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Autore: Sybeoil    01/07/2012    1 recensioni
Non è facile crescere in un paese che tutto il mondo critica ma che nessuno si scomoda ad aiutare, non è nemmeno facile crescere in una famiglia speccata come la mia. A dirla tutta non è affatto facile crescere in generale. La vita cambia, i problemi crescono, le delusioni aumentano e i sogni colano a picco. Ti rendi conto che tutto ciò in cui credevi da bambina, tutto ciò che la tua mamma ti raccontava, sono solo bugie vuote.
E così alla fine ti rassegni e ti integri a quel mondo che ti vuole schiava del lavoro. Diventi una dei tanti non una tra i tanti.
Succede però, che a volte e dico solo a volte, il Destino sembra volerti dare una mano e allora... allora succede l'impossibile. Ciò che hai sempre desiderato ti si presenta sotto gli occhi e tu non puoi fare a meno di afferrarlo e tenertelo stretto.
A volte ci si mette anche a l'amore, quello vero che fa battere i cuori e venire il mal di stomaco. Quell'amore così impensabile da sapere che è quello giusto.
Quando tutto va come dovrebbe andare, ci si mette l'amore per il ragazzo riccio conosciuto a Londra!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO AUTRICE:

Ok, fanciulle!! Sono diplomataaaaaaaaaaaaaaaaaaaa....yuppiiiiiiiiiiiiiiiii e con una votazione di 95/100. Sto ballando la conga dalla felicità xD Tornando a discorsi più seri passo a pubblicare un altro capitolo. E' più che altro un capitolo di passaggio che mi ersviva per introdurre il personaggio di Eleneonor nella vita dei ragazzi quindi non aspettatevi grandi cose. Pian piano il rapporto tra il riccio e l'italiana si farà più intenso e difficile, complice la reputazione e la fama di lui, e la precarietà della stabilità a Londra della bella italiana.Non spaventatevi però si sistemerà tutto ;) Al più presto cercherò di introdurre anche il personagio di Amalia, la quale avrà una relazione con un membro della band, di cui però non svelo il nome. Ad ogni modo godetevi questo capitolo e grazie per essere con me, nonostante i ritardi e gli errori che commetto.
Un bacio, Sybeoil!



Capitolo 13

 

 

 

 

 

 

Mi svegliai la mattina dopo con la mano ancora stretta in quella del riccio e il viso immerso nell’incavo del suo collo. Profumava di pesca, ed io avevo sempre adorato la pesca. 

Lentamente mi mossi cercando di raggiungere il cellulare che la sera prima avevo abbandonato acceso sul comodino lì accanto e lo afferrai per vedere se qualcuno mi avesse cercata.

Quindici chiamate perse e oltre trentasei messaggi. Cazzo!

La sera prima tra una cosa e l’altra mi ero dimenticata di avvertire Vicktor e Ben. Si saranno sicuramente preoccupati a morte, magari era meglio se li chiamavo e rassicuravo sul mio stato di salute.

Sciolsi quella specie di abbraccio in cui mi ero incastrata con il riccio e feci per scendere dal letto quando un paio di forti braccia mi si ancorarono per fianchi trascinandomi nuovamente sul materasso caldo.

< Dove scappi? > chiese Harry con gli occhi ancora socchiusi.

< Devo fare una chiamata > spiegai lasciandogli un bacio sul naso e alzandomi per andare in bagno.

Era meglio evitare che le urla di Vicktor si espandessero per tutta la casa perforando vetri e pareti. Certo, adoravo quell’uomo tutto muscoli e peli biondi, però era un tantino troppo protettivo. Avevo diciotto anni, sapevo cavarmela.

Mi incamminai verso la porta bianca che segnava l’entrata al bagno e sentì Harry sbuffare infastidito. Mi voltai gli sorrisi facendogli una linguaccia e poi mi chiusi la porta alle spalle prima che il cuscino su cui avevo appena dormito mi si spalmasse sul sedere.

< Sei terribile > urlai attraverso la porta per dargli ancora più fastidio.

Lo sentì ridacchiare ed infine alzarsi, io invece mi feci coraggio e composi il numero del biondo il quale rispose al primo squillo.

< Dove sei? Sei viva? Ti hanno rapita? > urlò quasi in preda all’isteria prima che riuscissi a fermarlo.

< Sto bene Vicktor, davvero sto bene > dissi sperando di tranquillizzarlo senza però avere molto successo < Ieri sera è stata una serata un po’ particolare > aggiunsi prima di rendermi conto che ciò che avevo detto mi avrebbe condannata.

< Cosa vuol dire? Ti ha fatto del male Harry? > chiese ancora in preda al panico mentre sentivo la voce di Ben urlare qualcosa di incomprensibile.

< No no no no > smentì immediatamente < Anzi, se non fosse stato per lui mi avrebbero stuprata > dissi in un sussurro.

< Cosa? > sbottarono all’unisono sia Ben che il biondo < Vengo a prenderti, dove sei? > aggiunse quasi all’istante.

< Sono a casa di Harry e tu non ti muovi > ordinai severa < Oggi probabilmente passerò la giornata qui, poi mi riaccompagnerà a casa. Non preoccuparti > aggiunsi aprendomi in sorriso sincero.

< Sei sicura? > mi domandò sapendo già la risposta che gli avrei dato ma volendone essere sicuro.

< Si > annuì decisa < Divertiti > aggiunsi prima di chiudere la chiamata e darmi uno sguardo allo specchio.

Ciò che vidi fu ORRORE. Avevo i capelli in completo disordine, le occhiaie toccavano terra tanto erano profonde e quella maglia che avevo fregato dall’armadio del riccio mi stava tre volte.

Stavo giusto per svestirmi e infilarmi sotto la doccia in modo da lavare via l’odore di alcool e la stanchezza quando la porta si spalancò lasciando entrare un Harry quasi del tutto nudo.

Indossava solo il paio di boxer con cui era andato a dormire la sera prima mentre nella mano ne stringeva un paio puliti.

Stava per levarseli quando un mio urlo lo costrinse a fermarsi.

< Che c’è? > domandò voltandosi nella mia direzione e guardandomi spaventato.

< Che fai? > domandai con ovvietà.

< La doccia? > rispose lui. Faceva anche l’ironico.

< Lo vedo, ma non pensi sia meglio aspettare che io esca? > domandai fingendo un imbarazzo che in realtà non possedevo. In fondo lo avevo già visto come mamma lo aveva fatto.

< Pensavo ti saresti unita > ammiccò con una luce maliziosa negli occhi.

Dio quegli occhi! Avrei potuto farci l’amore giorno e notte senza stancarmene. Erano il paradiso al centro esatto dell’inferno.

< Pensavi male mio caro > lo sbeffeggiai cominciando ad avviarmi fuori dal bagno decisa a non dargliela vinta.

Se c’era una cosa che non mi aveva mai abbandonato e che, più di tutti mi procurava danni, era l’orgoglio.

< Invece no > affermò lui prendendomi per i fianchi e buttandomi dentro il box doccia in cui poi entrò anche lui costringendomi tra il muro e il suo corpo.

< Tu adesso farai la doccia con me > disse sicuro accennando un sorriso al quale risposi con una leggera pacca sulla spalla.

Prima che potessi ribattere o per lo meno dibattermi nel tentativo di andarmene, il riccio mi prese il viso tra le mani e poggiò le sue labbra sulle mie. Quel bacio appena accennato si trasformò ben presto in un bacio più approfondito.

Le nostre lingue si cercavano affamate, desiderose una dell’altra. Si muovevano in simbiosi quasi fossero state create per giocare insieme.

Mi staccai un attimo da quelle labbra che sapevano di miele per fissarlo negli occhi e sorridere mentre lui, con le sue grosse mani che tanto adoravo, cominciava ad accarezzarmi ogni pezzo di pelle disponibile insinuandosi sotto la maglia e sfilandola.

Eravamo entrambi in biancheria intima quando il riccio, con la mano che non era impegnata ad accarezzarmi la coscia, aprì il getto d’acqua gelata immergendomi sotto.

< E’ fredda > balbettai mentre centinai di goccioline ghiacciate mi scorrevano sulla pelle chiara.

Molto gentilmente Harry regolò la temperatura dell’acqua e poi tornò a concentrarsi sulle mie labbra.

< Mi fai impazzire > mi sussurrò ad un orecchio prima di sganciarmi il reggiseno e farlo volare fuori dal box doccia seguito dai suoi boxer.

Questa volta, come la prima, non sarei potuta tornare indietro. Ma in fondo, cosa c’era di male se per una volta mi godevo la vita non badando alle regole?

Avevo passato diciotto anni di vita a comportarmi bene, fare in modo che la gente mi vedesse per la brava ragazza, a costruirmi una buona reputazione e tutto per cosa? 

Per nulla! Per continuare ad essere giudicata, indicata e disprezzata.

Era arrivato il momento di dire basta e quello era il mio modo per far capire che, finalmente, avevo ripreso in mano le redini della mia vita.

Passò a baciarmi il collo provocandomi piccoli brividi di piacere lungo tutta la spina dorsale mentre io inarcavo il corpo con il solo desiderio di sentirmi ancora più vicina a lui.

Arrivò al seno con cui iniziò a giocherellare, mordendolo, solleticandolo, accarezzandolo dolcemente. Le mie mani, fino ad allora ancorate alla carne delle mie gambe, andarono a stringersi intorno alle sue spalle muscolose lasciandoci leggeri graffi che presto si arrossarono.

Mentre lui passava a giocherellare con l’elastico degli slip io cominciai ad aumentare il ritmo dei respiri.

< H-Harry > balbettai a mezza voce.

Intuendo l’urgenza nella mia voce il riccio mi sfilò gli slip e dopo avermi sollevata da terra e poggiata con la schiena al muro entrò dentro di me.

Un gemito strozzato mi fuoriuscì dalle labbra semidischiuse mentre con le mani accarezzavo quei meravigliosi ricci.

Le spinte delicate dell’inizio aumentarono d’intensità fin quando si fecero quasi insostenibili.

Sentivo il suo respiro accelerato solleticarmi la pelle del collo su cui continuavano a scorrere impercettibili gocce d’acqua. Le sue mani, serrate sulle mie natiche, continuavano a mantenermi in equilibrio mentre con un’ultima spinta entrambi venimmo.

Rimanemmo ancora qualche minuto così, l’uno dentro l’altra, sospesi da terra e dal mondo mentre l’acqua continuava a scorrerci addosso lavando via l’odore del sesso appena fatto.

< Magari è meglio se ci laviamo e poi scendiamo > gli sussurrai ad un orecchio.

< Hai ragione > convenne mettendomi con i piedi di nuovo a terra e consentendomi di reggermi sulle mie gambe mollicce.

< Ti prego dimmi che usi lo shampoo alla camomilla > sussurrai chiudendo gli occhi ed incrociando le dita scatenando una risata nel riccio.

< Ebbene si, mia piccola fedele, uso lo shampoo alla camomilla > disse lui tirando fuori da non so dove una boccetta di shampoo alla camomilla.

Io amavo quell’uomo.

< Styles > lo richiamai < Credo di amarti > affermai decisa.

Vidi la sua espressione farsi improvvisamente seria e spaventata mentre  ingoiava un groppo di saliva.

< Tu che cosa? > domandò allontanandosi lentamente.

Non pensavo che delle semplici parole, dette per scherzo tra l‘altro, potessero provocargli una reazione simile.

< Dimmi che non ti sta per venire un infarto > scherzai avvicinandomi a lui ed in particolare alle sue labbra < Stavo scherzando > soffiai quando fui a pochi centimetri di distanza.

Lo sentì rilassarsi e sorridermi mentre tornava a concentrare la sua attenzione sui miei occhi.

< Vieni qua, va > disse abbracciandomi e dandomi un bacio sul collo che si trasformò in un succhiotto bello evidente.

< Styles! > lo ripresi fintamente offesa < Mi rimarrà il segno per una settimana almeno > 

< Così nessuno potrà toccarti > affermò lui serio cominciando ad insaponarsi e schizzandomi di tanto in tanto < Sei mia > aggiunse strizzandomi l’occhio.

Io gli tirai uno scappellotto e poi cominciai anche io ad insaponarmi.

 

 

***

 

Quarantacinque minuti dopo uscimmo dalla doccia puliti e profumati. Io mi avvolsi nel mio accappatoio blu scuro mentre a lei diedi un asciugamano che arrivava a mala pena sotto il sedere.

Lo feci apposta, lo ammetto! Ma ehi, mica è colpa mia se è bella ed io ho un debole per le belle ragazze.

< Styles, sta cosa mi copra a mala pena > si lamentò infatti girando il collo per osservarsi la schiena < E poi ho freddo > aggiunse incrociando le braccia ancora bagnate.

< Per quello non c’è problema > le risposi io aprendo le braccia e avvolgendocela dentro. 

< Grazie > la sentì sussurrare prima che qualche rompicoglioni, che successivamente catalogai come Louis, bussasse alla porta della stanza.

< Harry credo che Isobel se ne sia… > si interruppe a metà frase quando, spalancando la porta del bagno senza nemmeno chiedere permesso, entrò e ci vide abbracciati.

< Oh, scusate > disse subito dopo abbassando lo sguardo.

< No stai tranquillo > gli sorrise Bell sciogliendo l’abbraccio e dirigendosi in camera. Molto probabilmente lo aveva fatto per lasciarci da soli.

< Scusa > ripeté il moro avvicinandosi e chiudendosi la porta alle spalle < Figurati > gli risposi sollevando le spalle e sorridendo.

< Come è andata? > chiese poi scoppiando dalla curiosità e facendo con la testa un cenno alla stanza accanto.

< Benone > risposi ampliando il sorriso che già avevo stampato in faccia. Stavo per aggiungere altro quando il visino di Bell spuntò da dietro la porta chiedendoci scusa.

< Ehm > mormorò arrossendo fino alla punta delle orecchie < Ecco, la mia biancheria è rimasta di qua > disse poi abbassando lo sguardo.

< Oh > fece Louis < Oooooooh > aggiunse sorridendo divertito dalla situazione e muovendosi per andarsene, finalmente, fuori dalle balle.

< Bacon o uova? > chiese alla mia bionda prima di varcare definitivamente la porta della mia camera da letto.

< Veramente io bevo solo del latte e caffè > disse lei ancora intimidita.

< E latte e caffè sia > disse Louis strizzandogli l’occhio e lasciando definitivamente la stanza.

< Scusalo > dissi avvicinandomi, cingendola per la vita e lasciandogli una scia di baci umidi lungo tutto il collo e la spalla scoperta.

< Fa niente > disse lei intrecciando le braccia dietro il mio collo e accarezzandomi la nuca. 

Stavo per sciogliere il nodo che aveva fatto all’asciugamano e ricominciare a fare ciò che avevamo già fatto nella doccia ma venni bloccato dalle sue piccole mani.

< Harry non possiamo > disse sulle mie labbra < Sotto ci aspettano > sorrise.

< Uffaaaaa > sbuffai lasciandola andare.

Tornai in camera e cominciai a vestirmi. Infilai un paio di boxer grigi che trovai nell’armadio, un pantalone delle tuta piuttosto largo e comodo anch’esso grigio ed una t-shirt bianca scollata a V.

Con la coda dell’occhio vidi Bell indossare la biancheria intima e litigare con la gonna che aveva indosso la sera prima. 

< Tieni, metti questo > le dissi passandogli un paio di miei pantaloni della tuta. Le sarebbero stati tre volte ma per lo meno sarebbe stata comoda.

< Grazie > disse sincera infilandoseli e facendo cento nodi all’elastico in vita per evitare di perderli. < So che sono una rompi palle però, non è che avresti anche una maglietta da darmi? > domandò abbozzando un sorriso.

< Preferirei vederti in reggiseno > cominciai malizioso < Ma sì, se vuoi puoi prendere una mia maglietta > aggiunsi quasi subito.

< Grazie > ripeté questa volta alzandosi sulle punte per lasciarmi un bacio a stampo.

Andai nell’armadio e ne tirai fuori una vecchia t-shirt dell’Abercrombie grigia che le tirai beccandola in faccia. Lei la afferrò e la indossò avviandosi poi lungo il corridoio.

Io la seguì sorridendo fino a quando arrivammo entrambi in cucina.

 

Le voci che prima si sentivano provenire dal corridoio tacquero all’istante appena io e Bell facemmo il nostro ingresso in cucina.

Era davvero una scena comica. Da una parte c’erano i miei quattro migliori amici, non che coinquilini, con le bocche semi aperte e gli occhi leggermente fuori dalle orbite mentre dall’altra, c’eravamo io ed Isobel, con le mani intrecciate e due sorrisi ebeti stampati in faccia.

Lei si vergognava un sacco, lo si vedeva da come mi stringeva la mano e da come, con l’altra, giocava con una ciocca di capelli.

< Ciao > disse imbarazzata tenendo lo sguardo sul pavimento.

< Ciaoooooooooo > urlò Boo Bear saltandole al collo e cogliendola alla sprovvista. 

Mi lanciò uno sguardo supplichevole ma io mi limitai ad alzare le spalle come a volerle dire che non sapevo che farci. Il che poi era anche la verità. Lou era fatto così e non si poteva fare nulla per cambiarlo.

< Ragazzi lei è Isobel > dissi ad alta voce per salvarla dall’abbraccio stritola ossa di Louis < Resterà con noi oggi > aggiunsi guardandola e sorridendole. 

Gli altri tre si alzarono dagli sgabelli su cui erano seduti e si presentarono uno ad uno.

< Piacere io sono Liam > disse il più normale del gruppo stringendole la mano e sorridendole cordiale. 

< Isobel > rispose lei ricambiando la stretta.

< Io invece sono DJ Malik > si pavoneggiò il moro avvicinandosi e lasciandole due baci sulle guance.

< Io invece sono solo Isobel > rispose lei con un punta di ironia nella voce.

< Ifo infece fono Nifall > borbottò il biondo ingurgitando l’ultimo cucchiaio di cereali. 

< Lo sapevo > ammiccò la mia bionda sorridendo < A dire il vero conosco il nome di tutti voi > aggiunse voltandosi nella mia direzione.

< Anche quando noi… > la domanda mi sorse spontanea. 

Lei mi guardò, sorrise e poi scosse la testa venendomi ad abbracciare.

< No > disse < Ho scoperto chi eri e chi eravate il giorno dopo per televisione. Stavano trasmettendo una vostra canzone, ho rischiato di morire soffocata con del succo d’arancia > 

La vidi scoppiare a ridere e trascinarsi dietro tutta la compagnia. Aveva una risata contagiosa quasi quanto quella di Niall. 

Finimmo di fare colazione tutti insieme e poi Louis e Bell si offrirono di lavare i piatti mentre noi altri ci andammo a spaparanzare sul divano in salotto.

 

 

***

Morivo dalla voglia di chiederle come era proseguita la sua serata con il riccio. Ovviamente, anche non avesse voluto dirmelo, sarei poi comunque venuto a saperlo, ma ero comunque curioso di conoscere il suo punto di vista.

Ma, cosa ancora più importante, non vedevo l’ora di rinfacciargli il fatto che io avesse ragione e che in fondo Harry non era tanto male.

< Allora > cominciai leggermente imbarazzato. Di solito non lo ero mai, nemmeno quando i discorsi si facevano davvero difficili, ma quella ragazza aveva un so che di strano. Sembrava troppo adulta, troppo sicura di ciò che voleva. Mi metteva ansia a volte però rimaneva comunque simpatica e adorabile. < Come è andata la serata? > domandai sciacquando l’ennesima tazza.

< Bene > rispose lei sorridendo imbarazzata < Insomma, abbiamo dormito e poi stamattina, si ecco noi… > 

< Avete fatto sesso? > la incoraggiai sorridendo divertito per quel suo imbarazzo e per il fatto che fosse arrossita.

< Louis! > mi riprese schizzandomi con l’acqua del lavandino < Smettila subito! Non sono affari tuoi > aggiunse concentrando tutta la sua attenzione su un cucchiaio.

< Scusa non volevo > risposi io sorridendo e schizzandola esattamente come lei aveva fatto con me.

< Ok sei perdonato > fece lei passando a lavare l’ultima tazza.

< Visto comunque che avevo ragione? > le dissi mentre mi asciugavo le mani su uno strofinaccio che avevo trovato accanto al frigo.

< Riguardo a cosa? > domandò vaga, facendo finta di non capire.

< Lo sai riguardo a cosa > la stuzzicai solleticandole i fianchi coperti dalla maglia leggera di Harry.

< No, Louis > disse lei cominciando ad indietreggiare < Niente solletico, ti prego > supplicò incrociando le mani a modi preghiera.

< Allora ammettilo > la provocai riscaldandomi le mani. Ero pronto a farla ridere talmente tanto da toglierle il respiro.

< Mai > mimò con le labbra prima di afferrare lo strofinaccio che avevo usato prima e brandirlo come arma.

< Allora te ne pentirai > affermai serio poco prima di prenderla e cominciarle a fare il solletico.

Rideva così forte e così spontaneamente da attirare anche gli altri quattro i quali, divertiti dalla scena che trovarono, tutti tranne Harry, scoppiarono a ridere.

Il riccio invece mise su il broncio e andò a chiudersi in camera. Ok che era la sua ragazza, almeno credo lo fosse, però se uno non poteva nemmeno scherzarci non c’era gusto.

< Ci penso io > mi sussurrò la bionda liberandosi dalla mia presa e avviandosi lungo il corridoio.

Io rimasi in cucina, leggermente deluso dal comportamento di Harry. Cosa credeva, che gli avrei rubato la ragazza? Era il mio migliore amico, dannazione! Per me era quasi un fratello. E poi in ogni caso avevo Ele, non le avrei mai fatto un torto del genere. Amavo quella ragazza.

< Ahia, Boo Bear > commentò il pakistano < L’hai fatta grossa > aggiunse scoppiando in una risata divertita.

< Gli passerà > mi limitai a dire prima di afferrare il cellulare e notare una chiamata persa da parte della mia ragazza.

Premetti il tasto rapido di richiamata e attesi che dall’altra parte mi rispondessero mentre, con indosso il pantalone del pigiama ed una maglia grigia, andavo a sedermi sul terrazzino.

< Amore > la sentì dire appena rispose. Adoravo sentire la sua voce, anche se solo per telefono.

< Ehi piccola > sussurrai chiudendo gli occhi e godendomi il sole primaverile che Londra aveva deciso di donarci < Come stai? > le domandai .

< Io benissimo > trillò euforica. Sono sicuro che se solo non fosse stata impegnata a dover tenere il cellulare, avrebbe sbattuto le mani.

< Che ne dici se passo a prenderti e oggi passi la giornata con me? > le domandai senza pensarci. Avevo voglia di vederle e in più volevo farle conoscere Bell, ero sicuro che sarebbero andate d’accordo.

< Voglio farti conoscere una persona > dissi senza aggiungere altro.

< Chi? > domandò con la curiosità dipinta nella voce. 

< Lo scoprirai se accetti > le sorrisi divertito da quel piccolo gioco. Avrebbe accettato di sicuro, era più curiosa di una volpe. 

< Ok, ma solo perché sono curiosa > disse ridendo.

< Tra un’ora sono lì > dissi e staccai la chiamata diretto verso la mia stanza.

Mentre attraversavo il corridoio per andare a prendere un paio di scarpe in camera vidi il riccio sdraiato sul letto con accanto Bell, alzarsi e venirmi in contro.

Quando fu a pochi centimetri di distanza mi saltò addosso rischiando di farmi cadere.

< Scusa scusa scusa scusa > cominciò a dire riempiendomi la faccia di piccoli bacetti che feci finta di schifare.

< Ok > feci mollando la presa e lasciandolo cadere a terra < Ti perdono se la pianti di baciarmi. Abbiamo una reputazione da difendere > dissi strizzandogli l’occhio.

< Uffa > mormorò fingendo delusione < Ma io ti amo > aggiunse mordendosi il labbro inferiore e facendo scoppiare a ridere l’italiana.

< Anche io > dissi per consolarlo < Ora però vado a prendere Ele, voglio che conosca Isobel > aggiunsi più a bassa voce.

< Oh, ok > annuì lui tornando in camera per caricarsi la bionda sulla schiena e portarla in salotto dagli altri.

Io invece entrai in camera, mi infilai un paio di scarpe e poi uscì di casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
  
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