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Autore: chained_roses    02/07/2012    3 recensioni
La storia di una ragazza e della sua vita caratterizzata da ricordi e situazioni difficili, lutti ed esperienze tragiche. Alcuni eventi riportati sono frutto di un'eleborazione di fatti ed esperienze reali, raccolti attraverso testimonianze di amici o fatti personali^^
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Prima di lasciarvi a questo ultimo capitolo vorrei ringraziare nuovamente di cuore tutti coloro che si sono presi la briga di seguirmi fino a questo ultimo capitolo^^
Spero di avervi in qualche modo entusiasmati e magari lasciati sulle spine in qualche modo!
Riguardo a questo vi lascio qui il link della mia nuova storia per chi avrà la pazienza di seguirla, che sarà più relistica e cruda in certi versi di questa finita!

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1139541&i=1

Grazie ancora a tutti, alla prossima :*




Era una chiamata proveniente dal cellulare di Logan.

 

Non riusciva a vedere nitidamente la strada mentre si lanciava a tutta velocità in auto dal vialetto di casa. Era ben oltre il limite di velocità, ma non avrebbe mai potuto sprecare quel poco tempo che le rimaneva da passare con lui.

Un'altra crisi, un altro scherzo da parte del corpo del ragazzo che ormai era immune alle medicine, e che ormai rifiutava persino quelle più leggere.

Negli ultimi giorni era stato un rigetto continuo, e sebbene fosse sempre sdraiato su quel letto, Claire potè notare quanto in pochi giorni fosse dimagrito.

Era sempre intriso di sudore, sempre con la nausea e con sbalzi termici non indifferenti.

Quella notte la madre di Logan, le confidò che il medico che seguiva suo figlio, le aveva comunicato che la chemioterapia sarebbe stata pressochè inutile considerando la velocità con cui peggiorava il giovane.

 

Giorno dopo giorno era una battaglia infinita, che non sarebbe mai stata vinta.

Con il passare del tempo Logan diventava sempre più irritabile e debole, tanto che arrivati a fine agosto non aveva più voglia di scendere nel giardino della clinica.

 

Claire non aveva fatto iscrizione a nessuna università, per il momento il suo unico scopo nella vita era stare con l'unico ragazzo che amava.

Quando tornava dall'ospedale, sua madre le faceva trovare pronta la cena in tavola, che però consumava solo per un quarto.

 

Durante una sera di temporale, sentì bussare alla porta di camera sua, vedendo la donna farsi avanti.

 

“Non dormi ancora?” chiese preoccupata.

“Non ci riesco” rispose la figlia.

 

Aveva sbagliato tante cose nella vita, ma proprio per questo voleva impedire a sua figlia di cadere nell'oscuro baratro dal quale lei era stata divorata quando aveva perso il marito e i figli.

Le spostò una ciocca di capelli dal viso sedendosi sul bordo del materasso, e continuando ad accarezzarle la testa iniziò a parlarle. Le raccontò come si era sentita quando l'amore della sua vita l'aveva lasciata, di come si era sentita dentro quando anche due dei suoi figli avevano fatto lo stesso. Ammise i suoi sbagli ed era pronta ad aiutarla quando sarebbe successo.

Claire iniziò a piangere e si strinse tra le braccia della madre. Da anni non succedeva una scena del genere, e in quel momento si rese conto di quanto era felice di averla a fianco.

Questo però non cambiava la realtà. A Logan rimanevano pochi giorni, forse poche ore.

Tuttavia riuscì ad addormentarsi stringendo tra le braccia la madre che non se ne andò fino all'alba.

 

La domenica mattina una nebbia leggera avvolgeva il quartiere.

Alexa Ficks aveva sentito squillare il telefono di casa prima delle 7, e nonostante la paura aveva alzato la cornetta.

Che parole avrebbe usato per spiegare alla figlia, che nella notte Logan era stato colto da un altro malore?
La signora Pennys aveva chiamato in lacrime, trasmettendo il senso di dolore e rabbia che ormai erano giunti in lei.

Era finita, e adesso?

 

Con il viso rigato, Alexa cercò di fare qualche passo in direzione delle scale che conducevano verso la camera della figlia, ma appena si girò verso la direzione del corridoio la trovò lì, con gli occhi sbarrati e l'impressione che potesse cadere da un momento all'altro.

 

“Mamma, chi ha chiamato?”

 

La donna aprì la bocca, ma dalle sue labbra non uscì nemmeno una parola.

 

“Mamma...?” disse Claire con la voce tremante.

 

Glielo si leggeva in faccia, sapeva già cos'era successo, ma voleva sentirlo dire da qualcuno, non importava chi fosse.

La donna fece qualche passo in direzione della ragazza, che però si ritrasse senza lasciarsi toccare: stava tremando.

Il respiro iniziò a venirle meno, e quando incontrò Jessy sul pianerottolo alla fine della scale, la prese in pieno con una spalla.

 

Soffocò le urla nel cuscino, sentiva gli occhi in fiamme. Ormai sapeva da mesi che questo giorno sarebbe potuto arrivare, ma se solo fosse stata consapevole che quello della sera prima sarebbe stato l'ultimo bacio che avrebbe dato al ragazzo, sarebbe stata con lui tutta la notte. Fino alla fine, come gli aveva promesso.

 

Quando sentì la porta riaprirsi fuori era già buio, sua madre non era in casa e Jessy non si vedeva.

Quando alzò lo sguardo trovò Lucy con gli occhi gonfi che si chinò su di lei ad abbracciarla, poi ripresero a piangere insieme.

 

Ore 04:37.

Nella valigetta medica non aveva trovato molto, solo alcuni antidolorifici e pillole varie, qualche antibiotico sparso. Ma poi li vide. I vecchi antidepressivi e psicofarmaci di sua madre erano ancora là, dentro alla credenza in salotto, nel ripiano più alto. Dimenticati da tutti, ormai quasi scaduti. Ma non dimenticati da lei.

Si diresse verso il frigorifero e vi trovò una coca cola, una birra, una bottiglia di scotch.

Sarebbe bastato.

 

Cercando di non fare rumore prese tutto ciò che le sue mani contenevano e si diresse verso il bagno.

Fece sciogliere qualche pastiglia nella coca cola, ingerì delle bustine di antidolorifici e subito dopo bevve tutto lo scotch che le stava nello stomaco. Ingerì gli antidepressivi per ultimi, poi iniziò a vedere tutto storto e sfocato. Le veniva da vomitare, ma qualcosa dentro di lei le disse di non farlo.

Se Logan se n'era andato, doveva andarsene anche lei. Non aveva senso restare li, sarebbe rimasta con lui per sempre, in un modo o nell'altro. Barcollando scivolò e sbattè sul piccolo specchio sulla parete, che cadde a terra e si ruppe emettendo un rumore metallico.

Mentre nella mano sinistra teneva ancora la bottiglia di Scotch e le pillole stavano sul pavimento, prese un frammento di vetro ed iniziò a strisciarlo su braccia e gambe.

Dopo pochi attimi non vide più nulla, sentì soltanto delle urla in lontananza, forse quelle di Lucy. O di sua madre, o di Jessy. Sentiva che pian piano se ne stava andando e si chiese se anche per Logan era stato così, se sentiva urla, se sentiva il sangue fluire nelle vene e se nella sua testa fossero apparse mille situazioni e ricordi tutti contemporaneamente.

 

Lo sapeva, in qualche modo avrebbe dovuto rimanere con lui.

 

Quella notte le sirene dell'ambulanza si fecero sentire a gran voce, quella notte troppe persone soffrirono.

Era un cerchio infinito di sofferenza e disperazione. Era iniziato tutto così, e sarebbe stato così che sarebbe finito.

Prima o poi, in qualche modo tutto finisce, tutti piangono la morte di qualcuno, tutti si arrendono davanti a delle scelte, che siano giuste o sbagliate.

Qualche volta, nella vita, qualcuno riesce a ritrovare sé stesso, a rimediare ai suoi errori.

Qualcuno invece sceglie di mettere tutto a termine prima del previsto, per odio, amore o rabbia che sia.

La differenza è così sottile che talvolta non si conosce nemmeno la ragione di azioni così disperate.

   
 
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