Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: _Pan_    27/06/2012    9 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 23 – Mezzi di comunicazione
(Mikan)

Parte 1


Improvvisamente, mi venne da pensare a tutte quelle feste che avevo organizzato 'illegalmente' nella stanza di Natsume, e sentii una fitta allo stomaco: lui non si sarebbe goduto la festa di benvenuto per il nuovo arrivato, anche se, se lo conoscevo abbastanza bene, avrebbe fatto un sacco di storie e avrebbe partecipato solo se fossi stata io a chiederglielo. Chissà come stava e che stava facendo... era davvero frustrante non possedere un mezzo di comunicazione che ci permettesse di stare in contatto e sapere in tempo reale quello che succedeva. Se davvero l'Accademia controllava la posta, che speranze avevo di ricevere sue notizie?
Quando rialzai lo sguardo verso il punto dove credevo che Nonoko e il ragazzo nuovo si fossero fermati per aspettarmi, non vidi più nessuno. Per un attimo, trovarmi fuori, anche se non molto lontano dalla scuola, mi fece deglutire dal terrore: era un bel pezzo che non uscivo più da sola di notte, e quando lo facevo Natsume era sempre insieme a me, oppure Hotaru.
«Nonoko-chan...» chiamai, debolmente, sperando che Mr. Bear non sbucasse da qualche parte con la sua pericolosissima ascia e mi tagliasse a fettine sottili sottili, proprio come faceva con la legna davanti alla sua casetta in mezzo agli alberi.
L'unica soluzione era rientrare nella mensa, e aspettare che qualcuno si accorgesse della mia assenza e venisse a recuperarmi. In fondo, non potevo perdermi la festa di benvenuto! Avevo anche portato la macchina fotografica che mi aveva regalato Hotaru! Controllai di averla sul serio, subito dopo averlo pensato, oppure non avrei potuto conservare nessun ricordo di quella serata e, se Yahiro avesse voluto un paio di foto per lo stesso motivo, non avrei potuto fargliele avere.
Pensandoci meglio, però, io non avevo voluto affatto ricordi di quella brutta avventura che era stata la mia 'iniziazione' come l'avevano chiamata i miei amici. Accantonai questi pensieri, quando mi accorsi di essere ancora fuori, ed esposta a potenziali pericoli, per quanto ne sapevo non era proibito dalle regole stare fuori dalla propria camera prima delle undici di sera, ma non avevo idea se le cose fossero cambiate o meno, e Hotaru mi aveva messa una discreta paura a proposito delle prigioni sotto la sezione Elementare. Mi chiesi se avessi dovuto andare a controllare di persona – magari di giorno – se davvero esistevano. Un brivido freddo lungo la schiena mi spinse a desistere anche nell'ora in cui il sole brillava di più nel cielo. Avevo letto un paio di libri che coinvolgevano sotterranei bui, e non c'era lieto fine per chi li attraversava, quale che fosse l'ora dell'esplorazione. Meglio desistere e mettersi al sicuro nella mensa.
Quando entrai era tutto veramente buio, inspiegabilmente buio: sembrava che fossero scomparse anche le finestre dai muri perché nemmeno la luce della luna filtrava da fuori. Ora che ci pensavo meglio, io e Nonoko eravamo uscite e ci eravamo separate dagli altri ben prima che potessero spiegarci il loro piano nei dettagli, quindi non sapevo come sarebbe proseguita la festa di benvenuto... se avessi dovuto rovinare tutto per qualche motivo, non avrei mai potuto perdonarmelo.
«Nonoko-chan...» riprovai, sentendo la mia voce rimbombare per la stanza l'attimo dopo. Non avevo mai avuto quella sensazione, quando ero a mensa, ma era anche vero che non ci ero mai entrata da sola a quell'ora. Non riuscivo nemmeno a vedere la parete opposta della sala e questo mi inquietava più del resto. «C'è nessuno?»
Sentii qualcosa di viscido strisciarmi lungo la gamba e subito sobbalzai, portandomi una mano sul polpaccio. Cercai di non strillare o di chiamare aiuto: ricordavo che parlare era l'ultima cosa da fare se non si voleva essere trovati, aiuta il nemico a sapere dove sei! Pregai che anni passati a giocare a nascondino con i miei vecchi compagni di scuola mi aiutassero, anche se non ero mai riuscita a fare tana. Così, mi spostai vicino al muro, anche se la tentazione di salire su un tavolo era forte... se solo avessi visto un tavolo! Non sapevo se era colpa del buio pesto oppure del fatto che la stanza si fosse trasformata. Una volta avevo sentito Sumire parlare di strani eventi accaduti di notte nel campus, pareva che alcune stanze cambiassero durante la notte, ma Hotaru aveva commentato con un «Idiota.» e io mi ero sentita subito rassicurata. Avrei dovuto dire alla mia amica di fare più attenzione, anche se avevo dei dubbi perfino sulla mia stessa sopravvivenza. Mi venne da chiedermi se insieme a me, in quella che una volta era una delle mie sale preferite di tutto l'edificio ci fosse una piovra gigante affamata da chissà quanti anni che aspettava solo il primo folle studente che fosse entrato per farle da cena, o pranzo... o quello che era. Deglutii, e solo quando avvertii un altro spostamento d'aria, probabilmente dovuto ad uno di quei tentacoli enormi, mi spostai, pregando che non mi trovasse.
Mi sfiorò di nuovo e non riuscii a trattenere un grido terrorizzato: «Hotaru aiutami!» gridai, rannicchiandomi a terra e proteggendomi la testa con le mani. Chiusi gli occhi istintivamente ripassando mentalmente il mio testamento. Poi, improvvisamente, mi ricordai che le creature della notte hanno paura della luce, sperai che funzionasse anche quella artificiale, e cominciai a fare foto a tutto spiano, per allontanare quella cosa malefica da me.
«Mikan?» sentii una voce familiare pronunciare il mio nome, seguita da altre cinque o sei, del tutto stupite come la prima. «Mikan, che diamine ci fai tu qui?» era Kitsuneme, con le mani sui fianchi, ora piuttosto contrariato.
Cosa avrei dovuto rispondere? Che mi ero terrorizzata per... solo allora mi accorsi che riuscivo a vedere qualcosa, insieme alle finestre, i tavoli e tutto il resto. «Ehm...» sbattei le palpebre, confusa. «Ecco, io... ero venuta a cercarvi, poi la piovra...» Hotaru fece esplodere una specie di pallina da tennis e io, per riflesso condizionato, mi raggomitolai su me stessa, col risultato di schiacciare di nuovo il pulsante della macchinetta. Adesso, però, si vedeva come se fosse giorno. Mi guardai intorno: non c'era nessun mostro strambo.
«Ma quale piovra!» sbottò lui, sbuffando. Sembrava davvero molto deluso. «Erano le illusioni di Yuu... aspettavamo che arrivasse quello nuovo. A proposito...» si guardò intorno, come se si aspettasse di trovarlo insieme a me. «dov'è?»
Io mi limitai ad alzare le spalle: l'ultima volta che l'avevo visto era insieme a Nonoko. Lei l'aveva portato via dicendo che era tutto pronto. Quando anche gli altri presero a fissarmi, ebbi la sensazione pressante di dover dire qualcosa. «Nonoko l'ha portato qui.»
«Apparentemente,» fu la mia migliore amica a parlare, con un tono strano. «non è così.» si guardò intorno, con la sua solita aria annoiata. «Se non c'è niente da vedere, io me ne vado.»
«Aspetta!» la fermai, ripensando a una di quelle tante storie che avevo sentito sulla foresta di Mr. Bear, proprio vicino alla mensa. «E se fossero diventati dei fantasmi o Mr. Bear...»
«Ma la pianti?» mi bloccò Sumire, infastidita. «Erano stupide storie che ci raccontavano da bambini per non farci uscire di notte, razza di stupida.» aggiunse, spostandosi i capelli dietro una spalla, con gli occhi chiusi e una strana smorfia in volto. «Avanti, dicci dove lo hai nascosto.»
Aggrottai la fronte: di che stava parlando? «Dove ho nascosto che cosa?» chiesi, infatti. Lei alzò gli occhi al cielo, e quando Hotaru mi tese una mano, mi accorsi di essere ancora sul pavimento. «Insomma?»
«Il ragazzo, santo cielo!» sbottò Sumire, di nuovo, e mi guardò come se fossi stata una completa idiota. «Ce l'hai tu da qualche parte, e chissà dove hai mandato Nonoko a cercarlo, dillo!» mi puntò un indice contro, accusatorio. «Lo sappiamo tutti che vuoi i bei ragazzi della scuola tutti per te.»
Mi girai verso Hotaru che si mise una mano davanti alla bocca per coprire uno sbadiglio. «Sumire,» disse, in tono glaciale. «non ti sembra di essere troppo cresciuta per discorsi del genere?»
«E anche tu dovresti tacere!» si rivolse a lei stavolta. «Come lo spieghi altrimenti che Ruka e Natsume si siano interessate proprio a voi due?»
«Non lo so...» risposi io, in effetti non ci avevo mai pensato: ma perché stavamo parlando di quello invece di correre a cercare il ragazzo nuovo e Nonoko? Chissà che cos'era successo o se erano finiti dal Preside per qualche violazione del regolamento.
«Smettetela, vi prego.» Koko si intromise fisicamente con le mani alzate vicino al volto, in una muta richiesta di pace. «Mi state per fare saltare i nervi. La tua testa Sumire è così incasinata che ho creduto di vomitare.»
«Basta non guardarci dentro.» commentò lei, acidamente, mentre incrociava le braccia al petto e rivolgeva la testa dalla parte opposta in cui ci trovavamo io e la mia migliore amica.
«Ammirevole.» disse, invece, Kitsuneme, ridacchiando. «E io che pensavo fosse vuota!»
Anna si intromise per la prima volta in tutta quella discussione con aria decisamente preoccupata. «Non credete che dovremmo andare a cercarli?» domandò, incerta. Fissava la porta della mensa con apprensione. «Mikan...» spostai lo sguardo dalle porte a lei. «quanto tempo fa sono andati via insieme?»
«Forse mezz'ora...» tentai, non sapevo quanto tempo avevo passato fuori dalla mensa, aspettando di entrare o quanto tempo fosse trascorso dall'entrata a quando loro mi avevano trovata. Solo che non era da Nonoko fare scherzi del genere, che quel tizio non fosse stato il nuovo studente, ma un semplice impostore? In effetti, la prima impressione che avevo avuto di lui non era stata molto buona. Non sapevo se fosse stata la tensione di non deludere le aspettative degli altri o il buio pesto che c'era fuori, ma mi aveva messo i brividi.
«Io sono un po' preoccupata.» ammise lei, fissando anche gli altri, in cerca di appoggio. Mi tirai su grazie alla mano di Hotaru e mi spazzolai la gonna. Anche io credevo che non ci fosse tempo da perdere, ma da come gli altri si stavano fissando, non sembrava che avessero fretta di fare qualcosa.
«Da dove pensi di cominciare a cercare?» domandò Koko, stiracchiandosi. «Potrebbero essere dovunque,» proseguì, con un'alzata di spalle. «anche se io non starei tanto a preoccuparmi.»
«Ragazzi,» intervenne Yuu, grattandosi una tempia. «io credo sia meglio così... in fondo, da come ha gridato Mikan chissà come avremmo spaventato quello nuovo. Ho sentito che viene da una scuola tradizionale, non sa niente di Alice e cose varie. Forse è davvero meglio così.» abbozzò un sorriso nella mia direzione. «Mi dispiace di averti spaventata.»
Ridacchiai, nervosamente. «Non ti preoccupare...» risposi, avvicinandomi a lui per dargli una pacca sulla spalla. «sto bene.»
«E che c'entra?» chiese Kitsuneme, con un sopracciglio inarcato. «Stavamo decidendo se andare a cercarli o aspettare che si facciano vivi loro.»
Yuu abbassò lo sguardo, sembrava che si sentisse in colpa per qualcosa. «Non mi sembrava giusto neanche prima e...» si interruppe, fissando gli altri da dietro gli occhiali spessi con qualcosa che somigliava alla paura. «ho chiesto a Nonoko di tenerlo lontano dalla mensa per un po'...»
«E che noia!» sbottò Wakako, la migliore amica di Sumire, come se avesse appena perso la più preziosa delle occasioni nella vita. «Se ce lo avessi detto prima avremmo perso molto meno tempo.» sbuffò.
«Ma ci saremmo persi le grida di Mikan.» osservò Sumire con aria decisamente compiaciuta. Mi venne da guardarla contrariata: io non mi ero divertita affatto.
«E sai che affare!» la contraddisse lei, sbuffando di nuovo. «Meglio un bel ragazzo che le urla di quella stupida.»
«Ehi!» mi sentii improvvisamente offesa. Lei mi fissò per un momento e poi alzò le spalle, ma non sembrava avere la minima intenzione di chiedermi scusa. Mi ricordavo del giorno in cui Natsume e Hotaru si erano nominati unici studenti col diritto di darmi della stupida. Hotaru aveva proposto anche a Ruka-pyon di diventare uno di loro ma lui aveva, molto gentilmente, rifiutato l'offerta. Girai la testa da entrambi i lati, improvvisamente consapevole del fatto che Ruka-pyon non era minimamente intervenuto nella discussione. Anzi, io non l'avevo proprio visto. Decisi di chiedere a Hotaru: chi meglio di lei poteva sapere dove si trovava il suo ragazzo?
«Ha detto che gli dispiaceva, che è stanco di partecipare a queste cose,» mi disse, senza alcuna particolare enfasi. «e che andava a letto.»
«Ha fatto bene.» commentò Koko, lanciando un'occhiata in tralice al nostro capoclasse. «Ed è meglio se anche noi facciamo la stessa cosa, prima che qualcuno ci trovi ancora in piedi. Scommetto che anche se il Presidente del Comitato Studentesco è in classe con noi, ci ritroveremo a pulire cestini per il resto della settimana. Le undici sono passate da un pezzo, e domani abbiamo lezione.»
«Già,» convenne Kitsuneme. «prima che ci trovi Prez e ci sistemi lei. È più cattiva del Preside.»
“Prez” era il soprannome che avevano dato a Kisaki per non dover pronunciare il suo titolo per intero, ma anche se lei non diceva niente, non sapevo se le piacesse o meno. Avevo sentito dire che si usava anche nelle scuole normali, forse era per questo che il nomignolo si era diffuso in meno di un secondo. Hotaru mi aveva detto che, nonostante gli Alice si credessero superiori praticamente a tutti, non desideravano altro che essere uguali agli altri. Io, ad essere sincera, non mi sentivo molto diversa dalle altre persone, ma lei diceva che era perché il mio Alice era, a conti fatti, invisibile e quasi inutile. Non mi ero mai sentita offesa per quell'affermazione, anche se in quel momento mi chiesi se avesse voluto essere un insulto o meno.
«Tanto non è rimasto molto da fare qui.» notò Hotaru, trascinandomi fuori dalla sala per un braccio. «La prossima volta non mi farò coinvolgere in queste sciocchezze.»
Io sbattei le palpebre, confusa: ero abbastanza sicura di aver sentito dire che lei non sarebbe venuta. «Credevo...» provai a ribattere, ma lei interruppe quasi subito le mie parole sul nascere.
«Avevo la sensazione che ti saresti messa nei guai.» disse, fissandomi con i suoi occhi viola. Deglutii, anche per via dell'atmosfera del dormitorio in cui eravamo appena entrate: un buio così porta solo guai. «E non ero del tutto fuori strada.» un lieve sorriso le comparve sulle labbra, stupendomi oltre ogni immaginazione: lei non rideva quasi mai. «Tu e la tua piovra.»
«Smettila di prendermi in giro!» obiettai, mentre ancora mi trascinava attraverso il dormitorio femminile. «Non sapevo che fossero illusioni di Yuu...»
«Lo so.» ribatté lei, in tono ovvio. «Quello che mi stupisce, è che tu abbia subito pensato ad una piovra gigante.» il sorrisetto che aveva si fece ancora più largo. «E non allo stupido serpentello che era.»
«Oh...» fu il mio striminzito commento: era meglio non aggiungere altro, avevo già reso onore alla mia stupidità a sufficienza. Chissà che avrebbe detto Natsume, se si sarebbe messo a ridere anche lui o se, semplicemente, avrebbe scosso la testa. Abbassai gli occhi sul pavimento, improvvisamente triste. «Ehi...»
«Non ci posso credere.» sentii dire a Hotaru, la qual cosa mi lasciò anche più sorpresa del suo sorriso: niente sconvolgeva la mia migliore amica... niente! E il fatto che lo avesse appena ammesso, e ad alta voce, per giunta, mi spinse ad alzare gli occhi e puntarli nella stessa direzione in cui lei stava guardando. Potei sinceramente ammettere che non aveva tutti i torti.
«Ho... ta... ru...» indicai proprio davanti a noi, con un dito tremante. «Quella è...» quando tornai a fissarla, lei si era già ricomposta: ogni traccia di stupore o di qualunque tipo di emozione era scomparsa dal suo volto, come per magia.
«Apparentemente.» commentò e potei notare che il suo tono era tornato il solito. Completamente neutro. Mi chiesi che dovessimo fare: passare senza dare fastidio era un'opzione non contemplabile, e nemmeno sarebbe stato credibile. Nonoko e il nuovo studente, Yahiro-kun, si stavano apertamente sbaciucchiando nel mezzo del corridoio. La cosa mi lasciò stupita perché, nonostante sapessi che Nonoko desiderava un ragazzo, non avevo idea che avesse già così tanta confidenza con quello nuovo.
«Che si fa?» chiesi a Hotaru, la quale, per tutta risposta, si incamminò come se non ci fosse nessuno a sbarrarci la strada, continuando a trascinarmi dietro di sé.
L'impeto con cui lo fece mi portò a sbandare e il mio fianco colpì una delle braccia di Yahiro-kun, col risultato di portare i piccioncini fuori dal loro idillio. Mi sentii mortificata. E, all'apparenza, Nonoko lo sembrava più di me: spalancò gli occhi appena ci vide. «Oh...» disse, sistemandosi la divisa in modo che non fosse spiegazzata. «siete voi...» gettò un'occhiata al ragazzo al suo fianco che aveva lo sguardo puntato a terra e si grattava nervosamente una guancia. «Stavo...» si schiarì la gola, mentre Hotaru mi faceva cenno di seguirla. «stavo facendo vedere a Yahiro... la scuola.»
La mia migliore amica inarcò entrambe le sopracciglia. Si limitò, però, ad afferrarmi per un braccio con una presa più salda della precedente e a portarmi via, senza darmi il tempo di formulare una risposta decente. «Buonanotte.» li salutò, e tutto quello che fui in grado di fare fu guardarli mentre diventavano più piccoli a mano a mano che io e lei camminavamo. Non le chiesi il motivo per cui non avesse detto nulla, tanto sapevo che non mi avrebbe risposto, o almeno di solito funzionava così.

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi stupii di scoprire che la sveglia ancora non aveva suonato. Di solito mi svegliavo dopo, e nemmeno mi accorgevo che avesse fatto rumore. Mi avevano sempre detto che non mi svegliavano nemmeno le cannonate, perfino il nonno spesso si lamentava che non sentivo il canto del gallo all'alba. Io mi ero sempre ritenuta fortunata per quello. In ogni caso, mi diressi in classe prima del solito.
«Mikan.» mi chiamò Hotaru, subito dietro di me. Insieme a lei c'era Ruka-pyon, con il suo immancabile coniglietto tra le braccia. Non capii se mi stesse salutando o se stesse semplicemente notando che ero lì. «Hai sentito la sveglia, oggi, o era il brivido di conoscere quello nuovo?»
Io scrollai le spalle. «Non lo so.» ammisi, entrando. Da quando Natsume era andato via, avevo deciso di cambiare posto, non che quello vecchio non mi piacesse, ma fissare il posto vuoto vicino al mio, nonostante l'avessi fatto per settimane, mi portava sempre una strana sensazione di disagio. Mi ero spostata nei banchi in quarta fila, dove mi aveva raggiunta Hotaru. Avevamo fatto a cambio con due nostri compagni che non vedevano l'ora di potersi sedere tra gli ultimi, in modo da non seguire le lezioni e non essere rimproverati per questo. Beh, era quello il motivo per cui era il posto preferito di Natsume, dopotutto. «C'è una cosa che volevo chiederti a proposito dei compiti di matematica.»
«Ovviamente.» rispose lei, come se se lo fosse già aspettato. Lanciai un'altra occhiata al posto alla mia sinistra. Avevo chiesto a Kisaki-chan di sedersi insieme a noi, dato che si era lamentata spesso del fatto che stare vicino a Wakako e Sumire era snervante. Quando le avevo chiesto perché, mi disse: “Pensa che so anche che tipo di mutande porta Nogi ogni giorno.”. Non avevo capito quale fosse il nesso tra le due cose, ma glielo avevo chiesto comunque, sembrava proprio che con loro non si trovasse bene, per qualche ragione. «Quale esercizio?»
Sospirai, mogia. «Tutti.» avevo aperto il libro degli esercizi, il giorno prima, e i simboli mi si erano confusi sotto gli occhi. «Non ci ho capito molto.» e poi il mio rapporto col professore di matematica non era mai stato molto buono, ma non solo con lui, fin dai tempi delle elementari tradizionali. Poi Jinjin mi aveva traumatizzata definitivamente, a questo proposito, ma com'era successo a me era successo a tanti altri studenti che riuscivano ad avere una media decorosa. Al contrario della mia, purtroppo. Avevo già rinunciato a vincere anche quest'anno il viaggio a casa. Avevo davvero intenzione di tornare dal nonno, ma nessuno mi vietava certo di andare a trovare anche Natsume, se ne avessi avuto l'occasione. Comunque sapevo bene che il problema non si sarebbe posto affatto, nessuno avrebbe vinto il premio per me stavolta, e anche gli altri desideravano tornare a casa almeno quanto lo volevo io.
«Se non mi ascolti,» Hotaru arricciò le labbra, e mi parve alquanto infastidita. «è inutile che mi chiedi aiuto.»
Ruka-pyon si sporse dal suo banco, subito dietro il nostro. «Sei pensierosa stamattina, Mikan.» osservò, quasi preoccupato. «Qualcosa non va?»
Scossi la testa. «Tutto okay.» e, in effetti, lo era. Non potevo certo lamentarmi: avevo degli amici fantastici e, anche se a volte mi sentivo sola, quando ero in camera mia perché le lezioni erano finite ma Hotaru era in laboratorio e gli altri troppo stanchi per rimanere in piedi, non ero davvero triste. Natsume mi mancava, ma immaginavo che la sua vita fosse più difficile della mia, lui era davvero solo, non come me. Pensai che se lui non si fosse lasciato abbattere, ed ero sicura che era così, non potevo farlo nemmeno io. «Non preoccuparti.»
«Ci preoccupiamo perché pensi.» disse Hotaru, chiudendo i libri con uno schiocco secco. «Non è da te.» Non feci in tempo a rispondere. «Buongiorno.» ci salutò Kisaki-chan, con un bello sbadiglio al seguito.
«Buongiorno!» risposi io, con un sorriso. Hotaru le rivolse un'occhiata e Ruka mosse una mano. Lei si sedette al suo posto, come un sacco di patate, sembrava più stanca di quando ci aveva salutati il giorno prima. «Qualche problema?»
«Un'infinità.» buttò la testa sul banco ed emise un sospiro sconsolato. «Il Preside non c'è e Persona ha pensato bene di usarmi come facchino.» si girò verso di me con sguardo disperato. «Dopo cena ho corso per tutta la scuola con dei fogli in mano. Non ho capito perché proprio durante il mio mandato la gente debba continuare a trasferirsi qui.»
«Ancora trasferimenti?» indagò Hotaru, con la bocca piena del suo amato cervello di granchio. Kisaki annuì. «Insolito.»
«Già...» convenne lei, sbuffando. «A quanto pare, il nostro adorato nano da Londra ci spedisce uno studente con tanto di dottore.» si grattò la testa, con l'aria di chi non ne può più. «Quindi, una montagna di scartoffie da sottoporre a tutti e tre i Presidi, che non hanno nessuna intenzione di schiodare i propri fondoschiena dalle loro poltrone. O dal letto come Hana-hime-sama...»
A letto? «Sta male?» chiesi io, preoccupata. Mi piaceva tanto la Preside delle Medie, anche se era un po' strana era simpatica e per niente terrificante come il Preside delle Elementari o Persona.
Lei mi scoccò un'occhiata scettica. «Ma quale male!» sbottò, tirandosi su. «Prima che entrassi io stava benissimo.» poi fissò tutta la classe con uno sguardo omicida. Sembrava che fosse parecchio arrabbiata. Deglutii. «E mi hanno anche fatto una bella ramanzina, ora che ci penso.»
«A proposito di cosa?» volle sapere Ruka-pyon. Il suo coniglietto gli saltò in testa e si mise seduto sulle quattro zampe, poi sbadigliò.
Kisaki storse il muso, e mi parve contrariata. «Ieri sera.» spiegò, prendendo un bel respiro. «Al casino successo nella mensa. Ho sentito che mezzo dormitorio femminile delle Elementari è stato svegliato da un grido.» sembrava che la ramanzina la stesse facendo lei a noi, in quel momento. Beh, in effetti pensavo di meritarla, dopotutto ero stata io l'unica a gridare ieri sera nella mensa. «Persona mi ha fatto carinamente notare che se non posso spingere la mia stessa classe a seguire le regole, non posso pretendere che lo faccia il resto della scuola. Non ha tutti i torti ma...» sospirò di nuovo. «in ogni caso, ieri sera c'eravate voi là dentro. Si può sapere che ci facevate a mensa a quell'ora, e che diamine è successo?»
«Piovre.» fu la risposta di Hotaru, che richiuse la scatola del suo cervello di granchio e la ripose nello zaino. Io la guardai, risentita: non avrebbe mai smesso di prendermi in giro per la storia della piovra gigante con mille tentacoli. Non era colpa mia se io ero facilmente impressionabile, mentre lei aveva una calma inattaccabile.
«Ho capito,» disse Kisaki-chan e la cosa mi stupì non poco. Come faceva a sapere della piovra? «meglio se non indago oltre, a quanto pare.»
Il nostro professore di matematica entrò in classe e interruppe tutte le conversazioni. Un silenzio di attesa aveva improvvisamente ricoperto tutta la stanza. Sapevamo tutti che adesso sarebbe entrato il nostro nuovo compagno di classe. Dovetti ammettere che io speravo solo sinceramente che avessimo perso un bel po' di tempo durante le presentazioni e che la lezione di matematica andasse quasi tutta persa. Probabilmente c'erano anche altri ragazzi che nutrivano la stessa speranza, ma per qualche motivo mi sentii in colpa. Lanciai inconsapevolmente un'occhiata a Nonoko, che sembrava stare fluttuando a un palmo da terra. «Girati, scema.» mi ordinò la mia migliore amica, con un tono che non ammetteva repliche.
Il nostro professore non si perse in molti convenevoli riguardo al nuovo studente. Gli chiese di presentarsi e lui entrò dalla porta, mettendosi al suo fianco per poi chinare il capo nella nostra direzione.
«Salve a tutti.» esordì, in modo che potessimo sentirlo bene anche dal fondo dell'aula. «Sono Tanaka Yahiro e sarò vostro compagno di classe fino al diploma.» nessuno era sorpreso, dopotutto già lo sapevamo tutti, ma alcuni accavallarono le voci per chiedergli che tipo di Alice avesse. Mi sorpresi che lui avesse capito: io c'ero riuscita solo perché Kitsuneme mi aveva gridato nell'orecchio. Yahiro-kun sorrise. «Non è niente di speciale. Spero che mi aiuterete a imparare a controllarlo...»
«Modesto.» commentò Kisaki-chan, appoggiando il mento su una mano. Sembrava che già lo conoscesse.
Mi girai verso di lei. «Come mai dici così?» le chiesi, curiosa. Lei scrollò le spalle e accennò a lui con la testa, senza sollevarla dalla mano.
«È nelle Abilità Pericolose insieme a me.» lo disse in tono naturale, quasi fosse una cosa da tutti i giorni finire in quella classe di Abilità. A me metteva i brividi solo sentirne il nome, non riuscivo a immaginare come sarebbe stato farne parte e, in tutta sincerità, non avevo nessun desiderio di scoprirlo. «Non so nello specifico che tipo di Alice abbia, ma se è in quella classe, di sicuro non è qualcosa di ordinario.»
Ora che ci pensavo, in effetti, non avevo la minima idea nemmeno di quale fosse l'Alice della mia compagna di banco, nonostante fosse insieme a noi da mesi. Tuttavia, non osai chiedere. «Credo che ce lo direbbe se fosse una minaccia per tutti.»
Lei annuì. «Hai ragione.» concluse, tirando fuori il quaderno di matematica. Non sembrava realmente preoccupata e questo mi tranquillizzò, dopotutto lei era sia la Presidentessa del Comitato Studentesco che uno dei membri della vecchia classe di Natsume, e sapevo che alcune cose che gli altri studenti non potevano sapere, per loro erano notizie ben note.
«Sakura!» mi richiamò il professore, con aria scocciata. Hotaru mi sussurrò che mi aveva chiamata almeno tre volte. Sollevai lo sguardo, impaurita. «Sei qui con noi o a vagare in qualche strana fantasia?» «Scusi...» borbottai, suonando colpevole.
Lui, però, non si lasciò impietosire, e mi lanciò un'occhiata raggelante. Mi impietrii. «Stavo dicendo,» proseguì, distogliendo – per fortuna – lo sguardo da me. «che il tuo vecchio partner, Natsume Hyuuga, era il miglior studente nella scuola.» questo commento suscitò in Hotaru una smorfia. Io decisi di non muovere un muscolo, sperando che il professore si scordasse di me e si mettesse a spiegare. Lo preferivo. «Dovresti aver imparato ogni cosa da lui.» annuii febbrilmente, intenzionata a mostrarmi una studentessa modello almeno nel comportamento ai suoi occhi. «Potrai insegnare bene anche al nostro nuovo ragazzo. E assicurati anche che si metta in pari col programma dove ne ha bisogno.»
Io sbattei le palpebre: non ero sicura di aver capito bene. Io avevo bisogno di qualcuno che aiutasse me a rimanere in pari... «Cioè...» iniziai, incerta. «devo fargli da partner?»
Lui arricciò le labbra. «Già.» disse, e poi si voltò verso la lavagna. «Adesso, finalmente, possiamo cominciare la nostra lezione.»
«Buona fortuna.» era la voce di Hotaru, e io stavo quasi per ringraziarla, ma quando mi voltai verso di lei, mi accorsi che non era a me che si stava rivolgendo, bensì a Yahiro-kun. Gonfiai le guance, offesa: ero io che necessitavo di incoraggiamento, non sapevo da dove cominciare per essere una buona partner e insegnargli quello che doveva sapere! Non avevo idea di come funzionassero le cose nelle scuole superiori tradizionali, perciò pensai di dovermi informare in proposito. Sospirai e aprii anche io il quaderno. Chissà se i miei amici avrebbero voluto darmi una mano...

«Oh, Mikan!» fece Nonoko-chan, non appena mi sedetti a mensa insieme al resto della mia classe. Yahiro-kun mi aveva chiesto se c'era una biblioteca e io gli avevo detto più o meno dove si trovava – anche perché c'ero stata una volta sola, e avevo seguito Natsume e Sumire, per cui non mi ricordavo precisamente dove si trovasse – perché aveva intenzione di cominciare a studiare con i nostri libri. Quando gli avevo chiesto se aveva fame lui aveva scosso le spalle, dicendo che non lo entusiasmava l'idea di essere guardato da tutti gli studenti costantemente ed essere additato subito come “quello nuovo” io non avevo capito dove fosse il problema, ma l'avevo lasciato al suo lavoro senza obiezioni. Pensavo che avrei potuto offenderlo, per cui l'avevo salutato ed ero andata via. «Sei così fortunata!»
La fissai, senza comprendere. «Perché?» vidi con la coda dell'occhio Hotaru alzare gli occhi al cielo.
Nonoko sospirò con aria sognante e si strinse le mani al petto. «Yahiro-kun è così carino!» disse, poi, sbattendo le palpebre ripetutamente. Anna ridacchiò. E ora che ci pensavo, ieri sera lei e Yahiro-kun si sbaciucchiavano nella hall dei nostri dormitori, forse era perché voleva essere lei la sua partner. Il fatto di esserci arrivata così in fretta, mi suscitò la tentazione di scartare quell'ipotesi: sapevo per esperienza che non era praticamente mai quella giusta, se era la prima che mi veniva in mente.
«Già.» convenne Anna, posando la sua forchetta sul tovagliolo accanto al piatto. «Tu sei stata la partner solo di bei ragazzi, Mikan. Davvero fortunata.»
«Oh...» riuscii a dire solo. In effetti, il mio ultimo partner era stato Natsume... sbuffai, e spinsi il piatto un po' più lontano da me. Non avevo più molta fame. «È vero... ma...» mi chiedevo perché io non l'avessi notato. «davvero pensate che Yahiro-kun sia... carino?» a me non sembrava, insomma, credevo che la bellezza fosse qualcosa su cui potessimo essere tutte d'accordo, e invece...
Tutte quante, eccetto Hotaru, ma Sumire compresa, mi fissarono sconvolte. «Diamine, Mikan!» fu Wakako a parlare. Mi stupii: di solito non mi rivolgeva molto la parola, in questi giorni però era diventata piuttosto loquace. «Ma dove li hai gli occhi?»
«Non mangi?» fu, invece, l'intervento di Hotaru. Io scossi la testa, anche se dopo, forse, mi sarei pentita di quella scelta, quando i morsi della fame mi avrebbero tormentata per tutto il pomeriggio. «In ogni caso, non sembra così bello da fare tutto questo chiasso.»
«Bella prova!» commentò Sumire, con una smorfia. «Voi due siete fidanzate con Ruka e Natsume, ci credo che quel ragazzo non vi fa né caldo né freddo.» mischiò il suo cucchiaio nella minestra che aveva di fronte ma nemmeno lei mangiò.
«Sì, ma non c'entra.» obiettò Wakako, stupita. «È una cosa che si vede e basta, anche noi abbiamo ben presenti quei due, eppure...»
«Comunque,» la interruppe Nonoko, che sembrava ancora avere la testa tra le nuvole. «penso di essermi presa una bella cotta per lui.»
«Di già?» chiese Anna, stupita. Hotaru inarcò un sopracciglio, guardandomi, e io pensai che si riferisse a quello che avevamo visto ieri sera. «Non ti sembra un po' troppo presto per dirlo? Si è presentato solo stamattina.»
Sumire si sporse nella direzione di Nonoko, che intanto stava balbettando qualcosa che il rumore della mensa coprii in risposta alla domanda della sua migliore amica. «Ieri sera, poi, dove siete finiti?» sembrava molto curiosa. Ci girammo tutte verso di lei.
Deglutì e fissò me e Hotaru come se cercasse aiuto. Io fissai Hotaru, perché non sapevo cosa fare: la mia migliore amica, però, rimase impassibile e riprese a mangiare dopo lo scambio di occhiate. «Ehm... ecco...» ridacchiò nervosamente Nonoko. «abbiamo... visitato un po' la scuola.» io decisi di non intervenire, magari ancora era troppo presto, secondo lei, per far sapere in giro che si erano fidanzati. Oppure lui la pensava come Natsume, perciò stetti in silenzio, proprio come aveva fatto Hotaru a suo tempo, quando l'aveva capito da sola.
«Uffa...» commentò Sumire, buttando definitivamente il cucchiaio nel piatto con uno schiocco. «avreste potuto portarcelo tu e Yuu, allora. Ci saremmo divertiti, se non altro.»
«Già...» aggiunse Wakako. Incrociò le braccia al petto, guardando la mia amica, sospettosa. «ci siamo fermate lì a non fare nulla, almeno avremmo impegnato la serata. Sei sicura di avergli fatto visitare la scuola?»
Sentii Nonoko deglutire di nuovo. «P-perché?»
Wakako fece una smorfia, come a sottolineare che non le interessava ma lo chiedeva perché non speva che altro fare. «Beh... voglio dire... non vi ho visti in giro quando sono tornata a dormire e una notte è troppo breve per visitare tutto il campus.»
«Oh, avanti!» sbottò Anna, stupendoci tutte. Lei non alzava mai la voce. «Nonoko non avrebbe motivo di mentirci, non credete? E poi è ovvio che non hanno visitato tutto il campus, sono stati al dormitorio maschile, e lei gli ha mostrato la sua stanza. Dopo un lungo viaggio chiunque vorrebbe andare a dormire.»
Nonoko si limitò ad annuire. «Esatto.» mi fissò di nuovo, e io decisi di sorriderle per tranquillizzarla. Sapevo che cosa significava avere un ragazzo in segreto, dopotutto. Mi riproposi di darle qualche consiglio per evitare di essere scoperti, forse avrei potuto farmi aiutare anche da Hotaru, visto che anche lei era fidanzata da molto più tempo con Ruka di quanto si sapesse ufficialmente. «Ma non era di questo che stavamo parlando.»
«Perché,» fu Hotaru a parlare, annoiata. «stavamo parlando di qualcosa di interessante, prima?»
«Beh,» Sumire si spostò i capelli dietro una spalla. «È difficile trovare qualcosa che interessi te, Imai, oltre alle macchine che costruisci.»
Solo allora notai che Kisaki-chan non era a mensa con noi. Mi guardai intorno e la vidi al tavolo con il resto del Comitato Studentesco. Raramente si sedeva con loro, diceva che almeno all'ora di pranzo voleva smettere di lavorare.
«A proposito di macchine!» strillò, eccitata, Anna, muovendosi sulla sedia. «Si avvicina il l'Alice Festival, non è meraviglioso? Un paio di settimane e le lezioni saranno sospese per i preparativi!»
Un sorriso mi nacque spontaneo sulle labbra. «Hai ragione!» mi misi a saltellare anche io sulla sedie per la contentezza: non vedevo l'ora di distrarmi un po' dallo studio intensivo che stavamo facendo quell'anno nonostante non fosse iniziato da molto. «I vostri gruppi hanno già pensato a qualcosa da fare?»
Tutte quante scossero la testa e, in effetti, era ancora un po' presto, forse. Gli altri anni, ora che ci pensavo, quando Tsubasa-sempai era eccitato quanto me riguardo a questo evento, avevamo già pianificato tutto da almeno una settimana. Chissà come ci saremmo ridotti quest'anno, senza di loro si prospettava tutto un po' meno divertente. «Nessun evento è stato ancora deciso.» osservò Hotaru. Immaginai che quello della nostra classe fosse l'unico evento a cui avrebbe preso parte attivamente. Dopotutto, quest'anno era un anniversario importante della fondazione della scuola, e ad un sacco di persone importanti – più degli altri anni, se non avevo capito male – era permesso varcare i cancelli della nostra scuola per assistere al Festival e alla contemporanea esposizione di creazioni delle Abilità Tecniche. Ero curiosa di sapere quante invenzioni avrebbe venduto la mia amica, le sue erano davvero eccezionali!
«Ora che mi viene in mente!» interruppi la conversazione che le ragazze avevano intrapreso sul Festival e mi battei un pugno sull'altra mano aperta. «Nonoko-chan se il nostro nuovo studente ti piace così tanto, perché non chiedi al Preside di assegnarti come suo nuovo partner?»
Lei sembrò sorpresa dal cambio di argomento e arrossì. «Perché?»
«Beh, io non sono molto brava.» ammisi, ricordandomi di tutte le lamentele del mio vecchio partner. Giocai un po' col bordo del mio bicchiere, pensando inoltre che non volevo che qualcuno lo sostituisse, anche se lui non era più a scuola. «E tu sei sicuramente una studentessa migliore di me. Come posso aiutarlo? Non ho saputo nemmeno dirgli per bene dove sta la biblioteca...»
«Abbiamo una biblioteca?» fu Wakako a domandarlo. Hotaru gettò via le posate e si alzò dal tavolo, annunciando che se ne andava. Io annuii, sentendomi un po' in tensione, per qualche motivo. Mi consolai, al tempo stesso, perché almeno sapevo di non essere l'unica a non averlo mai notato.
«Credi che possa?» mi chiese Nonoko, dubbiosa. «Penso che ci voglia una ragione valida per cambiare partner, se ti viene assegnato da un professore...»
«Chi è che vuole cambiare partner?» la voce di Kisaki-chan interruppe la nostra conversazione. Ci girammo tutte a guardarla, sembrava che avesse fretta.
«Prez.» la salutò Sumire, arricciando le labbra, forse alla vista della sua divisa scomposta, o forse della grossa macchia di zuppa sulla gonna. «Quali buone notizie ti portano da noi?»
Lei non le ripose, forse presa dal compito che doveva assolvere. «Qualcuno sa dov'è finito quello nuovo? A quanto pare hanno sbagliato a registrare i suoi dati, e mi serve, prima che Persona torni a ricordarmelo.»
«In biblioteca.» risposi io, chiedendomi se tutte quelle visite da parte del professore delle Abilità Pericolose non le sembrassero un tantino preoccupanti. Il suo Alice mi metteva i brividi, anche se non l'avevo mai visto usarlo.
«Hanno sbagliato i dati?» si interessò Nonoko. «In che senso?»
Kisaki lanciò un'occhiata al foglio che aveva in mano. «La scuola e il suo Alice.» rispose, in tono spiccio. «Non ho capito quale sia il problema, in ogni caso devo andare. Ci vediamo domani a lezione.» sgusciò via velocemente, così com'era arrivata.
«Tipa strana, quella.» commentò Wakako, per poi tornare a dedicarsi al suo dessert. Era talmente invitante che lo mangiai anche col blocco allo stomaco che mi ritrovavo. Avrei voluto fargli una foto anche per quant'era bello, ma non avevo con me la macchina fotografica.

Quel pomeriggio, a lezione con la mia classe di Abilità, però, la portai con me. Volevo riguardare un po' le foto della sera della “festa” magari avrei trovato una prova a mia discolpa per aver urlato per nulla. Ne dubitavo, dal momento che avevamo già chiarito che erano tutte illusioni create dal nostro capoclasse – e speravo ardentemente che fosse davvero così – o avrei avuto un altro motivo per preoccuparmi ad andare in giro la notte, oltre a Mr. Bear e ai fantasmi che si aggiravano per la sua foresta. Per il corridoio mi scontrai con qualcuno.
«Fai attenzione, Mikan!» era la voce di Hotaru, che stava scrivendo sul suo solito taccuino, prima che io la investissi, letteralmente. Mugolai delle scuse, mentre mi stringevo al petto il mio portafoto. Lei inarcò un sopracciglio. «Che ti prende? Perché lo stringi come se fosse un bambino?»
Io alzai lo sguardo. «Eh?» fissai l'oggetto tra le mie braccia e lo allontanai un po' da me. «Mi è presa paura!»
L'espressione interessata scomparve totalmente dal suo volto. «E io che credevo che tu e il tuo ragazzo steste usando il mio regalo per comunicare.» sbuffò lei, quasi delusa. «Pensavo che almeno tu lo stessi facendo, dopotutto hai la macchina, e le foto si registrano su entrambi.»
Sbattei le palpebre, improvvisamente confusa. «Hotaru-chan... che... stai dicendo?» non riuscivo a capire come potesse essermi questo d'aiuto. Vidi la mia migliore amica sbuffare.
«Immagino che avrei dovuto dirtelo prima, dopotutto...» commentò, alzando gli occhi al cielo. «Aspettare che tu ci arrivi da sola è come sperare che i maiali si mettano a volare.» mi prese il portafoto dalle mani e me lo sventolò sotto al naso. «Questo qui ce l'ha uguale Natsume, dico bene?» io annuii. «Allora le foto che fai le vede anche lui. Stop. Tutto qui, quindi hai un modo per fargli sapere che stai bene, giusto?»
Spalancai gli occhi, dandomi dell'idiota almeno un migliaio di volte. «Accidenti, Hotaru!» la scossi con una mano, per dimostrarle la mia eterna gratitudine. Se l'avessi abbracciata avrei rischiato di distruggere il portafoto insieme alle mie ossa e ai miei principali organi interni a causa di qualche strana invenzione anti-Mikan. «Sei un genio! Come farei senza di te? Devo subito mettermi a lavoro!»
«Era ora.» commentò lei, in tono annoiato. «Avresti dovuto esserci arrivata da settimane.» ovviamente, era troppo ottimista. Mi sarei dovuta mettere a scrivergli una lettera durante la lezione con Noda-sensei, ammesso che non ci fosse perché era a spasso nel tempo e che non facessimo nulla, dato che quella sera ero impegnata con la lettura della favola a Miyako. Anche se ancora non avevo raggiunto i livelli di bravura di Natsume, almeno avevamo smesso di ripetere intere sequenze di storia perché non ci mettevo abbastanza emozione. Anche così, però, ci mettevo molto tempo, e non potevo permettermi di andare a letto troppo tardi, anche perché mi addormentavo in classe già con otto ore di sonno, figurarsi cosa avrei potuto fare con qualche ora di meno. In ogni caso, dovevo farlo per forza.
Ora, però, sorgeva il problema più pressante. «Cosa pensi che dovrei scrivergli?» insomma, avrei dovuto scrivergli che cosa mi era successo durante il tempo in cui non ci eravamo visti? Oppure questo gli avrebbe fatto sentire troppo la mancanza della scuola e dei nostri amici? Era davvero un gran bel dubbio.
«Che cosa vuoi che possa saperne io?» sbuffò lei, oltrepassandomi. «Sei tu la sua fidanzata, quasi scommetto che qualunque cosa scriverai andrà bene.»
Abbassai la testa. «Spero che tu abbia ragione...» ma lei già era scomparsa oltre l'angolo, verso il suo laboratorio. Sospirai, sconsolata, chi avrebbe potuto mai aiutarmi, se non lei? Tutti gli altri erano impegnati con le loro classi di Abilità, il che mi fece pensare che lo ero anche io, e avrei fatto anche bene a sbrigarmi.
Quando raggiunsi la classe e aprii la porta, trovai i ragazzi tutti riuniti intorno a Noda-sensei, mentre ascoltavano attentamente quello che diceva, quasi a pendere dalle sue labbra. Mi avvicinai, mettendo il portafoto nella borsa per non dimenticarlo da qualche parte.
«Forte!» fu il commento di uno dei miei compagni, stupito. «E io che credevo che fossero solo storie per spaventare i bambini.» sembrava che fosse il tema della mia giornata. Che sfortuna.
Nodacchi scosse le spalle, come se anche lui non sapesse la risposta. «Il bello è che non so se sognavo o se viaggiavo nel tempo...» lo disse come se ci stesse pensando solo in quel momento. «O entrambe le cose!» ridacchiò e si complimentò con se stesso per la fantastica battuta. Io non capii, forse perché non avevo idea di quello di cui stavano parlando. «Oh, Mikan, sei arrivata!»
Io ero tra gli studenti più grandi della mia classe di Abilità, ce n'erano forse altri due del terzo anno, ma non venivano mai. Tutti i componenti della classe, o almeno per la gran parte, erano studenti delle Medie, che all'inizio avevano guardato a me come se fossi stata il loro mentore, le volte che Noda-sensei non si presentava. Non c'è da stupirsi che io li abbia delusi molte volte, specialmente quando mi chiedevano di mostrare i terribili poteri celati dietro il mio Alice, quando non c'era molto da far vedere. Dopo due o tre volte avevano smesso di chiedere, ma sospettavo che credessero che non volevo mostrargli i miei trucchi, perché mi guardavano piuttosto diffidenti. I bambini delle Elementari, invece, erano semplicemente adorabili!
«Mikan-sempai!» mi chiamò uno di loro, che era appena entrato nella Sezione Elementare, tirandomi l'orlo della gonna. «Mikan-sempai ho sentito che tuo marito è partito.»
Risi, abbassandomi alla sua altezza. «Mio marito?» domandai, per essere sicura di aver capito bene. Il bambino annuì. «Natsume?» lui continuò a fare cenno di sì con la testa. «Già, si è diplomato e ha dovuto lasciare la scuola.» mi accorsi di aver riassunto in poche parole un sacco di mesi.
«Sì, ho sentito che tanti studenti lo dicevano.» continuò lui, allargando le braccia, come se volesse farmi vedere quanti studenti l'avevano, effettivamente, detto. «Sei triste, Mikan-sempai?»
Gli scompigliai i capelli, lentamente. «Un po'.» ammisi, però cercai di sorridergli. Era così dolce, che sembrava impossibile non farlo.
«Non ti preoccupare, sempai!» cominciò a saltellare per la foga con cui stava dicendo quelle parole. «Diventerò io tuo marito se lui non torna!»
Gli altri bambini risero, e con loro anche un paio di studenti più grandi. «Sei genitle,» osservai, cercando di non ferire i suoi sentimenti, in fondo come potevo accettare quella richiesta? «ma...»
«Lui è il suo principe azzurro!» obiettò Miyako, sulla porta. Mi girai, spaventata: non mi aspettavo che si presentasse da noi. Non era ufficialmente parte della classe di Abilità Pericolose perché non aveva un vero e proprio Alice che potesse nuocere agli altri, però di solito alle lezioni non veniva mai. Aveva stretto amicizia con i nuovi bambini arrivati da poco come lei, e per questo cercava di intrufolarsi nella classe di Persona piuttosto che stare con noi. «Non puoi sostituirlo.»
Lui sporse il labbro inferiore, offeso. «Quando crescerò lo farò!» obiettò, però, prima di tornare a sedersi, si parò di fronte a me. «Te lo prometto Mikan-sempai!»
Miyako alzò gli occhi al cielo, fissandomi con disapprovazione. «Ho sentito che hai un nuovo partner.» lo disse con un tono che mi ricordò quello di Hotaru. Anche il suo sguardo di ghiaccio era molto simile a quello della mia migliore amica e mi venne la tentazione di indietreggiare. «Anche io sono stata assegnata a un altro bambino.» io mi limitai a sbattere le palpebre, aspettando che mi rivelasse il motivo per cui mi stava guardando così male. Sarebbe arrivato, lo dicevano sempre tutti quando mi facevano quella faccia. «Natsume era il tuo vecchio partner, vero?» annuii. «Non lascerai che quel bellimbusto prenda il suo posto, non è vero?» mi corse incontro e, per un attimo, mi sembrò disperata.
Allargai le braccia per confortarla. «No.» assicurai, in tono serio. «Certo che no.»
Lei sembrò approvare, perché mi fissò più soddisfatta. «Bene,» commentò. «perché lui mi ha chiesto di tenerti d'occhio e io ho intenzione di farlo.» ridacchiai, pensando, però, a come gli fosse venuto in mente di caricare una bambina così piccola di una simile responsabilità.
«Miyako-chan ci sei anche tu!» fu Noda-sensei che interruppe la nostra chiacchierata. «Stavo giusto parlando della fondazione della scuola. Vi va di sentire la storia?»
Mi feci più interessata. Non ne avevo mai sentito parlare. «La fondazione della scuola?» ripetei, incredula. Forse non avrei dovuto suonare così stupita, magari era anche nel programma di studi, ma forse delle Elementari, e io non mi ricordavo nemmeno cosa avevo mangiato a colazione quella mattina.
Lui annuì. «C'è una leggenda che ne parla.» mi disse lui, per poi prendere in braccio Miyako e portarla tra gli altri bambini. «E così sono andato a vedere com'è successo davvero.»
Aggrottai la fronte. «Perché l'hai fatto?» volli sapere, curiosa. Insomma, era una leggenda per mantenere l'alone di mistero, se lui andava direttamente a vedere cos'era successo davvero perdeva tutta la magia. Alla fine, comunque, spinse anche me a chiedermi quale fosse la realtà, o meglio, quale fosse la storia, perché non la conoscevo neanche un po'.
Lui scrollò le spalle, di nuovo. «Mi annoiavo.» spiegò, con semplicità. «Stavo leggendo un libro sulla fondazione della Alice, circa sessant'anni fa e... mi sono detto... perché no? Potrebbe essere interessante, Noda... prova, così avrai...»
«Ehi!» lo interruppe Miyako-chan, tirandogli i pantaloni per attirare la sua attenzione. «Dai, diccelo e basta!»
Tutti gli altri obiettarono, perché era una storia che avevano già sentito, ma il professore li zittì con un gesto della mano. «Coraggio, bambini, non vi ho detto la parte migliore.» la stanza si riempì di silenzio, prima che Noda si mettesse a raccontare. Anche io mi stavo quasi mangiando i gomiti per la curiosità e non vedevo l'ora che iniziasse.
«Dunque, come ho già detto, sessant'anni fa, anno più, anno meno, fu fondata la Alice Academy di Tokyo da tre Alice che poi, come potete ben immaginare, diventarono i primi tre Presidi della nostra scuola. Tanto per chiarire, questa è stata la prima Alice Academy del mondo.» non dissi nulla, anche se non lo sapevo, e lo incitai ad andare avanti. «Contrariamente a quanto scritto su tutti i libri di storia, ho scoperto che non c'erano molti studenti, nei primi dieci anni, e che la sezione Elementari era completamente vuota. Capisci, Mikan? Del tutto. Niente bambini.»
Mi chiesi perché mi sembrasse decisamente inquietante e perché si stesse indirizzando a me in modo particolare. «E come mai?» chiesi, con un po' d'ansia. Noda-sensei si limitò a dire una parola:
«Boh.» fece sorridere tutti gli altri, ma io rimasi stupita. Forse era uno di quei dettagli inutili che interessavano solo me e che non erano di nessuna importanza, come diceva spesso Natsume. «In ogni caso, poi, si è popolata. I figli degli Alice che hanno frequentato la scuola e i loro figli, hanno cominciato a frequentare l'Accademia, ed eccoci qui.»
«Beh?» fece un altro bambino, scocciato. «È esattamente quello che hai detto a noi. Dov'è la “parte migliore”?»
Noda sorrise. «Hai ragione figliolo.» e subito dopo scomparve, lasciandoci tutti di stucco. I bambini più piccoli cominciarono a protestare, mentre quelli un po' più grandi si lamentavano di essere stati presi in giro. Noda-sensei era famoso per le sue sparizioni al momento opportuno, dopotutto.
«Così non vale!» fu, invece, il commento di Miyako-chan, con le braccia conserte, quasi offesa. «Non può andarsene nel bel mezzo di un racconto! Sembrava interessante.»
«Secondo me,» intervenni, per cercare di calmarla. «è meglio così. Ci sono delle storie che è meglio che rimangano misteriose, per suscitare un po' di interesse. Insomma, anche nelle favole non si sa cosa succede dopo l'ultima pagina. È bello perché puoi immaginarti quello che succede dopo.»
«Sì,» convenne lei, con un adorabile broncio stampato in faccia. «ma questa roba è completamente diversa!»
Fu il mio turno di aggrottare la fronte. «Perché?»
Lei fece un sospiro paziente. «Perché le favole non sono cose successe per davvero!» lo disse come se fosse scontato. «Immaginarsi un finale o un altro non fa alcuna differenza! Se è successo veramente, invece, sì. La storia è storia, se io me la immagino in un modo ma è andata in un altro è una cosa completamente diversa.»
Mi accorsi di non averla mai vista in questi termini. Mi chiesi che cos'avrebbe detto Natsume su un'osservazione del genere, perché io rimasi in silenzio, non sapendo come ribattere. Lanciai subito un'occhiata alla mia borsa, ricordandomi della lettera che dovevo scrivere.
«Mikan-sempai...» mi chiamò un ragazzino delle Medie, quasi come se avesse paura di dire qualcosa. «domani noi abbiamo un compito in classe... non è che potremmo andare via per studiare?» io scrollai le spalle: non sapevo come avrebbe reagito Noda-sensei a una richiesta simile, ma come potevo tenerli lì a non fare niente? «Quindi... possiamo andare?»
«Certo, perché no?» lanciò un'occhiata strana ai suoi amici e la cosa mi fece preoccupare, per qualche motivo. Quando uscirono dalla porta, ero ancora sospettosa, ma Miyako mi distolse da quei pensieri, facendomi la stessa domanda. «Immagino che possiamo andare via tutti, sì... sarebbe utile poter usare questo tempo per studiare.»
Tutti gli altri si guardarono vicendevolmente e scoppiarono a ridere. Avrei tanto voluto sapere che cos'avevo detto di così sbgliato o divertente. Mi limitai a sorridere e a precedere gli altri fuori dalla porta, solo per non fare la figura di quella che non ha capito un tubo.

Caro Natsume.
Il foglio stava di fronte a me, bianco immacolato, se non per quelle due parole. Ma... “caro Natsume”? Potevo davvero iniziare una lettera per lui in quel modo? E se non potevo farlo, in che altro modo avrei dovuto cominciare? Mi misi la matita in bocca, pensierosa: lui che cos'avrebbe scritto se fosse stato al posto mio?
Per qualche ragione, non riuscii a immaginarmi Natsume che scriveva delle lettere, se non come il pervertito che era diventato a San Valentino, che avrebbe cominciato una lettera o con “mia adoratissima Mikan” o “luce dei miei occhi”. Sorrisi, fissando la rosa ormai morta da giorni che mi aveva regalato quella volta: mi ero dimenticata di curarla e adesso si era tutta rinsecchita. Un po' mi dispiacque, ma nemmeno il potentissimo innaffiatore-robot che aveva inventato Hotaru per piante capitate nelle mani inadatte – così aveva detto lei – aveva potuto fare niente contro la mia sbadataggine.
Tornai a fissare il foglio. Caro Natsume. No. Scarabocchiai le due parole e poi andai accapo: mi serviva qualcosa di meno formale, qualcosa che non mi facesse immaginare lui che scoppiava a ridere e non la finiva più per quant'ero stata stupida.
Ehi, Natsume! La scarabocchiai subito dopo averla scritta. Troppo colloquiale, era addirittura peggio del classico inizio. Ma allora che potevo fare? Col nonno era sempre stato molto più facile, sapevo bene che era un tradizionalista, per cui “Caro nonno” era assolutamente d'obbligo!
Mi accasciai sulla scrivania, mentre i libri di matematica mi guardavano in modo minaccioso, mentre io li ignoravo deliberatamente, lasciandoli accatastati alla mia destra per fare posto al foglio su cui stavo cercando di scrivere qualcosa al mio ragazzo. E senza alcun successo.
Come va? Anche questo non sopravvisse molto a lungo. Decisi di girare il foglio dall'altra parte e nascondere i miei tentaitvi falliti, sperando che la smettessero di influenzarmi.
Fu dopo dieci minuti di mente vuota come un tubo di vetro che decisi semplicemente di essere sincera, dopotutto, questa era l'unica cosa che non poteva essere un problema... giusto? In ogni caso, quale che fosse la sua reazione, non l'avrei mai conosciuta, dato che potevo scrivere solo io e lui poteva solo leggere. Da una parte era un bene, dall'altra assolutamente frustrante: come avrei fatto io a sapere se lui stava bene? Avrei chiesto alla mia migliore amica in un altro momento, visto che lei sembrava avere le idee più geniali di questo mondo.

Ho riflettuto a lungo su come iniziare a scrivere, e devo ammettere che non mi è venuto in mente. “Caro Natsume” e “Hey, Natsume!” non sembravano delle scelte valide per iniziare una lettera del genere. Comunque sia, Hotaru mi ha dato questa fantastica idea e adesso ti sto scrivendo per farti sapere un po' come vanno le cose da quano sei andato via. E poi devo anche giustificare quelle foto orribili di qualche sera fa!
Ero sicura che avrei trovato la prova della piovra gigante, te la ricordi? Quella di cui ci parlavano sempre quando eravamo bambini per convincerci a non allontararci dai dormitori di sera tardi. Come hai ben visto, insomma, non ho nessuna prova, e Sumire mi ha anche detto che non esiste. Ma che l'abbia fatto per tranquillizzarmi? Ancora non lo so, ma forse è meglio che io non lo sappia, a volte sa essere così poco chiara!

Strillai di eccitazione quando mi accorsi che, dopo la difficoltà dell'inizio, le parole sembravano scorrere via dalla penna quasi non avessi neanche il tempo di pensarle. Era una bella sensazione avere così tante cose da dire.

E poi, oggi, Noda-sensei ci ha raccontato la storia della fondazione della scuola anche se i bambini non ne sono rimasti entusiasti. Ma lo sai che...

Gli raccontai tutto, senza tralasciare nemmeno i più piccoli dettagli, per quanto bene potessi ricordarmi io stessa, ovviamente. La penna si bloccò improvvisamente quando stavo per parlargli del mio nuovo Alice, perché pensai a come avevo reagito io alla notizia, o meglio, di come ancora non avessi metabolizzato la cosa, e mi sembrasse impossibile che fosse vero. E poi, se anche avessi provato a spiegargli come aveva fatto con me il Preside delle Superiori, non sapevo se sarei stata in grado di esprimermi tanto bene come aveva fatto lui per convincermi che non faceva così schifo come sembrava. Se gli avessi detto che potevo rubare i poteri agli Alice come avrebbe reagito?
Scossi la testa: non potevo dirglielo. Così ripiegai sul nuovo studente, sentendomi contemporaneamente in colpa per il fatto di sapere che gli stavo nascondendo qualcosa di mia iniziativa.

*****

!Attenzione! XD
Questo capitolo è spezzato in due e, anche se perderò la continuità tra i due POV e un po' mi dispiace, se avessi pubblicato il capitolo tutto insieme sarebbe risultato troppo pesante. In ogni caso, l'ho detto solo per avvisare che il prossimo non è Natsume come ci si aspetterebbe ma sempre la nostra Mikan.
Lo so che con lui è più facile fangirleggiare – io sono la prima, eccomi! XD – ma adesso tutti(e) voi avreste bisogno di una flebo e io di uno psichiatra molto bravo :P
Mi sono pure specializzata e ho trovato il modo per ingrandire il testo *mwhahahahahaha* mi sento strafiga al momento, sì ù.ù anche se nessuno se n'è accorto perché sono passati tipo cinque o sei mesi dall'ultima pubblicazione *scappa in un angolino sperando che nessuno la veda e la prenda a sprangate*
Comunque, chiudo il becco, ci vediamo tra... un paio d'anni luce (?) con la seconda parte (che preventivavo di aver già scritto una volta pubblicata questa ma, ovviamente, non è così). Tanto per ribadire che sono un'autrice diligente – non mi smentisco mai!
♪ ♫ Pigriziaaa portami viaaa ♪ ♫
Vabbè... sono fuori ed è il caso che la smetta.

  
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