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Autore: Cathy Earnshaw    28/06/2012    2 recensioni
Una ragazza e un regno da liberare, una compagnia di ricercati e un monile dotato di vita propria. Un equilibrio sottile da conservare. "Non si sfugge al proprio destino".
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo un bagno caldo e un breve sonno ristoratore, Ariel si sentiva di nuovo umana. Mentre aspettava Angelica davanti alla porta della sua camera si guardò allo specchio appeso alla parete del corridoio: l’abito color avorio le cadeva fino ai piedi ed era bellissimo, con le maniche larghe e lo scollo ampio, ma non volgare; una domestica le aveva acconciato i capelli in un sobrio ma elegante chignon; una tiara sottile le cingeva il capo, illuminandola della luce blu degli zaffiri di cui era tempestata. La Galassia le pendeva brillante dal collo sottile, così come l’aveva legata Isaac. Sospirò. Possibile che Angelica fosse sempre in ritardo?
- Dai, Angie, sono sicura che tu sia perfetta anche così, dobbiamo andare!- brontolò da dietro la porta.
Tuttavia dovette attendere ancora qualche minuto prima che la sua amica si decidesse ad uscire. Ariel sorrise.
- Te lo dicevo che sei perfetta-
Angelica si guardò a sua volta nello specchio con aria critica, lisciandosi i lunghissimi capelli castani. Il ciuffo che per abitudine teneva sugli occhi era stato scostato con una molletta di perle, lasciandole scoperto il viso tondo e i grandi occhi scuri. Fissò torva l’immagine riflessa.
- Il colore di questo vestito non mi piace- disse.
- Bugiarda, il verde acqua è il tuo colore preferito!-
Angelica ghignò.
- Non sono abituata a questo sfarzo…sono figlia di gente umile, io-
Di fronte all’insolito imbarazzo dell’amica, Ariel la abbracciò. Sapeva benissimo che lo sfarzo non aveva nulla a che fare con il suo nervosismo, l’unica causa era il povero Eric, che aveva l’unica colpa di piacerle. Ma decise di non infierire.
- Non preoccuparti, ho già visto Axel, ed è talmente bello che, se ci terremo vicine a lui, non ci noterà nessuno!-
 
Nonostante il terrore iniziale, la cerimonia dell’incoronazione si rivelò un successo. Il popolo accolse con calore il nuovo Re e la Principessa, sua sorella. Furono tributati onori ai Ribelli, e nominati cavalieri Isaac, Neil, Richard ed Eric. Fu una serata piacevole, scandita da danze, ottimi cibi e un’allegra compagnia. Re Axel riuscì per qualche ora a deporre l’amarezza e si impegnò a dispensare benedizioni e saluti. Non che avesse bisogno di applicarsi per essere benvoluto: l’eredità degli anni di buon governo di James era ricaduta in pieno sulle sue spalle, enfatizzata dalle sofferenze inflitte da diciotto anni di tirannide. Ma quando le luci calarono sulla grande Sala del Trono e il nuovo Re ripose la Corona nel suo scrigno, le ombre tornarono ad oscurare i suoi begli occhi di miele.
- Cos’è che ti turba, Ax?- domandò Ariel quando suo fratello la accompagnò alla sua camera da letto.
Axel sorrise mesto.
- Troppe cose, oggi. Credo che questa sia stata la giornata più lunga della mia vita…-
Ariel rise.
- Isaac mi ha evitato tutta sera- aggiunse il Re.
La Principessa sospirò inquieta, intuendo che quello era il vero tarlo che rodeva suo fratello. E, in verità, rodeva anche lei, dato che aveva ricevuto lo stesso trattamento da parte del medico…
- L’ho notato- disse. – Ti direi che forse ha bisogno di stare da solo per riordinare le idee, o che deve metabolizzare gli ultimi eventi, o lo shock di aver cercato di cacciar via la Principessa…- sorrise tra sé – ma se vuoi il mio parere sincero, credo ti stia evitando perché sapeva la verità-
Axel spalancò gli occhi.
- Dici davvero?-
Ariel annuì.
- È tutto il giorno che ci penso. Lui l’ha sempre sospettato, dal primo momento. Ricordo la sua espressione la prima volta che ha visto il mio viso…non so se e quando ne abbia avuto conferma, ma ti evita perché teme la tua reazione-
Axel chinò il capo.
- Beh, mi hai dato molto materiale su cui riflettere, Ari…buonanotte-
Le lasciò un bacio sulla fronte e si allontanò con le spalle basse lungo il corridoio.
Dopo essersi spogliata e lavata, Ariel si buttò sul letto di piume, ben sapendo che non sarebbe stato semplice prendere sonno. Troppi pensieri le affollavano la mente. Zia Rose la Custode…incredibile! L’immagine di quella lettera abbandonata nel cassetto della scrivania le danzò davanti agli occhi: parlava di un compito difficile e di Mary, parlava di una bella terra verde che le aveva rubato il cuore, parlava di Cecile, la donna che aveva cresciuto Axel. Come aveva saputo convivere con un simile segreto per diciotto lunghi anni, proprio non lo sapeva. E Valerie? Perché non le aveva mai detto la verità? Perché non le aveva mai detto che non era la sua vera madre?
Tutte quelle rivelazioni avrebbero razionalmente dovuto destabilizzarla, terrorizzarla, ma assurdamente non era così. Anzi, ogni ricordo che trovava senso e collocazione le dava una nuova sicurezza. Quel senso di estraneità e di alienazione che da sempre la accompagnava e che tanto impensieriva Valerie e Carrie trovava finalmente una giustificazione: la Terra non era il suo mondo. Finalmente aveva la certezza di non essere pazza. Sospirò. Nonostante la stanchezza non riusciva a cedere al dolce sonno. Senza saperlo, nelle settimane passate con i Ribelli, a vivere una guerra che sentiva non appartenerle, aveva riavvolto il nastro della sua vita. Dal momento in cui aveva estratto quel ciondolo dal baule di Rose era partito un conto alla rovescia che, inarrestabile, le aveva reso la verità. La Galassia aveva conservato per lei, durante tutto quel tempo, la Clessidra dimenticata dei suoi ricordi perduti, e quando si era ricongiunta alla Custode l’aveva capovolta. La Clessidra, un po’ alla volta, aveva lasciato scivolare giù i suoi granelli di polvere, restituendo ad Ariel quanto di più prezioso le era stato sottratto. Folgorata da un lampo di genio, la ragazza scivolò fuori dal letto e afferrò la bisaccia che aveva abbandonato, senza riguardi, sul pavimento accanto alla spada. Ne estrasse trepidante il libricino che aveva sottratto dalle segrete quella che le sembrava una vita prima, e lo sfogliò con delicatezza. Nell’ultima pagina era tracciato un diagramma complicato, un susseguirsi di nomi di Re e delle loro Regine. In fondo, spiccavano i nomi di James e di Mary, da cui dipartivano due caselle, nelle quali una calligrafia precisa e pulita aveva aggiunto Axel ed Ariel. La Principessa si strinse il libro al petto.
- Così questo è il mio vero nome…- mormorò tra sé.
“La vecchia Custode amava troppo tua madre per permettere che ti fosse dato un nome diverso” tintinnò la Galassia.
Tornando a stendersi, Ariel lasciò vagare la mente sull’immagine dei suoi veri genitori, sulle loro voci. Ripensò ad Isaac, che aveva evitato Axel per tutto il giorno, e ricordò che non era presente nemmeno quando era rinvenuta dopo il suo piccolo viaggio nel passato, quella mattina. Ripensò al ragazzino cui Mary aveva affidato i suoi figli. Ripensò a ciò che lei stessa, solo pochi minuti prima, aveva detto a suo fratello, senza però aver afferrato davvero tutto quello che implicava…
L’improvvisa piena consapevolezza che Isaac fosse a  conoscenza da chissà quanto tempo della sua vera identità la sconvolse. Non tanto perché aveva mentito a lei, ad Axel e a tutti loro, e questo le aveva probabilmente salvato la vita, ma perché era stato capace di portare un simile peso da solo, senza tradirsi, senza vacillare. E si rese conto che la rabbia che avrebbe razionalmente dovuto provare per essere stata ingannata, era inibita da una fortissima ammirazione. Per la sua forza, per il suo coraggio, per la sua fedeltà. Per quell’uomo che aveva reso possibile la ribellione. Isaac, che le si era sempre dimostrato tanto ostile, e che pure l’aveva protetta tante volte. Che faceva di tutto per inasprire i suoi difetti, ma che spiccava inevitabilmente per le sue virtù. Che era così rude, ma spesso anche così cavaliere da non saper reprimere le buone maniere. Che si abbruttiva in tutti i modi possibili ma restava comunque tremendamente affascinante. Ariel arrossì violentemente. Non si era resa conto che i suoi occhi di ossidiana le fossero diventati tanto cari, tanto indispensabili. Come era successo? Quand’è che l’uomo che le tarpava le ali con il suo pessimismo era diventato così vitale per il suo equilibrio? Il cuore le rimbombava nelle tempie. Come aveva potuto commettere un errore simile? Lasciarsi affascinare da un uomo tanto inavvicinabile…perché non se ne era avvista subito, quando era ancora in tempo ad evitare l’inevitabile? Era troppo presa dalla loro piccola diatriba per prestare attenzione ai suoi sentimenti, forse. L’improvvisa coscienza di dovergli chiedere delle spiegazioni su quanto le era stato taciuto la gettò nel panico: parlare con Isaac non le era mai stato facile, avevano più che altro condiviso silenzi, a volte ostili, a volte…sì, a volte carichi di una tensione positiva che fino a quel momento non aveva notato. La Galassia vibrò, percependo l’agitazione della Custode. Ariel inspirò ed espirò lentamente, prendendosi la testa tra le mani. In un modo o nell’altro doveva chiedere ad Isaac spiegazioni, anche se questo poteva allontanarlo da lei per sempre.
 
La mattina dopo, Ariel prese il coraggio a quattro mani e si presentò alla porta della stanza del medico. Esitò, poi bussò con la mano tremante. La porta si scostò di pochi centimetri a rivelare un occhio scuro. Poi si aprì. Sull’uscio comparve Isaac come la ragazza non l’aveva mai visto. I vestiti puliti e i capelli pettinati contrastavano con il pallore spettrale che l’incarnato olivastro accentuava. Ariel deglutì davanti al naso perfettamente diritto, alle labbra sottili e ai lineamenti aristocratici. Lottò per non arrossire. Ebbe la sensazione che quella fosse la prima volta che lo guardava davvero.
- Posso parlarti?- esordì infine con un tono di voce basso ma deciso, pregando che non risultasse ostile.
Isaac la guardò dall’alto al basso, e per un attimo il suo sguardo tradì una sofferenza antica.
- Facciamo due passi- disse poi, permettendo ad Ariel di espirare.
Uscirono in silenzio dal Palazzo e dalle mura del cortile e scesero lungo il fianco dolce della collina che declinava verso il mare. Ariel non ebbe il coraggio di aprire bocca fino a quando non fu Isaac a rompere il silenzio.
- Ti stavo aspettando- disse.
- Perché?- domandò sorpresa la ragazza.
- Perché hai tutto il diritto di chiedermi spiegazioni- rispose.
- Ma tu hai tutto il diritto di non darmene-
Ariel alzò gli occhi su di lui. Per qualche secondo, Isaac sostenne il suo sguardo, poi cedette.
- Sediamoci là- capitolò, indicando una roccia piatta che poteva fungere da panchina.
Dopo essersi seduta, la ragazza si sistemò la veste elegante con deliberata lentezza. Sapeva che il medico si trovava in una situazione molto poco piacevole, e questo la imbarazzava in modo tremendo. Deglutì.
- Mi detesti, Isaac. Dal primo momento in cui mi hai vista. Posso chiederti che cosa ho mai fatto per meritare una simile diffidenza?-
Si rese conto con una fitta di panico che, per la prima volta nella sua vita, non era riuscita a fingere distacco. La sua voce si era spezzata sull’ultima parola, tradendola irrimediabilmente.
- Tu non sai di che cosa stai parlando- rispose cupo Isaac.
- Aiutami a capire, allora. Tu eri l’unico a sapere la verità. Perché non ne hai parlato ad Axel?-
- Non ero certo che fossi proprio tu, non volevo dargli false speranze-
- Non prendermi in giro! Mi hai mai guardata, Isaac?! Sono uguale a mia madre!- la sua voce salì di un’ottava mentre sentiva crescere la frustrazione.
Isaac sospirò. Improvvisamente sembrò molto più vecchio di quanto non fosse veramente.
- Rose ti aveva portata via con sé, e la Galassia era scomparsa con lei. Non avevo modo di rintracciarla, ed io ero l’unico a sapere a chi Mary ti avesse affidata. Tutti hanno creduto che tu fossi morta, e per te era più sicuro che continuassero a crederlo-
Dopo una lunga pausa durante la quale lasciò vagare lo sguardo malinconico sulla distesa d’acqua, aggiunse:
- Erano passati diciotto anni, Ariel! Come potevo accontentarmi di una somiglianza fisica?- e continuò – e non ti ho mai detestata-
Ariel gli lanciò uno sguardo sbieco, per scoprire che la stava fissando con un misto di apprensione e di qualcosa di molto simile all’affetto. Abbassò gli occhi su un fiore ai suoi piedi, lo colse e se lo rigirò tra le dita.
- Il tuo comportamento smentisce le tue parole-
- Pensa quello che vuoi-
La ragazza alzò il viso alla fresca brezza che portava dalla città il profumo del pane appena sfornato.
- Quand’è che l’hai capito?- domandò.
Isaac la guardò di sottecchi.
- Ricordi quando siamo passati per le rovine dell’Abbazia? Hai cantato una canzone e hai detto di non ricordare dove l’avessi imparata…beh, io lo so-
- Davvero?!- esclamò Ariel abbandonando il fiore.
- Lei ve la cantava sempre…la Regina-
Sul viso spigoloso si dipinse un sorriso nostalgico.
- È stato in quel momento- mormorò.
Ariel lo guardò in silenzio per qualche minuto, turbata. Poi, con voce fioca, domandò:
- Com’era lei?-
Gli occhi di ossidiana si velarono di lacrime trattenute.
- Lei era un angelo. Era buona, gentile e giusta. La sua voce era musica. E i suoi occhi…erano del colore del cielo appena spruzzato di nuvole. Ma questo lo sai, li vedi ogni volta che ti guardi allo specchio-
Ariel sorrise ed Isaac distolse lo sguardo.
- Perché volevi che me ne andassi?-
- Mary voleva che tu fossi al sicuro, e qui non lo saresti stata- rispose secco.
- Ma mio fratello aveva bisogno di me-
- Si. Ma se tu avessi ignorato la tua vera identità non ti saresti cacciata nei guai. Almeno così credevo, ma è evidente che sbagliavo. Tua madre aveva messo la vostra vita nelle mie mani, e tu hai rischiato di perderla troppe volte…ho tradito la sua fiducia-
- No, Isaac, non l’hai fatto! Lei desiderava che io fossi consigliera di Axel, ed è esattamente quello che tu mi hai permesso di diventare!-
Isaac gemette e si coprì il viso con le mani, la testa china, come se il peso di quei diciotto anni gli fosse improvvisamente crollato sulle spalle. Ariel scivolò in ginocchio davanti a lui e, con delicatezza, gli scostò le mani dal viso. Gli occhi neri si spalancarono in una genuina espressione di stupore. La Principessa sorrise.
- Non devi rimproverarti nulla. Mi hai difesa dall’inizio alla fine, ho perso il conto di quante volte mi hai salvato la vita. Io ti sono debitrice…- sospirò – Ti prego, Isaac, non riesco a vederti così…-
- Una Principessa non dovrebbe stare per terra-
- Temo di avere qualche lezione da recuperare-
Isaac sorrise.
- Dimmi la verità: perché volevi che me ne andassi?-
Il sorriso sbiadì.
- All’inizio ero convinto che tu fossi solo una ragazzina presuntuosa, che non dava peso al pericolo. Poi ho capito che ti avevo valutata male, ma oramai era tardi…se fossi riuscito a rimandarti subito da dove eri venuta mi sarei risparmiato una buona dose di illusioni e false speranze-
- Non si scappa dal proprio destino, Isaac- sussurrò la ragazza, senza afferrare il significato di quelle parole.
- Esatto. E il mio destino è sempre stato questo: un tempo, fui il più devoto dei sudditi a Mary, oggi sono il più devoto degli uomini a sua figlia…-
Ariel abbassò lo sguardo per nascondere il rossore, raggiunta come un dardo da quella frase velata di malinconia. Isaac continuò:
- Ma tu sei una Principessa, ed io…io…-
La Principessa gli sfiorò le labbra con un dito, e si interruppe. Gli prese le mani.
- Tu sei il mio angelo custode, Isaac. Io non posso fermarmi qui, non ancora. Ho un’altra famiglia, un’altra madre. Un’altra vita cui non posso e non voglio rinunciare. Ma…- gli sollevò il viso con delicatezza perché la guardasse negli occhi – ma voi siete una parte di me troppo importante. E la Galassia mi porterà qui ogni volta che mi sarà possibile.- e continuò – Io questa sera me ne andrò, ma voglio lasciarti un dono: - la Galassia proruppe in un fascio di luce che colpì Isaac al cuore – esprimi un desiderio. Ti prometto che si avvererà-
Così dicendo Ariel si alzò e costrinse Isaac a fare altrettanto. Per un attimo si concesse di annegare nel buio di quegli occhi incandescenti, mentre il medico la attirava a sé, suggellando quella promessa con un bacio.
 
- Ma devi proprio andare?-
Ariel guardò con affetto Axel, che teneva gli occhi bassi. Si voltò e lasciò scivolare lo sguardo sul profilo irregolare di Glauce. Dalla finestra dell’immensa biblioteca, vanto della Regina Mary, la vista era spettacolare.
- Tornerò presto, promesso- disse.
- Mi sembra ancora impossibile…siamo proprio sicuri che non sia un sogno?- sussurrò Axel.
Ariel ridacchiò.
- Perché dici questo?-
Axel sospirò.
- Ti ho sempre creduta morta…-
Ariel abbassò lo sguardo.
- Io non sapevo nemmeno che tu esistessi…tu almeno hai potuto fare un po’ di pratica con Isaac, io credo di essere un disastro come sorella-
Axel sorrise.
- Non hai un’amica con la quale non ci sono segreti?-
Ariel esitò.
- Ce l’avevo. Ma lei ora abita lontano, e la sto perdendo…-
- Più lontano di noi due?-
Ariel lo guardò. I suoi occhi di miele erano lucidi. Non avevano mai davvero smesso di esserlo dalla morte di Daphne.
- Ma come posso dirle tutto questo? Come posso raccontarle di te, e di Glauce, e della Galassia, senza sembrare pazza?-
Axel non rispose. Quella volta nemmeno lui aveva una soluzione. Dopo un lungo silenzio, sussurrò:
- Perché Isaac non mi ha detto la verità, quando ha scoperto chi sei?-
Era evidente che quella domanda gli aveva perseguitato il cuore e la mente da quando la verità era emersa. Ariel gli posò una mano sulla spalla.
- Isaac è un amico fedele. Ha fatto quello che ha ritenuto meglio per noi. E questa omissione ha gravato a lungo sul suo cuore. Ma prova a pensare: se ci avesse messi a parte della sua scoperta, anche Gunnar l’avrebbe saputa, e allora…-
- …saresti morta- concluse Axel.
- Esatto-
- È successo qualcosa, tra voi, vero?-
Ariel sgranò gli occhi.
- Perché?-
- È la prima volta che parli di lui con una simile empatia-
Ariel arrossì. Suo fratello le cinse le spalle con un braccio.
- Sono contento, Ari. Sarò geloso fino alla morte della mia sorellina, ma…per una persona come Isaac credo che sarà più facile sopportarlo-
Sorridendo, Axel si allontanò per lasciarle lo spazio necessario. Aveva deciso che se ne sarebbe andata senza salutare nessuno ad di fuori di suo fratello, non avrebbe retto l’emozione. Angelica avrebbe fatto del suo meglio per trattenerla, Isaac si sarebbe limitato a guardarla con la pece bollente dei suoi occhi in tumulto. Così era molto più semplice. E, dopotutto, non le offriva forse un ottimo pretesto per tornare il prima possibile? Regalò un sorriso abbagliante a suo fratello e chiuse gli occhi.
“Sono pronta”
“Allora andiamo, Custode”
Solo un secondo, prima di sbattere le palpebre, di nuovo, nell’oscurità di una stanza piena di spifferi gelati.




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Scusate il panegirico di Isaac, lo sapete, è dall'inizio che mi trattengo XD Domani ultimo appuntamento..sob sob mi mancherete :'(
   
 
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