Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: ___MoonLight    03/07/2012    5 recensioni
«Tu sei riuscito a creare qualcosa di buono, non solo per te stesso. Qualcosa in cui credi.»
Tony gli riservò solo un ostinato silenzio, al che Bruce esitò.
«Ci credi ancora, vero?»
«Che importanza ha? Ho mandato tutto in fumo,» replicò piattamente lui.
«Sei già rinato dalle ceneri, Tony. Davvero non puoi farlo ancora?»

L'Afghanistan ha segnato Tony e gli ha donato l'opportunità di cambiare in meglio la sua vita. Ma il destino ha tutte le intenzioni di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote, e l'immagine corazzata che si è costruito e dietro la quale tenta di riparare i torti commessi e quelli subiti non è più abbastanza per proteggerlo. Cosa succede quando l'uomo diventa davvero di ferro, anche senza armatura?
[Storia completa e revisionata]
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



16

High hopes





My brain, my body's fried
I've got to stay alive
I've got to take a chance 
And keep on moving”


[Blood For Poppies – Garbage]




16 Marzo, Villa Stark

Perché a lui? Perché capitavano tutte a lui?
Un braccio meccanico, una gamba in progettazione, un occhio immaginario... maledisse il giorno in cui aveva deciso di prendere la facoltà di medicina. Si era laureato per curare la gente, non per operazioni poco probabili, e per giunta su pazienti poco collaborativi.
«Ora, signor Stark, mi spiegherà che cosa c'è di sbagliato in questo progetto,»
Ian indicò il ginocchio della gamba azzurrina che fluttuava tra loro.
«È lei il medico, quindi dovrebbe dirmelo lei. Io sono solo un povero genio e inventore...»
rispose Stark, immodesto come suo solito.
Ian sospirò alla ricerca di una forza interiore che al momento non possedeva: osservò il modello virtuale che roteava lentamente e poi fissò Tony con sguardo intenso nel tentativo di fargli notare l'errore, suscitando la sua irritazione:
«Non sono ancora arrivato all'illuminazione divina che mi permette di leggere nel pensiero: farebbe prima a dirmelo.»

Ian si arrese a malincuore:
«Forse... ha dimenticato un paio di menischi.»
Tony fissò il vuoto per qualche secondo, probabilmente meditando sul significato della sua esistenza.
«Ah. Ora capisco molte cose,»
disse, accarezzandosi il pizzetto con fare pensoso.
«Anche io,»
Ian scosse la testa rassegnato.
Tony intrecciò le dita, ancora in contemplazione con lo sguardo da cane bastonato. Quei menischi dovevano essere stati un duro colpo.
Ian osservò attentamente il suo volto provato: era incredibile come quell'uomo ridotto a un agglomerato di stress, insonnia e caffeina fosse ancora in grado di applicarsi nella progettazione di protesi all'avanguardia riuscendo a sbagliare "solo" un paio di menischi. Se lui si fosse trovato nelle sue condizioni – e, ricordando il suo quarto anno di medicina,
era quasi successo, almeno a livello mentale – avrebbe probabilmente defenestrato tutti i progetti, si sarebbe chiuso in camera sua e avrebbe dormito per una settimana di fila. Questo ovviamente non sembrava rientrare nei prossimi piani del miliardario, che sembrava più incline a spingere il suo corpo e la sua mente all'estremo limite per dimostrare chissà cosa a chissà chi. Ian sospirò tra sé: i pazienti orgogliosi e cocciuti erano i peggiori. Se poi erano anche miliardari, geni e pseudo-supereroi, c'era davvero da mettersi le mani nei capelli.
Mise momentaneamente da parte le sue elucubrazioni mentali per riscuotere Stark dallo stato di trance in cui era scivolato, forse indotto dalla carenza di sonno:
«Signor Stark, a parte gli errori strutturali... le volevo proporre una futura modifica per il braccio, e anche per la gamba.»
Tony voltò la testa, di nuovo reattivo, e lo invitò a continuare con un cenno del mento.
«Come ben vede, le protesi sono piuttosto... vistose,»
accennò al braccio di un color antracite metallizzato, chiaramente riconoscibile anche da lontano come un componente meccanico.
«Beh, sono protesi. È ovvio che si vedano,»
 scrollò le spalle lui, non particolarmente interessato.
Quel giorno sembrava più assente del solito... sperò che fosse solo la stanchezza e che non ne stesse architettando una delle sue.
«Sì, ma con un intervento di chirurgia plastica si potrebbe camuffare il danno, a protesi ultimate. Con molti innesti di pelle o con un rivestimento sintetico, intendo,»
gli spiegò nel tentativo di catalizzare la sua attenzione.
Funzionò: il miliardario corrugò intrigato le sopracciglia e ticchettò sul rivestimento metallico dell'avambraccio.
«Sarebbe strano,»
commentò poi, lentamente, meditando sulla proposta. «Molto strano. Ci penserò più in là: devo ancora apportare moltissime modifiche e vorrei aspettare che la situazione si stabilizzi. E non sono neanche sicuro di volerlo fare,» concluse, un po' distaccato.
Ian lo fissò un po' sorpreso dal suo momentaneo rifiuto, ma annuì senza fare domande. Aveva pensato che la prospettiva di non avere costantemente sotto il naso un promemoria di ciò che aveva perso potesse essere confortante, ma evidentemente non rientrava tra le sue preoccupazioni più immediate.
«Va bene, potrà sempre cambiare idea in futuro,»
concluse conciliante, prima di passare a un argomento ben più urgente. «Piuttosto, ha intenzione di dormire prima o poi, da qui al processo?»
«Sono in grado di tener testa a quegli avvoltoi anche da sonnambulo,»
ribatté lui con sicurezza.
«Signor Stark...»
cominciò lui, sapendo che ogni sua parola sarebbe caduta nel vuoto.
«Doc, prima finisco la gamba e prima potrò riposare,»
lo interruppe subito lui, risparmiandogli un discorso che sarebbe comunque rimasto inascoltato. «Non si preoccupi per me, sono abituato a lavorare sotto stress,» concluse con un sorrisetto che non raggiunse il suo sguardo spento.
Ian non insistette, ma si ripromise di parlare con Pepper per fargli rifilare qualche sonnifero a sua insaputa. Tony spostò lo sguardo sul soffitto, improvvisamente assorto e facendogli presagire qualcosa di molto, molto assurdo. Era dall'inizio di quell'incontro che Ian cercava di intuire cosa ribollisse nella testa del suo paziente, e si preparò all'impatto.
«Sa, Doc, anch'io stavo pensando...»
"Appunto," quasi sospirò il medico.
Si arruffò i corti capelli grigio ferro, riducendo le labbra a una linea sottile e severa.
«Perché ogni volta che lei ha qualche idea sento un forte senso di oppressione al petto?»
«Non saprei, ma mi creda,»
rispose lui, momentaneamente distratto mentre si picchiettava il reattore in modo eloquente, «ne so qualcosa.»
Ian stavolta sospirò apertamente, ma tacque, aspettando sulle spine.
«Stavo dicendo: lei si ricorda che ho un piccolo "difettuccio" qui, no?»
Tony indicò la benda che gli copriva l'occhio sinistro.
Mitchell si tolse gli occhiali con lentezza, prendendo a pulirli con un lembo della camicia con ostentata calma, concentrandosi unicamente sulle lenti già perfettamente lucide.
«Mi ricordo benissimo, signor Stark, e le ho già detto che sarò lieto di metterla in contatto con un chirurgo plastico quando vorrà,»
rispose freddamente. «Come va il braccio? Mi ha detto di avergli apportato delle migliorie,» cambiò poi argomento con voce atona.
«Sì, l'ho calibrato ieri... forse adesso non sarò più un pericolo pubblico; e adesso è caldo e tra poco potrò anche tornare a sentire, ma torniamo a...»
«Un momento. Che cosa? Sentire?»
domandò Mitchell, stranito, lasciando perdere la pulizia degli occhiali per un istante.
«Ci sto lavorando. Mi lasci fare,»
lo liquidò lui in poche parole con un gesto scocciato della mano metallica.
Le sopracciglia di Ian si aggrottarono all'istante, incorniciando di rughe i suoi occhi acquamarina, nei quali passò un lampo di stizza. Cercò di moderare la sua irritazione, ripetendosi che stava parlando con un suo paziente... ma suddetto paziente gliene aveva fatte passare di tutti i colori, ignorando ogni sua direttiva, consiglio e prescrizione, mettendo di conseguenza a repentaglio la propria salute e ponendo lui in uno stato di ansia latente. Non si reputava un tipo tollerante e tentava sempre di tenere a bada la propria schiettezza per non sembrare troppo brusco, ma a questo punto si sentiva in diritto di esternare la propria contrarietà, soprattutto in faccia all'ego ipertrofico di Tony Stark.
«È forse impazzito?»
disse quindi con voce estremamente calma, gelandolo con un solo sguardo.
Tony lo fissò spaesato e Ian ne approfittò per continuare, senza più preoccuparsi di suonare professionale:
«Lei ha a malapena cominciato a muovere decentemente il braccio, non sta facendo progressi evidenti con la gamba, è ridotto in uno stato pietoso, è già oberato di lavoro e si mette a pensare a queste
sciocchezze?»
Lo sguardo di Tony si incupì.
«Non è certo nella posizione di poter giudicare cosa sia una sciocchezza o meno,»
ribatté l'ingegnere, altrettanto freddamente.
«Vuole tentare di ricreare il tatto con una protesi appena inventata: le sembra una priorità, nelle sue condizioni?» lo incalzò ancora, senza nascondere la propria scettica perplessità.

«Le mie...»
l'uomo s'interruppe, non gli fu chiaro se per la frustrazione delle sue "condizioni" o per lo sforzo di seguire il suo ragionamento per lui incomprensibile.
«Lei sta solo perdendo tempo prezioso,»
scandì Ian, e a quelle parole Tony sobbalzò. «Tempo che potrebbe utilizzare per dedicarsi alla gamba. Visto che ha tanta fretta di tornare a camminare, non mi sembra il caso di distrarsi,» gli ricordò poi, sempre imperturbabile. 
Era più sconcertato di quanto volesse lasciar trasparire: quando Stark si era messo a lavorare sulla prima protesi, l'aveva fatto con una costanza e una meticolosità quasi ossessive... e adesso si lanciava in modifiche e miglioramenti improbabili a cui avrebbe dovuto pensare a protesi ultimate, non con un'operazione e un processo alle porte.
«Ha ragione, sono distrazion,.»
gli concesse Tony, sempre più tetro in volto. «E il modo in cui impiego il mio tempo o mi distraggo non la riguarda.»
«Devo essere io a ricordarle che sta rischiando la vita proponendomi queste operazioni impensabili? E che se le sue "distrazioni" dovessero causare difetti nelle protesi...»
Tony non lo lasciò finire, ponendosi immediatamente sulla difensiva:
«È il
mio corpo e so a quello che vado incontro; inoltre il fatto del "sentire" non implica la sua diretta collaborazione, quindi eviti di...»
«... sarò io a subirne le ripercussioni, non solo lei! Si è dimenticato l'incidente con i reattori? È quasi morto sotto i
miei ferri!» concluse in tono più alto, ignorando il suo intervento e mettendo a tacere ogni sua protesta.
Tony lo fissò, probabilmente restio a comprendere il motivo della sua improvvisa rabbia. Lui rimase in silenzio, attendendo una spiegazione che non arrivò: Ian era sicuro che fosse abbastanza intelligente da potersi dare una risposta per conto proprio. Non negava di essersi dimostrato molto prevenuto riguardo all'idea delle protesi: anche dopo aver compiuto la prima operazione non aveva perso il suo astio verso qualunque cosa non si collocasse naturalmente in un corpo umano, e, sfortunatamente per il suo paziente, né palladio, né reattori, né unobtanium rientravano in quella categoria. La sua scetticità si era attenuata col successo della prima operazione, ma aveva sempre prospettato con ansia la seconda, pur trattenendosi dall'esporre così chiaramente il suo disappunto e i suoi timori, ritenendolo scorretto per un medico nei confronti del proprio paziente. Doveva essere un punto di riferimento e una fonte di sicurezza, non fomentare ulteriori ansie e preoccupazioni. Avrebbe solo voluto che Tony procedesse più adagio, e con più criterio: aveva già realizzato qualcosa di sbalorditivo, ma la sua fretta e brama di fare meglio si sarebbe rivelata ben presto controproducente.
L'espressione di Stark si era rilassata di poco e adesso sembrava preoccupata, più che irata. Probabilmente il rischio di inimicarsi l'unica persona che potesse materialmente aiutarlo a mettere in pratica i suoi progetti era riuscito a farlo rinsavire. Questo era ciò che sperava il medico, ma le successive parole del miliardario lo costrinsero a ricredersi:
«Sono sopravvissuto all'intervento, la protesi ha funzionato fino ad ora e continuerà a farlo. E le operazioni sono un inconveniente sopportabile per chi è nelle mie "condizioni",»
enunciò con durezza.
Il suo tono non piacque affatto al medico, che si irrigidì.
«Ora mi stia bene a sentire,» esordì, inforcando di nuovo gli occhiali con un fremito. «Quello che ora le permette di usare il suo braccio destro, e che forse in futuro le consentirà di rimettersi in piedi, non è solo la sua genialità, ma anche la mia abilità chirurgica. Un qualunque altro medico sano di mente si sarebbe rifiutato di compiere una follia del genere. Visto che per sua fortuna anch'io ho avuto un momento di pazzia nell'accettare quest'incarico, eviti di rivolgersi a me con quel tono e con quell'atteggiamento.»
«Sono consapevole di avere un caratteraccio, ma pensavo che ormai ci avesse fatto l'abitudine,»
commentò Tony, non riuscendo a trattenersi.
«Non ho ancora finito, signor Stark,»
lo zittì il medico, e l'altro tacque di malavoglia.
«Per quanto io possa essere bravo, abile e preciso con i ferri, non sono perfetto...»
«Almeno non le manca la modestia,»
gli parlò sopra Tony, senza riuscire ad interromperlo.
«... e
anch'io posso sbagliare. Ho sbagliato mentre la operavo, e lei è quasi morto. Non credo che lei capisca cosa significhi, per un medico. Potrebbe succedere di nuovo, non glielo auguro di certo, ma è una possibilità da prendere in considerazione.»
Una scintilla di comprensione si accese nello sguardo di Tony.
«Ah, quindi stiamo parlando di responsabilità e sensi di colpa? Con tutto il rispetto, Doc, ma ha scelto la persona sbagliata se pensa che io non capisca.»
Stavolta il suo tono suonò colmo d'irritazione. «Il suo unico compito in questo frangente è quello di impugnare in modo decente un bisturi e tagliuzzare nel punto giusto cercando di schivare i punti vitali. È il suo lavoro, dovrebbe essere preparato a compierlo, e dovrebbe sentirsi tranquillizzato dal fatto che, se mai dovesse perdere all' "Allegro Chirugo", io non mi scomoderò certo a tornare sottoforma di fantasma dall'aldilà per perseguitarla per i suoi errori. In poche parole, corro io il rischio e sono io a pagarne le conseguenze. La sollevo da ogni responsabilità, se ciò la fa dormire più tranquillo,» sbottò, in un'onda di sarcasmo crescente.
Mitchell impallidì vistosamente, diventando poi livido di rabbia.
«Lei è il più grande egoista che abbia mai incontrato,»
riuscì a dire, evitando di alzare la voce e muovendo appena le labbra nel parlare.
«Bene, appurato questo dato di fatto...» Tony
 scacciò con un gesto annoiato la gamba virtuale che aveva continuato a girare ininterrottamente sul posto, e questa si scompose in una miriade di pixel. «Vogliamo parlare di questo fastidioso inconveniente? E non mi riferisco alla chirurgia plastica,» specificò, indicando di nuovo la benda sul volto.
Ian rimase impietrito, incredulo che Tony avesse liquidato la questione con così tanta superficialità e che, anzi, stesse di nuovo insistendo sull'argomento "distrazioni".
«La sua ostinazione mi stupisce, visto ciò che le ho appena detto. Ma dimenticavo che, oltre ad essere egoista, è anche arrogante.»
La sua voce fremette appena, ma si costrinse a ricomporsi. «Sono momentaneamente propenso, anche se non entusiasta, ad operarla alla gamba. Ma l'occhio è fuori discussione,» scandì lapidario.
«Non ho ancora capito il motivo di questo suo disgusto verso il mio apparato visivo,»
ironizzò Tony.
«I motivi sono gli stessi che le ho elencato prima: è tremendamente pericoloso, lei ha già tentato la sorte più volte e io non voglio un morto sulla coscienza.»
«Insomma, ha paura,» concluse l'altro, con un sottotono provocatore.
«Dovrebbe averne anche lei,» replicò flemmatico Ian. 
«Soprattutto perché è impossibile.»
Tony fece un sorrisetto di scherno.
«Anche questo lo era, a detta sua,» strinse il pugno meccanico davanti al volto e lo lasciò ricadere con disinvoltura.
L'espressione di Ian rimase immutata: una decisa maschera di granito, totalmente irremovibile. Tony sospirò e si massaggiò le tempie, scuotendo appena la testa.
«Non le sto chiedendo di operarmi domani, anche perché devo ancora ideare un congegno in grado di sostituire un bulbo oculare, e anch'io sono d'accordo sul fatto che forse sarà impossibile,»
disse in un inatteso slancio d'umiltà. «Ma vorrei... tenere aperta questa strada, e lei ha ancora moltissimo tempo per cambiare idea. Direi poco meno di sei mesi, visto lo stato delle cose. Ci pensi,» concluse in tono pacato, osservando la reazione di Mitchell.
Questi si rilassò appena nel constatare che non aveva intenzione di distogliersi ulteriormente dai suoi problemi più immediati concentrandosi su tecnologie improbabili e illusorie.
«E per quanto riguarda gli eventuali potenziamenti delle protesi... quelli sono il mio campo e, se mi avesse ascoltato prima, non richiedono la sua presenza e non penso proprio che mi distrarranno al punto da mandare a rotoli la progettazione della gamba,»
aggiunse Tony, e Ian notò come stesse cercando di essere più o meno garbato, ma finì per suonare comunque un po' brusco.
«L'ho ascoltata molto bene e le ricordo che, in quanto suo medico, è mio dovere scoraggiarla dal fare stronzate,» proferì serafico.
Tony rimase per un attimo spiazzato dal suo tono più leggero, poi sogghignò divertito.
«Siete tutti così carini a preoccuparvi per me,»
commentò, falsamente estasiato, e un accenno di sorriso attraversò anche il volto del medico. «E penso che la signorina Potts la prenderebbe in simpatia se la aiutasse a "non farmi fare stronzate" un po' più spesso: è dura fare tutto il lavoro da sola.»
Si sentì forse un po' in colpa nel dirlo, ma continuò a sorridere sotto i baffi.

***


Il vapore della doccia aleggiava pigramente nel bagno, offuscando l'aria.
Sotto il getto d'acqua calda, Pepper si passò le dita tra i capelli ramati, sistemandoseli all'indietro e scoprendo la bella fronte alta quasi sempre coperta dalla frangetta. Si lasciò cullare da quell'abbraccio liquido e rilassante, nonostante avesse finito già da qualche minuto di lavarsi. Poteva finalmente concedersi qualche momento per essere da sola con se stessa, senza preoccuparsi di qualcun altro o per qualcos'altro. Semplicemente lei, i suoi pensieri e quella rilassante acqua calda.
Da quanto non si concedeva un momento per sé? Tanto, troppo tempo, e se d'ora in poi non l'avesse fatto regolarmente, avrebbe iniziato a perdere veramente i nervi con Tony.
E se fosse successo... non sapeva dire nemmeno lei che cosa sarebbe potuto accadere.
Sapeva benissimo che ora più che mai aveva bisogno di lei, anche se a volte pensava di non volere il suo aiuto o più semplicemente di non
volerla affatto. Strinse le labbra quasi di riflesso, lasciando che il getto della doccia vi picchiettasse sopra. Non avevano tutti i torti a tenersi a distanza a vicenda: non era davvero il caso di complicare ancora le loro... la situazione. E non poteva fare a meno di chiedersi se Tony si fosse mai realmente interrogato sulla sequenza di eventi che l'avevano portato su quel letto d'ospedale in quelle condizioni. Per quanto la riguardava, vi si soffermava abbastanza a lungo da aver perso più di una notte di sonno. Chiuse gli occhi e nascose il viso sotto la patina d'acqua che continuava a scivolarle addosso, lasciando che insieme ad essa scivolassero via anche quelle tetre preoccupazioni, sostituendole con riflessioni altrettando intricate, ma forse più dolci.
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce robotica di JARVIS, che da fuori tentava di dire qualcosa a Tony; ovviamente lui lo zittì con il suo solito ed imperioso “muto”, che risuonò da dietro la porta.
Chissà cosa stava combinando...
«Pepper!»
Lei sgranò gli occhi nel sentire la sua voce all'interno del bagno, cioè dentro al bagno, lo stesso bagno in cui si stava facendo la doccia e nel quale era completamente, totalmente ed irremediabilmente nuda, celata al suo sguardo solo dal vetro appannato ma altrimenti trasparente.
«Tony?!»
Pepper si rintanò nell'angolo della doccia, dandogli la schiena e lanciandogli uno sguardo allarmato da sopra la spalla: Tony era entrato e lo scorse barcollare appena, investito dalla cappa di vapore asfissiante. Probabilmente non si stava ancora rendendo ben conto della situazione, perché fece qualche passo claudicante con le stampelle prima di riprendere a parlare in modo pimpante:
«Pepper, devo assolutamente...»
«Tony!» tuonò lei in preda al panico più totale. «Non si azzardi a guardare!»
Sentì il fracasso delle stampelle che cadevano a terra e vide Tony che si appoggiava con una mano al lavandino, coprendosi al contempo il volto col braccio sano, come un bambino che inizia a contare quando gioca a nascondino:
«Non guardo! Non sto guardando! Scusi, giuro che non mi ero accorto di...»
«Non guardi!»
«Non sto guardando, le ho detto! Eppure io non mi sono fatto tanti problemi quando ero completamente inabile a muovermi e...»
«Ho detto che
lei non deve guardare e comunque lei non era... così nudo!» continuò lei, agitandosi e impappinandosi mentre avvampava all'istante.
«Quindi
lei è autorizzata a guardare me?» nel bagno echeggiò una risatina e Pepper ebbe la tentazione di tirargli addosso la saponetta mirando ai punti vitali. «Le ho detto che non guardo. E poi, santo cielo, Pep, non mi scandalizzo per...»
«Non si azzardi a dire altro! Ora esca di qui; parleremo fuori, se davvero è così urgente.»
«Lo farei volentieri ma, ecco... avrei un problemino.»
«
Lei avrebbe un problema?!» chiese Pepper scandalizzata, chiudendo finalmente l'acqua per sentirlo meglio e infrangendo così tutti i suoi sogni di relax.
«Sì, e proprio ora: per farla felice e preservarla alla mia vista ho mollato quegli inutili aggeggi di metallo che però mi tengono in piedi, ed ora sono su una gamba sola e rischio di frantumare un lavandino. In precario equilibrio, insomma. Perciò se fosse così gentile da uscire dalla doccia e passarmi la...»
Pepper interruppe la sua parlantina:
«Va bene, va bene... un momento. Io ora esco dalla doccia. Lei non sbirci! Mi vesto subito e le passo la sua stampella. Ha capito?»
«Roger, capo.»
«Non si muova.»
«Veramente volevo giusto farmi una passeggiatina con lei...»
Pepper alzò gli occhi al cielo ed ignorò la battuta. Uscì dalla doccia e si asciugò sommariamente, maledicendo il fatto che avesse dimenticato l'accapatoio e i suoi vestiti troppo vicino a Tony. Afferrò in fretta e furia le prime cose che le capitarono sotto mano nel cesto dei panni sporchi e le indossò, sempre guardando di sottecchi l'uomo, ma lui sembrava tener fede alla sua parola ed era immobile e a volto coperto come l'aveva lasciato, solo un poco più sbilenco. E con un sorrisetto malizioso stampato sulla sua faccia da schiaffi. Doveva sentirsi decisamente meglio, dato che scorrazzava per bagni e camere da letto senza la solita sedia a rotelle...
Si affrettò a recuperargli le stampelle da terra e gliele porse; lui ne inforcò una, trovando un appoggio più stabile del lavandino, ma non accennò a scoprirsi l'occhio.
«Ha fatto?»
«Sono vestita ed ho l'altra stampella.»
Tony sbirciò cautamente, scostando appena il braccio ed osservando il viso della donna ancora bagnato: i capelli ramati e grondanti le ricadavano all'indietro e sgocciolavano... sulla sua maglietta dei Black Sabbath? Pepper colse il suo sguardo perplesso e realizzò in quel momento cosa indossava. Spostò a disagio il peso da un piede nudo all'altro.
«Quella è mia,» dichiarò Tony, decidendosi ad accettare la stampella e ritrovando finalmente il proprio equilibrio.
Pepper decise di ignorare il reticolo di crepe grigiastre che aveva lasciato sulla ceramica del lavandino, ma notò Tony che gli scoccava un'occhiata contrariata. Pepper osservò per un momento la maglietta che le stava tre volte più grande e le arrivava quasi a metà coscia, non sapendo bene come sbloccare quella situazione imbarazzante.
«Sì... è la sua maglietta,» si trovò a ripetere, un po' assente.
Preferì non chiedersi se l'avesse scelta in modo conscio o meno, perché entrambe le possibilità racchiudevano implicazioni sulle quali non voleva soffermarsi.
«Le sta bene. È mia, dopotutto,» osservò Tony, sorridendole sornione.
Pepper arrossì un po' ed il calore della stanza la aiutò a nasconderlo. Si schiarì la voce prima di parlare:
«Quindi... mi stava cercando, signor Stark?»
«Ah, sì, giusto. Volevo dirle che... oh. Mi sono dimenticato,» sbuffò lui, imbronciandosi e facendo un encomiabile sforzo per continuare a guardarla negli occhi.
«Come, scusi?» Pepper arcuò minacciosa un sopracciglio, apprezzando però collateralmente la sua buona volontà nel non lasciarsi distrarre dalla situazione anomala.
«Dovevo dirle qualcosa, ma poi c'è stato un "contrattempo" e mi è passato di mente,» accennò con fare impertinente al suo abbigliamento poco ortodosso, e Pepper, con un'ondata d'imbarazzo, non volle soffermarsi sulle cause fisiologiche che potevano aver causato quella dimenticanza improvvisa.
Notò di sfuggita come il suo sguardo saettasse qua e là a disagio, cosa decisamente insolita per lui, che non era certo l'immagine del pudore.
«Ma che cosa ci faceva la
mia adorata maglietta nel suo bagno?» continuò poi, in fretta. «E soprattutto: le faccio presente che sarà solo un prestito momentaneo
«Se l'è dimenticato?» insistette lei ignorando le sue osservazioni fuori contesto.
«Ho detto di sì. Si vede che non era importante,» disse lui, in modo un po' meccanico, stabilizzando infine la linea del suo sguardo su un punto neutrale in fondo al bagno. «Appena me lo ricordo glielo dico... ora: la mia maglietta?» insistette, come se fosse una questione d'importanza vitale... o più probabilmente un modo molto poco efficace per distogliere entrambi dalla situazione anomala in cui si trovavano.
«Mi pare di averla trovata in giro sporca di clorofilla e quindi l'ho portata in bagno... credo,» si decise a spiegare Pepper, abbassando gli occhi e notando solo ora l'evidente macchia verdastra appena sotto il logo della band.
«Ah, giusto. Colpa della protesi, faccio ancora casini in giro,» Tony sembrò ricordare, un po'assente. «Poi mi spiega perché va in giro a raccattare la mia roba,» aggiunse poi, con un sogghigno divertito.
Pepper incrociò le braccia e iniziò a battere ritmicamente la punta di un piede per terra, ignorando quell'insinuazione e attendendo che lo spirito d'osservazione e il – poco – buonsenso dell'uomo traessero le dovute conclusioni da quel gesto.
Tony ondeggiò a disagio sul posto, finalmente consapevole.
«Giusto, sono di troppo. Allora... io la lascio da sola. Buona doccia,» concluse, schiarendosi la gola e facendo dietrofront.
Pepper annuì in risposta, attendendo pazientemente che uscisse, ma lui si girò di scatto non appena fu sulla soglia:
«Ecco!»
"Lo sapevo," pensò Pepper al limite della disperazione.
«Volevo dirle che il processo è stato rinviato. Vado giù a stappare lo champagne!»




___________________________________________________________________________________________________________________________________________

Revisione effettuata il 26/02/2018

Note delle Autrici:

Ebbene sì... non ci bastava far addannare Pepper, Kyle con Tony: Ian è il nuovo membro del club-Tonyhairottoilca***coffcoff (non è l'unico a diventare più volgare ultimamente).
 come al solito questa è solo la calma prima della tempesta... *sempre più cattive*
Come sempre ringraziamo di dovere chi ha recensito/letto ed aggiunto la storia alle preferite/ricordate/seguite, in particolare Lupoz91, Sherlock_Watson, Rogue92, Micchi, blackpearl_, alliearthur e bluephoenix <3
See you soon!

Moon&Light

 



© Marvel
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: ___MoonLight