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Autore: Saradream    17/01/2007    1 recensioni
E'il racconto malinconico di una giornata d'inverno, e di due anime che si trovano e si amano, in una piccola soffitta di Parigi. e poi il richiamo del mondo,i sogni, la ricerca della felicità, l'impossibile. Racconto ispirato all'esperienza poetica di Rimbaud e Verlaine e dalla canzone di Charles Aznavour, è per chiunque ci trovi qualcosa in cui rispecchiarsi...spero che vi piaccia
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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LA BOHEME

 

La città era triste al di là del vetro sottile.

L’aria era grigia e densa, trasparente.

Sembrava che il cielo avesse fine con i tetti e le guglie lontane, solo il fumo dei camini si mischiava alla sua inconsistenza.

Il fischio ovattato del vento freddo entrava nella stanza e raggiungeva il cuore.

Con la fronte appoggiata al vetro gelido lui contemplava la città immobile.

In un qualunque giorno triste di un inverno senza neve.

E percepiva l’arte attorno a lui, nel vento, nella malinconia di quei tetti, nel rimpianto per vite lontane che non aveva vissuto e che non gli appartenevano, nella voglia di scrivere versi da ricordare a memoria e da proclamare a voce alta, camminando per le strade affollate o seduto sulle scalinate di una chiesa, quando ci sarebbe stato il sole, per portare per sempre con sé il ricordo di quella triste giornata d’inverno qualunque.

Nel frattempo la sua fronte rimaneva pigramente appoggiata alla finestra, la mano aggrappata alla bottiglia di un liquore amaro con disperata necessità.

E si chiese per quale ragione la sola assenza del sole gli causasse una morsa di dolore apatico e indefinito al cuore.

Si chiese perché non potesse scendere in strada, mescolarsi alla gente, ridere o scrivere, e far tornare quel giorno, triste senza un motivo, un semplice giorno qualunque.

Lo avrebbe fissato per ore quel cielo che in realtà non esisteva.

Quelle sagome scure di ponti, campanili e camini lontani, che si perdevano all’infinito nella nebbia sottile, le avrebbe fissate fino al calare della notte, che con le sue tenebre e le sue luci artificiali portava via la malinconia e faceva dei giorni grigi e tristi notti tutte uguali, e troppo felici.

Era stanco e sentiva il suo equilibrio pericolosamente in bilico, di nuovo.

Ancora una volta avrebbe solo voluto essere tanto lontano da quella camera, eppure non poteva smettere di fissare la città dal vetro tremolante.

Essere libero, correre urlante di rabbia, gioia o dolore fino al mare, fino al confine di un paese straniero, e poi ancora oltre per cercare qualcosa che, qualunque cosa fosse, era sempre e disperatamente più avanti di lui di un soffio di vento.

Cambiare nome, non essere più nessuno per il mondo,  vivere in comunione con se stesso.

Nei campi, tra i giunchi, verso il sole che muore o il giorno che nasce per trovare l’essenza della vita, il tutto o il nulla, l’emozione pura, l’anima.

Si ricordò di un tempo in cui aveva cercato anche l’amore.

Si voltò piano a guardare il corpo nudo che dormiva nel letto sfatto troppo grande per una piccola mansarda di un palazzo decadente in una via di artisti infelici.

Dormiva, e non sapeva nulla, allora un’angoscia sorda e indicibile lo colse, perché seppe in quel istante che i loro erano solo due degli infiniti destini intrecciati dai casi della vita, dalla storia, dalla noia o dall’amore.

In quella soffitta anonima erano soli e dimenticati dal mondo, il tempo sarebbe passato e non sarebbe rimasto niente del loro amarsi, odiarsi, della loro affannosa ricerca di un’illusione di felicità, di quel bisogno disperato e mai appagato, dei loro versi, della loro arte.

Il tempo dimentica ogni cosa senza pietà per i peccatori, e nemmeno per i poeti.

Provò odio per quell’amore straziante di cui non sarebbe rimasta traccia un giorno lontano, un odio colpevole e immotivato e tanto più sentito quanto meno dissipava il sentimento dal suo cuore.

Un amore disperato e violento fatto di passione, comprensione, povertà e dolore, che era inevitabilmente necessario, ma che a loro pareva così diverso dalla felicità dei sogni infantili.

Con un gesto improvviso posò la bottiglia sulla scrivania polverosa, si avvicinò al letto e si distese pigramente accanto al corpo del suo amante osservandone il volto nel sonno.

 

 “L’anima non è immortale”mormorò nell’orecchio al suo compagno.

 “Siamo immortali solo fino al giorno della nostra morte, e io sento che il tempo è così poco…sento il mondo che mi chiama, non lo posso più ignorare, dovrò rispondergli tra poco, dovrò andarmene …”

“Per adesso…resta ancora…non puoi farne a meno” rispose l’altro svegliandosi piano.

 

“Si, ma un giorno me andrò e non tornerò più, ti dimenticherò e tu mi dimenticherai e sarà come se tutto questo non fosse mai esistito”.

 

Il suo tono di voce sembrava lontano e dolcemente triste, non poteva sfuggire al destino stabilito da lui stesso, anche quando le sue decisioni gli costavano più di quanto avrebbe mai trovato altrove.

 

“Io troverò quella che gli uomini comunemente chiamano felicità, ci riuscirò”disse senza crederlo davvero.

 

Il suo amante lo abbracciò stretto “Se esiste la felicità, non si può trovare andando avanti, si trova solo tornando indietro, e questo è impossibile, quando si è svegli.

 Ma io non so queste cose, non posso rispondere alle tue domande, non so se l’anima è immortale, speravo me lo dicessi tu, e ora che lo hai fatto non voglio crederti.

Ma la felicità…la felicità non l’hai mai trovata nessuno… se noi faremo eccezione davvero non lo so…”

Chiuse gli occhi .

“Dormi ancora adesso” sospirò.

 

Il vento prese a soffiare più forte contro il vetro sottile della finestra e la pioggia cominciò a cadere delicata sulla città, il ticchettio delle gocce sui tetti riempiva il silenzio nella piccola soffitta, e non ci furono più parole tra loro, si addormentarono abbracciati.

E dormirono per tutta quella lunga giornata malinconica qualunque, dimentichi della fame, della miseria, del tempo che li avrebbe inghiottiti nell’oblio, della gloria o del fallimento, della banalità del mondo fuori, del loro amore impossibile per mille ragioni e per nessuna in particolare.

 

Un altro giorno trascorreva anonimo mentre due amanti stretti in una soffitta come tante altre, a Parigi, dormivano.

Un altro giorno se ne andava triste e lento come era venuto.

 

Forse proprio quel giorno, mentre dormivano,  la felicità aveva bussato alla loro porta, e loro non lo seppero mai.

  
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