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Autore: lelle31    27/06/2012    2 recensioni
Che succederebbe se una ragazza appena arrivata in città si trovasse invischiata nel caso Kira? E se la stessa ragazza fosse entrata a contatto con un Death Note in precedenza? E se, come se non bastasse, fosse già morta una volta? Potrebbe spezzare l'apparente quiete di una persona, cambiando non solo il suo destino, ma anche quello di molti altri? Leggete e scopritelo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Ecco come promesso la seconda parte del capitolo. Volevo solo precisare prima di lasciarvi alla lettura che i dialoghi tra i personaggi e le frasi che non sono di Selena tra i due asterischi sono quelli originali della puntata 11 di “Death Note”. Detto ciò, ci vediamo in fondo al mio solito angoletto dell’autrice.
 



POV SELENA
 


La pace della camera immersa nella completa oscurità, fu rotta improvvisamente dallo spalancarsi della porta.

Watari entrò come una furia e si mise ad armeggiare con i cavi della televisione, a pochi metri dal letto. “Ma che cavolo sta succedendo?” mi scappò, prima che riuscissi a trattenermi.

“Mi dispiace Selena per averti svegliata” fu la risposta sbrigativa, ma pur sempre educata del vecchio “Purtroppo è in corso un’emergenza e Ryuzaki ha bisogno di questa”. Ebbi giusto due secondi di tempo per accorgermi della  TV tra le sue mani, che si era già dileguato.

Mentre mi scrollavo le coperte di dosso, dovetti ammettere con me stessa che i suoi riflessi erano molto più pronti dei miei. Il che non faceva di certo onore ai miei quasi vent’anni. Indirizzai uno sguardo assonnato all’orologio della radiosveglia.

Erano le 18:01.

“Vai sul canale 24* ” ordinò una voce profonda e familiare dal salotto. Un istante più tardi, una serie di urla agitate e non identificabili, mi convinsero ad alzarmi definitivamente. “Torna su Sakura TV” ingiunse  Ryuzaki perentorio, in direzione di Matsuda, nel momento stesso in cui misi piede nella stanza.

Sullo schermo apparve uno sfondo bianco dove le lettere in caratteri gotici K-I-R-A facevano una figura appena poco meno inquietante della voce distorta che parlava in sottofondo.

Ora immagino che non avrete più dubbi sulla mia autenticità …” stava affermando, di fronte alle espressioni basite dei presenti. Il silenzio calò, pesante e insopportabile. Mentre stavo prendendo in seria considerazione di sfruttare quella pausa per urlare un altro Ma che cazzo sta succedendo?!, fui spiazzata dall’appello concitato del detective “Dobbiamo fermare la trasmissione prima che mandino il messaggio”.

Personalmente, non sapevo minimamente a che cosa si stesse riferendo, ma il resto degli agenti si affrettò a comporre un numero di telefono dopo l’altro, parlando troppo velocemente perché potessi seguirli, nonostante la mia comprensione del giapponese fosse ormai discreta. A un certo punto, nel bel mezzo di tutto quel casino, Ukita, l’agente del quartier generale che conoscevo meno, sbraitò qualcosa che non riuscii ad afferrare, corse alla porta e in un nanosecondo se la sbatté alle spalle.

“Vedo che la stiamo prendendo con calma” borbottai sarcastica, accasciandomi sul divano. Nessuno sembrava essersi accorto della mia presenza, nemmeno lo stesso Ryuzaki, che appariva decisamente troppo preso dalla brutta piega presa dagli eventi per curarsi del resto del mondo.

A dire la verità, non lo avevo mai visto così. Si torturava l’unghia del pollice con i denti, in un gesto che esprimeva preoccupazione, collera e frustrazione insieme. Era uno dei rari momenti in cui le sue emozioni si potevano individuare senza troppa difficoltà, come sarei riuscita a fare con un qualunque altro ragazzo. Per un secondo la cosa mi fece sentire strana.

Poi, quel lieve senso di incongruenza tra i miei sentimenti e miei pensieri, fu sostituito da un’ondata di nausea da piegarmi in due. Stava per succedere qualcosa di terribile. Era tutto il giorno che questa consapevolezza mi aleggiava intorno e adesso era arrivato il momento. Quasi mi avesse letto nella mente, la voce di una giornalista proruppe dal televisore che Watari aveva prelevato dalla mia stanza:“Ci scusiamo per l’interruzione. Abbiamo delle immagini in diretta dall’ingresso della sede della Sakura TV!”.

Tutti, compresa la sottoscritta, puntarono gli occhi su quello schermo. E la scena di cui fummo testimoni, mi fece gelare il sangue nelle vene.

Guardate!” ci invitò la stessa trafelata giornalista, come se già non lo stessimo facendo “C’è un uomo a terra! Esattamente di fronte alla sede della Sakura TV!”. Il tono sgomento della donna,  non era neanche lontanamente sufficiente a descrivere in modo adeguato l’orrore dei fatti. Perché l’uomo privo di vita di fronte alla sede della Sakura TV altri non era che Ukita, accorso sul posto, appena da qualche minuto.

Un’involontaria lacrima solcò la mia guancia destra. Il cattivo presentimento era, nel frattempo, scomparso e la testa stava gradualmente smettendo di pulsarmi. Si trattava dunque di questo? L’universo voleva informarmi in anticipo della morte di quello sfortunato agente?

“Maledizione! E’ stato Kira” urlò rabbiosamente Aizawa, inducendomi ad abbandonare le mie terrificanti riflessioni. La sua impulsiva avanzata alla volta della porta, fu però troncata di netto da Ryuzaki.

“Aizawa” disse in uno dei toni più bassi che poteva produrre la sua voce profonda “Dove pensa di andare?”. Nel pronunciare quelle poche parole, non aveva perso un grammo del  mirabile autocontrollo di cui era dotato, ma sospettavo che sotto la superficie, fosse tutto un altro paio di maniche. La sua espressione dura ne era una precisa conferma.

“Vado da Ukita. Mi sembra ovvio, no?” rispose Aizawa cupo, di spalle. D’un tratto, mi parve che la stanza, illuminata solo dalla luce che proveniva dai televisori, fosse ancora più buia. “Non lo faccia” ribatté il detective, mantenendo il tono freddo e piano di poco prima “La prego di calmarsi”. Quel discorso ebbe lo stesso effetto che ha la benzina sul fuoco.

“Dovrei stare qui a guardare la TV senza fare niente?” ringhiò Aizawa, prossimo a perdere le staffe. Mi alzai dal divano, nel caso io e Matsuda fossimo dovuti intervenire per separarli. “Se questa è opera di Kira, farà la stessa fine precipitandosi là” spiegò ragionevolmente Ryuzaki . Aizawa, punto sul vivo, si girò dalla nostra parte, obiettando “Pensavo che Kira avesse bisogno di sapere il nome per uccidere. E allora mi spieghi come è potuto accadere?”. Anche Matsuda protestò, ma non lo ascoltai.

La mia attenzione era completamente focalizzata sul detective. Teneva lo sguardo basso, fisso sui suoi piedi. La sua schiena era ancora più curva del solito e le mani se ne stavano rigidamente arpionate alle ginocchia. Per la seconda volta in un giorno, fui in grado di interpretare i suoi sentimenti, che non erano molto diversi dai miei, ma sicuramente più intensi e intrisi di rabbia e angoscia.

Persa nelle mie scoperte, non mi accorsi subito che si era rimesso a parlare, ma riuscii a cogliere almeno una parte di ciò che stava dicendo “ … Secondo la mia teoria, Kira ha bisogno di un volto e di un nome per uccidere. Ma dopo quanto ho appena visto non me la sento di escludere che gli sia sufficiente conoscere solo il volto ….”.

A volte è sufficiente solo il volto. Sussultai.

Quelle sette parole erano apparse nella mia coscienza per lo spazio di un secondo. Una specie di eco alla delucidazione di Ryuzaki.  Un sussurro del passato, che portava con sé una schiacciante, seppur sbiadita, consapevolezza. Ma era sparito troppo in fretta perché potessi coglierla.

Deve essere uno di quei ricordi, intuii, mentre tornavo a sedermi Qualcosa che è successo in quei maledetti mesi precedenti all’incidente. Qualcosa che risultava disgraziatamente  inaccessibile, per colpa della mia inutile e inspiegabile amnesia. Tuttavia, se mi concentravo, forse sarei riuscita risalire a qualche altro dettaglio.

Dovevo provarci, perlomeno. Sentivo che era importante. Essenziale.

Quindi, mi scollegai dagli stimoli esterni e provai a rievocare quella frase.

A volte è sufficiente solo il volto. Sì. Suonava familiare, in effetti. Però qualcosa stonava. Era come se … mancasse un pezzo.

In origine quell’affermazione era stata più lunga. E pronunciata in maniera saccente. Una cosa del tipo “Ovviamente tu non lo sai, perché queste sono conoscenze riservate a pochi eletti, tuttavia dall’alto della mia saggezza, decido di rivelarti che a volte è sufficiente solo un volto per uccidere”.

Credimi, bastano un volto e un nome per uccidere. E a volte è sufficiente solo il volto. Cavolo. Era successo di nuovo. Avevo fatto bingo! 

Ora dovevo soltanto scoprire da chi avevo avuto il privilegio di essere illuminata. Doveva trattarsi di qualcuno che aveva in qualche modo intenzione di impressionarmi. E considerata l’epoca a cui quel commento risaliva, non mi era difficile immaginare che fosse provenuto da un ragazzo.

Non uno qualsiasi, però. Qualcuno con cui fossi abbastanza in confidenza da poter tirare fuori un argomento del genere. Qualcuno che non giudicavo e da cui non mi sentivo giudicata. Qualcuno con cui avevo condiviso un sentimento speciale … Chris!

L’istante successivo, accadde qualcosa di  indescrivibile.

Stavo guardando un parcheggio asfaltato sul retro di un edificio di mattoni rossi. Il vento fresco del febbraio californiano, mi faceva rizzare i peli sulle braccia, ma ero troppo su di giri per preoccuparmene.

Invece, camminavo a passo di carica, sbraitando “Non posso credere che il signor Dean faccia sul serio! Insomma, dovrebbe soltanto ringraziare che le sue studentesse siano in grado di badare a se stesse. Guarda, sono così incavolata, che mi piacerebbe passargli sopra con la macchina”. Emisi un verso frustrato, che fece ridere la persona accanto a me.

“Non sei il tipo” dichiarò sicuro, il ragazzo biondo dagli occhi azzurri mozzafiato, di cui un tempo ero cotta. E che adesso era morto.

Non  ci stavo più capendo nulla. Possibile che stessi rivivendo in maniera così nitida un evento passato? In quel momento, però, non riuscii a darmi una risposta.

L’unica mia certezza consisteva nel fatto che ero infuriata.

Mi fermai di botto. Chris si voltò, curioso ma non sorpreso. Ci fissammo negli occhi qualche istante, prima che sbottassi “Voi tutti dovreste proprio piantarla di dirmi chi sono o chi non sono. Ne ho piene le scatole, di essere sottovalutata”. Dopodiché mi avvicinai alla macchina, aspettando che lui sbloccasse le portiere.

Avevo avuto una giornata infernale e non vedevo l’ora di spaparanzarmi sul letto con un cd di Avril Lavigne a tutto volume. A dirla tutta, non sarebbe stato male anche un po’ di ghiaccio da mettere sulla mano destra, visto che avevo le nocche ancora doloranti. Osservai la blanda fasciatura che la mia amica Tara mi aveva fatto un paio d’ore prima in bagno. Potevo scorgere, attraverso essa, la pelle arrossata e gonfia. Non riuscivo quasi a muovere le dita.

Accidenti a me e alla mia impulsività! Se solo quell’idiota di Lucas avesse avuto il buonsenso di non provarci con la sottoscritta, altrimenti detta la migliore amica della sua ex fidanzata, non sarei stata costretta a dargli una lezione. E che lezione! Quel deficiente non riusciva a credere che una ragazza che arrivava a malapena al metro e sessanta, lo avesse steso di fronte all’intero corpo studentesco. La sua espressione era stata semplicemente impagabile.

Credevo che l’ orgoglio maschile ferito lo avrebbe condotto a scavarsi una fossa e scivolarci dentro in silenzio. Ma, al contrario delle mie previsioni, si era recato dal preside a lagnarsi. E questo era il motivo per cui avevo speso quasi un’ora di rimproveri nel suo ufficio. Grrr!

All’improvviso, Chris  strinse premurosamente la mia mano malandata nelle sue. “ Sì, forse hai ragione” disse piano “ Di certo quel patetico imbecille, non aveva capito con chi aveva a che fare. E nemmeno Dean, sembra essersene accorto. Devo supporre, dunque, che tu abbia già pronto un piano per eliminarlo?”. La serietà con cui me lo chiese mi spaventò.

Magari a volte le persone non mi prendevano abbastanza sul serio, ma in quel caso, era stata solo l’ira a farmi dire certe cose. Non avevo mai avuto intenzione di uccidere nessuno. E di sicuro anche il mio ragazzo stava scherzando. Doveva per forza essere così. “ Avrei un paio di idee” ammisi, fintamente pensierosa “ Tuttavia non ho alcuna voglia di finire in prigione per lui. Non se lo merita affatto”. E questo lo pensavo davvero.

Chris sorrise, assumendo un’aria beffarda, che fece tornare la situazione su toni più leggeri. “Perché mai dovresti farti beccare?” domandò, con occhi scintillanti di malizia. Avevo una gran voglia di baciarlo.

“Pronto?” ribattei, mentre mi avvicinavo al suo viso “ Mio padre lavora per l’FBI. Avrebbero le mie impronte nel giro di due secondi. E se anche fossi talmente brava da non lasciarle, troverebbero di certo il modo di incastrarmi. E’ gente che sa fare il proprio lavoro quella”.

Posai le mie labbra sulle sue, in un gesto che decretava la fine del nostro  scambio verbale. Non ero sicura dell’esatta motivazione, ma sentivo che continuare a tenere vivo l’argomento non avrebbe portato a nulla di buono. In più, il mio “sesto senso” si stava attivando. Iniziavo ad avvertire vibrazioni decisamente negative nell’ambiente.

Quasi le avesse percepite anche lui, Chris mise fine al bacio e guardò un punto sulla strada. Suo fratello Tyler, appoggiato alla fedele BMW , stava abbracciando una ragazza bionda che frequentava l’ultimo anno. Una certa Kelly.

“Wow, non sapevo che uscissero insieme” commentai, rispondendo al cenno di Tyler. Kelly era troppo persa a contemplarlo e non si accorse neanche del mio saluto. “Uscire non è esattamente quello che fanno” mi informò Chris, parlando tra i denti. La battuta sarcastica che ero sul punto di fare, mi morì in gola, non appena lo squadrai bene. Era teso, in un modo che avrei definito ostile e non staccava lo sguardo da suo fratello.

Ma che stava succedendo fra quei due?

“Comunque non c’è bisogno di esporsi per forza se si vuole commettere un delitto” aggiunse Chris, tornando bruscamente al discorso lasciato a metà. Mi fissò, come se volesse disperatamente comunicarmi qualcosa attraverso i suoi occhi. “Che vuoi dire?” mormorai, mentre una folata di vento mi sollevava i capelli, ancora lunghi e scuri.

Lui prese una ciocca tra le dita, rimirandola.  Me la mise dietro l’orecchio, prima di rispondere “Credimi bastano solo un volto e un nome per uccidere. E a volte è sufficiente solo il volto”. Indirizzò un’altra lunga occhiata a Tyler, che stava parlottando con la sua ragazza. Inaspettatamente, lei si voltò verso di noi.

La sua espressione si era fatta feroce senza alcun motivo, ma non era l’unica cosa strana. I suoi capelli sembravano più chiari del solito e le ciocche davanti erano raccolte in due codini. Gli abiti che aveva indosso erano diventati gotici: portava un vestito corto nero con le spalline sottili e un paio di stivaletti dello stesso colore.

Ma il particolare più inquietante erano gli occhi. Il consueto verde era scomparso, per lasciare spazio a un rosso sangue che pareva squarciare l’anima. Emettevano un bagliore che coprì ogni altra cosa, le case, la scuola, gli alberi, Chris.

Urlai, accecata da quella luce soffocante, sempre più intensa, finché tutto scomparve.
 

“Non dicevi che eri disposto a rischiare la vita pur di arrestare Kira?”.

Il grido litigioso di Aizawa mi riportò bruscamente alla stanza d’albergo in cui si trovava il mio corpo. Per quelli che realizzai, dovevano essere stati una manciata di secondi, la mia mente aveva vagato da tutt’altra parte.

Fu anche per questo che praticamente mi prese un colpo quando mi accorsi che Aizawa stava strattonando da dietro la maglia bianca di Ryuzaki. Ora se le danno sul serio, pensai agitata. Cosa mi ero persa?  

“Sì è esattamente quello che ho detto” concesse il detective, strabiliandomi ancora una volta per il suo atteggiamento distaccato “Ma arrestare un criminale come Kira non significa farsi uccidere da incosciente”. Wow, questa era pesante.

Infatti, l’agente, dopo essere diventato paonazzo,  urlò “Che cosa hai detto?!?* ”.

Compresi che la situazione stava per degenerare e sinceramente di emozioni forti ne avevo avute abbastanza nel corso della giornata.

“FATELA FINITA VOI DUE!!!” strepitai dunque a pieni polmoni, balzando in piedi. Quattro paia di occhi, più uno nascosto da una  massa di spettinati capelli neri, si fissarono sulla sottoscritta. Potevo star certa che ora  la mia presenza non passava più inosservata. “ Sembra di essere all’asilo nido” rincarai la dose, in tono un po’ meno assordante “ Ma vi sentite? Credete che sia forse d’aiuto rimbeccarvi come due galline bisbetiche? Nessuno di noi è contento della fine che ha fatto Ukita, però lui era un poliziotto e ha agito come riteneva fosse meglio per proteggere il suo Paese. Ora, il meglio che VOI potete fare, è darvi una mossa a risolvere questo casino. Quindi, cercate di tranquillizzarvi e di lavorare insieme senza scannarvi, per piacere”.

Con mio sollievo, le mani di Ryuzaki smisero di tremare. Qualcosa di buono lo avevo fatto.

Tuttavia, Aizawa non pareva aver gradito molto il mio intervento, perciò mi affrettai ad aggiungere “Adesso, me ne vado in cucina, a prepararmi un bel tè bollente e non vi romperò più le scatole. Però, se vi sento di nuovo bisticciare, giuro che torno qui con il contenuto di tutti gli scaffali e faccio un macello”. Sul volto del detective si dipinse qualcosa di simile a un minuscolo sorrisetto. Evidentemente si ricordava di che tipo di “macello” parlassi. E di quanto fossi brava a lanciare gli oggetti.

Sorrisi anche io, mentre uscivo dalla stanza con la massima teatralità possibile.

Avevo esagerato, lo sapevo. Ma quando è troppo, è troppo. Non ero riuscita a tollerare tutta quella tensione auto lesiva, con la confusione lasciata dall’esperienza che avevo appena vissuto, ancora così fresca.

In realtà, ero indecisa se sentirmi felice perché ero riuscita a recuperare una parte del mio vissuto dall’oblio o molto spaventata per la maniera in cui quegli eventi erano tornati alla memoria. 

Poi, naturalmente, c’era il piccolo, ma non meno agghiacciante elemento costituito dalla ragazza con gli occhi rossi. Qual era il suo significato? Mi sembrava un po’ troppo inverosimile che facesse parte del ricordo.

“Eppure ha qualcosa di familiare” riflettei ad alta voce, intenta a sorseggiare la calda bevanda all’aroma di pesca che avevo preparato “Dov’è che l’ho già vista?”. Cercai di rivisualizzarla. La pelle chiara in netto contrasto con l’abito nero, i lineamenti dolci, i capelli biondi e lunghi …

“Ci sono!” esclamai d’un tratto vittoriosa, correndo a tutta velocità verso la mia stanza. Una volta là, puntai direttamente al primo cassetto del comodino accanto al letto e iniziai a frugarci dentro con foga. Niente. Scandagliai allora il secondo cassetto, ma senza risultati utili. Solo libri, soldi, gioielli e cianfrusaglie varie. Tipico segno del mio modo di mettere in ordine.

Sbuffai, mentre mi aggiravo per la camera con l’intenzione di rivoltarla come un calzino. Quella cosa doveva saltare fuori. Ne dipendeva la mia sanità mentale. Se ancora ne possedevo una, ovvio.

Dopo svariati minuti di estenuante ricerca, il mio cellulare si mise a squillare.

“Che diavolo c’è adesso?” inveii nella cornetta contro chiunque avesse avuto la pessima idea di volermi comunicare qualcosa, in quel momento.  

“Stai bene?” ribatté la voce preoccupata di Kate, come se non mi avesse sentita.

“Certo che sì” risposi esasperata, levando lo sguardo al soffitto “Perché non dovrei?”.

“Mmmh, vediamo un po’. Forse perché un furgone ha appena fatto irruzione dentro alla sede della Sakura TV e non sarebbe poi così strano se il tuo amico investigatore, che sta appunto indagando su Kira, fosse stato alla guida? E magari ti avesse anche caricata sul sedile anteriore, tanto per non perderti di vista nemmeno quando fa l’eroe?” il suo tono, un crescendo di sarcasmo e ira, mi fece tornare del tutto al presente.

“Che vorresti dire? In che senso ha fatto irruzione?” domandai, sporgendomi dal vano della porta sull’inesistente corridoio che dava sul soggiorno. Notai che solo uno schermo era ancora in funzione nella stanza e nessuno, a parte Ryuzaki, gli stava prestando una particolare attenzione.  

“Nel senso che qualcuno ha guidato un veicolo all’interno dell’edificio. Vuoi farmi credere che non solo non sei là, ma non hai neanche seguito il notiziario?” replicò mia sorella, stupita e sollevata allo stesso tempo.

“Sì. Cioè, no… Quello che voglio dire, insomma, è che no, non sono là e sì, ho visto il servizio su Sakura TV. Fino a un certo punto, almeno. Ora, grazie per l’interessamento, ma credo che il famoso eroe di cui parlavi sia qui. Ci sentiamo” e chiusi la conversazione.

Watari stava aiutando il signor Yagami, che aveva avuto un infarto di recente, a reggersi in piedi, mentre consegnava al detective quelli che mi parve di capire fossero i nastri  contenenti il discorso di Kira, andato in onda su quell’agghiacciante sfondo bianco. Per colpa dei miei viaggi mentali me ne ero persa la maggior parte, dunque, se non volevo fare la figura dell’ignorante della situazione, avrei dovuto reperirlo su Internet.

“Selena, vorresti aiutarmi a preparare qualcosa di caldo per il signor Yagami?” chiamò Watari, dalla cucina, riscuotendomi dai miei pensieri.


“Arrivo subito” risposi e, nell’istante che mi ci volle per raggiungere il piccolo ambiente, avrei potuto giurare che Ryuzaki mi stesse fissando con sguardo sospettoso.
 
 








L’angolo dell’autrice
D’accordo, sarò anche in ritardo ad aggiornare, ma giuro che mi sono davvero impegnataJ

Ho adorato questa puntata dell’anime, ed è per questo che ho voluto riprenderla e darle lo spazio di un intero capitolo. Spero che lo svolgimento dei fatti sia chiaro anche per chi non l’ha mai vista.


Mi piacerebbe molto avere il vostro parere perché ci tengo parecchioJ

Come avete visto, sono tornata sui binari di Death Note e nello stesso tempo sto facendo sperimentare a  Selena  sempre di più il suo “dono”. In più sto facendo avvicinare lei e Ryuzaki.
In pratica ho messo in tavola una bella macedonia di cose! Spero di non aver esagerato perché mi sono davvero divertita a scrivere questa parte della storia. Da qui in poi, come ho preannunciato, arriva il bello.


Non aggiungo altro, a parte i ringraziamenti a tutti coloro che mi seguono. Il vostro supporto è molto importante per me.

Un abbraccio, lelle31

  
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