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Autore: avalon9    15/01/2007    1 recensioni
Gli youkai sono essere terribili: affascinano e uccidono. Sono esseri diversi. I ningen sono insignificanti, per uno youkai; creature semplici, irrazionali, che trascinano la vita senza comprenderla. Dei ningen gli youkai non si curano; li ignorano con superiore indifferenza.
Sesshomaru è youkai ed è orgoglioso della sua essenza. Ma un inverno, incontrerà una ningen e, da quel momento, la linea netta che separa uomini e demoni inizierà ad assotigliarsi.
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti

Ciao a tutti!

 

Aggiornamento-lampo perché devo subito tornare a studiare (aaaahhh!!! Il greco è anche bello, ma sono stufa!!! ^__^). Niente Alessandra e Sesshomaru in questo capitolo, ma spero comunque che no vi deluda. Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

Buona lettura e a presto (spero).

 

 

 

 

CAPITOLO 27

ATTRITO

 

 

Quella mattina, fu Shin in persona a svegliarlo.

Yashi non rispose subito, e quando finalmente si svegliò, si trovò davanti la faccia scura del fratello. Doveva aver saputo. E dalla sua espressione, ne deduceva che ne erano venuti solo guai.

 

Shin si accorse immediatamente del labbro ancora gonfio, eredità della notte trascorsa, e della sua aria stanca. Lo afferrò saldamente per lo yukata e gli fece immergere a forza la testa nel catino d’acqua gelida. Una, due, tre volte. Finchè Yashi non riuscì a liberarsi della presa forte del fratello.

 

Shin aveva una luce strana negli occhi, un misto di rabbia, disappunto e colpevolezza. Indugiò a lungo sul paesaggio innevato oltre la finestra, mentre suo fratello si vestiva e rassettava. Davvero non si rendeva conto di quello che aveva fatto? Doveva essere completamente ubriaco per provocare a quel modo. E poi, cosa diavolo era andato a fare da Naraku a notte fonda?

 

Koji entrò prima che i due fratelli potessero scambiare una parola. Percepì subito la tensione e fece per togliere il disturbo, ma la voce di Shin lo fermò. In fondo, anche lui era legato dal patto. Anche lui era suo fratello. Anche se a volte si comportava in modo diverso. Per Shin non c’era differenza.

 

Dalla finestra filtrava la gelida luce del sole, nascosto dietro a nubi bianche che si muovevano veloci spinte da folate di vento ghiacciato e proiettavano la loro scura ombra sulla terra e sui monti. Era difficile iniziare. Perché in fondo le risposte le conosceva già. Ma aveva preferito esser lui ad affrontarli per primo. Prima di suo padre.

 

Suo padre…Li aveva raggiunti, rivestito della più sontuosa e lucente delle sue armature. Fiero e terribilmente potente. Benché contenesse al massimo la sua aura demoniaca, Morigawa non poteva impedire che questa aleggiasse intorno alla sua persona. Terrore. Una sensazione di reverenziale e folle terrore prendeva chiunque gli si accostasse. Lo accendeva di volontà guerriera irrefrenabile e di desiderio insaziabile di vendetta.

 

Non sembrava più lui. Non era più lui. Aveva varcato l’antica soglia del palazzo e si era seduto sul trono ristabilendo un’autorità toltagli più di quattrocentocinquant’anni prima. Era tornato per dominare. Per essere il nuovo dominatore del mondo. Nel viso deformato dalla rabbia e dalla soddisfazione, gli occhi neri ardevano come braci. Bui. Profondi.

 

Shin aveva avuto un brivido quando gli aveva incrociati. Vi aveva trovato un fuoco che bruciava da secoli, alimentato solo da una volontà incrollabile, da un desiderio inseguito con ogni fibra. Aveva incrociato uno sguardo sconosciuto. Dov’era finito il padre della sua infanzia? Quello che gli sorrideva e gli regalava sempre una carezza? Dov’erano i suoi occhi autoritari e anche tanto rassicuranti?

 

Scomparsi. Inghiottiti dal vortice nero della vendetta. Inghiottiti da qualcosa che lui non conosceva. Shin non aveva potuto impedirsi di ricordare le parole che l’ombra di Inutaisho gli aveva rivolto. Non le capiva ancora, ma avevano iniziato a far sorgere in lui l’ombra del sospetto. Che ci fosse qualcosa di più dietro a tutto quello che gli era sempre stato raccontato.

 

Gli avevano spiegato sempre che l’alleanza fra suo padre e Inutaisho, antichissima e rafforzata da un’amicizia atavica, si era incrinata quando il signore dell’Ovest aveva iniziato a invidiare Morigawa per i suoi nuovi domini e la crescente potenza. Lo aveva costretto ad una guerra e poi lo aveva attaccato a tradimento nel palazzo, costringendolo all’ultimo scontro. Erano sopravvissuti tutti e due, ma suo padre aveva perso il suo youki. Stappatogli dall’inuyoukai. Sigillato.

 

Eppure, lui ricordava bene le ombre di quella notte. Quella di suo padre e di un mostro che lo sovrastava. Ma che però non sembrava avere le fattezze di Inutaisho né umane né demoniache. Poi, il fumo aveva coperto tutto; c’erano state grida, urla disumane e lui era stato preso di peso e portato via. Si era risvegliato fra le braccia di sua madre. Gli avevano detto che era stato Takakuni a portarlo in salvo.

 

Ora, suo padre era pronto e si sarebbe vendicato. E anche lui avrebbe visto la fine dell’esilio, per sé e i fratelli nati lontano dai territori aviti. Ma allora, perché non riusciva più a creare un’intesa con suo padre? Perché si limitava a ubbidire agli ordini come un bravo soldato e dentro sentiva sempre più prepotente l’idea che ci fosse dell’altro? Qualcosa che nessuno gli aveva detto e che forse l’unica persona che la conoscesse fosse proprio suo padre?

 

“Allora? Me la vuoi fare questa predica, così poi la finiamo?”

 

La voce sarcastica di Yashi lo costrinse alla realtà. Sospirò spostando lo sguardo sui fratelli. Erano entrambi tranquilli, quasi sprezzanti. E la cosa che più gli faceva male era che avevano agito in quel modo per lui. Ma le conseguenze potevano essere gravi.

 

“Non scherzare. Ti rendi conto di cosa hai fatto, vero?”

 

Yashi si portò un dito al mento, e assunse un’aria innocente e pensierosa al tempo stesso. La stessa espressione di quando era ancora piccolo, e cercava di spiegare qualcosa di sbagliato e che a lui sembrava naturale.

 

“Dunque, vediamo…Cos’è che avrei fatto?...Ah, sì! Ora ricordo”. Tolse la mano e fissò il fratello maggiore dritto negli occhi. Non aveva più voglia di scherzare. “Ho dato una ripassatina a quel maledetto bastardo. La cosa ti dispiace, forse?”

 

Shin assottigliò le iridi viola. Possibile che la sfrontatezza di suo fratello non temesse nulla? A volte era davvero esasperante.

 

“No! Tu hai minacciato e colpito il luogotenente di nostro padre! Te ne rendi conto?! È come se avessi colpito lui stesso!”

 

“Ero ubriaco”

 

Yashi rispose con una scrollata di spalle. Non gliene importava nulla di chi fosse. Ben gli stavano i pugni che aveva preso. Così imparava a occupare posti che non gli spettano e a cercare di mettere in ombra suo fratello. Le calunnie non gli erano mai piaciute. Soprattutto le calunnie di quel maledetto hanyou.

 

“Perché lo hai fatto?”

 

La voce di Shin era un sussurro che si confondeva con il rumore del vento oltre la finestra aperta. Voleva una risposta precisa. Perché si rifiutava di credere che i fumi dell’alcool avessero annebbiato completamente la mente del fratello. No. Impossibile. Quella era stata la versione ufficiale: il comandante Yashi aveva bevuto un po’ troppo e di ritorno a palazzo aveva frainteso le parole di Naraku, scatenando una rissa. Ma Shin si rifiutava categoricamente di crederci. Aveva visto Naraku. E le sue ferite non erano certo di quelle che può infliggere un ubriaco barcollante. Suo fratello era andato a cercarlo perfettamente lucido. E lo aveva minacciato. Poi, la discussione doveva esser degenerata. Ma adesso lui voleva sapere il perché.

 

“Perché siamo stufi di vedere come ti tratta. Sei costretto sempre a piegare la testa, quando lui non dovrebbe neanche osare porsi a livello della tua ombra. Non è mica lui l’erede! Ancora non capisco perché nostro padre gli permetta di fare quello che vuole”

 

Shin spostò lo sguardo a Koji. La pensava anche lui così? Davvero credeva che fosse solo un burattino nelle mani sudaticce di quell’hanyou? Che avesse perso la sua determinazione e il suo orgoglio?

 

“Tu non dici niente?”

 

“La penso come Yashi. Shin…Noi sappiamo quanto vali, e non credo che da un momento all’altro tu abbia dimenticato il tuo stramaledetto orgoglio. Forse potremmo farlo noi due, ma tu no. Mai. E allora perché permetti che accada? Perché ti lasci trattare in quel modo? Anche ieri al consiglio. Perché non hai risposto per le rime alle accuse che ti erano rivolte?”

 

“Perché erano vere”

 

Sorpresa. Incredulità. Shin vide lo sconcerto puro impadronirsi delle espressioni dei fratelli. Non ci credevano. Eppure era vero. Tutto quello che era stato insinuato era vero. Dannatamente autentico. Lui si era rifiutato di eseguire gli ordini. Lui aveva bloccato l’attacco che avrebbe portato all’occupazione di buona parte del versante Nord-Est. Lui era venuto meno alle direttive di Naraku. Aveva disubbidito a suo padre. E se ne era andato. Lasciandosi dietro cadaveri e distruzione, vero. Ma senza completare l’opera per cui era stato inviato a compiere quella sortita improvvisa. E il risultato era stata una punizione esemplare e umiliante, più della morte stessa. Si passò una mano sugli occhi, fra i capelli ormai corti. Era così stanco.

 

“Spiegaci”

 

Shin si lasciò cadere su una sedia, le mani fra le gambe e la testa reclinata sul petto. Era l’immagine stessa della disperazione. I fratelli non lo avevano mai visto così. In quelle condizioni. Era irriconoscibile. Lui che li aveva sempre spronati, lui che fra loro era il più grande e forte. Un modello da imitare. Ora sembrava solo un bimbo terrorizzato da un incubo troppo vero per essere solo un sogno.

 

“Avete mai visto sparare ad un demone?”

 

Parlava piano, rincorrendo pensieri, immagini e sensazioni che lo straziavano. Dentro. Nel profondo. Non era la morte a spaventarlo. Aveva visto uccidere e ucciso molte volte. Era stato educato a quello. Era nella sua natura demoniaca. Non temeva la morte che sapeva sempre al fianco del guerriero. Non gli ripugnava il sangue.

 

Ma una morte come quella che aveva visto dare a quei soldati, una morte fra tormenti e sofferenze muti, che lasciavano però solchi profondi sui visi come scavati nella pietra. Quel modo di uccider lo aveva gettato in un profondo sconforto.

 

“Io sì…Prima c’è quella detonazione. Ti rimbomba nelle orecchie continuamente. E vedi lo youkai davanti a te irrigidirsi improvvisamente, per poi cadere a terra con gli occhi dilatati…abbiamo guardato più volte negli occhi qualcuno che muore…Sia voi sia io…Eppure…Quello sguardo…non riesco a togliermelo dalla testa…I brividi spasmodici, quel contorcersi sconnesso…e tu sei lì davanti e senti il suo youki che piano piano svanisce, che si porta via la sua vita. Alla fine, resta congelato in una maschera che sembra sempre pronta urlare, a rincorrerti per ricordarti il modo in cui lo hai ucciso…”

 

Shin tuffò il viso nelle mani. Aveva assistito all’eccidio del contingente di guardi al fronte. Colto di sorpresa. Incapace di difendersi. Avevano vinto. Ma lui aveva bloccato tutto ed era tornato indietro. Lasciando al nemico un avamposto ormai conquistato. Non era quello lo scontro che voleva. Non era quello il modo di combattere che gli avevano insegnato.

 

Quello era un massacro, non una guerra. Quello era omicidio, non vendetta.

 

Yashi gli si inginocchiò davanti e lo abbracciò forte. Per la prima volta, Shin si mostrava loro debole e provato. Sapevano entrambi cosa doveva aver provato nel disubbidire ad un ordine di suo padre. Lui disposto a tutto pur di renderlo fiero. Ma sapevano anche che il suo orgoglio non gli permetteva di passare sopra anche all’onore.

 

Shin era un soldato. Il migliore fra loro tre. Il migliore fra tutti. Eppure, aveva piegato il capo e sacrificato se stesso, obbedendo agli ordini di un maledetto hanyou. Sempre per suo padre. Ma oltre non ce l’aveva fatta ad andare. Obbedire, ma non annullarsi personalmente.

 

*****

 

Naraku imprecò fra i denti.

Inutile. Dannatamente inutile. Lo specchio di Kanna restituiva sempre uno sfondo nero e indefinito. Avvolgente. L’energia demoniaca era troppo potente. Non riusciva a penetrare nelle terre dell’Ovest e spiare Sesshomaru. Non riusciva vedere i suoi piani e la situazione al suo palazzo.

 

Non ci sperava davvero, ma aveva voluto provare a illudersi. Inutilmente. Anche con la sfera non ci sarebbe riuscito. Avrebbe anzi rischiato di rovinare tutto. Non era il caso. Non dopo che Morigawa si dimostrava così favorevole nei suoi confronti. Tanto da richiamare ufficialmente il figlio e ammonirlo davanti a tutta la corte.

 

Aveva goduto nel vedere Shin costretto a terra, con le mani legate dietro la schiena, mentre un ufficiale gli tagliava fino alla base del collo i lunghi capelli neri. Umiliazione massima. Seconda solo alla condanna a morte.

 

I principi reali si facevano crescere i capelli per sottolineare la loro stirpe e la loro posizione. L’appartenenza alla famiglia egemone. Era come se in essi fosse racchiusa la loro autorità e la loro forza.

 

Aveva goduto intimamente, perché quel ragazzo, col suo comportamento sprezzante e orgoglioso, costituiva per lui un grave problema. Tuttavia, aveva tentato falsamente di intercedere per lui presso il padre. Aveva addotto le solite, banali scuse: l’ardore dell’età, l’inesperienza, la voglia di vendicarsi. Tutte scuse per rabbonire Morigawa e conquistarsi la fiducia di Shin. Se l’erede fosse stato dalla sua parte, anche gli altri principi lo avrebbero accettato come nuovo luogotenente, e avrebbe avuto maggior libertà d’azione.

 

L’arringa aveva procurato l’indulgenza di Morigawa, che aveva deciso di mostrarsi clemente. Non avrebbe sollevato il figlio dall’incarico. Solo, non doveva più agire di sua iniziativa. Naraku si era profuso in profondi ringraziamenti ed elogi, ma quando si era girato verso il giovane lo sguardo che aveva visto non gli era proprio piaciuto.

 

Disgusto. Negli occhi viola di Shin c’era un profondo disgusto e una disprezzo malcelato. Si era alzato da terra, ma nonostante i capelli corti e la semplice yukata, da quel ragazzo emanava una regalità incredibile. Sembrava che il suo sguardo potesse trafiggere. Anzi, sembrava ancora più autoritario del normale. Aveva il fascino dell’orgoglio indomito e giovane. Aveva un ascendente pericoloso sulla corte, che non riusciva a credere a quello che aveva fatto, ma neanche gli era apertamente ostile.

 

Naraku sospirò, congedando Kanna. Doveva esistere un modo per piegare quel ragazzo. O almeno per tenerlo sotto controllo. Un punto debole doveva pur avercelo anche lui, dannazione. Forse i suoi fratelli, ma in quel caso la partita era persa. Erano troppo legati per poterli mettere uno contro l’altro. Ne aveva avuto dimostrazione sulla sua pelle. In una scazzottata con l’altro dei principi: Yashi. E anche in quel caso aveva dovuto ammettere la grande energia che quelle membra giovani sprigionavano. Se non fosse stato per l’intervento di Koji e dei soldati, Naraku ammise a se stesso che non era sicuro che se la sarebbe cavata solo con qualche livido.

 

Ma il problema rimaneva. Shin. Bisognava trovare qualcosa su cui far leva. Qualcosa che gli permettesse di conoscere sempre i suoi pensieri e tenerlo a freno.

 

“Forse io posso esserti utile, Naraku”

 

Kagura era entrata nella stanza senza farsi annunciare, e ora fissava con un sorriso ironico il suo signore. Lo odiava, ma forse in quel momento, se avesse giocato bene le sue carte, sarebbe riuscita a mettersi in una posizione tale da consentirle di ottenere la libertà agognata e la vendetta contro Sesshomaru.

 

Naraku socchiuse appena gli occhi. Doveva fidarsi della yasha? In fondo, già una volta aveva provato a tradirlo, offrendo se stessa e i frammenti a Sesshomaru. Perché mai adesso gli avrebbe dovuto offrire spontaneamente aiuto? Non riusciva a capirlo. Ma colse il tremare nervoso delle mani di Kagura attorno al ventaglio. Non paura, ma rabbia.

 

Si ricordò il viso della yasha davanti allo specchio della sorella. E capì, mentre un sorriso di scherno si dipingeva sulle sue labbra. Forse avrebbe potuto funzionare davvero. In fondo, Kagura era molto bella. E poi, questa volta non lo avrebbe tradito. Era troppo forte il desiderio che aveva di umiliare Sesshomaru.

 

…e la sua piccola amante umana…

 

L’invitò a sedersi con un cenno. Voleva sentire il suo piano. E se era quello che aveva intuito, gli piaceva.

 

*****

 

Quella sera, Shin rientrò tardi nei suoi alloggi.

Aveva passato tutta la giornata fuori da palazzo, fra i suoi soldati. Controllando i rifornimenti, l’ordine, la preparazione di uomini ed equipaggiamento. Ormai, mancava poco. Un mese. Al massimo un mese e mezzo. E l’assedio sarebbe iniziato. La fine di tutto. L’inizio di una nuova vita. Quella che gli era stata rubata.

 

Entrò nella sua stanza ancora perso in elucubrazioni militari. Gli uomini sembravano non aver dato peso al fatto che fosse stato disonorato. Si erano comportati con lui normalmente, anche se alcune occhiate pietose o di sufficienza c’erano state; ma perlopiù da parte dei demoni di grado maggiore. Poteva ritenersi soddisfatto. Buona parte dell’esercito era con lui, anche se non lo dava apertamente a vedere, e questo confermava il fatto che suo padre era cambiato. In passato, nessun soldato si sarebbe mai neanche sognato di preferire il Principe al Signore in carica. C’era una dedizione totale e assoluta. Una dedizione reciproca. Ma Morigawa sembrava essersene dimenticato, avvolto dal vortice della vendetta. Orami, era solo quello a interessargli. Non teneva più neanche in considerazione i suoi figli.

 

Si passò una mano fra i capelli. Non si era ancora abituato a portarli così corti. E poi, bruciava terribilmente il ricordo del tentativo di Naraku di perorare la sua causa. Il tentativo subdolo e mellifluo di quel maledetto. Lo sapeva, cosa voleva ottenere in quel modo. La sua fiducia, il suo appoggio.

 

Ma il Principe non era uno sciocco. Lo aveva accettato perché così gli aveva imposto il padre, ma non era più tanto sicuro della felicità di quella scelta. Sempre più spesso, c’era come un pungolo dentro la sua anima. Qualcosa che lo spingeva a ribellarsi, a soppesare e analizzare ordini che in passato aveva sempre eseguito senza batter ciglio. E tutto dopo che il Sensei gli aveva mostrato quel maledetto fantasma. Ormai, se lo sognava anche di notte. In un delirio continuo e angoscioso. Insensato. Eppure quelle parole dovevano contenere qualcos’altro. Dovevano. E lui avrebbe scoperto cosa, o sarebbe impazzito.

 

Si riscosse all’improvviso e si passò una mano sul volto. Era stanco. Un peso immenso gli gravava sul cuore, oltre a quello dell’umiliazione e del comando. Voleva farsi un bagno caldo e poi riposare alcune ore. La giornata seguente sarebbe stata letteralmente massacrante. Chiamò l’youkai addetto alla sua persona, ma non ebbe risposta.

 

Ripetè il nome, spazientito. Doveva essere gravemente indisposto per non accorrere subito. In fondo, erano amici e si conoscevano da tempo. Una delle poche persone veramente fidate che avesse a palazzo.

 

“Il tuo servitore si è dovuto allontanare. Tornerà domattina”

 

Shin avvertì quella voce provenire da oltre il paravento; era una voce che non gli era del tutto sconosciuta, ma in quel momento non riusciva proprio ad associarla ad un volto. E la stanza era troppo impregnata di un profumo strano che stordiva i sensi per riconoscere l’intruso in base all’odore. Mise la mano sull’elsa della katana e aggirò il separè.

 

Nel suo letto, avvolta solo dalle coperte preziose, Kagura lo fissava sorridente e con la malizia negli occhi. Seducente. Sperava di riuscire ad avvincere quel ragazzo con la sua bellezza altera, di piegarlo a lei e insinuarsi nei suoi pensieri. In fondo, un bacio glielo aveva già rubato. E anche se lui non aveva risposto alla sua proposta, nulla era ancora perduto.

 

Shin si sorprese un po’ nel vederla; avvolto solo dalle coperte leggere, il suo fisico provocante risaltava ancora di più, e la luce calda e soffusa della lucerna regalava una penombra dannatamente coinvolgente. Non poteva negare a se stesso che quella yasha era bella. Molto bella. Eppure, provava un senso di repulsione verso di lei. Perchè aveva intuito benissimo il motivo di quella inaspettata visita.

 

Certo, era venuta per lui. Ma solo per riuscire a prenderlo all’amo e rimbecillirlo. Forse l’idea era stata sua o forse di Naraku; un nuovo tentativo di accattivarsi la sua simpatia. Comunque fosse, ora la yasha era seduta davanti a lui; gli si stava offrendo, come gli si era offerta la prima volta che l’aveva incontrata.

 

Kagura si alzò in piedi, drappeggiandosi attorno al corpo il lenzuolo quel minimo necessario a rendere ancora più conturbante la sua figura. Aveva un collo liscio e morbido, spalle diritte, un viso perfetto incorniciato da corti capelli d’ebano, labbra rosse e carnose. E anche ciò che non mostrava ancora doveva avere le proporzioni della perfezione.

 

Gli si avvicinò con malizia crescente. Ogni sua mossa era studiata per incantarlo e sedurlo. Nulla era lasciato al caso. Gli girò attorno, passando gli artigli sulle sue spalle, sul collo, attorcigliando i capelli neri. Scese con la mano sul suo petto prestante che neanche il kimono nascondeva totalmente nelle sue forme. Se fosse divenuto il suo amante, ne sarebbe anche andata fiera. Era un giovane molto bello. Soprattutto per la profondità dei suoi occhi viola. Così seri e malinconici.

 

Sì. Non aveva proprio nulla da invidiare a Sesshomaru. E Kagura pregustava già la faccia del demone quando gli avrebbe detto di essere la compagna di un principe pari, se non superiore, a lui. L’aveva umiliata preferendole una sciocca ragazzina umana. Una ningen acerba e insignificante. Gliela avrebbe fatta pagare. Ferendolo nell’amor proprio e nei sentimenti. Perché dopo Shin, si sarebbe occupata anche di quella ragazza.

 

Gli si avvicinò di più, facendo quasi aderire i loro corpi e pose una mano sull’obi dell’youkai, iniziando piano a scioglierlo.

 

“Posso spogliarti?”

 

Shin le fermò la mano. Una stretta salda e decisa. Kagura alzò gli occhi al giovane e ricevette uno sguardo duro e sospettoso. Probabilmente, non aveva dimenticato il suo messaggio. E la sua presenza non lo lasciava tranquillo. Dentro di sé la yasha sorrise; si prospettava più difficile del previsto averlo. Ma non se lo sarebbe lasciato sfuggire.

 

Lasciò stare l’obi e iniziò a carezzargli il viso, con gesti lenti e delicati, mentre faceva scivolare una mano fra le pieghe del kimono, andando ad accarezzargli l’addome scolpito. Sentì la pelle di Shin rabbrividire al suo tocco esperto, eppure gli occhi del ragazzo non cambiavano. La fissavano come se volessero leggerle fin dentro l’anima.

 

Risalì fino alle sue spalle e iniziò a massaggiargli piano la base del collo, lì dove si concentra la tensione. Sentì i muscoli che si rilassavano, ma iniziava a indispettirsi della rigidità e freddezza del suo amante. Si sporse verso di lui, cercando le sue labbra. Shin si riscosse in quel momento, come liberatosi della malia dei suoi gesti, e si allontanò da lei.

 

“A cosa miri, Kagura?”

 

“Solo al tuo piacere” gli sussurrò la yasha all’orecchio, dopo avergli gettato le braccia al collo. Ora i loro corpi aderivano perfettamente, e Shin poteva sentire le forme prosperose della yasha contro di sé. Tuttavia, l’unica cosa che riuscì a provare fu una profonda repulsione.

 

“Davvero?” le chiese con una punta di sarcasmo. “Non stai cercando piuttosto di umiliare qualcuno?”

 

Kagura si staccò da lui, osservandolo con sospetto. Era impossibile che lui sapesse di Sesshomaru, del rifiuto che le aveva mosso e della sua rabbia. No. Stava solo bluffando. E lei non avrebbe perso a quel gioco. Sfoggiò il più intrigante dei suoi sorrisi e di nuovo gli buttò le braccia al collo. Non era disposta a rinunciare a lui facilmente.

 

“Non so cosa tu voglia dire. Mi preme solo di te” gli sussurrò all’orecchio, in tono suadente, e iniziò a baciarlo con insistenza, muovendo le mani sul suo corpo per esplorarlo. Sentendo però il ragazzo irrigidirsi, smise di importunarlo, ma cercò comunque di convincerlo con le parole.

 

“Non mi credi, Shin? Non credi alle mie parole?”

 

“No”. Un’affermazione determinata. L’youkai era consapevole che Kagura stava giocando con lui, ma non sapeva bene il motivo. Di certo, non era un semplice ordine di Naraku quel tentativo di seduzione. No. Doveva esserci dell’altro. Perché se no avrebbe già dovuto offrirsi a lui in cambio della libertà dall’hanyou?

 

“Tu ti stai concedendo solo per capriccio. Per ripicca”. Shin era serio, ma Kagura non potè evitare di prorompere in una risata isterica.

 

“Concedersi…Come suona equivoco!”. Si stava innervosendo per via dell’ostinata ritrosia di Shin e delle sue domande. “Io non mi concedo mai, mio caro, è disonorevole. Io scelgo…e ho scelto te!”

 

Shin le afferrò i polsi con forza, impedendole qualsiasi movimento. La fissò negli occhi con insistenza. Non poteva leggere nella sua anima, non aveva quel potere, ma vi scorse ugualmente una falsità e un’ipocrisia che lo nausearono.

 

“Vattene”. Glielo scandì a pochi millimetri dal volto, e si gustò la sorpresa invadere i lineamenti della yasha. L’aveva rifiutata. Gli aveva rubato dei baci, ma non era riuscita ad avvincerlo. A sedurlo. La stava rifiutando come l’aveva rifiutata Sesshomaru.

 

“Perché? Temi di non riuscire a resistermi, se non me ne vado?”. Si era liberata dalla stretta e aveva giocato la sua ultima carta. Pungerlo nel suo orgoglio maschile. Se avesse detto di sì, si sarebbe sminuito. E doveva essere quella la risposta, altrimenti la sua presenza non lo avrebbe minimamente disturbato. Shin, che intanto si era allontanato da lei verso la finestra, si girò a fissarla e scosse la testa.

 

“No. Perché il mio rifiuto sarebbe più imbarazzante per te che per me”. Tornò a guardare il paesaggio alla luce della luna. “E adesso, vattene”

 

Kagura avrebbe voluto controbattere, ma scoprì di non aver il coraggio di alzare gli occhi su di lui per la troppa vergogna. Recuperò il suo kimono e si avviò alla porta. Prima di uscire, gettò un’ultima occhiata a quel ragazzo bello come la notte e che l’aveva rifiutata come aveva fatto l’inuyoukai. Si sarebbe vendicata anche di lui. Per averla respinta e messa in imbarazzo. Per averla fatta vergognare.

 

  
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