§ Cap. XXII – The Gladiator §
Un fiume di
persone si riversò velocemente fuori dal portone della scuola i cui detriti
giacevano sparpagliati nel raggio di qualche metro. Per prima uscì una
divisione di Auror che si era schierata davanti ad Harry dinanzi all’entrata,
poi finalmente gli occupanti del castello, alla cui testa stavano Harry, Draco
ed Hermione, affiancati da alcuni professori e seguiti da tutti gli altri.
Presero a correre velocemente per il parco, calpestando l’erba fresca su cui
la rugiada si era tinta dei riflessi di sangue del cielo. Poi pian piano mentre
procedeva nella sua avanzata, il fiume di persone rigurgitato fuori dal
castello prese a disperdersi ed ognuno si ritrovò impegnato nel combattimento
più feroce che avesse mai affrontato nella sua vita.
Harry correva nel parco cercando il suo naturale nemico. Nessuno dei
Mangiamorte si avvicinava a lui, tutti si limitavano a guardarlo...
Voldemort era
stato molto chiaro a riguardo: "Potter è mio! Chiunque oserà lanciargli un
qualunque incantesimo di ritroverà morto prima ancora di avere finito di
pronunciarlo!" aveva sibilato all'ultima riunione dei
Mangiamorte prima di quella battaglia, durante la quale era stata decisa la strategia.
"Degli altri fate tutto ciò che volete, ma ricordate che Potter è solo
mio! Devo essere io ad ucciderlo" ripeté per essere sicuro che il suo
ordine fosse chiaro a tutti. Così come il fatto che avrebbe sicuramente vinto
lui quel duello.
Harry correva
fra i Mangiamorte che gli aprivano il passaggio verso l'Oscuro Signore senza
osare far nulla. E questo fece piacere ad Harry, che non desiderava altro che
scontrarsi con la sua nemesi senza ulteriori ostacoli.
Ad un certo
punto uno dei Mangiamorte, desideroso di farsi notare dal suo signore ma
evidentemente non molto sveglio, attaccò Harry a sorpresa: gli si parò davanti
puntandogli contro la sua bacchetta. Ma Voldemort non scagliava le sue minacce
a vuoto. Neanche il tempo di finire di pronunciare l'incantesimo, ed il
Mangiamorte fu raggiunto alla schiena da un fascio di luce verde. Si accasciò
all'istante a terra come un burattino a cui sono stati recisi i fili. Subito
nell'aria si levò un ruggito assordante.
"POTTER E' MIO! DOVETE LASCIARLO A ME! AVETE VISTO COSA SUCCEDE A CHI
DISUBBIDISCE AI MIEI ORDINI!".
Harry non si fece per nulla intimidire e ricominciò con passo deciso ad andare incontro al proprio destino.
Draco avanzava sicuro roteando le due spade che aveva in mano. Protetto dal suo
scudo si faceva largo tra le fila dei nemici.
Era ormai uscito alla luce del giorno, particolarmente cupa per via della nube
di sangue che aleggiava in cielo, quando un Mangiamorte lo attaccò lanciandogli
contro un potente Stupeficium. Il colpo fece lievemente indietreggiare Draco,
ma fu quasi del tutto assorbito dalla sfera, la cui superficie si increspò
leggermente.
L'uomo, avvolto
nel suo mantello nero, guardò Draco sorpreso dall'inefficacia del suo attacco.
"Spiacente
amico, ma oggi non è proprio il tuo giorno fortunato!" lo schernì il
ragazzo, con lo sguardo illuminato da una furia selvaggia mentre calava un
fendente sul suo avversario.
Il colpo fu parato, ed un'altra maledizione partì dalla bacchetta del
Mangiamorte infrangendosi di nuovo contro la barriera trasparente, lasciandolo
indebolito.
Draco vibrò un
potente colpo che sbilanciò completamente l'uomo facendolo cadere a terra, ma
senza ferirlo. Dal basso, capendo che a quel punto c'era ancora poco da fare,
il Mangiamorte lanciò con tutta la potenza di cui era capace, l'Avada Kedavra.
Subito la luce verde avvolse la bolla intorno a Draco facendola brillare
sinistramente. La superficie si increspò facendo temere che da un momento
all'altro sarebbe scoppiata, permettendo alla maledizione di raggiungere il suo occupante. Ma dopo qualche
secondo di sfrigolii in cui l'Anatema che Uccide si scontrava con la potente
magia dello Scudo, la luce verde si dissolse mentre la bolla tornò al suo
posto come se nulla fosse successo. Il Mangiamorte si accasciò a terra
completamente sfinito e per Draco fu facile infilzarlo con la spada che teneva
nella destra, che quasi subito estrasse dal corpo e ripulì sugli abiti neri del
suo avversario che ai suoi piedi si stava spegnendo.
Una voce
conosciuta alle sue spalle richiamò la sua attenzione. "Draco..."
Hermione avanzava sul campo di battaglia avvolta dal suo guscio scintillante
che rifletteva tutto intorno una luce color sangue, una promessa di morte
per chi si fosse messo sulla sua strada. Combatteva con perizia sia con la
spada che con la bacchetta, sorprendendo molti avversari che non si aspettavano
che una mezzosangue fosse a conoscenza di tali tecniche. Ma in fondo anche lei
si stupiva della naturalezza con cui si destreggiava nel combattimento. Certo
si era allenata tanto, ma un conto era combattere con il suo Bryan al sicuro
nella sala duelli e un conto era rischiare la vita in uno scontro frontale con
un nemico che aveva tutte le intenzioni di uccidere.
Anche lei aveva
iniziato a correre per il campo di battaglia appena uscita dal portone della
scuola e ben presto si era trovata lontana sia da Harry che da Draco. Subito un
Mangiamorte le si era parato davanti e le aveva lanciato contro un Sectusempra.
‘Diretto al sodo’ non potè fare a
meno di pensare Hermione, che prontamente gli rispose con uno schiantesimo che
venne però schivato. Il suo avversario continuò ad accanirsi con la magia,
indebolendosi sempre di più proprio come le aveva detto Draco. Quando il
Mangiamorte fu così debole che a malapena si teneva in piedi le fu anche troppo
facile lanciare il suo schiantesimo che stavolta colpì il bersaglio privandolo
di conoscenza.
“Ma guarda un
po’, hanno mandato la feccia a proteggere la scuola” cantilenò una voce
stridula alle sue spalle, facendole ghiacciare il sudore addosso.
Neville si trovò
davanti nientemeno che il feroce Fenrir Greyback, nella sua forma mostruosa,
che cercava carne fresca per poter saziare il suo appetito, oltre che per
assecondare i suoi sanguinosi istinti. Subito gli si scagliò addosso tentando
con gli artigli di accecarlo per rendere il povero Neville una preda più
facile, ma riuscì solo a graffiarlo in viso lasciandogli dei tagli dai quali
prese a colare del sangue. Neville si era allenato duramente e per quanto non
fosse ai livelli di Draco, aveva qualche asso nella manica. Fenrir si scagliò di
nuovo contro di lui che con un incantesimo non verbale riuscì a scagliare
lontano l’avversario, ma questo non lo placò, anzi lo rese solo più feroce e
con un balzo provò a schiacciarlo con la sua mole possente.
Per
qualche
secondo l’esito dello scontro sembrò scontato, con Neville
destinato a
soccombere al suo fortissimo avversario che non aveva neanche bisogno
della
magia grazie al suo fisico potenziato, ma poi il ragazzo da una tasca
interna del suo mantello prese un sacchetto da cui estrasse una
manciata di una polvere argentata che
lanciò in pieno viso a Fenrir. Questi atterrò a pochi
centimetri da Neville ma
invece di attaccarlo si portò le mani al viso urlando come se
stesse bruciando
vivo. Il ragazzo non perse tempo e lanciò una nuova generosa
manciata della
polvere addosso al lupo mannaro che prese a contorcersi sempre
più
violentemente e poi iniziò a sciogliersi, finché di lui
non rimase a terra che
una poltiglia indistinta. Neville non era certo un valido combattente,
ma
conosceva l’erbologia come pochi e sapeva come estrarre dalle
piante molte
sostanze utili ma anche molti veleni e sostanze pericolose, alcune
delle quali
mortali come quella che aveva appena provato Greyback.
Luna era alle
prese con Antonin Dolohov che all’inizio l’aveva sottovalutata per via della
sua aria svampita, ma che si era presto trovato in difficoltà a causa
dell’acume della ragazza che riusciva a sfruttare ogni piccola debolezza
dell’avversario a suo vantaggio. Certo Dolohov aveva dalla sua la prestanza
fisica, ma non riusciva comunque a sconfiggere l’intelligentissima ragazza che
sembrava leggere le sue mosse direttamente dalla sua mente. E fu grazie a
questa osservazione che capì. Legilimanzia non verbale. La ragazzina sapeva il
fatto suo non poteva negarlo, ma non poteva permetterle di batterlo. Così
sguainò la sua spada in stile spagnolo e con una serie di abili stoccate riuscì
a ferire Luna al costato. La ragazza cadde, con gli occhi sgranati per la
sorpresa fissi sul suo avversario. Dolohov la raggiunse e guardandola
dall’alto le puntò contro la bacchetta ed iniziò a pronunciare l’anatema che
uccide. Ma solo la prima sillaba lasciò le sue labbra prima che uno stiletto
nascosto nella manica di Luna gli si conficcasse nel petto, facendolo
stramazzare disteso a terra accanto alla ragazza, con gli occhi sbarrati ormai
privi di vita.
Severus Piton si
aggirava per il campo di battaglia avvolto nel suo mantello nero ma senza la
caratteristica maschera argentata da Mangiamorte, come se egli stesso non
sapesse bene da che parte schierarsi. Era partito tra le fila di Voldemort, ma
poi aveva preso a colpire i suoi compagni e a schivare tutti coloro che per
difendere il castello lo assalivano senza fare loro davvero male, più che
altro si limitava a neutralizzarli giusto per il tempo di allontanarsi da loro
indisturbato, come se non volesse assottigliare le fila di coloro che seguivano
Harry Potter in quella battaglia. Si aggirava per il campo di battaglia
chiaramente alla ricerca di qualcosa che con suo grande disappunto non riusciva
a trovare. Poi con la coda dell’occhio percepì un guizzo al limite del suo
campo visivo e si voltò velocemente, appena in tempo per cogliere un frammento
di ciò ce stava cercando: Nagini, il serpente di Voldemort. Il Signore Oscuro
aveva sguinzagliato il suo fedele rettile per il campo di battaglia con
l’ordine di scovare Harry Potter e ferirlo gravemente, in modo da poter poi
infierire sul suo avversario. Solo il serpente aveva il privilegio di poter
cacciare Harry, perché Voldemort aveva inserito in Nagini una parte della sua
anima, pertanto era sicuro che avrebbe obbedito ciecamente ai suoi ordini. Era
sicuro che gli avrebbe portato il suo avversario ormai in fin di vita,
lasciando a lui il piacere di spedirlo all’altro mondo. Subito Piton si diede
all’inseguimento del grosso rettile che, non appena scoprì la minaccia gli si
scagliò contro senza nessuna pietà. Piton non fu abbastanza veloce e Nagini lo
azzannò alla giugulare, affondando i sui denti aguzzi in profondità nel collo
ed iniettando il potente veleno. L’ex professore capendo che non gli rimaneva
molto tempo sollevò la bacchetta dalla quale partì un lampo verde che privò
della vita il grosso rettile che si afflosciò a terra come una marionetta a cui
abbiano reciso i fili. Dalla bocca del serpente uscì un denso fumo nero che si disperse
nell’aria mentre Voldemort levava un urlo furioso al cielo sentendo di aver
perso un pezzo della sua anima oltre che un preziosissimo e fedele alleato.
Harry, che si
trovava proprio lì accanto e aveva assistito alla scena, si chinò subito accanto
a Piton e tentò come potè di tamponare la ferita, ma l’uomo aveva qualcosa da
consegnargli prima che la vita lo lasciasse per sempre. “Pren… di… la” riuscì a
rantolare indicando una stilla di cristallo che gli scendeva lentamente da un
occhio. “Pren… di…la” ripeté vedendo che il ragazzo tentennava e sentendo la
vita scorrergli via velocemente. Harry prese dalla tasca una provetta che gli
aveva consegnato Neville, la svuotò velocemente del caustico contenuto e vi
raccolse con delicatezza la lacrima. La sigillò e la mise al sicuro in una
tasca del suo mantello. Semmai fosse riuscito a sopravvivere avrebbe visto ciò
che di prezioso era contenuto in quella lacrima.
“Guar…da…mi” riuscì a dire ancora Piton fissandolo intensamente
negli occhi verdi i suoi occhi neri che nel giro di qualche secondo divennero
vuoti. Harry gli abbassò le palpebre con una mano e poi si rialzò. Non era
sicuro di avere del tutto compreso ciò che era appena accaduto, ma l’importante
era che Nagini non fosse più una minaccia.
Padre e figlio
erano finalmente di fronte.
“Figlio…” disse
Lucius, contento di averlo ritrovato e sicuro che si sarebbe schierato al suo
fianco, alla ricerca della gloria e della vittoria per il Signore Oscuro.
“Ti sbagli, non
sono tuo figlio! Mio padre è morto tanti anni fa, quando ha deciso che il mio
destino sarebbe stato essere un Mangiamorte!”.
“Che stai
diavolo stai dicendo?”
“Semplicemente
che non sono più un pupazzetto da poter comandare a tuo piacimento. Ho
trovato il mio posto nel mondo e ho deciso da che parte stare” gli rispose
Draco.
“Molto bene –
rispose Lucius senza minimamente scomporsi – vorrà dire che allora morirai” ed
evocò il suo scudo verde scuro a proteggerlo, già con la bacchetta in una mano
ed una spada nell’altra. Draco invece combatteva ancora con due spade.
Il duello era
intenso e cruento, i due avversari avevano una tecnica eccellente e delle armi
incredibili. I loro scudi li proteggevano ed ogni volta che venivano attaccati
indebolivano l’avversario. Presto però Lucius riuscì a far cadere al figlio una
delle spade, costringendolo così a prendere la bacchetta per non rimanere
parzialmente disarmato. Iniziarono a volare incantesimi estremamente potenti
che ebbero come effetto di indebolire non solo lo scudo ma anche entrambi i
combattenti. Ma fu lo scudo di Lucius a cedere per primo, così Draco sicuro che
non ci fosse pericolo, scagliò un incantesimo oscuro per ferire gravemente il
padre, ma questi all’ultimo momento riattivò il suo scudo che stavolta andò
davvero in frantumi ma indebolì Draco che cadde in ginocchio
privo di forze. Lucius con lo sguardo ardente roteò la spada e trapassò il
torace di suo figlio facendolo cadere steso a terra e conficcando poi la punta della
lama nel terreno dietro la schiena di Draco. Il ragazzo spalancò gli occhi,
colpito più dalla sorpresa che dal dolore, che non percepiva neanche. Forse
era così forte e lui ne era così sopraffatto che il suo corpo non era in grado di
elaborarlo e di inviare il giusto segnale al cervello.
Lucius si
appoggiò con forza alla spada conficcandola ancora più in profondità nel
terreno e abbassandosi sopra al ragazzo per schernirlo nei suoi ultimi istanti
di vita.
“Ti fa onore
aver finalmente scelto da che parte stare. Peccato che tu abbia scelto la parte
sbagliata. Ma non ti preoccupare, come vedi non ti darò modo di sbagliare
ancora”. Poi gli puntò contro la bacchetta ed iniziò a pronunciare: “Avada…”
Uno scoppio, un
piccolo lampo, gli occhi di Lucius si spalancarono, da un foro nel suo petto
prese ad uscire copiosamente il suo sangue purissimo. Si portò una mano al
petto e poi la guardò per essere davvero sicuro di essere stato ferito.
“Io non.. ti credevo… capace... Non è possibile… Tu mi hai…” poi il
suo sguardo si fece vitreo ed il suo corpo si accasciò a terra. Lucius Malfoy
era morto per mano di quel figlio che lui aveva sempre ritenuto troppo debole, ucciso
da un’arma babbana. “Addio Lucius, ci vediamo all’inferno”.
Draco perse
conoscenza poco dopo ed il suo braccio, prima sollevato verso il petto del
padre si abbatté a terra con ancora stretta in mano una Glock 17 dalla canna
fumante.
Hermione
si
trovava faccia a faccia con Bellatrix Lestrange che di certo non le
lesinava le
maledizioni più oscure e potenti. Così facendo si stava
certamente indebolendo, ma
aveva seriamente danneggiato lo scudo di Hermione, che
all’ennesima maledizione crepitò e poi scomparve come una
bolla di sapone, lasciandola esposta
agli attacchi della sua avversaria resa cieca dalla furia che le
scorreva
nelle vene per il solo fatto di doversi scontrare con una sudicia
sanguesporco
che infestava in suo mondo. Hermione si difese come meglio poté,
ma la donna era veramente forte e riuscì a farle volare via di
mano la spada. Il
duello riprese ancora più serrato, con Hermione armata della
sola bacchetta,
che si difendeva riuscendo a tirare solo pochi incantesimi di attacco
che
andavano per lo più a vuoto, abilmente parati da Bellatrix. Poi
Hermione vide
qualcosa alle spalle della sua avversaria, qualcosa che si dimenava
violentemente, ed una luce di speranza di accese finalmente nei suoi
occhi.
Iniziò a portare attacchi più serrati contro Bellatrix,
abbassando quindi le
sue difese e ricevendo numerose ferite, la maggior parte delle quali
comunque
lievi. Riuscì a spingere all’indietro la sua avversaria
che le scagliò contro
un Sectusempra che la colpì alla spalla dove si formò un
profondo taglio che
iniziò a sanguinare. “Il tuo lurido sangue si rimescola
finalmente con la melma
dalla quale proviene” prese a cantilenare con voce stridente
Bellatrix che però
non ebbe il tempo di godersi lo spettacolo perché un grosso ramo
nodoso del
Platano Picchiatore sferzando l’aria la centrò sulla testa
e la spazzò via,
facendola malamente atterrare su una formazione di rocce aguzze che
sbucavano
dal terreno poco distanti dal punto in cui giaceva Hermione.
Harry giunse
infine al cospetto di Voldemort, sapendo che al massimo solo uno dei due
sarebbe sopravvissuto. E se la sorte peggiore fosse toccata proprio a lui,
Harry avrebbe fatto qualunque cosa per portare Voldemort con sé dall’altra
parte. Presero a studiarsi girando in tondo, poi all’improvviso le maledizioni
iniziarono a volare tra i due avversari con un ritmo serratissimo e con una
violenza inaudita. Harry cercava di difendersi mentre l’unico intento di
Voldemort era la completa distruzione del suo avversario affinchè non rimanesse
traccia della sua esistenza. Non si limitava a scagliare potenti maledizioni
oscure, ma scatenava contro di lui tutta la furia che gli scorreva nelle vene.
Con incantesimi non verbali appellò tutte le rocce piccole e affilate che si
trovavano del parco scagliandogliele contro con forza. Una di queste rocce
centrò Harry alla testa, coprendogli di sangue parte del viso. Il ragazzo sentì
un forte bruciore alla tempia, il punto in cui era stato colpito, e poi la
vista iniziò ad offuscarglisi mentre tanti bagliori occupavano il suo campo
visivo.
A quel punto
l’anziano mago prese a scagliargli contro dei globi infuocati. Si trattava di
fuoco magico: Voldemort era ricorso all’Ardemonio per eliminare il suo nemico e
continuò a bersagliarlo con questa tempesta di fuoco finché Harry si ritrovò
circondato e senza nessuna via di fuga. Il fuoco lo investì in pieno ed Harry
tenne fede al giuramento che si era fatto appena pochi minuti prima. Stava
bruciando vivo, ma trovò comunque la forza di volontà di lanciarsi addosso a
Voldemort che venne colto di sorpresa da quella mossa e si ritrovò ad ardere
anche lui per il suo stesso incantesimo. Ma a differenza di Tiger lui era un
mago molto potente e sapeva quindi come estinguere quelle fiamme che si
dissolsero poco dopo in una nuvola di fumo. Ma ormai Harry si era gettato su di
lui e non aveva intenzione di lasciarlo finché aveva fiato in corpo. Voldemort
aveva perso la bacchetta, bruciata dall’Ardemonio, ed Harry stringeva più forte
che poteva le mani attorno al suo collo finché Voldemort non perse i sensi.
Allora si affrettò a recuperare la sua spada e a conficcargliela esattamente
nel cuore con le poche forze che gli rimanevano, per poi cadere a terra anche
lui, vittima delle profonde ferite subite.
Un rombo cupo si
levò dal corpo dell’Oscuro Signore che si trasformò in una densa nube di fumo
nero che come dotata di vita propria iniziò a percorrere a forte velocità tutto
il campo di battaglia liberando per l’aria un lamento straziante per le
orecchie, come quello delle banshee.
La battaglia era
finita.
La guerra era
finita.
Le dense nubi si
dissolsero lasciando che i raggi del sole accarezzassero il parco del castello
le cui rovine bruciavano in lontananza. Ma la terra non mutò colore e restò
rossa, impregnata del sangue di tutti coloro che quel giorno avevano
valorosamente combattuto ed erano caduti, da una parte e dall’altra. Draco,
Hermione, Harry, erano tra coloro che non si erano uniti ai festeggiamenti,
riversi a terra, mentre il loro sangue bagnava l’erba come una calda e densa
rugiada che dissetava la terra sempre avida di vita.