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Autore: Emily Alexandre    30/06/2012    4 recensioni
"Era un giugno particolarmente caldo, quello, persino nell’uggiosa Londra; la casa dei Palmerston era situata poco lontano da Hyde Park, in una via signorile ed elegante i cui lati erano un susseguirsi di ville tutte uguali, dai muri bianchi e dai giardini perfettamente curati.
Era una mattina come tante, con sir Palmerston che sorseggiava il tè leggendo le ultime notizie sul Times e sua moglie che dava disposizioni per il pranzo. Quando Emma fece il suo ingresso, spumeggiante come era solita essere persino di prima mattina, i suoi genitori stavano discutendo sulla necessità di iniziare ad inviare alcuni pacchi a Maidenhead.
-La Stagione si concluderà in tre settimane, mia cara, dovremo iniziare a riportare quello di cui non abbiamo bisogno a casa."

Londra, 1814. La Stagione mondana si sta concludendo, ma per i Palmerston e gli Astor tutto ancora deve essere deciso. Chi sposerà alla fine il conte di Cecil? Miss Claire Palmerston o Miss Annabeth Astor? E chi è l'amore segreto di Eve Palmesrton? Cosa nasconde Mr Astor? Intanto, per la felicità della cugina Emma, Arthur Browning,nipote di Sir Palmerston, sta tornando a casa, ma porta con sé una sorpresa.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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“È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere alla ricerca di una moglie.” [Orgoglio e Pregiudizio]

Colonna sonora del capitolo


 

Miss Julie Trevelyan si era perdutamente innamorata di Londra; mentre sorseggiava il tè della colazione il suo sguardo vagava oltre la finestra assorbendo immagini di quotidianità che non vedeva l’ora di poter definire proprie. Era ancora troppo americana, per i suoi gusti, ma stava per diventare la moglie di un rispettabile signore inglese e voleva esserne all’altezza. Quella prima settimana era stata foriera di esperienze entusiasmanti e di conoscenze piacevoli; la famiglia Palmerston, in particolar modo, l’aveva colpita positivamente accogliendola senza eccessive remore, atteggiamento che forse non tutti avrebbero avuto. La sua paura era, soprattutto, che il baronetto avesse progettato di combinare un matrimonio tra il nipote e una delle figlie e che dunque l’avrebbe vista come un ostacolo; era stata lieta di accorgersi, al contrario, di come le nozze non rientrassero nei progetti di nessuno di loro. Claire, la primogenita, aveva un carattere piuttosto freddo e superbo, ma con lei era stata più che cordiale e non aveva minimamente mostrato segni di gelosia, impegnata com’era a dividersi tra un conte e un futuro baronetto. Eve, al contrario, era assolutamente adorabile, dolce e affettuosa con tutti e perdutamente innamorata del colonnello; Julie si chiedeva se i genitori non se ne fossero realmente accorti oppure fingessero solamente, sperando in un partito migliore. A lei, personalmente, Lennox piaceva: era un uomo dagli ottimi modi e, benché non fosse di nobile retaggio, si era distinto nell’esercito e aveva ereditato la tenuta paterna che gli fruttava quattromila sterline  annue.
L’unica nota che procurava qualche pensiero all’americana era la più giovane delle sorelle, Emma. Era chiaro avesse un debole per il cugino, ma questo non la preoccupava molto: Arthur era stato l’eroe romantico della sua infanzia e dall’idolatria all’adorazione il passo era breve. La cotta della giovane sarebbe svanita in un battito d’ali, ne era sicura, come tutti gli amori fanciulleschi, ma ciò che la preoccupava era Arthur stesso. Il suo fidanzato non aveva mai mostrato alcun interesse per le altre donne, da quando l’aveva conosciuta, ma a volte lo sorprendeva a fissare incantato la cugina, a cercarla con lo sguardo o a perdersi in pensieri troppo lontani. Un’infatuazione poteva essere accettabile da parte della giovane Emma, ma non da un uomo maturo come lui. Il fatto che abitassero sotto lo stesso tetto, poi, non la faceva dormire tranquilla.
-Dovremmo trovare un corteggiatore per la giovane Palmerston.- commentò rivolta alla sua chaperone, che le sorrise. Miss Bolton era al suo servizio da così tanto tempo che la comprendeva senza che neppure avesse bisogno di parlare.
-È giovane e bella, non sarà difficile.
Il discorso, però, fu fatto cadere quando Arthur fece il suo ingresso vestito di tutto punto e di ottimo umore.
-Buongiorno mia cara,- esclamò baciandole la mano –come state?
-Bene, vi ringrazio. Gradite del tè?
L’uomo annuì e Miss Bolton si allontanò per dare disposizioni; non era appropriato che Julie e Arthur rimanessero da soli nella stessa stanza, ma dopotutto erano fidanzati ed erano lontani da occhi indiscreti.
-Ho preso appuntamento per visitare una villa vicino Hyde Park. Se non ho capito male quale sia, è una splendida dimora a tre piani, dotata di tutto quello che si può desiderare. Apparteneva a un baronetto, ma è morto senza lasciare eredi, dunque è in vendita.
-Bene,- Julie sorrise all’idea –sento che sarà quella giusta!
-Siete sicura di non voler considerare una casa in campagna?
La donna scosse la testa, -Mio caro Mr. Browning, ne abbiamo già parlato. Non sarebbe meglio goderci la vita londinese per qualche tempo? In campagna possiamo sempre affittare una casa e, inoltre, alla morte di vostro zio erediterete Mangrove House e a quel punto cosa ne faremmo di due dimore di campagna? Ma ovviamente mio caro, se è ciò che desiderate, vi seguirò.
Arthur le sorrise prendendole la mano –No, avete ragione, volevo solo essere sicuro che non aveste cambiato idea nel frattempo.
Amava il sorriso di Julie, il suo spirito, il suo essere donna; aveva assistito il padre malato per anni, sin da quando non era che una tredicenne, imparando a vivere solo Miss Bolton al seguito. In una società come quella in cui vivevano non era stato affatto facile, neppure a New York. Quando l’aveva incontrata aveva amato sin da subito il suo carattere forte, ma anche la gioia con cui si era lasciata andare con lui, fidandosi fino a seguirlo in Inghilterra, lasciando il padre alle cure di una governante. Non era stato facile, ma l’uomo, dopotutto, neppure la riconosceva più.
Non aveva mai dubitato della saggezza della sua decisione, né della felicità che il matrimonio avrebbe portato loro, ma da quando era tornato a Londra un pensiero lo ossessionava senza dargli tregua e lui non vedeva l’ora che la Stagione finisse. Lui si sarebbe sposato e lei… Lei sarebbe andata via dalla capitale, portando con sé anche la sua ossessione.
 
 
Qualcosa affliggeva Lady Palmerston; benché la routine mattiniera non avesse subito alcuna apparente anomalia, all’occhio del marito balzò subito la posizione storta del cucchiaino che aveva usato per girare il tè, o la lentezza con cui aveva mangiato il biscotto alle mandorle che tanto amava. Dopo ventiquattro anni di matrimonio Sir Palmerston conosceva sua moglie. Non era stata un’unione d’amore, il loro, si conoscevano a malapena quando lo zio dell’allora Miss Elizabeth Hamilton, secondogenita di un ricco baronetto di campagna, l’aveva proposta al defunto Sir Palmerston come possibile moglie per suo figlio. Tutto in lei era adeguato, dall’estrazione sociale all’educazione, dai modi compiti alla elegante bellezza bionda; si erano conosciuti durante alcuni festeggiamenti per la fine dell’anno e, due mesi dopo, erano convolati a nozze. Mr. e Mrs. Palmerston passarono i primi mesi di matrimonio imparando a conoscersi e rispettarsi, ma l’affetto del marito sbocciò quando la giovane moglie, che allora aveva appena diciotto anni, gli era stata vicino nel momento più difficile della sua vita: quando l’amata sorella si era tolta la vita. La povera Claire si era perdutamente innamorata di un ufficiale della marina e la relazione tra i due era arrivata al punto che l’uomo aveva chiesto la sua mano al baronetto; costui, spinto dalle lacrime della figlia e dalle preghiere del figlio che altro non voleva che la felicità della sorella, aveva accettato, nonostante l’estrazione inferiore dell’ufficiale. A due settimane dalle nozze, però, l’uomo si era rivelato per ciò che era realmente, ovvero un arrampicatore sociale: dopo aver sedotto una ricchissima vedova l’aveva maritata dall’oggi al domani, senza alcun riguardo per la promessa sposa che, distrutta dal dolore e oppressa dall’opinione pubblica, si era lasciata annegare in un fiume.
Per Mr. Palmerston il colpo era stato fortissimo, i sensi di colpa l’avevano travolto e l’unica cosa che gli aveva impedito di annegare era stata la mano tesa della moglie, che non si era persa d’animo finché non l’aveva riportato a riva; dieci mesi dopo nacque la piccola Claire.
Memore degli effetti devastanti dell’amore e conscio di come, al contrario, un matrimonio combinato come il suo funzionasse splendidamente, era lieto che nessuna delle figlie fosse innamorata. I matrimoni combinati sarebbero stati la loro salvezza.
-Mia cara, cosa succede? Siete strana questa mattina.
Gli occhi chiari di Lady Palmerston si posarono sul marito, mentre le labbra si distesero in un sorriso.
-Mi affliggono le mie figlie, come sempre.
-Posso chiedervi come mai? Dopotutto sono anche mie, dividiamo il fardello.- esclamò il baronetto sorridendo divertito.
-Avete ragione… Mi preoccupa la situazione in cui si sta trovando Claire.
Una fitta aggredì il cuore di Sir Palmerston, i cui pensieri proprio poco prima erano andati alla sorella –Per il matrimonio?
-Sì! Non mi piace l’idea che si ritrovi ad essere una seconda scelta o, che se il conte dovesse preferirle Miss Astor sarebbe Mr. Astor a sentirsi una seconda scelta.
-Comprendo. E cosa vorreste fare, dunque?
-So che vi sono molti uomini interessati a Claire, ma non si fanno avanti perché comprendono la loro situazione. Se facessimo comprendere, però, che Claire non è impegnata in alcun modo, credo che potremmo ancora concludere un ottimo matrimonio.
Sir Palmerston annuì sovrappensiero –Mi sono sempre chiesto perché vi siate intestardita così tanto con Cecil e Astor. Se aveste pensato a mio nipote prima, non ci troveremmo un’americana come parente.
-Sir Palmerston, credevo che la signorina vi piacesse.
-Sì, certo, approvo la sua scelta, ma ciò non toglie che sia un’americana. Rispetto la scelta di Arthur, che è un uomo adulto, ma non posso fare a meno di pensare che avrei preferito saperlo sposato ad una mia figlia. Ad ogni modo, ormai è tardi per questi progetti. Avete ragione, però, quando dite che possiamo ancora concludere un ottimo matrimonio per Claire, facendo comprendere che è stanca di attendere l’indecisione dei due uomini. Sono sicuro che riceverà moltissime proposte, è una splendida ragazza e, inoltre, ha una dote di centodiecimila sterline.
-Bene, dunque è deciso,- Lady Palmerston apparve decisamente sollevata.
-Avete fatto bene a parlarmene, vedete? Che programmi avete per questa mattina?
-Sono in attesa di Mrs. Padmore e Mrs. John Padmore. Penso che inizierò con loro, così la voce giungerà fino a Lady Astor e suo figlio, poi questa sera a cena ne vedremo gli effetti.
-Andrà tutto bene, mia cara. Sistemeremo le ragazze e invecchieremo circondati da un’orda di nipoti.
Lady Palmerston sorrise, chiedendosi se essere chiamata nonna l’avrebbe fatta apparire più vecchia del dovuto.
 
Mr. Astor non amava particolarmente passeggiare, ma vi erano mattine, soprattutto nel periodo conclusivo della Stagione con l’estate ormai alle porte, che le pareti di casa o di qualche club gli risultavano soffocanti e lo spingevano a munirsi di cappello e bastone da passeggio per poi uscire.
Si trovava a Hyde Park quando scorse due figure familiari passeggiare vicino al lago, così decise di avvicinarsi: lui e Arthur Browning non erano mai stati intimi, ma erano sempre andati piuttosto d’accordo quando si erano trovati a frequentare gli stessi ambienti, cosa che accadeva spesso dal momento che gli Astor e i Palmerston avevano sempre avuto ottimi rapporti. Quando aveva saputo del suo rientro nel vecchio mondo ne era stato lieto e, scoprendo del fidanzamento, si era limitato a commentare che in fondo l’aveva sempre saputo che, tra tutti loro, lui era quello che si sarebbe sistemato per primo.
-Browning, amico mio.
La coppia si voltò verso di lui e Mr. Astor si inchinò a Miss Trevelyan.
-Anche voi desiderosi di godere della tiepida aria di giugno?
-Sì e no,- gli rispose Matthew -siamo venuti a visitare la dimora degli Hamish.
-Oh, ancora non l’hanno venduta? Ho portato le vostre cugine a visitarla alcuni mesi fa, Miss Emma moriva dalla voglia di entrarvi.
Un sorriso spontaneo nacque sulle labbra di Browning: aveva totalmente dimenticato come quell’abitazione fosse lo scenario preferito delle sue fantasie, benché non vi fosse mai entrata.
-Sarà rimasta delusa nel constatare che non vi erano tigri e tende ricoperte di stelle.
-Mortalmente delusa! Ha affermato, se non erro, che quando le porte di una casa vengono tenute sempre chiuse, alimentando le storie attorno ad essa, bisognerebbe premurarsi di rendere l’interno effettivamente fiabesco.
Julie aveva assistito a quello scambio di battute con apprensione: si fidava di Arthur, ma non poteva fare a meno di chiedersi perché tutto conducesse inevitabilmente ad Emma.
-Tipico di lei. Ad ogni modo, non credo rimarrà in vendita ancora a lungo, io e Miss Trevelyan stiamo pensando di acquistarla.
-O forse no, dobbiamo ancora decidere.
Aveva parlato istintivamente, senza pensare affatto a ciò che stava dicendo, e non si curò dello sguardo perplesso del suo fidanzato.
Se Astor avesse colto o meno ciò che era successo, non lo diede a vedere –Miss Trevelyan, posso rubare Mr. Browning oggi pomeriggio? Un paio d’ore tra uomini, devo incontrare il conte Cecil al club verso le cinque.
-Certo, fate pure. Io sono stata invitata dalle signorine Palmerston per un tè, in ogni caso.
-Dunque è deciso. Vi vedrò comunque a cena dai Palmerston questa sera, non è vero?
-Sì, ci vedremo lì.
Presi gli accordi, Mr. Astor si congedò e Browning, non appena questi fu sufficientemente lontano, si voltò verso la fidanzata.
-Credevo che la casa ti piacesse…
Era sinceramente perplesso, poiché era stata Julie a insistere per acquistarla.
-Avevi ragione tu, è troppo grande.
La donna si allontanò di alcuni passi, girando il parasole talmente velocemente che Arthur comprese immediatamente il suo nervosismo.
-Julie…- quel tono deliziosamente familiare la fece sciogliere appena, ma continuò a non voltarsi -mia cara, cosa succede?
-Sapevi che Emma amava quella casa!
-Lo sapevo, sì, ma non lo ricordavo affatto. Julie, è una cosa che risale a molti anni fa, era solo una bambina, e oltretutto non vedo dove sia il problema. Emma è mia cugina!
Era scosso, non comprendeva perché Julie stesse reagendo in quel modo, non era da lei scivolare in inutili crisi di gelosia, soprattutto non per una ragazza che era sua parente.
-Lo vedo come la guardi, Arthur.
Il tono ferito nella sua voce gli spezzò il cuore, portandolo a chiedersi quanto Emma l’avesse destabilizzato, se persino Julie si era resa conto di qualcosa.
Le prese la mano, costringendola a guardarlo. –Julie, io ti amo. Voglio bene a Emma, certo, ma come ad una cugina, come ne voglio a Eve e Claire. Se mi percepisci più affettuoso è solo perché la ricordo che era solo una bimbetta e per me rimarrà sempre la piccola di casa, ma non c’è nulla di più, devi credermi. Tu sei la donna con cui trascorrerò il resto della mia vita.
Qualcosa si spezzò nel suo petto, mentre pronunciava quelle parole e sentimenti sovrapposti e contrastanti gli affollavano il cuore senza che riuscisse a dipanare quella matassa informe.
Amava Julie, ne era sicuro, ma possedeva anche la disarmante certezza che Emma non era più la piccola Emma che ricordava e quello sguardo limpido in cui sembrava essere racchiuso l’intero mistero dell’universo gli era entrato dentro, sconvolgendo qualsiasi equilibrio.
Julie gli sorrise, confortata da quelle parole, e lui si sforzò di ricambiare, conscio di come il suo destino fosse già stato deciso.
-Andiamo a pranzo mia cara, poi comunicheremo che non desideriamo comprare quella casa.
Che non desidero Emma.
 
-Adoro questa sala da tè,- esclamò Claire sistemandosi il tovagliolo sulle gambe –vi sono talmente tante persone che c’è sempre qualcuno di cui sparlare.
Emma represse una risata mentre Eve si voltò verso Miss Trevelyan per scusarsi, ma neppure lei riuscì a nascondere bene il divertimento.
-Oh, non vi formalizzate con me, sono americana, ne ho viste di tutti i colori. Inoltre, faremo parte della stessa famiglia e vorrei davvero non considerarvi estranee.
-Lo vogliamo anche noi,- le rispose Eve a nome di tutti -anzi, ci teniamo ad assicurarvi che di qualsiasi cosa abbiate bisogno potete contare su di noi. Immagino non sia facile per voi avere un intero oceano a dividervi da quanto chiamate casa.
Julie sorrise appena –No, non lo è, ma amo Mr. Browning e non rimpiango assolutamente la scelta di seguirlo. Casa sarà ovunque lui decida di vivere.
-Siete fortunata,- commentò Claire improvvisamente seria –nostro cugino è un uomo di rara serietà e vi sposa per amore. È una cosa che non molte donne possono dire.
-Lo so, credetemi. E voi, Claire, non desiderate sposarvi per amore?
-L’avrei desiderato se fossi stata innamorata, ma non lo sono. Ciò a cui aspiro è una casa mia e una posizione: l’amore arriverà, se sarà destino. I nostri genitori si sono sposati seguendo il desiderio delle rispettive famiglie e sono infinitamente felici insieme. L’amore che precede il matrimonio è raro, bisogna essere abbastanza intelligenti da cercare di farlo nascere dopo.
Miss Trevelyan non poté fare a meno di ammirare la tempra della ragazza: aveva un carattere pratico, ma non era una persona fredda. Claire, in fondo, era l’emblema stesso della società inglese di quel particolare periodo storico, in cui i matrimoni erano un contratto, non certo il punto culminante di una relazione sentimentale. Claire era la regola, lei stessa l’eccezione.
-Ad ogni modo, spero che concederete ad Arthur un ballo con le sue cugine. Gli uomini sposati raramente danzano e se non ricordo male il vostro fidanzato è un ottimo ballerino, meglio approfittarne finché possiamo.
Il sorriso di Julie non si incrinò, neppure quando gli occhi di Emma, bassi fino a quel minuto, guizzarono in alto per poi sfuggire lontani mentre le gote le si imporporavano. Ad essere onesti, la piccola Palmerston le faceva tenerezza.
-È tutto vostro. Io mi diletterò con gli altri giovani, finché Mr. Browning non mi porterà all’altare.
-Dunque è deciso,- sorrise Eve, sporgendosi poi per chiamare il cameriere e ordinare dei pasticcini –Emma, tesoro, non mangi?
-Io… Sì, certo.
-Mi sembrate pallida, mia cara,- commentò Julie ed Emma scosse la testa sorridendo.
-Non è nulla, solo un leggero mal di testa.
Quante volte aveva usato quella scusa? Effettivamente, Emma sapeva di non star bene da ormai una settimana, ma non era certo quello il problema;il pensiero di Arthur era fisso nella sua mente e lei non riusciva a comprendere i suoi sentimenti, le sue sensazioni, e questo le provocava un forte turbamento. Il fatto, poi, che lui stesse per sposarsi, le pervadeva l’animo di insofferenza: nonostante fosse un’appassionata lettrice, aveva sempre guardato con scetticismo ai tanto decantati amori totalizzanti, alle anime gemelle e all’uomo perfetto e aveva sempre immaginato che avrebbe finito per sposare un giovane gentiluomo che trovasse piacevole. L’amore non era mai stato contemplato nei suoi pensieri e a diciassette anni trovava anche difficile comprendere cosa fosse davvero, quel sentimento di cui tanto si parlava, nel bene e nel male. Con suo cugino, però, tutto era confuso, la razionalità l’aveva abbandonata e ciò che Emma desiderava era poter far luce sui suoi sentimenti: la presenza di Julie la terrorizzava, perché qualsiasi cosa provasse per Arthur, non erano destinati ad avere un lieto fine e la fanciulla non riusciva ad accettare la possibilità di essere meno che felice: lo era sempre stata, dopotutto, portata com’era a sorridere in qualsiasi circostanza e a vedere il bene in ogni cosa.
-Mi chiedo se non sia il caso di chiamare il medico,- commentò Claire osservandola -sei pallida da giorni.
-No, non preoccuparti. Starò bene. Piuttosto, cosa indosserete stasera?
Si rifugiò dietro chiacchiere sciocche e futili, distogliendo l’attenzione da sé: in due settimane Arthur e Julie si sarebbero sposati, lei sarebbe tornata a Maidenhead e avrebbe avuto mesi per dimenticarsi di lui.
Alla fine, sarebbe andato tutto bene.
 
Imprevedibilmente, erano riusciti a trovare un angolo appartato nella sala del club, in cui poterono sedersi a sorseggiare brandy e fumare sigari senza essere disturbati. Trevon Astor non era mutato molto negli anni, constatò Arthur; la sua espressione gioviale e impertinente, l’aspetto elegante e la battuta pronta erano qualità che aveva sempre posseduto e che non aveva mai perso.
-Dunque, Browning, infine vi sposerete e devo farvi i complimenti, avete scelto davvero bene.
Arthur sorrise a quelle parole -Oh, sì Miss Trevelyan è meravigliosa, sono un uomo fortunato…
Astor non si era aspettato una risposta diversa, ovviamente, ma nonostante sapesse quanto fosse poco elegante non resistette alla tentazione di indagare a fondo, cercando conferma dei propri sospetti -Ed Emma?
-Emma? Cosa c’entra Emma?
-Amico mio, io posso far elegantemente finta di non vedere, ma si da il caso che, al contrario, ci veda benissimo. Il solo nome Emma ha fatto frizzare l’aria, questa mattina.
-Non so di cosa stiate parlando.
Serio, rigido, impeccabile: tipico di Browning, dopotutto, ma cionondimeno Astor non rinunciò. Una volta aperto il discorso, non l’avrebbe lasciato cadere senza conoscere la verità.
-Come volete… Ma non potrei darvi torto, sapete? Emma è un’adorabile fanciulla. Troppo piccola ancora, forse, ma racchiude in sé tutte le qualità che si potrebbero desiderare in una donna. È elegante, colta, suona l’arpa in maniera magnifica, danza come una fata ed è divertente e arguta. Non fate quella faccia, Browning, siete forse geloso?
-Emma è splendida, lo so benissimo. L’ho vista nascere, quella bambina.
-Non è più così piccola.
Una semplice frase che fece sprofondare il cuore nel petto di Arthur -No, non lo è.
-I fidanzamenti possono essere rotti, sapete? Sono piuttosto convinto che tutti i Palmerston accoglierebbero la notizia con gioia.
-A loro piace Miss Trevelyan.
-Certamente. Ma non è Emma. Non è loro.
-Anche se aveste ragione, Astor, e non dico l’abbiate, non potrei mai rompere il fidanzamento. Julie… Miss Trevelyan mi ha seguito fin dall’America, lasciando casa, famiglia e posizione per me. Non so neppure perché stiamo facendo questo discorso, onestamente. Qualsiasi cosa crediate di aver visto, siete in errore.
-Va bene,- Astor alzò le mani in segno di resa -perdonate l’ardire e fate finta che non abbia detto nulla. Oh, ecco Cecil,- continuò poi facendo cenno al conte di avvicinarsi –conoscete Mr. Browning?
Il conte si inchinò -Sì, siamo stati presentati a teatro.
-Oh, certamente. Dunque, come state?
Matthew sorrise appena, con quella tipica espressione annoiata che sembrava non abbandonare mai il suo volto –Sto bene, molto bene, anche se non vedo l’ora che la Stagione giunga al termine, così da poter tornare in campagna. Non sopporto trascorrere l’estate in città.
Astor sbuffò –Voi non vedete l’ora! Buon per voi, ma immagino ricorderete cosa ci si aspetta da noi a fine Stagione.
-Vostra madre e Lady Palmerston difficilmente mi consentirebbero di dimenticarlo. Non temete, prenderò una decisione, alla fine. Dovremmo prendere esempio dal nostro Browning, qui, e sposarci senza tanti problemi.
Mr. Astor sorrise, ripensando ai discorsi di poco prima, ma annuì. Mr. Browning, dal canto suo, si soffermò ad osservare per la prima volta uno dei migliori partiti in circolazione, comprendendo perché Claire volesse sposarlo: oltre ad avere trent’anni, l’età perfetta per un uomo per sposarsi, aveva un patrimonio di dodicimila sterline l’anno, un titolo nobiliare e una buona dose di fascino.
-Sarete a cena da mio zio, questa sera?
-Sì, certamente. Astor, non è vostra sorella quella?- aggiunse poi scorgendo in strada Annabeth che stava passeggiando  insieme alla sua cameriera personale. Cecil si alzò, facendo cenno al suo valletto di seguirlo, e, quando lo videro, gli occhi di Miss Astor si illuminarono, piacevolmente sorpresi.
-A volte vorrei scegliesse Claire, togliendomi d’impaccio. Sono un pessimo fratello, vero?
Il tono voleva essere divertito, ma Mr. Browning colse chiaramente una nota dolente dietro esso, che lo portò a chiedersi quante ombre celasse il carattere apparentemente gioviale dell’amico e se davvero lui potesse essere la felicità di Claire. Lei non avrebbe mai accettato la presenza di un’amante, ma Astor sarebbe riuscito a fare a meno di Mrs. Lieven senza rendere la propria vita miserevole?
-Perché non dite chiaramente che non volete sposarvi? Sono sicura che Claire avrebbe una fila di pretendenti fuori la porta se facesse anche solo intuire la possibilità di vagliare proposte diverse da voi e Cecil. Risparmiereste tormenti a tutti.
-Oh, non avete idea di quante volte l’abbia pensato: potrei rimanere scapolo a vita e alla mia morte il patrimonio passerebbe al figlio di Annie, che non si chiamerebbe Astor, ma avrebbe comunque il nostro sangue. Oh, sì, credetemi, ho valutato tale prospettiva molte volte, ma mia madre agogna così tanto vedermi maritato che non ho il cuore di disattendere le sue aspettative. Un bell’impiccio, non credete?
-Abbastanza. Sono sicuro che troverete una soluzione, alla fine; a volte una leggera infelicità è un buon prezzo da pagare per la felicità altrui.
Astor alzò il sopracciglio, sorridendo appena –Oh, è per questo che vi sposate, dunque?
E Browning non seppe cosa rispondere.
 
Il volto di Annabeth, all’ombra del parasole, si tinse di gioia quando Cecil uscì dal club per andarle incontro, mentre la sua cameriera si ritirava in disparte, sbuffando quando scorse il valletto alle spalle del conte. Per qualche strano motivo il ragazzo si era incapricciato per lei e, per amore della sua signora, doveva sopportarne la presenza ogni qual volta il conte e Miss Astor fossero insieme. Gli voltò ostentatamente le spalle, ma non riuscì in alcun modo ad evitare la conversazione.
-Allora, mia cara, cosa mi dite dei nostri due signori?
Veronica, che era al servizio di Miss Astor da tutta la vita, sbuffò del tutto incurante degli occhi dolci che il giovane le stava facendo. –Dico che se il vostro conte non si sbriga a prendere una decisione, Miss Astor potrebbe decidere di guardarsi altrove.
-Oh, ma voi farete in modo che non sia così, non è vero?
Ted prese tra le sue la mano della ragazza, che però fu immediatamente ritratta -Avete due settimane, non un istante di più.
-Mi spezzate il cuore.
-Sopravvivrò!- replicò stizzita, seguendo infine Annabeth senza neppure congedarsi dal ragazzo.
 
-Quell’uomo mi farà impazzire. Si divide perfettamente tra me e Claire, lasciandoci entrambe nell’incertezza; mi chiedo se si diverta.
-Onestamente non saprei, Miss. Il conte resta un mistero per me.
Annabeth scosse il capo con impazienza. Non aveva particolarmente fretta di maritarsi, con sua madre perennemente costretta a letto dai nervi era la signora incontrastata di Periwinkle Abbey e, a ventidue anni, non avrebbe pensato al matrimonio ancora per un po’ se lo stesso conte, ad inizio Stagione, non avesse manifestato un certo inequivocabile interesse nei suoi confronti. Da un innocente ballo all’idea di essere la nuova contessa di Cecil il passo era stato breve e il pensiero del matrimonio era divenuto improvvisamente una necessità impellente. Peccato, però, che l’indolente Lord Matthew Gordon avesse rivolto le stesse attenzioni a Claire. In realtà, se fosse stata leggermente più coinvolta dal conte la cosa l’avrebbe fatta infuriare abbastanza, considerando quanto spesso avesse la sensazione che l’unico scopo dell’uomo fosse divertirsi guardando due ragazze che si conoscevano da sempre contendersi la sua mano. Lei e Claire non erano state mai grandi amiche, ma la loro gioviale rivalità era parte integrante della sua vita da sempre, tanto più che i Palmerston erano l’unica famiglia non inferiore agli Astor presente a Maidenhead e dunque avevano trascorso moltissimo tempo insieme. In realtà, il matrimonio tra Claire e Trevon non era solo un desiderio dettato dall’interesse per il conte, ma un’unione che tutti davano per scontato sin da quando non erano che bambini.
-Perché non vi guardate attorno, Miss Astor?
La voce di Veronica la riscosse da quelle memorie –Non posso, è una questione di orgoglio e reputazione ormai. Viviamo in una società molto sciocca, mia cara, e bisogna adattarsi. Ad ogni modo, cerca di scoprire qualcosa dal valletto del conte, se puoi. Credo abbia un debole per te.
-Lo ha per tutte, signorina.
-Mi ricorda qualcuno…- commentò ironicamente, -Bene, allora faremo in modo che tanto il conte quanto il valletto si rendano conto che noi non siamo tutte.
Lo sguardo di Veronica guizzò allarmato –Mia signora, non vorrete…
-Se io dovessi, alla fine, sposare il conte, perché no? In fondo, vivreste sotto lo stesso tetto.
-Non potrei mai amarlo.
-E chi ha parlato d’amore, mia cara?
 
La dimora dei Palmerston era in fermento, eccetto che per Sir Palmerston che sedeva tranquillamente in salotto bevendo dell’ottimo vino importato direttamente dalla Francia; sua moglie vorticava lungo tutte le stanze per assicurarsi che tutto fosse pronto, mentre le figlie terminavano gli ultimi preparativi.
Claire, già impeccabilmente vestita con un abito color porpora stretto sotto il seno da un nastro verde, stava intrecciando i boccoli biondi di Emma con dei nastri azzurri che riprendevano il colore dell’abito, mentre Eve terminava le abluzioni davanti alla toletta per poi indossare un abito verde e bianco. Prima di scendere al pian terreno, però, le due sorelle maggiori si lanciarono un’occhiata preoccupata.
-Emma, per favore, puoi dirci cosa ti succede?
-Nulla.
Una risposta precipitosa. Troppo precipitosa.
Eve sospirò e le si sedette accanto, prendendole la mano -Ti conosciamo da diciassette anni, Emma, tu non sai mentire, soprattutto non a noi. Qualcosa ti affligge,perché non vuoi dividere il tuo peso con noi?
Emma abbassò lo sguardo, stringendo le mani per celare il tremore.
-Io… Mi vergogno.
-Oddio, Emma, così ci farai impazzire? Ti vergogni? Di noi? Le tue sorelle?
-Non di voi, ma…
-Si tratta di un uomo. Avanti, non può essere così tragica la situazione.
La minore delle sorelle si alzò di scatto, avvicinandosi alla finestra per prendere aria; il peso del segreto che portava con sé la stava uccidendo, aveva bisogno di confidarsi e sapeva che, nonostante i loro caratteri particolari, Claire e Eve non l’avrebbero giudicata.
-Si tratta di nostro cugino.
-Arthur?
-Io l’amo.
-Che sciocchezza.
-Claire, io non ho mai creduto che l’amore sia quello dei romanzi che leggiamo di nascosto da nostro padre, non so come dare un nome a ciò che provo, ma so che da quando lui è tornato non faccio che pensare a lui, è come un’ossessione, e il pensiero che si debba sposare mi tormenta.
Emma si sentì leggera dopo quella confessione, ma quando colse l’occhiata tra le sorelle il cuore le si appesantì nuovamente.
-Tu credi che lui possa ricambiare?
-Non lo so…
-Non lo so non è no- constatò semplicemente Claire.
-No, non è no.
Tornò a sedersi accanto a loro e si lasciò abbracciare, concedendosi uno di quei rari momenti di affetto fraterno che accadevano troppo di rado.
-Emma tesoro, ascolta. Io e Eve alla tua età ci siamo prese centinaia di infatuazioni. Hai diciassette anni, questa è la tua prima Stagione e tu hai sempre adorato Arthur, sin da bambina. Io credo che non appena torneremo a Mangrove House tutto svanirà in una bolla di sapone e ci rideremo su.
-E se così non fosse?
A entrambe le sorelle si spezzò il cuore davanti a quel volto così triste, proprio quei lineamenti che non erano mai stati meno che splendenti di gioia fino a pochi giorni prima.
Eve guardò Claire, che scosse la testa senza sapere cosa fare.
-Noi non vogliamo darti false speranze, piccola, ma possiamo dirti questo: se dovessimo accorgerci anche solo del benché minimo interesse di Arthur nei tuoi confronti, allora lotteremo per voi.
-Sì, certo,- confermò Claire -ma devi essere consapevole che è una speranza remota.
-Lo so…
-Piccola, piccola Emma,- Eve le scostò un boccolo dalla fronte –piccola Emma innamorata, ci prenderemo noi cura di te.
Il suono del campanello le riscosse; quando scesero le scale per andare incontro al cugino e alla sua fidanzata, sul volto di nessuna delle tre poteva leggersi la minima ombra di ciò che era successo, persino Emma sembrava la solare e divertente solita Emma.
Nessuno di loro, però, sapeva quanto sarebbe stata lunga quella sera.

Caro diario, questa sera dovrò ballare con lui. Non credo di esserne in grado, mi sembra di aver scritti in faccia i miei sentimenti, permettendo a chiunque di leggerli. E mi sento in colpa, così tremendamente in colpa. Non so cosa aspettarmi da questa cena, il mio cuore sfugge al mio controllo alla sola idea. Inoltre, con gli Astor, il colonnello Lennox e il conte di Cecil tutti nello stesso posto… In altre circostanze mi sarei divertita, ma alla luce dei recenti avvenimenti che mi riguardano in prima persona, vorrei solo fosse già passata.




Note: BuonSalve! Il tempo vola ed è di nuovo sabato... Bene, diciamo che Emma e Arthur stanno "uscendo allo scoperto", il loro rapporto sembra palesemente non molto fraterno. Povera Julie, non è biasimabile, dopotutto.
Scopriamo anche la storia di miss Claire Palmerston, sorella del baronetto: la nipote condividerà anche la triste sorte, oltre che il nome?
Chi credete sarà il morto della festa?
Quanto ad Annabeth, si sta stancando dei giochi del conte... E a ragione, direi.
Grazie a chi segue/preferisce/ricorda, grazie per le recensioni e grazie a Lyra per il betaggio.

Ci sentiamo sabato per la cena a casa Palmerston!

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Em

 

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