiamartela, Bells. Ti supplico”. Ridacchiarono insieme. Dom scostò le coperte e gli fece spazio accanto a sé sotto il lenzuolo. Matt si tolse con goffe manovre le scarpe e si sdraiò vestito metà sul letto, metà su di lui. “Che la tentazione è forte, non lo nego”.
Matt prese a giocherellare con l’orlo della propria camicia.
“Cosa vuoi fare?” chiese velocissimo.
“Ora?”
“Mh”.
“Sorridere come un cretino, visto che non mi puoi vedere”.
Matt si tirò su sui gomiti e avvicinò il viso a quello di Dom, trovandolo subito nonostante il buio. Non mentiva: stava davvero sorridendo, gli angoli della bocca un po’ tremanti.
Sentì un nodo alla gola, lo stomaco contrarsi, e una vampata di calore attraversargli tutto il corpo. Aveva voglia di baciarlo e realizzò solo in quel momento che poteva farlo, perché, beh, perché avevano parlato e… e…
“Sei felice?”
Dom annuì senza esitazione, il sorriso sempre al suo posto, gli occhi lucidi. Matt sorrise incredulo, lo baciò piano e si tirò subito indietro per scuotere la testa.
“Come fai a essere felice dopo tutto quello che ti ho detto?” chiese in un sussurro, la voce gracchiante per motivi che non voleva indagare. Dom rise, accarezzandogli la pelle tiepida della schiena sotto la camicia.
“Perché grazie a Dio è te che mi ritrovo a baciare e non i tuoi stupidi discorsi paranoici”. A scopo esplicativo, avvicinò nuovamente le labbra alle sue, lento, gentile. “E perché… Non lo so perché. Non mi chiedo mai perché sono felice, tantomeno se sono felice a causa tua”. Gli pinzò una guancia magra fra pollice e indice. “Mi basta sentirmi così. Mi è sempre bastato. Penso mi basterà sempre. E vorrei che fosse lo stesso anche per te”.
Matt abbassò lo sguardo.
“Non sono come te” disse, chinando la testa. “Non… Mi farò sempre delle domande. Troppe domande, probabilmente stupide, inutili, dannose. Domande che… Che potrebbero mettere a rischio questa felicità”. Tornò a guardarlo, inquieto. “Penso che tu abbia bisogno di qualcuno… Di…”
“Sentiamo”.
“Penso che tu… Non sono riuscito l’altra volta p-perché…”
“Con parole tue, Bells”.
Gli si agitò contro, infastidito, e sbuffò contro la sua pancia.
“Ah, ‘fanculo”.
“Posso finire io? Sei una persona intelligente, ma credo che di me e di quello che voglio davvero tu non abbia mai capito un cazzo. E comunque ho trentacinque anni, mamma: riesco a decidere da solo di cosa ho bisogno. E no, non lo prendo il pullover di lana”.
Matt rialzò lo sguardo su di lui: Dom gli stava facendo una smorfia da bambino testardo, e lui non potè fare a meno di scoppiare a ridere.
“Non… Non so cosa fare” mormorò contento, euforico, strofinandosi gli occhi per nascondere il viso. Dom prese a girarsi i pollici.
“Io avrei un’idea”, disse in tono noncurante. Matt finse un’aria di stupore.
“Ah sì?”
“Sì. Sta’ zitto”, disse, baciandogli l’angolo della bocca mentre scendeva a slacciargli la camicia.
 
 
 
 
 
 
 
Stay by my side
I want you
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: diciamo che questo è un possible seguito di Fury, ma nella mia testa non è l’unico. É… il migliore dei mondi possibili, mettiamola così. Diciamo che chi voleva un ending positivo a quella fic, beh, ora ce l’ha. Io son contenta di averlo scritto perché- oh su, dai che ormai mi conoscete *-* Dovrei andare a scrivere cartoline di san Valentino di mestiere, punto.
Grazie a tutti dell’attenzione, come sempre. <3
:***
 
P.S. La canzone che dà il nome alla fic e che viene citata all’inizio e alla fine è “The Ideal Crash” dei dEUS, un pezzo che amo a livelli preoccupanti. :D
   
 
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