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Autore: _amethyst_    29/06/2012    6 recensioni
« No, non è uno scherzo: è stata tutta colpa sua.
Colpa dell’unico individuo della casa che assisteva senza essere protagonista, colpa di colui che inconsapevolmente ha causato tutto.
Non sono pazza: è stata colpa di quel gatto! »
- Prendiamo due cugine, castane e completamente diverse l'una dall'altra.
Prendiamo due amici, uno smielato potenzialmente figo e un musone che crede di saper scrivere canzoni, anche lui potenzialmente figo.
Prendiamo due ex, un biondo gay effettivamente figo e una piattola bionda con la mania dell'ordine.
Prendiamo un gattaccio puzzolente e dal muso schiacciato di nome Parmigianino.
Mescoliamo insieme questi elementi in un unico calderone e ne deriverà un disastro.
Un ENORME disastro.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Giù la maschera!

capitolo 14



(Pov. Martha)
Spiavo all’interno della stanza da più di un quarto d’ora.
Non riuscivo a spostare lo sguardo dal suo corpo e non provavo il minimo accenno di vergogna per quello che stavo facendo, neanche un poco. Sembrava essere tutto così naturale, nonostante fosse una cosa scorretta e che non avrei dovuto fare mai più, teoricamente. Eppure i rivoli d’acqua che scivolavano sulla sua pelle non mi permettevano di abbassare lo sguardo e tornare alle mie occupazioni.
Guardarlo di nascosto non sembrava poi così sbagliato se non lasciavo che il cervello prendesse il sopravvento sulle emozioni, le stesse che mi avevano portata a compiere un mastodontico errore.
Nick non era Brian, e quello che stavo osservando con tanta attenzione non era certamente il gemello con il quale mi stavo vedendo.
- Merda! – sbottai sottovoce, cercando di nascondermi il più possibile dallo sguardo seccato del suddetto biondo, che dopo essersi avvolto l’asciugamano intorno alla vita si accostò a me con la solita aria incazzosa che amava rivolgermi ogni giorno, qualunque cosa facessi o dicessi.
- Non mi stavi spiando, vero? –
- Non ho bisogno di farlo. Tu e tuo fratello siete identici. – mentii spudoratamente, mantenendo lo sguardo rigorosamente basso, mascherato dagli occhiali da vista dalla sottile montatura nera.
- E allora cosa ci fai qui davanti? Non dovresti essere già al bar? – sapevo che mi stava mandando via senza troppi complimenti, e questo suo atteggiamento non faceva altro che inasprire il mio stato d’animo.
- Oggi è il mio giorno libero, stronzo. –
- Ah, dimenticavo. Beh, visto che non devi lavorare, che ne dici di levarti dalle palle? Sai, dovrei andare a vestirmi. – inghiottii mille insulti, prima di spostarmi di lato e lasciare che se ne tornasse in camera sua.
Assumere un carattere remissivo e insulso non era nei miei piani.
Odiavo la maschera che mi ero costruita. Odiavo fingere e odiavo che lui mi trattasse così.
Ma in primis, odiavo il fatto che lui non sapesse di essere innamorato di quella parte di me che non sapeva neanche fossi io. Inoltre, non sapevo quanto sarebbe durata ancora questa farsa: non ero nemmeno del tutto certa che avrebbe mai avuto una fine.
 
- Cambiati veloce, Brian arriverà fra poco. – la voce di Nick fu chiara e concisa, mentre le sue mani afferravano il mio vestito e me lo lanciavano senza attendere che io fossi pronta ad acchiapparlo.
- Lo so, lo so… - sbuffai tesa, infilando rapidamente il tubino nero e sistemando successivamente la massa di lunghi boccoli rossi. Solito trucco pesante, solita maschera adagiata sul lavandino del bagno, soliti trampoli ai piedi. E solita commedia.
- Ancora non capisco per quale motivo tu non voglia dire a Brian che sei tu a farci guadagnare così tanto. –
- Farebbe differenza? Mi odia, è meglio che non sappia nulla per ora. Dimentichi che potrebbe anche licenziarmi, solo per colpa del suo fottuto orgoglio. – mormorai sbrigativa, sistemando con un tocco leggero del polpastrello il rossetto rosso e osservando per l’ultima volta il mio aspetto allo specchio appannato.
- Io credo che invece ti vedrebbe con occhi diversi. Insomma, pensa che tu sia una sfigata brutta e asociale! Se gli dicessi… -
- Non gli dirò niente Nick. Caso chiuso. – tagliai corto, indossando la maschera nera e voltandomi in direzione del gemello, che pareva piuttosto contrariato. Sospirai, posando una mano sulla sua guancia e mimando un sorriso incoraggiante – Fidati, è molto meglio che lui non sappia nulla. –
- Forse hai ragione. – alzò gli occhi al cielo e sorrise di rimando, prima di chinarsi sulle mie labbra e baciarle con foga. Una brava attrice, anche in questo, ecco ciò che ero, ecco come mi comportavo.
Avevo il cuore di entrambi nelle mani, e mi ostinavo a trattenerli sospesi, in attesa di decidere quale spezzare per primo. Il punto è che io amavo solo uno di loro, ma inevitabilmente avrei fatto del male a tutti e due. Mi allontanai dalle labbra del biondo, cominciando a sentire i sensi di colpa invadere maligni la mia mente, e gli sorrisi stancamente, cercando di apparire il più naturale possibile, sebbene non mi riuscisse affatto semplice. Ero pronta ad affrontare una nuova serata, una nuova tortura psicologica.
Nonostante mi calassi bene in una vita che non mi apparteneva, non riuscivo a liberarmi della consapevolezza che le bugie prima o poi si sarebbero tramutate in una pungente verità.
Avevo fatto sesso con Brian senza che lui sapesse che fossi io, e continuavo a fingere di amare Nick come copertura. Brava Martha, mi ripetevo ogni giorno ad ogni ora, prima o poi ti odieranno tutti.
Deglutii, per poi mormorare distrattamente, sentendo dei passi avvicinarsi:
- Ora devo andare. Brian sta arrivando. – senza arrischiarmi a baciarlo nuovamente, sgattaiolai dietro le quinte del palco, intenta a sbirciare il locale alla ricerca di visi noti fra i clienti.
E, con grande amarezza, mi accorsi di una mora per la quale non provavo affatto simpatia.
Al contrario, provavo un’avversione che poteva spiegarsi soltanto con la parola ‘gelosia’.
- Stronza. – mormorai, assumendo un’espressione vagamente disgustata.
Mi voltai per rifugiarmi in bagno, intenzionata a rimanerci fino al momento in cui avrei dovuto esibirmi, ma una figura dolorosamente familiare si frappose fra me e il corridoio.
Fu triste notare che nella sua espressione non era più presente la rabbia ostile che mi riservava quando ero solo Martha, e non la bellissima cantante dai capelli rossi.
- Ciao… - sorrise, ed io rimasi pietrificata come sempre, incerta sul da farsi.
Tacqui, sicura che non si sarebbe arreso ad un silenzio spietato.
- Tutto a posto? – domandò, stranamente timido e premuroso. Annuii brusca, senza azzardarmi a sorridere, mantenendo il carattere misterioso che avevo costruito intorno a quella maledetta maschera.
- Vado a prepararmi. – sbottai, cercando di farmi spazio e sorpassarlo, nonostante la presenza robusta del gemello me lo impedisse.
- No, aspetta un attimo… - si affrettò a afferrarmi una spalla e immobilizzarmi a pochi centimetri dal suo corpo, e in quella frazione di secondo in cui le sue dita si posarono sulla mia pelle, i ricordi della sua pugnalarono con furia la mia testa, provocandomi brividi che avrei volentieri soppresso per sempre.
Mi costrinsi a mantenere un comportamento glaciale e distaccato, ma mi fu quasi impossibile.
 Infatti trasalii, scostandomi ruvidamente da quel contatto poco appropriato.
- Scusa, devo proprio andare. – tentai disperatamente di trovare un modo per sottrarmi ai suoi occhi, ma quelli mi esaminavano attenti con la stessa vivacità che lo differenziava dal gemello, così gelido anche negli sguardi. Sarebbe stato un reato concedersi di guardarli, anche solo per qualche istante?
- Prima ascoltami, voglio solo dirti una cosa. –
- So già cosa vuoi dirmi. – asserii, nonostante non avessi la minima idea di cosa stesse per pronunciare.
- Io… mi sono innamorato di te. – lo sapevo già, in parte: avevo già compreso quali fossero i suoi sentimenti, ma non riuscii a sopprimere un sospiro esasperato. Lui non amava me, ma quella copia che mi ero creata per stargli vicino. Se avesse avuto solo il minimo sospetto di quale fosse realmente la mia identità non sarebbe accaduto nulla di ciò che avevo scioccamente permesso che avvenisse.
- Non sai neanche chi sono e dici di esserti innamorato. – risposi, combattendo con me stessa per non lasciar intendere che le sue parole mi avessero in qualche modo trafitta. Dovevo sopportare ancora un po’, dovevo essere quell’altra ragazza, dovevo spezzargli il cuore per l’ennesima volta.
- Dimmi chi sei allora… perché ti nascondi? –
- Non mi sto nascondendo. Semplicemente non mi importa che tu sappia il mio nome. Né mi interessa che tu ti sia innamorato di me. Affari tuoi. –
- Quindi per te quello che è successo non ha significato niente? –
- Non sempre fare sesso ha un senso, no? – deglutii, sentendo improvvisamente il bisogno di andarmene. Vedere l’espressione delusa di Brian e non poter fare nulla per cambiare la situazione mi faceva sentire male, malissimo. Ma sapevo quanto fosse necessario fare ciò che stavo facendo: avevo intenzione di prepararlo alla verità, anche se non sapevo esattamente come gliel’avrei detta senza che mi prendesse per maniaca, o senza che mi assalisse.
- Beh per me invece ce l’ha avuto. –
- Non è un problema mio. Fattela passare. – non mi avrebbe seguita, non avrebbe insistito.
Si sarebbe limitato a rimanersene in solitudine un altro po’, prima di indossare anche lui una maschera allegra e adempiere ai propri doveri, cercando di scordarsi di un rifiuto fin troppo amaro.
 
(Pov. Bethany)
Mi guardai intorno, fingendo di essere calma, mentre tutti quanti prendevano posto al tavolino che avevano scelto dopo aver discusso per qualche minuto sull’argomento.
 L’atmosfera era a dir poco polare, e di certo non per la temperatura autunnale, ma per l’insolito silenzio che si era creato nel gruppo di coinquilini, dovuto al caos che si era generato solo qualche sera prima.
Non avevo trovato il coraggio di avvicinarmi a Matt, e nemmeno lui sembrava averne avuto, ma sentivo distintamente il suo sguardo addosso e, un po’ per vigliaccheria, un po’ per evitare le occhiatacce di Will, mi costrinsi a fingere di non essermene resa conto, limitandomi ad attendere il cameriere per le ordinazioni.
Will continuava ad osservarmi con aria corrucciata, come se tutti i problemi del mondo fossero colpa mia, e Prudence non smetteva di guardarsi le mani, incapace di fare o dire alcunché. Sospirai, constatando che la situazione fra Ileen e Chase non era affatto migliore. La sera prima li avevo sentiti litigare furiosamente all’interno della loro camera, per la prima volta in tutta la mia permanenza all’interno dell’appartamento.
Ancora una volta, mi decisi a farmi gli affari miei e non osare introdurre l’argomento.
L’unica cosa che mi premeva fare era parlare con mia cugina al più presto possibile.
Così, presa da un’improvvisa ispirazione, scattai in piedi e le sorrisi, guadagnandomi più di un’occhiata curiosa ed una astiosa da parte dello smielato.
- Cugi, accompagnami un attimo da quella parte, mi sembra di aver visto il cameriere… -
- Non possiamo aspettarlo qui? – domandò lei, sconcertata, certamente ignara delle mie intenzioni.
- Ci metterà un secolo ad accorgersi di noi con tutta la gente che c’è. Su, andiamo. – seppur sbuffando, Prudence riuscì ad alzarsi dalla sedia, per poi seguirmi attraverso la sala rumorosa, in una direzione totalmente opposta a quella che le avevo indicato circa cinque secondi prima.
Appena fummo abbastanza distanti da non essere visibili dagli altri, le indicai l’uscita con il capo, in modo da lasciarle intendere che il nostro giro non aveva niente a che vedere con il cameriere.
Non mi parve affatto sorpresa, e mi seguì senza fiatare, fino a quando non ci trovammo fuori dal locale.
Mi appoggiai alla parete, prima di cominciare un discorso.
- Perché non mi hai detto di te e Will? – le domandai, diretta e concisa, spostando lo sguardo su di lei.
- Beh, cosa c’è da dire? È stato solo un errore. –
- Ah sì? E quante volte hai fatto questo “errore”? – incalzai, elevando un sopracciglio ed assumendo un’aria pressoché dubbiosa. Non me la bevevo, conoscevo troppo bene quell’aria pensosa.
- Una volta. Solo che l’altro ieri… - un’alzata di spalle concluse quella frase, ed io, senza lasciarmi impietosire minimamente dalla sua espressione tormentata, insistetti pesantemente, servendomi di un pizzico di sana ironia.
- …solo che l’altro ieri sarebbe stata la seconda? Cugi, mi spieghi che cazzo succede? – non avevo mai avuto molta pazienza, e l’atteggiamento schivo di Prudence non faceva altro che farmela perdere.
- Come dici tu è assurdo che io e Will… beh, hai capito. –
- Se devo essere sincera invece non ci ho capito una mazza. Tu hai scopato con una persona che dicevi di non sopportare, e stavi per farlo di nuovo. Perché non me l’hai detto, accidenti?! Sono tua cugina! –
- Perché ho paura, va bene?! Tu parli come se fosse impossibile, e invece sta succedendo. Lui mi piace! E io non l’ho mai odiato. Non è colpa sua se somiglia così tanto a Luca! – le sue parole non avevano molto senso, constatai, dopo aver ascoltato attentamente il suo sfogo. E non riuscivo a capire cosa c’entrasse Luca in un discorso che aveva come unico scopo comprendere la situazione tra lei e Will.
- Luca? – sfarfallai le ciglia, senza comprendere, mentre lei trafficava con la tasca della giacca, dalla quale estrasse con mani tremolanti un pacchetto di sigarette che non sapevo neanche possedesse.
- Lascia stare. – mormorò poi, estraendo anche un piccolo accendino rosso ed operandosi per accendersene una. Tacqui per qualche istante, prima di sfilarle il pacchetto dalle mani e prenderne una anche io.
Glielo restituii e mi sporsi in modo che la accendesse anche a me.
Senza fiatare lo fece, per poi riporre tutto nel taschino.
- No, ora parli. Poi mi spiegherai quando ti sei comprata quelle sigarette. Ma ora non mi interessa… -
- E va bene! La verità è che Will mi piace, ed io piaccio a lui. – aspirò il fumo lentamente, prendendosi una pausa dalla sua spiegazione. Io feci altrettanto, curiosa e allo stesso tempo incredula per la confessione fin troppo diretta di mia cugina – Ma tu mi hai detto quelle parole e io ho cominciato a convincermi che tu avessi ragione, che in fondo io e lui insieme saremmo stati… assurdi. Insomma, ho cominciato ad aver paura che fosse tutto sbagliato, che stessi facendo un errore. –
- Ferma. Tu te la sei presa per quella battuta stupida che ho fatto? –
- Sai che quando ti ci metti sai azzerare i buoni propositi di chiunque in due secondi netti. –
- Una persona che non sei tu, magari. Cazzo, sai che mi piace scherzare. Anche se effettivamente lo trovavo strano davvero… ma questo non ti da il diritto di prendermi sempre sul serio! – mi infervorai, per poi respirare un’altra boccata di fumo e buttarlo fuori subito dopo.
- Credo che Will ce l’abbia con te, a proposito. Gli ho detto cosa mi hai detto tu e si è incazzato parecchio. –
- Oh, ora capisco molte cose! – enfatizzai, comprendendo all'istante cosa aveva spinto il ragazzo a fissarmi con tanto rancore e rivolgersi a me in quel modo poco amichevole.
- Vabbè. Ora finisco di parlare. Io non odiavo Will, è solo che i suoi modi di fare, e un po’ anche lui in generale, mi rammentavano Luca; te lo ricordi no? – annuii, non riuscendo a sopprimere una smorfia di disgusto al pensiero dell’ex ragazzo di mia cugina, stronzo quanto bello – E io odio quell’idiota. Meriterebbe di essere preso a calci in culo dalla mattina alla sera. –
- Concordo. – annuii aspirando il fumo, immersa nei pensieri.
- Quindi, beh, non volevo che questa storia continuasse, anche se lui la pensava diversamente. Abbiamo litigato. Poi mi ha messa con le spalle al muro… -
- Non è una metafora vero? – domandai maliziosa, ricordando alla perfezione la scena di fronte alla quale mi ero ritrovata due sere prima. Lei arrossì, dedicandosi alla sua sigaretta per qualche attimo di troppo, prima di ribattere.
- Piantala. Piuttosto… cos’è questa storia di te e Chase? –
- Niente di cui valga la pena parlare. – divagai, cercando di eludere l’argomento, che ahimè continuava a perseguitarmi giorno e notte. Per quanto lui cercasse di fingere che nulla fosse accaduto, la situazione continuava a pesare sulle spalle di entrambi come un grosso macigno.
- Invece credo proprio di sì. La povera Ileen era a dir poco sconvolta. –
- Da quando è diventata la ‘povera Ileen’? – ridacchiai, gettando la cicca sull’asfalto e osservandola spegnersi così come s’era accesa.
- Da quando il ragazzo di cui è innamorata, presunto gay, bacia le altre. In questo caso, te. –
- Non è esattamente colpa mia sai. È che lui mi ha baciata all’improvviso… ed io non sapevo che fare. Ciò che mi lascia perplessa è che quel bacio non sembrava affatto da gay. Non so più che pensare! –
- Qualcosa mi dice che qualcuno si sia cucito una bella maschera addosso. –
- Credi che stia mentendo? Ma perché dovrebbe farlo? –
- Ah non chiederlo a me! – un’alzata di spalle, ed ecco che la sua cicca raggiunse la mia sull’asfalto.
- Giuro che se non vai subito a dire a Will quello che hai detto a me ti diseredo. – esclamai dal nulla, lanciando un’occhiata eloquente a Prudence.
- E tu parla con Chase e cerca di capirci qualcosa, altrimenti dormi con Parmigianino. –
- Affare fatto! – mormorai, prima di sorriderle complice.
- Bene, ora torniamo dentro, e cerchiamo di mettere fine al casino che abbiamo fatto. – fu la risposta arrendevole di mia cugina, accompagnata da un sospiro altrettanto rassegnato.
- Ah… dimenticavo. – tossicchiai, assumendo una tonalità rosso peperone – Ieri Matt mi ha, ehm, baciata. –
- Ohohoh. E tu cos’hai intenzione di fare? –
- Ehm, se ti dicessi che non ne ho la minima idea? –
- Ti direi di muovere il culo e saltargli addosso! Cristo, sei peggio di me. Andiamo va. –
- Uhm, se lo dici tu. – senza obiettare la seguii dentro il locale, e con un sospiro di sollievo mi resi conto che il cameriere era appena arrivato, e che gli altri non avevano ancora preso le ordinazioni.
Ci accomodammo serenamente al nostro posto, e intanto pensai a cosa farmi portare da bere.
Matt mi rivolse uno sguardo indiscreto, tenace, ed io glielo restituii, simulando una specie di mezzo sorrisetto che esprimeva molto più di quanto lui potesse immaginare.
- Ditemi, ragazzi. – il cameriere biondo (che, ricordai, si chiamava Nick) ci guardò tutti quanti con fare impaziente, pronto a scrivere sul foglietto le ordinazioni. Ognuno parlò per sé, e quando il ragazzo se ne fu andato, mi abbandonai allo schienale della sedia, non più timorosa di guardare il moro negli occhi.
Passai una mano fra i capelli, senza accorgermi che Chase mi stava scrutando.
 
(Pov. Brian)
Sarebbe stato semplice chiudere gli occhi e fingere che nulla fosse accaduto. Ma non potevo. Dovevo affrontare la realtà, e limitarmi ad osservarla da lontano come un semplice spettatore. Non sapevo esattamente cosa mi avesse conquistato di lei, oltre i suoi capelli rossi ed il suo corpo eccezionale.
Mi era sconosciuta la sua identità, ma allo stesso tempo era come se la conoscessi già da tempo, e non riuscivo a levarmi dalla testa la sensazione che fosse così.
Preparai un Long Island con un’espressione vagamente indifferente, quasi funerea, tendendolo a mio fratello con fare deconcentrato, in modo che lo traghettasse al tavolo giusto.
- Al ventuno. – asserii, apparentemente assorto dal mio lavoro.
- Tutto ok? – un paio di occhi grigi identici ai miei mi scrutarono preoccupati, mentre io mi adoperavo per completare la successiva ordinazione.
- Certo, certo. Ricordati di andare a chiedere al tavolo dodici… -
- Sì, Brian, lo so. E comunque… se vuoi parlare più tardi sai dove trovarmi. – non sorrise.
Le sue iridi rimasero fredde, e in un attimo riprese la sua attività, lasciandomi solo con le mie tribolazioni.
Cercai di non dare peso al fatto che lei stesse cantando, ma appena sollevai lo sguardo in direzione del palco la vidi, e non potei impedirmi di guardarla a lungo, tanto a lungo da farmi del male, tanto a lungo da desiderare di uscire a prendermi una boccata d’aria fresca. Ma non potevo abbandonare il posto.
Se ci fosse stata Martha probabilmente avrei delegato a lei il lavoro senza pensarci troppo.
Quella quando serve non c’è mai, meditai, senza trattenermi dal sospirare.
Preparai l’ennesimo cocktail, e una voce femminile mi indusse a girarmi: individuai una mora dall’aspetto vagamente familiare, una ragazza incontrata per caso fra i clienti, con la quale avevo ‘chiacchierato’ qualche tempo prima.
- Ciao… Brittany? – domandai titubante, conscio di aver indubbiamente sbagliato nome.
- Bethany. Ehm, potresti darmi una bottiglietta d’acqua naturale, grazie? – sembrava essere piuttosto di fretta, e le occhiate ansiose che si lanciava alle spalle chiarivano una certa inquietudine.
- Problemi al tavolo? – indagai, cercando di seguire il suo sguardo e individuare il suo gruppo.
- Oh no, solo una mia amica che, beh, ha bevuto un po’ troppo. – arrossì visibilmente, e questo fatto mi incuriosì parecchio. Aprii il frigo delle bevande analcoliche e afferrai ciò che mi era stato chiesto, porgendole successivamente la bottiglietta di plastica.
- Ecco a te. – risposi sorridente, e lei mi porse qualche moneta per pagare, che mi affrettai ad incassare.
- Grazie… - sorrise di rimando, umettandosi le labbra con aria nervosa.
- Sembri preoccupata. – dissi, forse mancando di professionalità. Solitamente non osavo intrattenermi con sconosciuti, ma qualcosa nell’espressione afflitta della mora mi spinse a parlarle in termini amichevoli.
Le mie parole la sorpresero, ma non sembrò che le dessero fastidio.
Prese un bel respiro e scosse il capo, passandosi una mano fra i capelli castani.
- Beh, è colpa mia se sta così. –
- Tua? L’hai costretta a bere per caso? –
- N-no, è che… - si guardò alle spalle, prima di continuare - …il suo ex mi ha baciata, e da quando l’ha scoperto non è più la stessa. Credo che abbia cercato di ‘bere per dimenticare’. –
- Mi sfugge il perché dovrebbe essere colpa tua. –
- Io non l’ho fermato. E lui dice tanto di essere gay, ma a questo punto non so manco io cosa pensare. –
- La colpa è sua. È lui che ti ha baciata. Non mi sembra tanto difficile da capire. –
- Non è sempre tutto semplice. Lui non vuole me, e ora lei sicuramente pensa che invece sia così. – si voltò nuovamente, e fu allora che vidi un ragazzo biondo accostarsi a lei. Non ci misi molto a comprendere la situazione, così troncai la conversazione fingendo che non avesse mai avuto luogo.
- Buona serata, signorina! – esclamai, mimando un occhiolino fugace.
- Grazie! – rispose lei, agguantando la bottiglietta e distanziandosi dal bancone di scatto, come se fosse incandescente. La seguii con lo sguardo per un bel pezzo, ma prima che potessi vederla tornare al proprio tavolo cambiò direzione, trascinata dallo stesso ragazzo che poco prima l’aveva raggiunta.
Non mi feci troppi problemi: lanciai uno sguardo schivo al palco e ripresi a fare ciò che stavo facendo, nella speranza che non guardandola il cuore mi facesse meno male.
 
(Pov. Bethany)
- Chase, che fai? Devo portare questa bottiglietta a… -
- Devo parlarti, ora. – arrancai, non riuscendo a mantenere il suo passo, fino a quando non arrivammo in un angolino buio del locale, che presentava un corridoio stretto e silenzioso, abbastanza lontano dalla sala principale da non sentire altro che un confuso vociare. Non capivo esattamente per quale motivo mi avesse portata qui, ma mi divincolai dalla sua stretta appena si arrestò.
- Parla. Ti ascolto. – incrociai le braccia al petto, assumendo una posizione severa che tradiva il desiderio di fuggire via e tornare nella sala principale al più presto possibile.
- Perché hai detto ad Ileen di quel bacio? –
- Non sono stata io a dirglielo. –
- Ah no? E chi allora? –
- Senti… ora non prendertela, ma quand’è successo non sono riuscita a non parlarne. Non capivo perché fosse accaduto tutto questo, così l’ho detto a Will, e l’altro giorno era arrabbiato con me e gli è sfuggito, ma non pensavo ci fosse Ileen nelle vicinanze. – ammisi timorosamente, analizzando il muro alle spalle di Chase, divenuto improvvisamente interessante. Avevo paura di imbattermi nel suo sguardo: mi pareva quasi di trovarmi davanti un altro ragazzo, un Chase totalmente differente da quello che avevo imparato a conoscere e di cui ero diventata amica.
- Beh, ora è tutto un casino. –
- Di certo non per colpa mia! Se tu non mi avessi baciata non saremmo mai arrivati a questo punto. –
- Lo so, cazzo! È che ho combinato un casino e ora non so come lo sistemerò. –
- Potresti cominciare spiegandomi se sei davvero gay o se ci stai prendendo tutti per il culo, per esempio. –
- Non è così facile Beth… -
- Sì che lo è. Mi sai dare una risposta secca? Sì o no? –
- Senti, qualunque cosa io ti dica adesso non devi riferirla a nessuno, okay? –
- Per quale motivo? –
- Ti ho già detto che è complicato. –
- Spigami il perché allora… avanti! –
- E va bene. – sospirò, poggiando la schiena contro la parete fredda – Il punto è che la mia famiglia è un po’ vecchio stampo, e quando ho portato a casa Ileen hanno cominciato subito a fare strane ipotesi sul nostro futuro insieme. Lei era contenta, euforica quasi, ma io ero terrorizzato. Lo sono ancora. Così, prima di iscrivermi all’università ho trovato un modo per evitare il matrimonio combinato che stavano cercando di organizzare i miei. Così ho detto loro di essere gay, e per salvare le apparenze ho dovuto dire la stessa cosa anche a lei. Ho dovuto lasciarla per non sposarmi così presto. Ma, vedi, quando siamo arrivati qui, lontani dalla mia famiglia (che è ancora in fase di shock per quello che ho detto loro), avevo intenzione di dire a lei la verità e riprendere da dove avevamo interrotto, ma lei non mi lascia parlare, lo sai com’è fatta! Ogni volta che cerco di stare solo con lei o litighiamo o trova qualcosa da fare per starmi lontana. Io la amo, e so che lei mi ama ancora, basta vedere come si è ridotta oggi per, beh… - si fermò, scuotendo lentamente il capo, per poi posare le iridi azzurrine su di me – Ma non è tutto... –
Attesi qualche istante in più, prima di prendere la parola: in tutta onestà avevo sperato fino all’ultimo che Chase fosse gay, e non per dispetto alla piattola, ma perché avrei ancora potuto giustificare quel bacio inopportuno, se così fosse stato. Ma ora come avrei potuto scusarlo? E lui cos’avrebbe detto in sua difesa?
- Lasciatelo dire… il tuo ‘piano’ è proprio stupido. In più sei un egoista del cazzo: hai fatto soffrire Ileen per non parlare con i tuoi genitori e poi hai baciato me convinto che lei non lo venisse a sapere. –
- Proprio tu dovresti evitare di farmi la paternale. Non mi pare che tu ti sia comportata in modo molto più corretto con Matt, o sbaglio? –
- Con l’unica differenza che Matt non mi ama e non siamo fidanzati. –
- Cos’altro potevo fare? Tu non conosci i miei… -
- Problemi tuoi. Ma sappi che se non dici tutto questo ad Ileen lo farò io. – senza attendere una risposta feci dietrofront, intenzionata a ritornare in sala, non prima di aver udito il tentativo di Chase di fermarmi.
- Beth, io non ho ancora finito di… - non sentii ciò che disse in seguito.
Accelerai il passo, fino a quando non mi ritrovai abbastanza vicina al tavolo da accorgermi che Prudence e Will non c’erano, e che gli unici rimasti erano Matt e Ileen, che intanto piangeva come una fontana e singhiozzava sulla spalla del moro.
Qualcosa di sgradito si agitò nel mio stomaco, facendomi ingoiare migliaia di insulti, prima di prendere posto più rumorosamente di quanto avrei fatto normalmente.
Matt mi lanciò un’occhiata divertita, ed io gliene restituii una decisamente malevola.
Depositai la bottiglietta d’acqua sul tavolo con fare rabbioso, posando in seguito le iridi castane sulla chioma bionda della piattola, che strusciava il viso umido sulla spalla del moro.
Speravo che il mio sguardo aggressivo le suggerisse di spostarsi istantaneamente da quella posizione, ma qualcosa mi disse che non si era nemmeno accorta che fossi tornata.
- Leen. La tua acqua fresca. – mi annunciai, con un tono artico che avrebbe surgelato chiunque, serrando le labbra in un’espressione tagliente.
- Non ho voglia di bere… - si lamentò lei, ancorandosi ancora di più al ragazzo, che sembrava godersi la scena come si potrebbe godere una finale di Champions.
- Forse non hai capito. Ti serve un po’ d’acqua fresca per riprenderti. – perseverai innervosita, cercando aiuto da parte di Matt per farla ragionare. E levarsela di dosso, possibilmente.
Non ricevetti aiuto da parte sua, e questa fu una delle ragioni per cui mi inasprii ulteriormente.
- Bevitela tu. – si lagnò ancora, e la mia già labile pazienza si dissolse del tutto.
Mi alzai in piedi, afferrai la mia borsa e decisi di tornarmene a casa, possibilmente da sola.
- Arrangiati. Io me ne vado, avvisa tu gli altri. – mi rivolsi con freddezza a Matt, che non sembrava essere più così divertito come lo era prima. Puntò i suoi occhi di ghiaccio su di me, senza comprendere per quale motivo mi stessi comportando in questo modo, e questa volta parlò, senza nascondere la propria perplessità.
- Ma non puoi tornare da sola, è tardi! –
- Visto che tu sei occupato a fare da balia direi che posso invece, e lo farò. – scagliai la freccia con la maestria di un arciere e, senza attendere una sua eventuale reazione, indossai la giacca e mi diressi verso l’uscita del locale, intenzionata ad andarmene sul serio.
 
(Pov. Chase)
Mi aveva lasciato solo a lottare con mille e più riflessioni. Non mi aveva permesso di concludere il mio discorso, ed io avevo bisogno che lei venisse a conoscenza di tutto. Rimasi qualche minuto con le spalle contro il muro: pensavo a come le avrei detto quello che da qualche giorno mi vorticava per la testa, ma più ragionavo, meno riuscivo a trovare un modo adatto per spiegarle ciò che sentivo.
Amavo Ileen, certo. Come potevo non amarla? Ma c’era qualcosa che ostacolava tutto questo, e stava germogliando come una pianta di rose dentro il mio petto. Spine comprese.
Era tutto così confuso che avevo la necessità di metterlo a fuoco, ma non avevo idea di come avrei fatto, se non puntare i miei occhi su di lei e attendere che quel qualcosa si ridestasse e mi desse delle risposte.
Dovevo cercarla, parlarle, tentare di comprendere quel ‘ma’ che mi rendeva difficile anche respirare quando me la trovavo vicina. Dovevo provare, e dovevo farlo subito.
Così ritornai in sala, deciso a fare in modo che mi ascoltasse e che non fuggisse ancora una volta.
Ma quando arrivai in prossimità del nostro tavolo, mi sorpresi a trovarlo quasi del tutto vuoto.
Di certo Bethany non era là, e quando vidi Ileen riversa sulla spalla di Matt, gemente, mi sentii una merda. Ma cos’avrei potuto fare?
Deglutii, disprezzandomi per ciò che stavo per infliggere a lei, e anche a me.
E per ciò che già l’avevo già costretta a subire.
Mi sforzai di apparire naturale come al solito, ma qualcosa nella piega che le mie labbra assunsero suggeriva che non fossi esattamente sereno come cercavo miseramente di dare a vedere.
- Dov’è Beth? – domandai, obbligandomi a risultare effeminato almeno un minimo.
Salva le apparenze, continuavo a ripetermi, sebbene lo trovassi sempre più ridicolo.
- Se n’è andata via. Che le hai detto? – mi aggredì prontamente il moro, squadrandomi con un astio che identificai come gelosia allo stato puro. Aveva tutte le ragioni per esserlo, ma io finsi di non comprendere, come al solito. Assunsi un’aria meravigliata.
- Io? Mi sono solo dimenticato di dirle che… - se Ileen non si fosse assopita sulla sua spalla probabilmente si sarebbe alzato in piedi e mi avrebbe preso a cazzotti. Lo vedevo dalla sua faccia e dalle sue mani, strette a pugno sul tavolino. Era livido, e questo mi fece intendere che alla maschera del bravo ragazzo omosessuale lui non credeva neanche un po’.
- Non mi interessa. Stalle alla larga, sei solo un approfittatore! –
- Forse hai ragione. L’unica differenza fra me e te è che io andrò a cercarla e la accompagnerò a casa come un perfetto bravo ragazzo. E tu invece ti roderai il fegato come un idiota. Proprio come lei ti considera. – sorrisi brutale, per poi voltarmi e uscire dal locale, alla ricerca della ragazza.
Sicuramente, se Ileen non glielo avesse impedito, sarebbe stato ben contento di prendere il mio posto (non prima di avermi pestato per bene), ma fortunatamente mi trovai davanti l’opportunità di discutere con Bethany senza fastidi di alcun genere.
Sapevo quale strada avrebbe preso, perciò affrettai il passo, cercandola senza sosta, fino a quando una lunga chioma castana non illuminò la via. Era lei, l’avrei riconosciuta tra mille altre.
Corsi per qualche secondo, finché non mi ritrovai al suo fianco. Era assorta in chissà quale mondo, e solo quando si accorse di me sostituì a quello sguardo spento un’espressione interrogativa.
- Non mi hai fatto finire prima. E poi mi spieghi che ci fai tutta sola? Matt è proprio un idiota… -
- Già, non posso darti torto. Che vada a fare in culo, sono stanca di lui! –
- Davvero? – corrugai la fronte, stupito. Pareva quasi che ce l’avesse a morte con lui, nonostante il ragazzo sembrasse convinto del contrario, e cioè che io le avessi fatto qualcosa di male.
- Prima mi salta addosso e mi bacia, poi fa le fusa come un disgustoso gatto quando quella gli si struscia addosso. Basta, io mi rifiuto di tentarci ancora! – era totalmente fuori di sé dalla rabbia, e in questo istante trovai l’occasione di dirle tutto ciò che prima non ero riuscito a confessarle, un po’ per colpa sua, un po’ per paura della sua reazione.
- Credo di provare qualcosa per te, Bethany. – pronunciai tutto d’un fiato, interrompendo il passo.
Si arrestò anche lei, e parve passare un’eternità, quando lei finalmente reagì. Mi guardò con aria impassibile, senza chinare il capo, troppo sgomenta per fare alcunché, ed io continuai, incoraggiato ma allo stesso tempo intimorito da quello sguardo impossibile da interpretare.
- Lo so che prima ti ho detto di amare Ileen, ma tu non mi hai fatto finire. Ma ora mi devi ascoltare. Non so cosa mi succede… quando ti ho baciata non l’ho fatto di proposito. È stato quasi automatico. Ero incazzato, confuso, e sei arrivata tu a cercare di capire che cos’avessi. Solo che da quel bacio starti vicino è stato strano. E mi sento in competizione con Matt ogni santo giorno, perché so che tu vuoi lui. – non si mosse.
Non disse nulla, così parlai ancora, nella speranza che reagisse in qualche modo.
- Provo qualcosa per te Bethany. Cazzo, di’ qualcosa! –
- Tu mi hai visto le tette. E anche il culo. Sai che ti dico? Vattene a fanculo pure tu, insieme a Matt! – non era certo la risposta che mi aspettavo, e sentirla pronunciare con tanta ira mi fece del male, ma capivo la sua frustrazione, capivo il fatto che mi detestasse e che biasimasse anche lui.
Tuttavia non ero intenzionato a lasciarla andare così, non senza giocarmi l’ultima carta che mi restava.
Prima che riprendesse a camminare, lasciandomi solo come un cretino, mi bloccai dinanzi a lei, afferrai il suo viso con entrambe le mani e la baciai. Un’altra volta.
Fu decisamente troppo per i suoi nervi ridotti a brandelli: si dibatté coraggiosamente fino a quando non riuscì a spingermi via dal suo corpo e, senza pensarci due volte, colpì con forza il mio viso.
Mi lanciò uno sguardo nauseato, tanto intenso da tapparmi la bocca. Non osai guardarla e, non appena sentii le sue parole schiaffeggiarmi al posto delle sue mani, mi decisi a lasciarla in pace.
- Pensavo fossi mio amico, e invece sei soltanto uno stronzo. Tu e Matt fareste proprio una bella coppia, già… peccato che tu non sia gay. – non aggiunse altro, ed io non mi azzardai a ribattere.
L’unica cosa che feci fu guardarla andarsene e riflettere su quanto avessi perso in così poche ore.
 
(Pov. Prudence)
- Will, non pensi che dovremmo andare a controllare come sta Ileen? –
- Macché. Gli altri se la caveranno con lei. – eravamo lontani dal locale, confinati sulla panchina di una piazzetta sperduta nei dintorni, che si affacciava su una lunga fila di case popolari dall’aspetto anonimo.
Ero seduta ad una certa distanza dal suo corpo, ma ne sentivo ugualmente il calore, o forse era solo la consapevolezza di stargli accanto a darmi questa sensazione alienante.
Deglutii, conscia che la sua mano fosse a circa cinque centimetri e mezzo dalla mia.
- Credi che Matt e Bethany risolveranno qualcosa? – domandai apatica, intenzionata ad allontanare il momento del confronto, momento che era oltretutto la ragione per cui ci trovavamo entrambi lì.
- Adesso non è che mi interessi molto. Finiscila di sviare, ti conosco ormai. – constatai che stava proprio là il problema. Mi conosceva abbastanza da capire che ero tutto fuorché serena.
- E va bene… - tirai su col naso, lasciando dondolare lentamente le gambe coperte dai jeans.
- Quindi adesso mi spieghi perché ti vuoi tanto male. –
- Ho parlato con Bethany prima, e ho capito di essermi comportata da idiota. –
- Mh, continua. –
- Il punto è che quando si tratta di persone di cui non mi importa niente non ho problemi di alcun genere. Sono capace di manipolare chiunque e di conquistare la stima e la simpatia degli altri, ma quando si tratta di te mi rendo conto di non sapere più nulla. Tu mi azzeri totalmente. – scossi il capo, sentendo un’improvvisa voglia di tornare indietro nel tempo e di non intraprendere mai quella conversazione.
- La cosa peggiore è che ti permetto di cambiare il mio umore come se niente fosse. Ed è pericoloso. Io non voglio dipendere da nessuno, meno che mai da te. – continuai, assumendo un tono risoluto. Desideravo levarmi dalla testa tutto quel casino, sbrogliare i fili ingarbugliati e riuscire a pensare ancora lucidamente.
Il problema era sempre il solito: con lui nei dintorni, dimenticavo come si faceva.
- Basta un tuo bacio e ritorno punto e a capo: tutti i buoni propositi, tutte le promesse che faccio a me stessa finiscono nel cesso in un nanosecondo. Hai idea di quanto possa essere umiliante? – lui continuava a non proferir verbo, ed io mi ostinavo a tenere a bada l’impellente voglia di sfiorargli la mano.
- Poi arriva Bethany, e mi dice che è assurdo, che io e te non abbiamo senso, e allora penso che mi farebbe comodo se lei avesse ragione. Poi mi sveglio il giorno dopo e indovina? L’unico modo per sfuggire a questa maledizione è continuare a ingannarmi. Io che faccio sempre tutto col cuore, che me ne frego del parere altrui, che sono sempre sincera e non ho paura di esserlo… mento a me stessa per tenerti lontano dalla mia testa. Non è ridicolo? – tacqui, sentendomi meglio e peggio allo stesso tempo.
- Sono un’ipocrita come tutti gli altri. – aggiunsi a mezza voce, mordendomi il labbro inferiore. Sentivo la mano sinistra a malapena, come se fosse cementata. Desiderai che la sua bruciasse quei cinque centimetri e mezzo e la riscaldasse, nonostante non avessi freddo.
- Non sei un’ipocrita. Hai solo paura. Tutti ce l’hanno. – arrivò il momento che avevo temuto, e cioè quello in cui lui avrebbe preso la parola, il momento in cui sarei stata costretta a sollevare lo sguardo.
Lo feci con timore, ma le sue iridi erano puntate sulla mia mano, come se la sua provasse lo stesso intimo desiderio di raggiungerla. Ma ancora non lo faceva, trattenuta da chissà quali catene mentali.
- Tu non ce l’hai. Come fai a non averne? –
- Hai ragione, io non ne ho. Ho realizzato che qualunque divieto non avrebbe arginato proprio un bel niente. Riconosco una causa persa quando la vedo. E tu non sei mai stata così decisa da lasciarmi credere che lo fossi. –
- Non sono padrona neanche del mio corpo quando ti sono vicina. – ammisi a malincuore, combattendo arduamente contro montagne d’orgoglio represso.
- Lo sei abbastanza da non volermi prendere la mano. Beh, io non sono così forte. – e, senza attendere neanche un lieve accenno di risposta, fece ciò che avrei voluto fare da quando avevo posato il culo su quella panchina gelida. Coprì la mia mano con la sua, e scordai nuovamente come si pensava.
Accennai un sorriso, ma lui non lo vide: coprì le mie labbra con le sue e ancora una volta dimenticai come si sorrideva.
- Non costringermi a ragionare ancora. – sibilai sulla sua bocca, lasciando che le dita si intrufolassero fra i suoi folti capelli castani.
- Non ho nessuna intenzione di farlo. – furono le ultime parole che emise quella sera, e se ne disse altre, rimasero abilmente nascoste fra i baci.



nda: so che mi odiate a morte, e avete tutti i diritti di questo mondo. Ma ho avuto problemi di varia natura:
1- computer morto (pace all'anima sua (L))
2- poco tempo (scuola, mare, impegni vari)
3- cervello poco produttivo ç_ç
Ma ora sono qui, e probabilmente starete pensando: ma quant'è idiota Chase? Credetemi, me lo chiedo anche io.
Ho poco tempo (qui rompono per usare il pc) perciò spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e spero di poter scrivere il prossimo a breve.
Alla prossima, kissoni. Frens.
   
 
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