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Autore: Sophrosouneh    28/06/2012    1 recensioni
Storia partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91
[Sopra le devastazioni e l’odio svettava il suo vessillo.
Lo accompagnava in ogni campagna e osservava i nemici della sua fede cadere carbonizzati dall’odio di quel Generale.]
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Michael
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Think Angst - Stati d'animo'
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Autore: Ss904 (Sophrosouneh)
Fandom: Angel Sanctuary
Personaggi: Michael
Set: Stati d’animo
Prompt: Odio
Storia partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91




Il Vessillo della vittoria.


L’orecchino dondolava al passo con il furore dell’Angelo fulvo.
Anche quel giorno si disputava l’ennesima lotta al confine con il regno demoniaco, ed anche per quella volta, il Signore dell’esercito oscuro non si era deciso a scendere in campo al fianco dei suoi subordinati.
Aveva voglia di confrontarsi con lui.
Era l’unico avversario che Michael provasse il desiderio di sconfiggere.
Sotto la sua spada di fiamma perivano a centinaia: demoni, traditori, malcapitati, nessuno avrebbe potuto arrestare la furia del Generale dell’esercito del Cielo.
E quel giorno era particolarmente di cattivo umore. Aveva perso un paio dei suoi uomini più fidati, ed il fronte demico non accennava ad arretrare neppure di un centimetro, asserragliato dietro spesse difese.
I demoni resistevano strenuamente, perché così era stato loro ordinato da un comandante che mai avevano neppure visto in volto.

Si sentiva stanco, quasi sconfitto: sentimenti che mai avrebbe potuto identificare come propri.
Odiava il dover sottostare agli ordini di Sevoftarta, si sentiva emarginato e sottovalutato.
Ed era questa la cosa che più lo riempiva di rancore e ferocia, poiché mai nessuno aveva realmente creduto in lui, tutti lo avevano sempre ritenuto nettamente al inferiore ad ogni aspettativa.
I suoi compagni avevano imparato a temere la sua furia, Sevoftarta avrebbe presto imparato a sue spese quanto poteva costare scatenare la sua ira.
Desiderava ardentemente costringere quel misero consigliere a prostrarsi di fronte all’ineluttabile potenza del suo esercito.
Lui non era un cane a cui dare ordini e da cui pretendere un fido servizio; era lui a condurre i giochi, sul campo di battaglia non c’erano gradi che tenessero: era il suo nome quello temuto dai demoni, non quello di qualche altolocato funzionario.
Detestava il consigliere Bianco e i suoi metodi viscidi, forse anche più dei dannati che sterminava quotidianamente.
Ma loro rimanevano le uniche cavie su cui sfogare il proprio rancore, per questo non poteva fermarsi, doveva uccidere ancora.

Inconsapevolmente sfiorò il pendente dell’orecchino, imbrattandolo del sangue che gli si era depositato sulle mani.
Senza esitazione si gettò a capo fitto sulla barricata avversaria, spezzando le difese che, inutilmente, tentavano di arginare la sua furia omicida.

Sopra le devastazioni e l’odio svettava il suo vessillo.
Lo accompagnava in ogni campagna e osservava i nemici della sua fede cadere carbonizzati dall’odio di quel Generale.
Il muto crocifisso d’oro tintinnava, in onore alla vittoria.

  
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