La mia prima fan fiction originale, spero di essere in grado di scriverle °°. E' nata come one shot ma se mai avrò l'ispirazione per il continuo non è detto che non la aggiorni...vedremo ^_^!
{ . Unknown Love . }
L'aria, quel giorno, mi sembrava più fredda del solito. Avevo deciso di
uscire a fare una passeggiata quando mi resi conto che non avevo nessun impegno
e alla tv non davano niente di interessante, come sempre, del resto. Non avevo
voglia di stare fermo a far niente, e senza pensarci due volte afferrai subito
il sottile cappotto che tenevo vicino alla porta, cercando di non cambiare idea.
Misi una mano in tasca, alla ricerca del mio mazzo di chiavi, e rassicurandomi
al tocco del metallo gelido aprii la porta e uscii. Avevo cominciato a camminare
senza una meta precisa, godendomi il vento che mi sentivo sul viso, e guardando
senza troppo interesse le facce che mi capitava di incontrare, facce che vedevo
spesso praticamente da sempre, ma che non erano mai riuscite a diventare più di
quello. Facce conosciute e sconosciute allo stesso tempo. Senza neanche
accorgermene ero arrivato fino a quel giardinetto dimenticato anche dai cani, un
piccolo giardino che aveva piantati in mezzo solo una vecchia altalena e una
fontanina che ormai non funzionava più da anni. Nonostante l'aspetto più che
miserabile, mi piaceva quel posto, mi era sempre piaciuto. Mi ricordavo quando,
anni prima, era ancora possibile incontrarci qualche famiglia fornita di
passeggino o ragazzini stupidi che si incontravano per dare fastidio agli
uccellini che si avvicinavano alla fontana speranzosi di bere acqua fresca, ma
adesso era cambiato. La fontanina aveva smesso di funzionare, facendo scomparire
anche i pochi uccellini, l'altalena non era più sicurissima, la sola panchina
che c'era si era rotta, e anche l'erba non sembrava più essere verde. Era strano
anche per me, ma mi rendevo conto che mi piaceva di più con quest'aria
abbandonata. Mi piaceva soprattutto perchè non ci andava quasi mai nessuno e
potevo starmene in pace con i miei pensieri, dovendomi preoccupare solo
dell'aria gelida che mi scompigliava i capelli. Chiedendomi il motivo del
fallimento del parco, mi misi a sedere sull'altalena alla mia destra, che
era un po' più alta di quella appena accanto, e cominciai a dondolarmi
lentamente, senza staccare i piedi dal terreno polveroso.
Mi guardai intorno,
e non vidi altro che case da ristrutturare o piccoli alberi appassiti dal
freddo, che giacevano ancora qua e là nel campetto. Qualche persona passava
nella strada accanto, qualche donna con le borse della spesa, qualche bambino in
bicicletta, ma nessuno si fermava, come se ormai quel posto non esistesse più.
Meglio così, mi ritrovai a pensare, se no potrei dovermi alzare da qui
se arrivano dei bambini. Odiavo dovermene andare forzatamente, quando stavo
così bene.
Mentre guardavo senza molto interesse le persone che
attraversavano la viuzza, una di loro catturò la mia attenzione, facendomi
perdere un battito. Era una ragazza in jeans e cappotto lungo, con l'aria
infreddolita, che sembrava avvicinarsi lentamente per entrare dentro al
giardinetto. Spostai il mio sguardo altrove, cercando di restare impassibile.
Lei non era una ragazza normale. O almeno non lo era per
me.
Lei era una ragazza straordinaria, che mesi prima aveva
stupidamente catturato il mio cuore, e non me l'aveva voluto più ridare
indietro. E io non ci avevo mai parlato.
Lei era bella. Lo era
davvero. O forse no, forse non era esattamente la bellezza che ti fa fermare
per strada e perdere l'uso della parola, ma io non riuscivo a non guardarla
senza sentire il mio cuore cominciare a battere più veloce, senza sentire il
dolore dentro perchè non faceva parte della mia vita, nonostante tutto.
L'
avevo vista la prima volta in quel bar in cui vado sempre, uscito dal lavoro. Mi
ricordo ancora il tempo terribile che c'era quel giorno, ed entrai al
Chocolat più per avere qualcosa sopra la testa che per mangiare un
boccone. E lei era lì, seduta ad un tavolino rotondo, cercando di bere un caffè
dall'aria bollente. Aveva i capelli mori spettinati dalla pioggia e un'enorme
sciarpa che le avvolgeva il collo e che le riprendeva il colore del naso,
arrossato dal freddo pungente. Fu quello che i romanzi rosa chiamano colpo di
fulmine. Io non ci avevo mai creduto, e come tutte le volte che non avevo
creduto in qualcosa la vita mi aveva dato una lezione per dimostrarmi che mi
sbagliavo.
Dopo quel giorno, continuai ad andare in quel bar tutti i giorni,
alla solita ora, rendendomi conto con felicità soffocata che lei c'era sempre.
Ma nonostante tutto, io non avevo mai neanche cercato di rivolgerle la parola.
Non ero il tipo di ragazzo che attacca facilmente bottone con una sconosciuta,
non lo ero mai stato e sapevo benissimo che non lo sarei stato mai. Certo, avevo
cercato di cambiarmi. Avevo cercato continuamente di uccidere il carattere che
era in me per farne nascere uno senza timidezza, senza timore, ma non ci ero mai
riuscito. Conoscerla era il mio desiderio più grande, ma sembravo non riuscire a
superare quel limite invisibile che si trovava dentro di me.
Ogni
tanto, mentre fingevo di gustarmi una bevanda o un dolce che avevo scelto a
caso, mi rendevo conto che lei mi aveva notato. Notato solo nel senso letterale
della parola, ma questo mi bastava. Vedevo il suo sguardo cadere su di me quasi
tutti i giorni, in un muto segno di riconoscimento, e qualche volta mi sembrava
quasi che ci fosse un accenno di sorriso sul suo volto. E intanto il mio cuore
impazziva.
Non parlai con nessuno di tutto questo, tranne che con la mia
migliore amica, l'unica persona che riusciva ancora a farmi ridere dopo tanti
anni. Con un sorriso sinceramente interessato, un giorno che mi aveva invitato a
casa sua, mi chiese che cosa mi piacesse di quella ragazza.
Restai in
silenzio per qualche secondo, prima di riuscire a rispondere alla sua domanda.
Poggiai sul tavolo la tazza di tè caldo che mi aveva preparato, rinunciando a
bere. Con lo sguardo quasi perso nel vuoto, le dissi che amavo praticamente
tutto di lei.
Amavo vederla soffiare sul suo caffè e lamentarsi
silenziosamente quando si accorgeva che era ancora troppo caldo, amavo il suo
modo di scuotere i capelli quando usciva dal bar, e amavo la sua risata,
che ero riuscito a sentire quando qualcuno la chiamava al cellulare.
Mi
piaceva anche per quello che mostrava di essere, per quel poco che potevo capire
di lei. A volte sorrideva da sola mentre girava lentamente il cucchiano nella
tazzina, e mi dava l'aria di essere così terribilmente dolce e fragile,
oppure faceva una risata col cameriere apparendo simpatica ai miei occhi.
Io
pensavo di amarla, perchè non avevo mai sentito niente di simile per nessuna, e
perchè non facevo che pensare a lei, la ragazza del Chocolat. E intanto
mi tormentavo per la mia stupidità, mi tormentavo perchè avevo bisogno di
parlarle, mi tormentavo perchè non riuscivo a vedere la fine di quella
situazione, e quando arrivavo a credere di aver capito cosa provassi per lei mi
sentivo ancora in dubbio, e tutto cominciava da capo.
Dolore. Dolore
puro. Era questo che provavo quando la vedevo uscire da quella porta, e
l'unica mia consolazione era il sapere che il giorno dopo l'avrei rivista
ancora. Ed era anche la mia infelicità.
Non l'avevo mai vista altrove, al di
fuori del bar, e mi stupii non poco quando la vidi camminare fin dentro al
giardino, e lo fui ancora di più quando la vidi avvicinarsi verso di me. In un
solo momento pensai di alzarmi ed andarmene, pensai di salutarla, poi di
ignorarla, ma alla fine quello che feci fu quello che mi aspettavo da me.
Completamente nulla.
La vidi mettersi a sedere sull'altalena accanto
alla mia, quella più bassa, senza una parola. Mi sentivo felice e nervoso,
stupito e impassibile.
Mi imposi di fare qualcosa. Una battuta, una parola,
qualsiasi cosa per far finire quel momento in cui mi sentivo assurdamente
confuso...ma nello stesso momento non avrei mai voluto muovermi di lì.
Lei cominciò a dondolarsi, facendo stridere le catene, ma si fermò quasi subito,
dandomi un motivo per guardarla. Poi si girò verso di me, con quel sorriso che
tanto amavo e tanto mi era sconosciuto, e disse:
- Io ti amo, lo sai? -
In
quel momento pensai che il mio tormento era finito.
Spero che vi sia piaciuta...°° Ci ho messo veramente me stessa, forse anche
troppo XD Vorrei dedicarla a chi è o è stato in questa situazione, cioè l'amore
verso uno sconosciuto, che a mio parere è qualcosa di terribilmente
doloroso...^^"
Spero in una recinsioncina, folks
**!