Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: MaricaWrites    29/06/2012    2 recensioni
"Dormiremo quando saremo morti" è la storia di Victoria, cacciatrice statunitense che si ritrova coinvolta nelle vicende dei fratelli Winchester. Nel corso della storia, la ragazza dovrà affrontare i fantasmi del suo passato, ma soprattutto, dovrà lottare per tenere a freno le emozioni, come il suo lavoro le impone.
[STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo XII

 

-Segreti-

 


 

-Pronto… Dean, ciao. Questo è… il quinto messaggio che ti lascio in due giorni, ma… è importante, per cui… insisto. Ehm, si tratta di Sam. Sta avendo… alcuni problemi e non so bene come comportarmi. Potrebbe… farmi comodo il tuo aiuto, per cui… richiamami, ciao-

Chiamare Dean quasi mi irritava, oramai. Ero felice di non vederlo più, ma la situazione con Sam si stava facendo troppo pesante persino per me, e l’unica persona che potesse aiutarmi, era lui.

Camminai avanti e indietro fuori dal Motel per un bel po’, prima di lasciarmi cadere sul marciapiede.

Alzai gli occhi al cielo, sentendomi terribilmente stupida, prima di mormorare:-Castiel…-

Aspettai qualche secondo, o forse qualche minuto, poi ci riprovai:-Castiel. Sono io-

Non avevo mai pregato in vita mia: Castiel era sempre nel posto giusto al momento giusto, non avevo mai avuto bisogno di chiamarlo. E anche se credevo in Dio perché Castiel mi aveva assicurato esistesse, e la parola di un angelo è piuttosto credibile al riguardo, non lo adoravo per niente. Non dopo che aveva lasciato mi accadesse tutto quello che mi era successo.

-Castiel… sai che mi costa molto fare quello che sto facendo, ma… si tratta di Sam. Sta molto male, e peggiora ogni giorno. So che mi avevi detto di prendermi cura di lui ma… in fondo, non lo conosco, e non ho idea di che cosa lo faccia stare così male. Lui non ne parla e…-

Il cielo era ancora immobile e una signora che passava di lì con un barboncino al guinzaglio mi guardò allucinata, prima di ridere sotto i baffi.

-Dannazione Castiel!- sbottai quando se ne fu andata –Sto parlando da sola come una cogliona in mezzo alla strada, degnami di risposta! Dio Santo! Non ce la faccio da sola ok?! Ho bisogno di aiuto, cazzo-

Annuii tra me e me, soddisfatta della mia sfuriata. Poi ripresi il telefono e composi per l’ennesima volta il numero di Dean:-Ciao. Sono di nuovo io. Senti, mi dispiace molto che tu sia così occupato, probabilmente stai mangiando, o forse stai scopando. Volevo solo farti sapere che tuo fratello sta male, e sto facendo io quello che dovresti fare tu. Stai pure dove sei, tanto non sei di alcuna utilità al mondo. Vaffanculo. Ciao-

Chiusi bruscamente il telefono e lo fissai soddisfatta, sentendomi leggera, liberata da un grande peso, poi lo riaprii, senza però ricomporre il numero:-Ah, ho venduto la tua anima a Zeus, ciao-

Rinfilai il telefono in tasca e mi rialzai, ridendo di me stessa. Stavo proprio dando di matto.

Ripercorsi quei pochi metri che avevo fatto per fare in modo che Sam da dentro la camera non mi sentisse, dopodiché rientrai. Era in bagno.

-Sam, tutto ok?- chiesi sedendomi sul suo letto e osservando alcuni testi in latino: non ci capivo niente.

-Sono vivo e non voglio spararti- rispose lui da sotto la doccia.

-Bene- sorrisi e mi sedetti al tavolo, tornando ad analizzare alcuni fenomeni meteorologici che mi interessavano da qualche giorno.

Io e Sam non avevamo più parlato del fatidico episodio. In realtà non parlavamo di nulla di ciò che gli accadeva ogni tanto, il che consisteva nel non mangiare, non dormire, parlare da solo, e a volte tentare di uccidermi nel sonno. A volte era persino comico, ma io sapevo che doveva avere dei problemi molto seri.

Peggiorava, di giorno in giorno, e mentre i sintomi si facevano sempre più evidenti, mi rendevo conto che c’erano sempre stati, fin da quando l’avevo conosciuto, solo che erano troppo lievi perché io potessi accorgermene.

Sentii la porta del bagno aprirsi.

-Sai, inizio a pensare che questi fenomeni atmosferici non siano davvero affatto casuali, insomma guarda, in Georgia…- mi voltai proprio mentre usciva dal bagno, con solo un asciugamano bianco legato in vita.

Mi ricordò quando era Dean ad essere in quelle condizione, e mi fece pensare a quanto erano diversi, ma entrambi così tremendamente belli.

Deglutii e mi voltai di nuovo fingendo di controllare un dato che in realtà avevo già acquisito:-Tre uragani in un mese-

-Te l’ho detto, sta succedendo qualcosa di strano- disse lui con tranquillità.

Rientrò in bagno e quando uscì, era di nuovo vestito.

Sospirai di sollievo e lui si avvicinò al tavolo:-Oltre a questo, altri casi interessanti?-

-Forse un covo di vampiri più ad est, e… Bobby ha mandato una e-mail, dice che un gruppo di demoni si sta dirigendo verso Washington-

-Interessante- disse lui –vuoi partire ora?-

-No- dissi subito –riposiamoci, domani decideremo dove andare-

-Washington- disse subito lui –a Bobby la priorità-

Annuii.

Sapeva che quando avevo detto “riposiamoci”, intendevo “dormi”, ma fece finta di niente. Era stravolto: lo si vedeva dai suoi occhi, e infatti accettò di buon grado il mio consiglio e pochi minuti dopo era a letto.

Io lavorai per un altro paio d’ore, poi spensi il pc, chiusi a chiave la camera e mi infilai a letto, fingendo di non accorgermi che aveva gli occhi aperti. Mi imposi di restare sveglia finchè non avessi capito dal suo respiro che si era addormentato, ma non so come, chiusi gli occhi per qualche secondo, e quando li riaprii, avevo dormito per tre ore.

Mi voltai molto lentamente dalla parte del letto di Sam, perché sapevo che il poco tempo che riusciva a dormire, aveva il sonno molto leggero, ma il letto era vuoto.

Mi tirai su di colpo e presi la pistola da sotto il materasso, ma la sua risatina mi tranquillizzò.

-Non sto per tentare di strangolarti, tranquilla- era seduto a terra, con la schiena poggiata allo spazio di muro che divideva i nostri letti.

-Cosa fai lì?- chiesi rimettendo la pistola al suo posto.

-Penso, ricordo-

Mi alzai e mi misi davanti a lui:-Posso chiederti a cosa?-

-Non sono sicuro che tu voglia saperlo- disse fissando il vuoto alle mie spalle, prevedendo la mia domanda.

-Ok, d’accordo- mi sedetti accanto a lui, passandomi una mano tra i capelli –chi c’è lì?-

Indicai il punto esatto verso cui stava guardando.

Sorrise amaramente:-Sicura di volerlo sapere?-

-Assolutamente-

Prese un respiro profondo:-Lucifero-

Non risi, mi limitai a cercare di immaginarmelo seduto poco più in là, dove Sam lo vedeva.

-Bhè, allora ciao Satana-

Sam sorrise, sorrise sinceramente per la prima volta da non so quanti giorni.

-Dice che sei molto carina, e che sbudellarti sarebbe molto divertente-

Questa volta risi:-Digli che non è educazione parlare in questo modo, potrebbe farsi vedere anche da me-

-Credimi, non lo vorresti- continuò a sorridere.

Rimasi in silenzio per un po’, prima di voltarmi a guardarlo con la poca luce lunare che entrava dalle finestre.

-Quanto tempo è che va avanti?-

-Quasi due anni. Aveva smesso, per un po’. Castiel pensava di avermi guarito, e invece…-

-Guarito? E’ una malattia? Cioè… è qualcosa che hai alla testa?-

-No- rispose tranquillamente –è la mia anima. E’ irrimediabilmente distrutta-

Lo guardai sbalordita, ma cercai di non far trasparire il dispiacere che andava crescendo.

-Come hai fatto? A danneggiarti l’anima, intendo-

-Ricordi quando qualche anno fa c’era quasi stata l’Apocalisse?-

-Si-

-Sono stato io a fermarla. Mi sono… buttato nella gabbia di Lucifero-

-Tu? Perché mai avresti dovuto farlo?-

-Perché ero il tramite- disse amareggiato –il tramite di Lucifero-

Ero così sconvolta che non riuscii a parlare per cinque minuti buoni:-Hai detto “si” a Lucifero per poi buttarti nella gabbia con lui?-

-E con Michele. Castiel mi ha riportato fuori, ma la mia anima è stata danneggiata e… ho ricordi della gabbia sotto forma di allucinazioni-

Presi un respiro profondo, prima di fare quella domanda:-E’ per questo che ti vengono gli occhi da demone? Perché sei stato laggiù? Perché la tua anima è rotta?-

-No… non è per questo- disse, e capii che non aveva intenzione di aggiungere altro –e tu? E’ per questo?-

-No, non è per questo- dissi, e mi alzai, con l’intenzione di rimettermi a letto.

-Mi dispiace per quello che ho fatto, è stato strano…-

Mi sistemai le coperte prima di rispondere:-No, tranquillo, per me è di routine farmi leccare la faccia, fallo pure quando ti pare-

Non rise, ma lo vidi sorridere di nuovo, e mi addormentai tranquilla.

 

Posai la scatola biancastra sul bancone e guardai il farmacista finchè non mi diede attenzione:-Posso aiutarla?-

-Quanto sono forti questi sonniferi?-

Il farmacista guardò il medicinale che avevo scelto e sorrise:-Molto-

-Molto cosa vuol dire?-

-Che è il sonnifero più forte che abbiamo. Diciamo che metà compressa assicura almeno dodici ore di sonno-

Assunsi un’espressione compiaciuta:-E se si trattasse di una persona molto… grande?-

-Grande fisicamente?-

-Si-

-Bhè allora anche una compressa andrebbe bene, ma non più di una alla volta, come ho detto sono molto forti, e quindi molto pericolose-

-E si sciolgono nell’acqua?-

-Si-

-Le prendo- dissi tirando fuori il portafogli.

-In effetti, servirebbe la ricetta per questo medicinale-

-No- dissi tranquillamente, estraendo un documento dal portafogli –Sono della protezione sanitaria, era un controllo. Comunque i sonniferi li prendo lo stesso-

-Oh, certo, certo- disse lui –come sono andato?-

-Bene, benissimo- sorrisi io.

Uscii dal negozio infilandomi i sonniferi in borsa e tornai in Motel. Notai l’occhiata curiosa di Sam rivolta alla mia borsa, accessorio che utilizzavo molto raramente, ma non disse niente, e io neanche.

-Credo di aver capito dove sono i vampiri- disse soddisfatto –guarda un po’-

Mi avvicinai al tavolo e diedi una rapida occhiata alle sue occhiaie prima di prestare attenzione alla cartina che mi stava mostrando:-Proprio qui-

-E’ molto probabile. La zona è questa, e quelle grotte sono l’unico luogo che potrebbe ospitarli tutti-

-Magari non sono molti- ipotizzò lui.

-Mmh, io penso di si-

-Allora sono per forza lì-

Si alzò di colpo e indietreggiai osservandolo attentamente:-Bene, vado a fare un po’ di domande in giro, vieni con me?-

-Sicuro- dissi sorridendo –però aspetta, sono appena tornata, credo mi farò un the, tu vuoi qualcosa?-

-No, grazie-

Finsi disinteresse e mi preparai il the.

-Sicuro?- chiesi quando era pronto –c’è dalla camomilla-

-No, no, nulla-

Merda, pensai, ma estrassi comunque la tazza e gliela mostrai:-Magari ti rilassa un po’-

Mi guardò fisso per un po’, e alla fine acconsentì.

Mentre l’acqua si scaldava tornai alla borsa con la scusa di prendere il cellulare e mi nascosi due pillole nella mano.

Sam sedeva al tavolo, fissando il muro con aria assente e ne approfittai per lasciar cadere entrambe le pastiglie nell’acqua calda, prima ancora di aver inserito la bustina di camomilla. La inserii subito dopo e mescolai velocemente.

Sobbalzò quando gliela posai sul tavolo.

-Scusa- dissi tornando al mio the.

Lo fissai tutto il tempo, mentre beveva e mi chiesi se avevo esagerato con la dose, ma mi risposi che uno che era sopravvissuto all’Apocalisse e si era buttato in una gabbia infernale con Lucifero, poteva sopportare un po’ più di sonnifero in circolo.

Mi sorpresi per quanto il medicinale agisse in fretta. Ci misi appositamente davvero molto più del dovuto a finire il the e lo osservai mentre iniziava a passarsi le mani tra i capelli, come faceva quando era stanco.

-Tutto bene, Sam?- chiesi fintamente ingenua.

-Bene, bene- annuì lui –sono davvero distrutto. Senti, ti dispiace se andiamo stasera a…-

Si posò la mano in testa, senza riuscire a trovare le parole.

-Ma certo, come vuoi. Sam, mettiti a letto, forse è meglio-

-Forse è meglio- ripeté quasi in trans.

Mi assicurai che non cadesse nel tragitto e lo aiutai a togliersi le scarpe dopo che si fu seduto sul letto.

Crollò, proprio come speravo.

Non stavo riposando bene neanche io, in quel periodo: di recente avevo iniziato a fare incubi incomprensibili che mi provocavano più angoscia, che paura.

Ero tentata di ingoiare una pasticca anch’io e fare compagnia a Sam nel mondo dei sogni, ma non lo ritenevo prudente, né utile, nonostante il sonno.

“Dormiremo quando saremo morti”, aveva detto Dean un giorno, e tra la miriade di cazzate che avevo sentito uscire dalla sua bocca, quella era stata la più intelligente.

Uscii da sola a fare le indagini per cui Sam si stava attrezzando, ma non scoprii granché, e quando tornai, Sam era sveglio.

-Non ci posso credere- mormorai tra me e me ricordando quanto forte fosse quel farmaco secondo il farmacista.

-Mi sono addormentato?- chiese lui a sua volta sorpreso.

-Si, ma solo per qualche ora- guardai l’orologio –quattro, forse cinque-

-Cavolo-

-Bhè, è qualcosa- dissi versandogli un bicchiere d’acqua e portandoglielo –cosa ti ha svegliato?-

-Lui- disse indicando con lo sguardo un punto nel vuoto –Lui e “Highway to hell”-

-Mmh, bella quella canzone. Bravo Lucifero-

Fece una mezza risata, prima di sospirare:-Gesù, che situazione-

All’improvviso mi trovai scaraventata dall’altra parte della stanza, sbattendo violentemente contro il tavolo.

-Victoria!- Sam scattò in piedi, raggiungendomi e aiutandomi ad alzarmi.

Ma non ero esattamente in vena di farmi aiutare da lui. Alzai di scatto la testa, troppo in fretta, mostrandogli gli occhi demoniaci e scaraventandolo contro la parete opposta con una sola spinta.

Non ero più in me, e non mi capitava da tanto tempo.

 

Stavo seduta in fondo alla stanza fredda e umida in cui mi avevano rinchiusa, o forse ero io che me la immaginavo così, e quella stanza non esisteva affatto. Non sapevo da quanti giorni fossi lì, né se in quel posto il tempo effettivamente passasse, a me sembrava di no. Forse era colpa dei buchi temporali.

Ogni tanto uno di loro entrava, ma non ricordavo mai se mi parlasse, o mi toccasse, ricordavo solo il loro viso tutt’altro che angelico.

Sentii delle voci, dei brusii al di là della porta, e drizzai le orecchie. Era lui. L’unico che riconoscevo.

Iniziai a tremare violentemente, come un animale in procinto di essere macellato. Sapevo cosa succedeva quando entrava lui: ricordavo.

Quando entrava lui, ricordavo tutto quello che mi costringeva a fare, tutto quello che diventavo e che non ero mai stata.

La porta poco dopo si aprì, e io mi rannicchiai nell’angolino più buio che trovai in quella stanza infernale.

Una luce si accese, e mi coprii gli occhi. C’era un vetro, davanti a me, e loro mi osservavano dall’altra parte, come un esperimento da laboratorio, come una topo, una cavia.

Non piangevo ormai, non piangevo più, ma la paura mi logorava lo stesso, e iniziavo a capire che la mia mente stava andando fuori uso. Stavo diventando pazza.

-Non è adorabile?- Raffaele rise, quando mi vide rannicchiata e ammiccò verso un altro di loro, che non avevo mai visto, che gli stava accanto –e sai qual è la cosa migliore? Che non si difende!-

L’altro angelo stava in piedi, impassibile e aveva due grandi occhi azzurri. Indossava un buffo impermeabile che per un attimo lo fece sembrare un poco più umano degli altri.

-E’ pericolosa- disse atono –perché è ancora viva?-

Raffaele fece spallucce:-Stiamo cercando il modo di trarre vantaggio dai suoi assurdi poteri. Ma non è molto d’aiuto, quando la sottoponiamo agli esperimenti… fa solo un po’ di scena-

-E’ una fortuna. Se volesse, potrebbe sterminarvi tutti-

-Oh no- Raffaele guardò verso di me maligno –sa che non può farlo-

L’altro angelo lo guardò serio:-La ricattate?-

-Ovvio!- Raffaele era sinceramente divertito –La terremo in vita finchè ci sarà utile e poi la uccideremo. Non è esilarante questo scherzo della natura, fratellino? Vorrei tanto tenerla come animale domestico, ma no, troppo isterica-

Colsi qualcosa nello sguardo dell’altro angelo, qualcosa che non era cattiveria, malignità o curiosità, ma quasi tristezza. Mi aggrappai a quella impressione e continuai a guardarlo, senza distogliere mai lo sguardo, o sbattere le ciglia.

-Raffaele- disse lui serio dopo un po’ –è una bambina. Quanti anni ha? Quindici?-

-Quattordici, Castiel- lo corresse Raffaele –ma è un mostro. Non merita di vivere-

-E questo l’hai deciso tu?- sbottò Castiel –Forse la si potrebbe educare… forse… non lo so-

-Forse cosa? Te l’ho detto, presto non sarà più un problema-

-Cosa penserebbe nostro padre, se sapesse che stai mandando a morte una creatura innocente?-

-Innocente dici eh?- sogghignò avvicinandosi al vetro –Ehi ragazzina, perché non dici a Castiel quanto amore provi per il nostro signore Gesù-

Ecco, l’aveva fatto di nuovo.

In un millisecondo ero saltata addosso al vetro, rimanendoci attaccata come una ventosa, con gli occhi languidi e i denti in mostra, come un animale.

Raffaele rise, e diede una piccola gomitata a Castiel, che era indietreggiato di un passo, ma era rimasto impassibile e non smetteva di guardarmi.

Iniziai ad urlare, battendo i pugni sul vetro che non si sarebbe mai rotto.

La rabbia, la sentivo ribollirmi nelle vene, fuori dal mio controllo. Ma insieme a quella, alla paura e alla frustrazione, per la prima volta da quando mi avevano catturata sentivo qualcosa che riuscivo a classificare solo come una sorta di speranza.

Quell’angelo, Castiel, non mi guardava come gli altri angeli, mi guardava come se fossi stata una persona,e non un mostro.

Continuai ad urlare, perché non ero in me, e non potevo controllarlo, ma lottavo per attirare la sua attenzione. Dopo qualche minuto presi a lanciare lingue di fuoco dalle mani, sempre più grandi, sempre più intense, finchè Raffaele non smise di sorridere.

-Piccolo mostro!- mi chiamò –Vuoi che ti ricordi che cosa porto sempre con me?-

Mi lasciai cadere a terra, riacquistando pian piano coscienza, e alla fine tornai al vetro, questa volta pienamente consapevole delle mie azioni, e vi poggiai sopra una mano. Guardai Castiel, in cerca di aiuto. Volevo mi capisse, volevo vedesse che non ero un mostro, che convincesse Raffaele a lasciarmi andare.

-Andiamocene- disse invece e sparì dietro la porta, con Raffaele, proprio mentre io riprendevo ad urlare.

 

-Victoria!-

Sobbalzai. Ero alla finestra della camera, con la mano premuta sul vetro e Sam mi stava qualche passo dietro, sulla difensiva, stringendosi un polso.

-Oh mio Dio, Sam- mi voltai verso di lui –cosa… cosa ho fatto?-

-Mi hai scaraventato dall’altra parte della stanza e urlavi-

Mi passai una mano tra i capelli:-Non so come scusarmi, ti ho fatto male?- gli presi il polso.

-Non è niente, solo una storta-

-Dio Sam, scusa-

-Che cosa ti è preso?- mi fece sedere sul letto, e si sedette accanto a me.

-E’ stata colpa tua…- dissi con un filo di voce.

-Mia?!- sbottò lui.

-Non proprio tua. E’ stato… quando hai nominato lui-

-Lui chi? Lucifero?- mi guardava con gli occhi sbarrati e la fronte corrugata.

-No, l’altro, l’altro nome. Ma non ridirlo-

-L’altro nome? Quale?-

-Quando hai sospirato-

-Oh, il nome di Ge…-

Gli premetti una mano sulle labbra, con gli occhi di nuovo neri:-Non farlo, per il tuo bene-

-Ok, ok. Non si nomina-

Sorrise, quando con un battito di ciglia, i miei occhi tornarono azzurri.

Calò il silenzio per un po’, finchè non fissò lo sguardo a terra:-Sei umana, Victoria?-

Rialzò lo sguardo solo dopo qualche istante, come se temesse di guardarmi in faccia.

-E tu?- inarcai le sopracciglia. La domanda mi aveva infastidito. Sapevo benissimo di non esserlo, ma sapevo anche che quella conversazione non avrebbe portato niente di buono.

-L’ho chiesto a te- mi mostrò le mani –non sono armato, e anche se lo fossi, a questo punto non credo nulla sarebbe molto utile con te-

Feci spallucce e mi sforzai di sorridere, prima di schiarirmi la voce:-Che cosa intendi per “umana”?-

-Non lo so, umano. Non penso si debba dire altro-

-Quindi tu sei umano- dissi un po’ alterata.

-Si-

-Ma bevi il sangue altrui, appendi la gente al muro col pensiero e hai gli occhi neri. Stando a ciò potrei classificarti come vampiro, strega, o demone. Quindi dimmi tu: che cosa intendi per umano?-

La mia risposta lo spiazzò, ma un mezzo sorriso mi rivelò che aveva apprezzato la mia logica.

-Mettiamola così: sei nata da due persone umane?-

Rimasi in silenzio per un po’:-Si, ma in circostanze particolari-

-Però tua madre e tuo padre erano entrambi umani-

-Si… si- la seconda volta lo dissi con più convinzione –e lo stesso vale per te?-

-Se la mettiamo in questo modo si, sono nato da due persone umane, in condizioni particolari-

-Bene- annuii –quindi quello che fai… è una cosa che ti è successa. Non ci sei nato-

-Non ci sono nato, ma è successo poco dopo la mia nascita-

Spostai lo sguardo fuori dalla finestra sul cui vetro spiccava opaca l’impronta della mia mano.

-Io invece ci sono nata- ebbi il coraggio di dire dopo un po’.

Sam rimase in silenzio.

-Questo fa di me una non umana?-

Ci guardammo negli occhi per un tempo interminabile:-Non lo so- disse alla fine.

-Posso… posso chiederti come hai imparato a fare quello che fai?-

-Non lo so, posso chiederti come puoi essere nata così da due genitori umani?-

-Puoi chiederlo, ma io non posso risponderti-

-Perché non puoi? Perché non vuoi, o perché qualcosa ti impedisce di dirmelo?-

-Perché mi hanno insegnato a non dirlo- il mio pensiero andò irrimediabilmente a Castiel –e perché forse non voglio-

-Sai vero che il tuo segreto sarebbe al sicuro con me?-

-Lo so- mi legai i capelli e mi avvicinai alla porta, con l’intenzione di uscire a fare due passi, ma all’ultimo mi voltai di nuovo verso di lui –sei tu che non saresti al sicuro col mio segreto-

Socchiuse gli occhi, come se cercasse di decifrare le mie parole, ma io uscii e non gli lasciai modo di chiedere altro.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: MaricaWrites