CAPITOLO
4
Ace
correva verso la ragazza che, accasciata sulle
ginocchia, si reggeva la testa con le mani, seguito a ruota da
Marco.
–Umi!
Rispondimi, Umi!- Ma lei non rispondeva, e si appallottolava sempre di
più su
se stessa.
Marco, che era appena arrivato, capì al volo quello che era
accaduto
e gridò: -ACE!!! Portala subito sulla nave!!!
Muoviti!!!-
Poi il biondo si
voltò e continuò a contrastare i pirati nemici
con le sue fiamme.
Ad Ace non
restò altro da fare se non prendere in braccio Umi e correre
verso il porto.
Erano
quasi arrivati alla nave. Per miracolo,
considerando l’orientamento del moro, anche se il porto non
era molto distante dal
Luna Park, ormai divenuto un campo di battaglia tra pirati. Satch,
intuendo la
situazione corse incontro al ragazzo che reggeva ancora Umi tra le
braccia, la quale
singhiozzava attaccata alla sua camicia.
D’un tratto un
gruppetto di pirati
spuntò da un insieme di case lì vicino e si
diresse correndo verso di loro, le
spade sguainate e un’espressione folle dipinta
sul viso. Ace schivò i primi tre attacchi, ma
non avrebbe potuto
proteggere il corpo inerme della ragazza ancora per molto.
I rinforzi
dalla
nave non sarebbero arrivati prima che Umi fosse stata colpita.
Ace saltò, fece
uno scatto in avanti e diede un calcio al pirata che lo
attaccava.
Salto, scatto, calcio. Salto,
scatto,
calcio.
Ace era concentrato al massimo, per proteggere Umi, che
ancora
piangeva, incurante di quello che accadeva intorno a lei. Quattro
pirati lo
attaccarono contemporaneamente.
Salto, salto.
Il ragazzo evitò il primo affondo, il secondo...
Errore…
Il terzo attacco
colpì Umi alla schiena, la lama penetrò per
almeno mezzo pollice nella carne
della ragazza.
In quel
momento arrivarono i rinforzi. Ace corse con tutte le sue forze verso
la nave: Umi necessitava di cure, subito.
Mentre correva il moro osservò la ferita: una
leggera nebbiolina azzurra avvolgeva il taglio.
Normalmente una ferita del
genere avrebbe riversato una quantità industriale di sangue,
mentre da quella
di Umi non ne era uscita neanche una goccia.
Ace toccò la schiena della ragazza
con le dita, cautamente, ma invece della carne squarciata
trovò solo la pelle
liscia al tatto, e un freddo glaciale.
I due
ragazzi erano arrivati alla nave.
Ace aveva
chiamato il medico, ma non ce ne era stato bisogno: la ferita era
completamente
guarita. In pochi secondi.
La ragazza si era addormentata tra le sue braccia,
stringendo la camicia del moro.
Il ragazzo l’aveva portata nella sua stanza e
l’aveva adagiata sul letto. Poi se n’era andato.
Era
notte. La nave aveva ripreso il mare ed Ace se
ne stava, come suo solito, seduto sul parapetto ad osservare il
cielo.
Marco si
avvicinò a lui tenendo le mani in tasca.
–Non capisco- disse
Ace ad un tratto. –Stava bene, ci stavamo
divertendo, aveva persino sorriso…-
Il
ragazzo era confuso e si sentiva in colpa per quello che era
successo.
Marco si
sedette accanto a lui e lo guardò, mentre il moro teneva lo
sguardo fisso a
terra.
–Sai- iniziò. –Umi non ha avuto un
passato tutte rose e fiori. Ci sono
cose che ancora le fanno paura, che la riportano ai quei
giorni...-
Ace sollevò
lo sguardo e lo portò incuriosito verso il comandane della
prima
flotta.
–E quali
sarebbero?- chiese.
–Beh...- Marco
fece per parlare, ma poi si fermò improvvisamente, come
folgorato, trascinando
lo sguardo verso i due occhi azzurri che lo fissavano irati.
Il biondo
comandante colse lo scintillio del metallo appuntito.
–Solo un consiglio-
disse Marco con voce leggermente tremante. –Non fare mai
arrabbiare una tipa come
Umi-
Un secondo dopo una freccia colpì il parapetto dove, fino a
poco prima,
stava Marco, che ora correva per il ponte inseguito da
un’arrabbiatissima Umi.
La ragazza non ci mise molto ad afferrare l’orecchio del
malcapitato comandante
e a rifilargli il buon vecchio pugno in testa.
–Guarda che non stavo dicendo
nulla di male...- provò a giustificarsi Marco, mentre si
reggeva il capo
dolorante
–Zuccone!!! E non provare a giustificarti con me! Sai
benissimo che
non voglio si parli del mio passato!-
E gli rifilò un
altro pugno, aggiungendo un altro bernoccolo a quelli che
già Marco aveva in testa.
Poi si
voltò sorridente verso Ace.
–Grazie mille per avermi tirata fuori dai guai!-
esclamò sorridendo ancora di più.
–Di niente...- rispose il moro imbarazzato e
divertito per la scenetta precedente.
Perlopiù temeva di subire lo stesso
trattamento che la ragazza aveva riservato a Marco.
Intanto il comandante sopra
citato stava cercando di svignarsela alla chetichella.
–Non ci provare...- lo
richiamò lei. –Con te non ho ancora
finito-
Poi Umi afferrò saldamente l’orecchio -
già dolente - di Marco, e prese a trascinarlo via, ignorando
le proteste di
quest’ultimo.
Ace rimase solo, non sapendo bene cosa fare.
Keyla