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Autore: yllel    30/06/2012    3 recensioni
"Figurati se il matrimonio di Sherlock Holmes poteva anche solo essere minimamente normale" questo e' quello che passa per la mente di John in un giorno di settembre... Dopo le altre storie, il cammino di Sherlock e Molly verso l'altare.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il motivo per cui torno sempre indietro'
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Grazie come al solito  a SvaneH per la sua recensione..
Attenzione: a meta’ del capitolo c’e’ una  parte che riprende l’ultima puntata della seconda serie... spoiler.
La splendida musica citata in questo capitolo non mi appartiene proprio e vi assicuro,  che l’ho scelta prima di scoprire che e’ davvero utilizzata nei matrimoni.
Buona lettura!
 

IL MATRIMONIO DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER

SETTEMBRE – PARTE 2

 
Oliver Tiberius Wellis aveva ucciso sua madre, perche’ proprio non la sopportava piu’: sempre a dirgli quello che doveva fare, come doveva vestirsi, cosa doveva mangiare... sempre a comandare ogni singolo attimo della sua vita.
Le cose erano sempre andate cosi fin da quando era piccolo e col tempo, aveva imparato ad annuire, accontentarla e poi ritagliarsi dei nascondigli e dei momenti per fare cio’ che voleva. C’erano la soffitta e la cantina, dove lei non andava piu’ a causa delle sue gambe malmesse e lui pensava davvero, di poter aspettare che lei se ne andasse.
Finche’ la vecchia non aveva buttato i suoi giornaletti, cosa che aveva rappresentato il massimo affronto e aveva portato alla decisione di farla fuori.
Per  mesi aveva continuato ad obbedire e nel frattempo pianificare l’omicidio perfetto perche’, anche se lei lo accusava sempre di essere uno stupido, inetto e buono a nulla, lui era intelligente, molto intelligente e furbo.
Aveva scelto il postino come capro espiatorio perche’ osservandolo, aveva capito che approfittava del suo lavoro per studiarsi le case e poi tornare con calma a rubare, soprattutto alle signore anziane del quartiere che vivevano sole.
Aveva preso quella vecchia collana e il braccialetto dal portagioie di mamma la mattina dell’omicidio, le aveva infilate nella borsa del postino, quando l’aveva lasciata incustodita per consegnare un pacco quattro vie prima della sua, era tornato a casa e aveva l’aveva uccisa. Senza neanche troppa fatica. Lei era rimasta troppo stupita che il suo stupido figlio potesse anche solo concepire una cosa del genere, per poter pensare di reagire.
Quando il postino era arrivato, per consegnare un pacco che Oliver stesso si era spedito, era passato dal retro come ogni tanto faceva, perche’ alla porta principale non rispondeva nessuno.
La telefonata anonima di Oliver, che diceva di aver sentito delle grida, aveva allertato la polizia, che aveva trovato la refurtiva nella borsa del sospettato, le tracce della sua presenza in casa e in una successiva perquisizione nel suo appartamento, altri beni rubati.
La conclusione era stata che l’uomo era entrato in casa per rubare, era stato sorpreso dalla signora e l’aveva uccisa in un attimo di panico.
Oliver aveva recitato la parte del figlio distrutto dal dolore e poi aveva preso possesso della sua casa. Finalmente solo.

***

“Se tieni il broncio non riusciremo certo ad uscire di qua! Dobbiamo pensare a una soluzione, Sherlock!”
John si mosse di nuovo per verificare la tenuta delle corde. Niente da fare, il nodo era troppo stretto.
“Non sto tenendo il broncio” eclamo’ Sherlock, in un tono di voce che diceva esattamente il contrario.
“Senti, ti chiedo scusa per averti detto di tacere, ora vogliamo trovare un modo per liberarci?”
L’altro assunse un’espressione concentrata e John spero’ davvero, che avesse trovato la soluzione per andarsene di li.
“John, tu non credi che Molly pensera’ che io l’abbia fatto apposta, vero?” chiese invece Sherlock.
John emise un gemito di frustrazione “Sherlock! Non credo sia il momento di discutere di questa cosa e comunque, no. Non pensera’ che l’hai fatto apposta... perche’ non l’hai fatto apposta, vero??”
“Certo che no! Ho solo calcolato male i tempi, ecco tutto”
“Voi due parlate troppo” la voce di Oliver in piedi sulle scale li fece girare di scatto.
Quell’uomo doveva pesare almeno cento chili, calcolo’ John, ma era stato anche estremamente veloce e agile nel sopraffarli.
“Senta... ci dispiace davvero molto di aver invaso la sua proprieta’. Il mio amico qui... si sposa oggi ed eravamo tutti e due un po’ ubriachi per l’addio al celibato, sa com’e’. E’ naturale che lei si sia arrabbiato, ma le assicuro che se ci lascia andare dimenticheremo tutto!” John sfodero’ un sorriso che spero’ essere molto convincente.
“Non essere sciocco, John. E’ ovvio che non possiamo dimenticare cio’ che e’ successo, quest’uomo ha ucciso sua madre a ha fatto ricadere la colpa su di un innocente: benche’ ladro, il postino non era certo un assassino.”
Il dottor Watson chiuse gli occhi con un altro gemito di frustrazione.
“Come sai queste cose?” Oliver si agito’.
“Troppo lunga da spiegare e io ho davvero fretta. Mi sposo sul serio, oggi. Ti basti sapere che io ho una mente brillante e che tu, invece no. Sei stato smascherato. Ora lasciaci andare”
L’altro scosse la testa con forza.
“No! Non posso permettere che tutti lo sappiano! Mi porterebbero via e questa e’ casa mia, posso fare tutto cio’ che voglio, qui. Butterebbero i miei giornaletti come ha fatto mamma e io non lo sopporterei!”
“Oh, e’ stata questa la causa scatenante? Affascinante. L’attaccamento a delle pubblicazioni cartacee ha avuto il sopravvento sul super io e sulle regole sociali e morali.”
“Sherlock...” mormoro’ John sull’orlo della disperazione.
“Erano i miei fumetti preferiti!” esclamo’ Oliver con tono lamentoso “ci ho messo anni a collezionarli e lei li ha buttati, perche’ diceva che erano cose da bambini! I miei fumetti!”
“Avrei davvero puntato sul fatto che fossero riviste per adulti, dovendo scegliere” rispose Sherlock con un’espressione pensosa, come se la questione lo stesse facendo riflettere sul serio.
“Io non leggo quelle cose! Mamma diceva sempre che non va bene!”
Se John avesse potuto, a quel punto avrebbe alzato le mani al cielo.
“Non ho davvero il tempo e la voglia di affrontare questo discorso, ora. Adesso liberaci” esclamo’ Sherlock con tono deciso.
Ma Oliver scosse la testa.
“No. Penso che vi uccidero’, invece”
“Impossibile. Non sei abbastanza organizzato per poterci uccidere entrambi e dovresti liberarti di due corpi, senza aver avuto il tempo di pianificarlo”
Oliver parve per un attimo preso il contropiede, poi sorrise.
“Vi faro’ morire di fame, qui giu’ in cantina. Nel frattempo, pensero’ a un modo per liberarmi dei vostri cadaveri”
“Questo potrebbe funzionare, in effetti” esclamo’ Sherlock con tono condiscendente.
“Sherlock!”
“John, privarci di acqua e cibo funzionera’ per forza, alla fine... anche se richiedera’ qualche giorno, di sicuro. Approssimativamente direi”
“Mani in alto!”
John sussulto’ e si giro’ di nuovo a guardare verso le scale.
Oliver era circondato da poliziotti armati che l’avevano gia’ immobilizzato.
“Alla buon’ora, Lestrade. Ora vuoi liberarci, per favore? Avrei un matrimonio che mi aspetta.” esclamo’ Sherlock con  fastidio.

***

John si massaggio’ per l’ennesima volta i polsi liberi dalla corda e rimase ad osservare, mentre Oliver veniva caricato e portato via sulla macchina della polizia.
Scosse la testa e guardo’ Sherlock.
“Avevi avvertito Lestrade che saremmo venuti qui” disse infine.
“No di certo!” esclamo’ l’altro, come se il solo pensiero che lui avesse potuto farlo costituisse un vero affronto.
“Ehi, guarda che io non sono un idiota!” si intromise l’ispettore “la tua scenetta del vado a casa a riflettere sul grosso cambiamento nella mia vita non ha funzionato!”
“Ah si?” Sherlock gli si avvicino’ “allora perche’ sei arrivato solo ora?”
“Ci ho messo un po’ per capirlo, ieri ho bevuto parecchio” ammise Greg, prima di aggiungere con un sorrisetto “o forse volevo farti stare in pena per un po’, cosi impari!”
“Propenderei di piu’ sull’ipotesi della troppa birra, ispettore. Ma grazie lo stesso” esclamo’ una voce dietro di lui.
“Ah, ecco che adesso siamo al gran completo. Buongiorno e addio, Mycroft. Vedo che l’aereo su cui viaggiavi ha attraversato qualche turbolenza. Scusa, ma ora devo andare a sposarmi” Sherlock si avvio’ lungo la strada.
“Hai visto che ore sono, vero?” suo fratello lo blocco’ subito.
Sherlock strinse le labbra.
“Naturalmente”
Mycroft fece un sorrisetto.
“Fratellino, se anche vuoi avere la minima speranza di arrivare in orario, dovrai affidarti a me. E’ una fortuna che io sia rientrato un po’ prima dal mio viaggio. Ho una macchina pronta con i vostri cambi di abito, il necessario per darvi una ripulita e gli anelli.
Spero non ti dispiaccia, John.”
“Proprio no” rispose lui. Subito dopo si accorse con orrore che Sherlock stava esitando.
Ok. Adesso basta.
Gli si avvicino’ con fare minaccioso.
“Sentimi bene, adesso noi saliremo su quella macchina e al diavolo il tuo stupido orgoglio, hai capito? Ok, e’ tuo fratello che salva la situazione, ma almeno per oggi, solo per oggi, potresti lasciar correre e non fare il difficile come al solito?”
Sherlock lo fisso’ un attimo e poi si avvio’ con fare sostenuto verso la macchina, entrando e sbattendo con forza la portiera.
“Ben fatto, John” esclamo’ Lestrade.
“Non credo che sopravvivero’ a questo matrimonio” esclamo’ lui sospirando, incamminandosi poi verso la vettura.

***

Un’ora dopo, Sherlock Holmes era in piedi vicino all’altare. John al suo fianco. Il celebrante al suo posto. Gli invitati seduti ad aspettare la sposa.
Il Queen Mary’s Rose Garden all’interno di Regent’s Park era meravigliosamente fiorito e gli strumentisti stavano accordando il flauto e il pianoforte.
Sherlock stava ingannando l’attesa osservando le persone presenti: la signora Hudson era al terzo fazzolettino e non dava segno di voler smettere di piangere; sua madre aveva accolto Mycroft con un sorriso e aveva salutato la sua assistente con un cenno di mano gioioso: Anthea si era limitata a un movimento del capo e si era rituffata nel suo telefonino. A quanto pareva il viaggio di suo fratello era stato fruttuoso e ora c’era un nuovo governo, da qualche parte del Sud America. Greg Lestrade era passato a prendere sua moglie e ora sedevano vicini senza neanche sfiorarsi: di nuovo ai ferri corti, quei due. Mike Stamford si era fatto accompagnare dalla sua nuova fiamma, un’infermiera che gli stava nascondendo un recente divorzio.
La prozia Mathilda con il prozio Archibald erano nelle ultime file, ancora un po’ stupiti di essere effettivamente al matrimonio del loro nipote; erano gli unici parenti che non gli davano particolarmente fastidio (quando era piu’ piccolo, gli lasciavano fare esperimenti nella loro cantina).
Qualche altro collega di Molly e sua zia, la cui figlia le avrebbe fatto da damigella.
John si muoveva inquieto, il che era strano, perche’ era lui lo sposo e poteva dire, con assoluta certezza, di sentirsi oltremodo tranquillo.
Solo un po’ scocciato per aver dovuto cedere all’aiuto di Mycroft.
Ma Molly ne avrebbe sofferto, se fossi stato in ritardo. E per questo ne e’ valsa la pena.
Assolutamente tranquillo. Erano mesi che aspettava questa cosa, non c’era nulla che potesse metterlo a disagio.
Poi la musica comincio’ e tutti si alzarono in piedi.
Il pianoforte parti’ lento nella melodia e il flauto attacco’ con leggero ritardo: Sherlock lo realizzo’ distrattamente, perche’ la sua mente aveva cominciato uno strano viaggio nel tempo, non appena aveva riconosciuto il brano.
Il canone in re maggiore di Pachelbel.
 
 
 Appartamento di Molly Hooper, diciotto mesi prima

 
Sherlock e’ steso sul divano nel soggiorno di Molly, uno sguardo assente sul viso. Ha inscenato la sua morte solo sette ore prima e poi si e’ rifugiato qui, dall’unica persona, oltre a suo fratello, che sa che lui e’ vivo.
Dalla persona che lo ha aiutato senza porsi problemi e che ora lo osserva preoccupata, in piedi sulla porta del corridoio.
Sa che lei e’ indecisa, che non sa cosa dirgli o cosa fare e questo lo consola.
Sa che se lei provasse a parlargli, probabilmente le scaricherebbe addosso la tensione accumulata in quegli ultimi giorni, la rabbia e l’impotenza che ora prova e che le riserverebbe parole estremamente crudeli.
Lei non se lo merita.
Ma Sherlock non riesce a pensare, non riesce a reagire, e’ come se dopo il tuffo da quel maledetto tetto, tutto si fosse fermato nella sua testa, come se ci fosse solo un grande vuoto e nessuna possibilita’ di darsi un nuovo obiettivo. Nelle ultime ore e’ stato talmente impegnato a progettare la sua morte, che ora che tutto e’ finito non sa come procedere.
Ogni volta che chiude gli occhi, gli sembra di cadere di nuovo, sente di nuovo le parole di John al telefono, rivede la faccia di Moriarty mentre si spara. Sempre e solo questo, in continuazione.
Non puo’ pensare. Non puo’ riposare. Non fa nulla.
Molly si muove dal suo angolo e si avvicina allo stereo, prende un cd e lo inserisce nel lettore. Poi viene a sedersi sul pavimento vicino a lui, ma non gli dice niente.
La musica comincia e Sherlock riconosce il canone in  re maggiore di Pachelbel, in una versione per flauto e pianoforte. E’ una buona incisione, ma vecchia di almeno dieci anni. Molly la ascolta a occhi chiusi, muovendo piano le dita, come se conoscesse il brano a memoria, come se lo avesse ascoltato centinaia di volte. Il CD apparteneva a suo padre. Le e’ grato di aver scelto un brano di musica classica e nel contempo, le e’ grato che non sia la versione originale per  violino.
Il suo strumento e’ un’altra delle cose che non gli appartiene piu’, ormai. Come il suo lavoro, la sua casa, il suo rapporto con John.
La sua vita non gli appartiene piu’.
E poi Molly fa una cosa estremamente coraggiosa, che non si sarebbe mai permessa fino al giorno prima, quando tutto e’ cambiato: afferra la sua mano, la stringe e silenziosamente cerca di comunicargli un’altra verita’.
Ha salvato le persone a lui care. Ha fatto in modo che continuino a vivere. E non e’ solo.
D’un tratto questo pensiero e’ confortante, lascia che la musica gli penetri la mente e il cuore e finalmente, si concede di chiudere gli occhi.
Non lascia andare la mano di Molly.

***

Sherlock vacillo’ leggermente sotto il peso di quei ricordi e si ricompose, vedendo avanzare la damigella; con la coda dell’occhio, si accorse dell’occhiata di apprezzamento che John stava dandole... fantastico, un altra occasione per lui di tuffarsi in un rapporto sbagliato che...
Sherlock, improvvisamente, non riusci’ piu’ a ricordare che cosa stesse pensando fino a qualche secondo prima.
Molly era apparsa in fondo al vialetto al braccio di suo zio, sul viso un’espressione radiosa. La musica continuo’ dolce, accompagnando i suoi passi verso di lui.
Il vestito era stato spezzato, alla fine. Aveva una giacca corta e una gonna che si allargava piano, ondeggiando lieve ad ogni passo. I capelli  erano raccolti in una morbida acconciatura, ornata da piccoli fiori bianchi e rosa, che lasciava cadere piccoli boccoli ai lati del viso.
Assolutamente... meravigliosa.
Sua.
Il battito del suo cuore aumento’ vorticosamente a quel pensiero: si accorse di avere i palmi delle mani umidi, e nelle orecchie uno strano ronzio.
“Respira, Sherlock” John gli si era avvicinato e con un tono misto tra preoccupazione e divertimento, lo riporto’ alla realta’.
Sto per sposarmi.
Sherlock respiro’ a fondo e si rilasso’ in un istante. Era assolutamente pronto. Era davvero pronto a impegnarsi con la donna che stava per raggiungerlo e adesso, solo adesso, mentre la osservava avanzare verso di lui, riusciva a realizzare del tutto la portata dell’atto che stava per fare.
Perche’ nessun altro, lo sapeva bene, avrebbe mai potuto avere quell’effetto su di lui.
Ecco il senso di una cerimonia circondati dalle persone a loro care, l’ufficialita’ e la dolcezza della musica, dei fiori e di un vestito che la rendeva ancora piu’ bella.
Sherlock in  quel momento capi’ i mesi di preparativi e sorrise a Molly.
Lei gli arrivo’ a fianco e ricambio’ il sorriso, ricevendo il bacio dello zio prima di girarsi verso l’altare, per l’inizio della cerimonia.
“Miei cari, siamo qui riuniti oggi per celebrare un’unione tra due persone, che si amano e vogliono condividere il resto delle loro vite. E’ un impegno importante, che entrambi affrontano con coscienza e determinazione e”
“Un momento!”
Il giudice di pace si zitti’ e tutti rimasero a bocca aperta.
“Un momento” ripete’ Molly Hooper “si fermi, per favore”.
  
  
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