I ENJOY BEING A GIRL *
A metà
tra la civettuola sensazione di farfalle nello stomaco e piedi a tre metri da
terra, un po’ retrò ma mai fuori moda per le romantiche come lei…
… E una
discreta ma costante voglia di spoglarsi, saltargli addosso e “attendere l’inevitabile”,
come avrebbe detto una sentimentale casalinga degli anni ’50 pensando al
marito.
Christine
non faceva sesso da quattro anni, un po’ per scelta e un po’ per la scarsa qualità della merce, più quella
altrui che la propria.
Ma che
diamine, finalmente un degno pretendente aveva bussato alla sua porta!
Alto,
moro, occhi grandi e scuri, belle mani, e tanto bastava per farle girare la
testa e portarla a mordicchiarsi il labbro inferiore con fare malizioso.
Erano alla
loro terza uscita insieme e i progressi c’erano, per quanto piccoli: lei non
aveva più bisogno di consultarsi con le amiche per telefono vagando
nervosamente per la propria stanza, e lui aveva imparato a darle orari più
umani, seguendo la sua tabella di marcia: non alle sette e mezzo, ma alle otto,
forse anche otto e un quarto, e non allo spettacolo delle nove, bensì a quello
delle nove e tre quarti, al cinema davano i film a rotazione per un motivo…!
Terzo appuntamento.
Ok.
Christine
la carina poteva iniziare a farsi da
parte, anche se non del tutto, non ancora.
Non aveva
troppa fretta di far emergere l’altra sua metà. Di lasciarsi andare un po’ di
più, ma era senz’altro curiosa di vedere come avrebbe reagito lui davanti alla
sua “metamorfosi”.
Non avrebbe
bruciato le tappe, no affatto!
E sarebbe
stata attenta nelle conversazioni e nei gesti, a cena, durante il film, davanti
a un caffè o un gelato…
Ma sopra
ogni cosa, sarebbe stata attenta ai preparativi.
Un regalo sembra sempre più bello quando è
nella confezione più appropriata.
Ore 16
Con i
capelli appena lavati e avvolti in un asciugamano, Christine cominciò a passare
in rassegna il proprio guardaroba, mettendosi in testa una volta per tutte che avrebbe
trovato qualcosa da mettere, perché aveva ragione sua madre: c’erano vestiti
per un reggimento, in quell’armadio.
Ore 17
La crema
profumava di vaniglia e menta, la confezione ne vantava le proprietà idratanti
ed energizzanti, e raccomandava a Christine di lasciarla agire sul viso per
circa un quarto d’ora.
“Perfetto.”
Mentre quella
tonnellata e mezzo di impiastro benefico e verdognolo s’impegnava a renderla
più carina (presumibilmente), lei si occupò dei capelli, asciugandoli a testa
in giù per renderli più voluminosi, e vivacizzandoli con la schiuma per esaltare
le sue onde naturali.
…
“Questa
treccia fa schifo…”
…
“Con il
cerchietto mi scambierà per un’educanda!”
…
“Oddio,
ho tirato troppo, mi fa male la testa, no no, niente mezza coda… ahi…”
…
“E se
me li lisciassi…?”
…
“Ma che
ore sono? Non riesco a muovere la faccia…”
…
“Ok,
basta, vada per la coda di cavallo, ma non c’è un fermaglio decente…?”
…
E dopo
quaranta lunghi ma prolifici minuti, uscì dal bagno con i capelli raccolti in
una coda alta, tenuti insieme da un fiocco di seta nera; il viso era ancora
leggermente arrossato a causa degli strofinamenti a cui lo aveva sottoposto per
scrostare via la maschera (letteralmente!), ma un po’ di crema lenitiva
mescolata al fondotinta avrebbe riparato i danni…
Ore 18
A volte,
il meno è più…
Quella era
la volta giusta.
Un trucco
neutro, elegante, ma discreto e poco appariscente.
Seduta
davanti
allo specchio nella sua stanza, Christine aprì una delle tante
trousse che
possedeva e setacciò speranzosa i colori più sobri,
scegliendo infine quelli
più versatili: il “panna”, il “tortora”,
lo “champagne”, il “marron glacé”.
Mentre stendeva
il fondotinta unito alla crema con entrambe le mani sulle guance, si accorse
che i nomi di quegli ombretti le avevano fato venire un certo languorino prima
dell’ora di cena…
“Capelli,
fatti… trucco, ok… oddio, sono ancora in mutande…”
Solo allora
si accorse che le restava un’ora scarsa per trovare l’abito adatto.
Ore 19
Christine
tentò di farsi forza. “Hai fatto 30, puoi
fare anche 31!”
Ritornò
davanti al proprio armadio, il cui contenuto era stato in parte trasferito sul
letto.
Con la
testa tra le mani, s’impose un po’ di sano self control per evitare di cadere
nel panico, che l’avrebbe solo fatta ritardare (anche se già a cose normali
prevedeva un accademico quarto d’ora di indugio, per eventuali ritocchi, e anche perché qualche minuto d’attesa
in più era piacevole, in fondo!).
Oh…
“No,
concentrati, pensa a come ti vorrebbe vedere lui…”
… Oh!
“A
quella parte ci arriveremo!!! Mantieni la calma e pensa! È un tipo da jeans, da
righe, da fiori, da tinta unita, diamine, avrà pure qualche preferenza nell’inconscio,
anche se agli uomini non frega notoriamente nulla di tutto ciò!”
E anche
sexy, sì, ovvio. Audrey Hepburn l’avrebbe senz’altro confermato.
Lo aveva
indossato così poche volte – chissà poi perché – che quasi se n’era
dimenticata!
Spalancò
una delle ante e lo trovò appeso a una delle grucce più in disparte, neanche
fosse in punizione!
Una volta
che lo abbe indossato, trovò subito le scarpe giuste – decolleté nere e
vertiginose, non avrebbe camminato granché quella sera! – e la borsetta più
adatta – rosa, di vernice, con dentro l’essenziale, più un preservativo.
Ore 20
David aspettava
in macchina sotto casa sua, lo aveva visto sbirciando dalla finestra.
Avrebbe
aspettato ancora un po’, magari non quei quindici minuti di rito, ma cinque sì:
era bello farlo, ogni tanto, specie quando lui sapeva aspettare, perché sapeva
che ne valeva la pena, per lei.
E anche
Christine lo sapeva, sì, quella sera sì.
Quattro
ore per prepararsi, ed era solo un appuntamento con un ragazzo.
Ma era
stato anche un pomeriggio per se stessa, anzi, era stato soprattutto quello!
Quattro
ore tutte per lei, per coccolarsi e volersi un po’ più di bene, più di quanto
non gliene avessero voluto gli altri, forse anche per poter civettare in pace
davanti allo specchio, perché non c’era niente di male…!
Gli uomini,
del resto, non avrebbero mai potuto capire…
Christine
uscì, chiuse a chiave la porta di casa e salutò David con la mano mentre andava
incontro alla sua auto con i finestrini abbassati.
“Ciao! È
molto che aspetti?” gli chiese aprendo lo sportello del passeggero.
Lo vide
sorridere e scuotere la testa.
“Sei
davvero molto carina stasera” le disse guardandola con occhi grandi, molto
grandi.
Lei sorrise
di rimando, con modestia.
“Grazie,
ho messo la prima cosa che ho trovato nell’armadio!”
THE END
*Il titolo prende spunto dall'omonima canzone del musical "Flower drum song" (1958). No scopo di lucro.