Eragon
Gil’ead
-Non sei stato
intelligente a lasciare indietro Brom.-
-È stata una sua scelta.
Non ha voluto seguirmi.-
-E tu sei stato così
bravo da non chiedergli niente su Gil’ead.-
-Ci arrangeremo.-
-Sì, certo, ma come
facciamo ad entrare nelle prigioni? Non possiamo certo andare dalle guardie e
chiedere:”Scusate, potreste indicarci la cella di
Arya? Sapete, dobbiamo liberarla perché ci è apparsa
in sogno e ce l’ha chiesto”!-
-Arlin, non essere
pessimista.-
-Ah no?- La ragazza
si guardò intorno, il volto nascosto dal cappuccio del mantello. -In ogni caso,
ti ricordi quel tipo a Daret? Quello strano che continuava a fissarci.-
-Quello che abbiamo
visto prima di entrare dall’indovina?-
-Proprio lui. -
-È qui? -
-Non lo so, ma mi
sento osservata.-
-Come al solito.-
-Che cos’hai detto, scusa?-
-Niente.-
Arlin sbuffò.
Entrarono in una
sala di pietra, guardandosi indietro circospetti.
Una figura scura
seguì le due sagome dentro il castello. I suoi passi non erano udibili alle
orecchie di nessuno, anche un elfo avrebbe avuto
difficoltà nel sentirli.
Vide i due scendere
rapidi delle scale, e anche lui gli andò dietro.
-Eragon,
sei certo che è per di qua?-
-Proviamo, Arlin, di
sicuro è in una di queste celle.-
-Ma non abbiamo
molto tempo, la notte è corta.-
-Arlin, per favore!
Adesso basta.-
La ragazza abbassò il capo mortificata e rimase in silenzio. Era agitata, e
quando stava in quello stato non smetteva mai di parlare. Eragon lo sapeva, era
il suo migliore amico, e la sopportava. Ma ora anche
lui non era tranquillo, e si concentrava cercando di sentire la presenza
dell’elfa nelle celle davanti a loro. Arlin sentiva però anche altre presenze,
e ciò l’agitava ancora di più, e faceva guizzare gli
occhi in tutte le direzioni.
-Trovata!- mormorò
all’improvviso Eragon. Si diresse deciso verso una porta di legno e fece
scattare i meccanismi interni della serratura. La porta si aprì, mostrando una
ragazza sdraiata su una tavola di pietra. Era vestita con degli
abiti oro, i capelli biondi rossicci raccolti, la pelle pallida e le
orecchie rotonde. Doveva trovarsi di un'elfa, perchè i suoi
lineamenti erano diversi da quelli di un comune essere umano. Voltò la
testa verso i visitatori, e fissò i due occhi azzurri su Eragon. -Non dovreste
essere qui! Andate via!-
-Troppo tardi.- disse una voce all’esterno della cella.
Eragon e Arlin si
voltarono, e videro un uomo alto, vestito di nero, con lunghi capelli rossi e
gli occhi azzurri quasi bianchi.
Arlin s’irrigidì. -Eragon…è…-
-Uno Spettro.-
completò lui, spaventato.
Lo Spettro sorrise.
-È un piacere incontrarti, Cavaliere. Anche se, a dir
la verità, mi aspettavo qualcosa di più di un semplice…contadino.-
Eragon arricciò le
labbra e si parò davanti ad Arlin. -Prendi Arya e andatevene.-
Arlin si fece seria.
-Non ti lascio solo.-
-E invece devi, se
vuoi salva la vita!-
La ragazza guardò lo
Spettro proprio mentre lui alzava un braccio e delle
lance si staccavano dal muro. Lo Spettro le scagliò contro i due ragazzi.
-Eragon!- urlò
Arlin.
Eragon alzò il palmo
destro. -Jierda!-
Le lance si
spezzarono a metà, e i loro resti caddero a terra. Eragon si sentì stanco. Brom
gli aveva detto che più si era lontani dal bersaglio,
più si utilizzavano energie.
-Ti senti prosciugare le forze, vero?- disse lo Spettro. Con il
braccio sollevato, librò a mezz’aria una lancia intatta. -Dicono
che quando un Cavaliere muore si possono sentire i ruggiti disperati del suo
drago.- Sorrise. -Vediamo se è vero.- La lancia fu scagliata
di nuovo contro di loro.
All’ultimo momento,
qualcuno saltò davanti ad Eragon e Arlin e lo colpì in pieno petto. Il mantello
gli scese dal capo e scoprì il volto di Brom, teso in una smorfia di dolore, e
il suo corpo ricadde a terra. Gli occhi di Arlin si
velarono di lacrime e la ragazza s’inginocchiò accanto al vecchio, mettendogli
delicatamente la testa sulle sue gambe.
Eragon si sfilò
l’arco e incoccò una freccia. Con una precisione che stupì
anche se stesso, la freccia colpì lo Spettro in mezzo agli occhi. Con un
sorriso, lo Spettro svanì. Il ragazzo si voltò, e vide Arlin china su Brom, che
respirava forte. -Come sta?- chiese infuriato.
-Male.- rispose lei,
la voce rotta dal pianto.
Il soffitto si ruppe
con un rombo sordo mentre Saphira lo sfondava e
atterrava vicino ad Eragon.
In breve, i quattro
furono circondati dai soldati che avevano sentito il trambusto.
Arlin spostò il
corpo di Brom sulla fredda pietra, e si slacciò il mantello.
-Che cosa vuoi fare,
Arlin?- chiese preoccupato Eragon.
La ragazza alzò il
viso, con gli occhi arrossati. -Vendicare Brom.-
-Ci ho già pensato
io, Arlin non fare pazzie!-
Arlin sorrise, quel
suo sorriso che compariva quando stava per fare
qualcosa di pericoloso. Estrasse veloce la sua spada, un’arma leggera
regalatale da Brom all’inizio del loro viaggio.
-Arlin, no!-
Ma che cosa fa?, chiese Saphira.
Vuole affrontare
tutti questi soldati da sola!
E tu la lasci fare?
Eragon guardò la
dragonessa. No. Anche lui estrasse Zar’roc, e si affiancò all’amica.
La battaglia iniziò
con un feroce urlo di Arlin, che si gettò sui soldati.
Nella confusione che si creò, molti soldati andarono contro la ragazza,
credendo che fosse debole come un insetto. Ma Arlin era agile, si muoveva come
un gatto, e tutti quelli che le si avvicinavano
assaggiavano la lama della sua spada. Ma rimase scoperta
mentre infilzava un nemico, e un altro era pronto a colpirla alla
schiena.
Qualcosa le sfiorò
il viso candido.
Paralizzata, la
ragazza si voltò quando sentì un tonfo, e vide una
freccia conficcata nel petto del soldato, a livello del cuore. Fissò alcuni
secondi quel corpo immobile, mentre sentiva lo stomaco che si ribellava. Si
rigirò e alzò il capo, in direzione della provenienza della freccia. Il suo
salvatore era in piedi al bordo del buco lasciato da Saphira, il cappuccio
calato sul volto. Teneva un grande arco, alto quasi quanto lui, davanti a sé,
pronto a scoccare un’altra freccia. I loro occhi si incontrarono,
poi lui scoccò la freccia, che colpì un altro soldato. Si abbassò il cappuccio.
-Vi conviene andarvene, alla svelta!- gridò.
Arlin guardò il
volto del ragazzo, e riconobbe la stessa persona di Daret.
Il misterioso
ragazzo fissò la giovane che si inginocchiava accanto
ad un cadavere, ripuliva la sua spada e la rinfoderava. La vide rialzarsi e
correre verso il suo amico, gli disse qualcosa, e insieme caricarono
il vecchio sulla sella del drago azzurro. Poi andarono dentro una cella e ne
uscirono poco dopo, reggendo un’elfa. La aiutarono a salire dietro il vecchio e
la ragazza si arrampicò sulla sella, seguita dall’altro ragazzo.
-Vai!-
urlò
quest’ultimo.
Il drago si alzò in
volo, mentre una pioggia di frecce si alzava dal castello.
Lo sconosciuto vide
la ragazza chinare il capo, il volto pallido. I loro sguardi s’incontrarono di
nuovo, poi il drago e suoi passeggeri sparirono nell’oscurità della notte.
-Brom, mi dispiace.-
-Bah! Era mio
dovere.-
-Era mio dovere
ascoltarti. Se l’avessi fatto, tu non saresti ridotto così.-
Il vecchio lo
guardò. -È questo che mi piace di te, Eragon: una parte di prodezza
e tre di stoltezza. Non mi avresti ascoltato lo stesso, avresti fatto
quello che ti passava per la testa.-
Eragon sorrise a
fatica e alzò lo sguardo. Arlin stava coprendo Arya, addormentata. -Non devi
morire, Brom. Non per un mio errore, ti prego!-
-Nessuno ha commesso
errori qui, se non io, che dovevo insistere di più.-
-Non dire così.- disse Arlin, avvicinandosi. -E io?
Ho seguito Eragon nonostante tu non lo volessi.-
-Arlin, tu sei anche
più testarda di Eragon, per questo andate d’accordo:
siete determinati e quando siete insieme non vi ferma più nessuno. Se rimarrete
uniti, ciascuno si prenderà cura dell’altro e non
rischierete di vacillare. Ora che Eragon è un Cavaliere, Arlin, devi essere più
prudente: non appena lui ti lascerà indietro, qualcuno di più potente può
usarti, sfruttarti, per arrivare a Eragon. Ciò non
deve accadere, perché tu non sopporteresti le torture, per quanto forte tu
possa essere.-
Arlin esitò un
attimo, messa a disagio da quelle parole. -Ti riferisci a Galbatorix?-
Brom annuì
debolmente. -Sì, proprio lui. Mi prometti che starai in guardia?-
Arlin sorrise. -Certo,
Brom. Quando mai non lo sono stata?-
Il vecchio ricambiò il sorriso, poi si rivolse ad Eragon. -E tu, Cavaliere, fatti onore. Sii deciso nelle tue scelte,
e valuta i pro e i contro delle offerte che ti saranno fatte. Non essere
precipitoso, rifletti prima. Non sottovalutare mai il tuo
nemico, mai. Questo sì che sarebbe un
errore imperdonabile.- Guardò i due ragazzi. -Volete accettare la mia
benedizione?-
Eragon e Arlin
annuirono e si chinarono sul vecchio, che mise la mani
sulle loro teste. -Ebbene, questa è la mia
benedizione: che la vostra vita possa essere felice, vi auguro tutto il bene
possibile.- Levò le mani e sospirò. -Ora devo riposare.-