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Autore: Ciribiricoccola    27/06/2012    1 recensioni
Scrivo di donne. Senza troppi luoghi comuni, senza censure, con un pò d'ironia, una punta di romanticismo e anche una stilla di dramma, che nei giorni più malinconici non guasta mai.
Sono tutte diverse tra di loro, ma hanno una cosa in comune: saranno sincere con chi leggerà, perciò non spaventatevi, non vi offendete.
Sono fatte così e non c'è verso di cambiarle.
Tutte noi ne sappiamo qualcosa, no?
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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donne

I ENJOY BEING A GIRL *

 

 

A metà tra la civettuola sensazione di farfalle nello stomaco e piedi a tre metri da terra, un po’ retrò ma mai fuori moda per le romantiche come lei…
… E una discreta ma costante voglia di spoglarsi, saltargli addosso e “attendere l’inevitabile”, come avrebbe detto una sentimentale casalinga degli anni ’50 pensando al marito.

Più si guardava allo specchio, più Christine vedeva una brava ragazza, piuttosto carina, niente da dichiarare. Come una tela bianca che poteva diventare un’opera d’arte, se dipinta con i colori e lo stile giusti.

Christine non faceva sesso da quattro anni, un po’ per scelta e un po’ per la scarsa qualità della merce, più quella altrui che la propria.
Ma che diamine, finalmente un degno pretendente aveva bussato alla sua porta!

Alto, moro, occhi grandi e scuri, belle mani, e tanto bastava per farle girare la testa e portarla a mordicchiarsi il labbro inferiore con fare malizioso.
Erano alla loro terza uscita insieme e i progressi c’erano, per quanto piccoli: lei non aveva più bisogno di consultarsi con le amiche per telefono vagando nervosamente per la propria stanza, e lui aveva imparato a darle orari più umani, seguendo la sua tabella di marcia: non alle sette e mezzo, ma alle otto, forse anche otto e un quarto, e non allo spettacolo delle nove, bensì a quello delle nove e tre quarti, al cinema davano i film a rotazione per un motivo…!

 
Terzo appuntamento. Ok.

Christine la carina poteva iniziare a farsi da parte, anche se non del tutto, non ancora.
Non aveva troppa fretta di far emergere l’altra sua metà. Di lasciarsi andare un po’ di più, ma era senz’altro curiosa di vedere come avrebbe reagito lui davanti alla sua “metamorfosi”.
Non avrebbe bruciato le tappe, no affatto!
E sarebbe stata attenta nelle conversazioni e nei gesti, a cena, durante il film, davanti a un caffè o un gelato…
Ma sopra ogni cosa, sarebbe stata attenta ai preparativi.

Un regalo sembra sempre più bello quando è nella confezione più appropriata.

 

Ore 16

 

Con i capelli appena lavati e avvolti in un asciugamano, Christine cominciò a passare in rassegna il proprio guardaroba, mettendosi in testa una volta per tutte che avrebbe trovato qualcosa da mettere, perché aveva ragione sua madre: c’erano vestiti per un reggimento, in quell’armadio.

Scartati subito dolcevita, camicie e minigonne, perché già tutti usati per i primi due appuntamenti; squadra che vince non si cambia, ma rischiare un po’ sarebbe stato innocente e magari anche produttivo…

Provò a buttarla sul casual, con dei jeans, delle magliette e un paio di candide scarpe da tennis, ma… no. Non stava andando a fare da babysitter al bambino dei vicini, né ad una scampagnata.

Eliminò in egual modo gli abiti da sera più formali, per salvare la reputazione, per evitare di spaventare il poveretto e poi perché… era solo una cena con cinema, e nessuna a parte la Marilyn di “Quando la moglie è in vacanza” poteva osare un vestito troppo elegante per un’occasione informale.

“Non ci siamo” sospirò sconfitta dopo aver sparpagliato la maggior parte dei vestiti per tutta la stanza; le parole di sua madre non avevano funzionato granché, ma forse era vero che per ogni cosa ci vuole il suo tempo, così decise di lasciare da parte per un po’ la scelta del look.

 

 
Ore 17

 

La crema profumava di vaniglia e menta, la confezione ne vantava le proprietà idratanti ed energizzanti, e raccomandava a Christine di lasciarla agire sul viso per circa un quarto d’ora.
“Perfetto.”

Mentre quella tonnellata e mezzo di impiastro benefico e verdognolo s’impegnava a renderla più carina (presumibilmente), lei si occupò dei capelli, asciugandoli a testa in giù per renderli più voluminosi, e vivacizzandoli con la schiuma per esaltare le sue onde naturali.

“No, sciolti no. Sembro una Madonna addolorata…”

“Questa treccia fa schifo…”

“Con il cerchietto mi scambierà per un’educanda!”

“Oddio, ho tirato troppo, mi fa male la testa, no no, niente mezza coda… ahi…”

“E se me li lisciassi…?”

“Ma che ore sono? Non riesco a muovere la faccia…”

“Ok, basta, vada per la coda di cavallo, ma non c’è un fermaglio decente…?”

E dopo quaranta lunghi ma prolifici minuti, uscì dal bagno con i capelli raccolti in una coda alta, tenuti insieme da un fiocco di seta nera; il viso era ancora leggermente arrossato a causa degli strofinamenti a cui lo aveva sottoposto per scrostare via la maschera (letteralmente!), ma un po’ di crema lenitiva mescolata al fondotinta avrebbe riparato i danni…

 

 
Ore 18

 

A volte, il meno è più
Quella era la volta giusta.
Un trucco neutro, elegante, ma discreto e poco appariscente.

Seduta davanti allo specchio nella sua stanza, Christine aprì una delle tante trousse che possedeva e setacciò speranzosa i colori più sobri, scegliendo infine quelli più versatili: il “panna”, il “tortora”, lo “champagne”, il “marron glacé”.
Mentre stendeva il fondotinta unito alla crema con entrambe le mani sulle guance, si accorse che i nomi di quegli ombretti le avevano fato venire un certo languorino prima dell’ora di cena…


Il make up “facile, veloce, adatto per ogni occasione” riuscì solo al quarto esasperato tentativo, maledette riviste femminili ingannevoli e civettuole! Ma almeno il risultato era più che accettabile e lei era ancora in perfetto orario sulla sua tabella di marcia.
“Capelli, fatti… trucco, ok… oddio, sono ancora in mutande…”
Solo allora si accorse che le restava un’ora scarsa per trovare l’abito adatto.

 

 
Ore 19

 

Christine tentò di farsi forza. “Hai fatto 30, puoi fare anche 31!
Ritornò davanti al proprio armadio, il cui contenuto era stato in parte trasferito sul letto.
Con la testa tra le mani, s’impose un po’ di sano self control per evitare di cadere nel panico, che l’avrebbe solo fatta ritardare (anche se già a cose normali prevedeva un accademico quarto d’ora di indugio, per eventuali  ritocchi, e anche perché qualche minuto d’attesa in più era piacevole, in fondo!).

“Pensa, Chrissy, pensa a lui…”

Oh…

“No, concentrati, pensa a come ti vorrebbe vedere lui…”

… Oh!

“A quella parte ci arriveremo!!! Mantieni la calma e pensa! È un tipo da jeans, da righe, da fiori, da tinta unita, diamine, avrà pure qualche preferenza nell’inconscio, anche se agli uomini non frega notoriamente nulla di tutto ciò!”

La soluzione al dilemma giunse brillante ed improvvisa, come un’epifania!

“Il vestitino nero!”

Il little black dress.

Sobrio come una lieve scia di profumo, sofisticato come la camminata di una diva di Hollywood, popolare come la pizza e versatile come solo un buon abito poteva essere.
E anche sexy, sì, ovvio. Audrey Hepburn l’avrebbe senz’altro confermato.
Lo aveva indossato così poche volte – chissà poi perché – che quasi se n’era dimenticata!

Spalancò una delle ante e lo trovò appeso a una delle grucce più in disparte, neanche fosse in punizione!
Una volta che lo abbe indossato, trovò subito le scarpe giuste – decolleté nere e vertiginose, non avrebbe camminato granché quella sera! – e la borsetta più adatta – rosa, di vernice, con dentro l’essenziale, più un preservativo.

 

 
Ore 20

 

David aspettava in macchina sotto casa sua, lo aveva visto sbirciando dalla finestra.

Avrebbe aspettato ancora un po’, magari non quei quindici minuti di rito, ma cinque sì: era bello farlo, ogni tanto, specie quando lui sapeva aspettare, perché sapeva che ne valeva la pena, per lei.
E anche Christine lo sapeva, sì, quella sera sì.

Quattro ore per prepararsi, ed era solo un appuntamento con un ragazzo.
Ma era stato anche un pomeriggio per se stessa, anzi, era stato soprattutto quello!
Quattro ore tutte per lei, per coccolarsi e volersi un po’ più di bene, più di quanto non gliene avessero voluto gli altri, forse anche per poter civettare in pace davanti allo specchio, perché non c’era niente di male…!
Gli uomini, del resto, non avrebbero mai potuto capire…

 

Christine uscì, chiuse a chiave la porta di casa e salutò David con la mano mentre andava incontro alla sua auto con i finestrini abbassati.
“Ciao! È molto che aspetti?” gli chiese aprendo lo sportello del passeggero.
Lo vide sorridere e scuotere la testa.
“Sei davvero molto carina stasera” le disse guardandola con occhi grandi, molto grandi.
Lei sorrise di rimando, con modestia.
“Grazie, ho messo la prima cosa che ho trovato nell’armadio!”

 

THE END

*Il titolo prende spunto dall'omonima canzone del musical "Flower drum song" (1958). No scopo di lucro.

   
 
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