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Autore: Leyla    29/06/2012    2 recensioni
Racconto semi-demenziale, sorta d'incrocio tra Pollicina, Alice nel Paese delle Meraviglie e Sogno di una notte di mezza estate.
Perché le fate non sono proprio quegli esserini adorabili che c'immaginiamo noi!
Un commento è sempre ben accetto! ;)
Genere: Demenziale, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trip Di Una Notte Di Mezza Estate

Trip Di Una Notte Di Mezza Estate

 

Lasciate che vi dia un consiglio. Se siete in una situazione piena di potenziale negativo – bere o no la vernice per scommessa, tirare giù o no i pantaloni al prof di filosofia, lanciare o no un sasso contro la vetrina e poi incolpare vostro fratello – mollate tutto e andate a casa. Può sembrare una cosa da smidollati e, in effetti, fino a poco tempo fa ne ero convinta anch’io. Poi ho capito che era solo buonsenso. Anch’io mi sono trovata in una situazione del genere e ovviamente ho fatto la scelta sbagliata. Detta così sembra un’inezia, ma quella volta le cose hanno preso una piega non esattamente piacevole, e ho imparato a mie spese il prezzo della stupidità. D’accordo, ci do un taglio e ve la racconto, così facciamo prima.

 

* * *

 

«Ci si vede, ragazzi!» Bacio un paio di persone a caso e saluto il resto del gruppo con la mano. Traballo un po’, perché tacchi e alcol non sono un mix intelligente, ma poi recupero l’equilibrio e mi dirigo verso casa.

«Ciao Aly!» urlano gli altri, traballanti al pari di me.

«Vuoi che ti accompagni?» mi chiede Dave, l’unico assieme a Nicky che non tocca mai un drink. Povero Dave, sono mesi che mi viene dietro e ancora non ha capito che non gliela darò mai. A uno così noioso e sfigato? Ma per piacere. L’unica cosa figa che ha è il soprannome, e quello gliel’abbiamo dato noi.

«Figurati, sono neanche trecento metri, ma grazie lo stesso» rispondo, un po’ impietosita perché è sempre gentile e io lo tratto male.

Gli altri stanno già andando ai motorini; ho una mezza tentazione di farmi accompagnare da qualcuno – uno a caso… Eddy – ma ho appena rifiutato l’offerta di Dave, quindi ciccia. Mi tengo i tacchi e la camminata.

Arranco in direzione di casa mia – fa sempre comodo abitare a due passi dal lungomare, tranne quando si hanno i piedi doloranti. Poi una lampadina sotto forma di cartello si accende davanti ai miei occhi. Il parco! Così posso tagliare, e dare un po’ di tregua ai miei piedi sull’erba.

Non mi fermo a pensare quanto sia stupido attraversare un parco di notte e mi ci addentro, spensierata. Don’t try this at home.

Il parco è un grande spiazzo rettangolare con boschetti, stagni e sentieri in mezzo alla città. Diciamo che è un’imitazione scadente di Central Park, adattata a questo buco noioso altrettanto scadente in cui vivo.

Arrivata al prato, tolgo le scarpe e tiro un sospiro di sollievo. Mentre sto lì, avvolta da una musica celestiale – levarsi i tacchi è l’equivalente di un’ascensione in paradiso per me – vedo delle luci tra gli alberi, che spariscono subito. Confusa, non faccio in tempo a chiedermi se ho bevuto troppo quando le rivedo: minuscole pozze di luce che danzano tra i cespugli, avvampando per un istante prima di svanire nell’oscurità. E sembrano allontanarsi.

Presa dalla curiosità e ovviamente senza riflettere, mi dirigo verso quel punto. Non è che sia del tutto priva di buonsenso – infatti ho detto di no a Dave – è che non gli do molto retta. È come un guastafeste che avvisa i genitori perché qualcuno ha corretto il punch.

Quando giungo in mezzo agli alberi, non trovo niente. C’era da dubitarne? Ma se non ho nemmeno bevuto tanto, giusto un paio di drink e qualche shot. Saranno state delle lucciole.

Un po’ irritata, mi volto per andarmene, e bam! Mi schianto contro qualcosa e finisco gambe all’aria.

Il bosco risuona delle mie imprecazioni. Quando ho finito, guardo meglio l’oggetto che mi ha aggredito, che per l’impatto mi è finito in grembo. Ma che cavolo è? Ho sbattuto la testa contro una specie di frutto. È tondo e violaceo, con la buccia pelosa. Sembra un incrocio tra una pesca e un mirtillo. Non ho mai visto un frutto così. Che sia qualche OGM? Sarà velenoso?

Tocco la sua superficie vellutata, e mi assale un desiderio irrefrenabile di assaggiarlo. No, “desiderio” non è la parola adatta. È come se stessi morendo di sete e quello fosse l’unico bicchiere d’acqua sulla Terra, è come se trovassi una borsa di Prada con il 95% di sconto, è come se m’imbattessi in Johnny Depp bisognoso d’indicazioni stradali. Fallo! Fallo! Fallo!

Questa volta è più difficile mettere a tacere la voce guastafeste. Diamine, persino io so che è una cosa stupida e insensata. Ma quel frutto mi attira come una sirena, e ora capisco cosa deve aver provato Eva nel giardino dell’Eden. Al diavolo! La mia volontà non è certo più forte della sua. Perciò lo strofino sul vestito e gli do un morso.

Faccio appena in tempo a sentire che è squisito, delizioso, che le mie papille gustative sono in festa, quando tutto diventa nero.

Con buona pace della mia stupidità.

   
 
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