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Autore: emome    28/06/2012    1 recensioni
Isabella,17 anni va a vivere con la zia in una piccola cittadina degli Stati Uniti. Genitori morti e fratello scomparso.Pensava che sarebbe sprofondata ancora di più nella depressione e nella monotonia ma a scuola nota qualcosa che non và e la cronaca del posto mette i brividi.Conoscerà Alexander, bello e misterioso, ma sarà stata fortunata o sfortunata a conoscerlo?.
"Mi sembrava di essere finita in un film dell'orrore, con l'unico dettaglio che era tutto rale. Lui era reale".
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                            Capitolo

                                                                22

 

 

 

 

 

Il padre di Alexander era un uomo che dimostrava circa trent’anni, aveva gli stessi capelli scuri del figlio, gli stessi lineamenti ma con gli occhi completamente neri.

Era dritto come il manico di una scopa e con l’espressione gelida e impassibile, che non lasciava trasparire nulla ma non sembrava che fosse felice di rivedere il figlio.

Alexander continuò a stringere la mia mano, per il timore che mi potessero portare via da un momento all’altro. “Non solo sei tornato qui dopo che io ti ho bandito, ma hai anche portato una mortale “ lo rimproverò con sguardo severo degnandomi di una breve occhiata. Tutti gli altri sembravano paralizzati dalla scena. Alexander continuava a non rispondere e avevo l’impressione che questo avrebbe fatto ancora più infuriare il padre. “Hai rubato qualcosa, vero?” gli domandò avvicinandosi a noi di qualche passo, con fare intimidatorio ma io, anche se inutile e infantile, continuai a fissarlo come faceva Alexander quasi con aria di sfida. “Certo che no, ero venuto solo a riprendermi qualche mobile della mia vecchia camera, tanto non penso che ti interessino” gli rispose con tono che sottendeva scherno che non sfuggì a suo padre, “continua a fare lo smargiasso nella tua situazione “ rispose con un sorrisetto  che sembrava godesse della paura che celava Alexander in realtà, perché ero sicura ( e in base anche a quello che mi aveva accennato una volta sola) che il padre non aveva metodi educativi “gentili”. Fece un cenno con la mano alle guardie dietro di lui che fecero un passo verso di noi in modo intimidatorio. “Dimmi che cosa sei venuto a fare o dirò alle mie guardie di prenderla “ sibilò ad Alexander riferendosi a me.

“Ho preso  l’infuso  per l’assenza di fame che serve ad un mezzo demone che non sa controllarsi, me ne stavo giusto andando. Avrei voluto non vederti mai più. “ parlò in fretta Alexander . Il padre non sembrò particolarmente colpito neanche da quell’ultima frase come lo sarebbe stato un normale genitore ma, dimenticavo che mi trovavo negli inferi. “Andiamo a parlare nel mio studio” disse dopo un po’, sempre con lo stesso tono di voce riferendosi a me e Alexander.

Lo seguimmo per un corridoio pieno di quadri con la cornice d’oro e su per una scala fino ad un altro corridoio come quello precedente pieno di stanze chiuse, aprì la terza porta e ci invitò ad entrare. L’arredamento era questa volta del tardo ottocento e con delle tende scure ai grandi finestroni , come se ci fosse della luce da oscurare là sotto. L’ufficio era tanto buio che il proprietario dovette  accendere le luci.

Non si sedette dietro la scrivania di mogano come mi aspettavo ma rimase in piedi ad osservarci, “puoi lasciarle la mano, per ora nessuno la mangerà” gli dissi ad Alexander che solo allora lasciò la mia mano facendomi sedere su una delle due sedie davanti alla scrivania con lui dietro come un angelo custode. No, forse angelo non sarà mai la parola più adatta a lui. “pretendi di venire qua indisturbato dopo che ti ho esiliato, e per di più rubando ?” lo rimproverò di nuovo più alterato di prima ma Alexander non sembrò scomporsi “non volevo “mancarti di rispetto” ma mi serviva quell’infuso, e poi a te non serve proprio a niente. Stavo per andarmene quando hai voluto fare le tue solite uscite di scena spettacolari” vidi chiaramente nello sguardi del padre che Alexander stava forzando una porta che non doveva neppure toccare. “Qual è il problema? Me ne vado con una cosa che non ti serve e torna tutto come prima” continuò Alexander cercando di far andare le cose come previsto.

“Il problema  è che non puoi fare come ti pare” disse enfatico approfittando del fatto che Alexander si era momentaneamente allontanato da me per venirmi dietro le spalle e cominciando ad accarezzarmi il collo, sotto lo sguardo terrorizzato di Alexander.

Io rimasi pietrificata, non solo per la paura ma perché non sarebbe servito a  niente opporre resistenza e perché avrei solo peggiorato le cose. Appena Alexander fece per avvicinarsi , l’uomo  avvolse completamente la mano attorno al mio collo.

Mi concentrai con tutta me stessa per reprimere il fortissimo impulso di togliere quella mano che sembrava mi stesse bruciando nonostante non stesse neanche stringendo. “Lasciala stare, tu odi me” disse il mio demone cercando di trattenere la paura per me nella sua voce.

“Fammi capire, te la porti dietro in caso ti venga fame ?” gli chiese ghignando, senza lasciare il mio collo. “No, la amo” rispose e sapevo che se suo padre non mi avesse tenuto in pugno lo avrebbe mandato a quel paese. Il padre scoppiò in una risata di scherno lasciando finalmente il mio collo che mi sembrò respirasse dopo anni.

“Amore? Noi non sappiamo che cos’è l’amore” finì quasi ringhiando contro il figlio che continuava a fissarlo con l’evidente impulso di saltargli al collo per strangolarlo.

“Io si, ma dopo tutto cosa ti importa di quello che succede nella mia vita? Ti è sempre solo importato che svolgessi il tuo stesso lavoro, è per quello che mi hai esiliato e, credimi, non vedo l’ora di ritornare in superficie” gli sputò con rabbia, avvertii la tensione fra loro due nell’aria. Provai compassione per quel demone che non aveva mai avuto nessun vero genitore. Mi sentii mancare l’aria, che tornò dopo pochi secondi ma dovevamo andarcene di lì altrimenti io sarei morta e Alexander sarebbe stato risucchiato di nuovo in tutto quel caos di male distruggendo l’unica bontà che aveva dimostrato con me. Mi accorsi che mi ero persa qualche pezzo del discorso quando non li vidi più trattenersi dallo uccidersi a vicenda e parlare normalmente.

“Scusate, che mi sono persa ?” si voltarono entrambi come se si fossero accorti di me solo allora. “Ve ne potete andare , ma in cambio mi serve una cosa” mi spiegò suo padre in tono più gentile, “ ma devi darmi un po’ del tuo sangue”.

 

   
 
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