16
High hopes
“My
brain, my body's fried
I've got to stay alive
I've got to take a
chance
And keep on moving”
[Blood
For Poppies – Garbage]
16
Marzo, Villa Stark
Perché
a lui? Perché capitavano tutte
a
lui?
Un braccio
meccanico, una gamba in progettazione, un occhio immaginario...
maledisse il giorno in cui aveva deciso di prendere la
facoltà di
medicina. Si era laureato per curare la gente, non per operazioni
poco probabili, e per giunta su pazienti poco collaborativi.
«Ora,
signor Stark, mi spiegherà che cosa c'è di
sbagliato in questo
progetto,» Ian
indicò il ginocchio della gamba azzurrina che fluttuava tra
loro.
«È
lei il medico, quindi dovrebbe dirmelo lei. Io sono solo un povero
genio e
inventore...» rispose
Stark,
immodesto come suo solito.
Ian sospirò alla ricerca di una forza
interiore che al momento non possedeva: osservò il
modello
virtuale che
roteava lentamente e poi fissò Tony con sguardo intenso nel
tentativo di fargli notare l'errore, suscitando la sua
irritazione:
«Non sono ancora arrivato all'illuminazione divina
che mi permette di leggere nel pensiero: farebbe prima a
dirmelo.»
Ian si arrese a
malincuore:
«Forse...
ha dimenticato un paio di menischi.»
Tony
fissò il vuoto per qualche secondo, probabilmente meditando
sul
significato della sua esistenza.
«Ah. Ora capisco molte cose,»
disse,
accarezzandosi il
pizzetto con fare pensoso.
«Anche io,» Ian
scosse la testa rassegnato.
Tony intrecciò le dita, ancora in
contemplazione con lo sguardo da cane bastonato. Quei menischi
dovevano essere stati un duro colpo.
Ian osservò attentamente il
suo volto provato: era incredibile come quell'uomo ridotto a un
agglomerato di stress, insonnia e caffeina fosse ancora in grado di
applicarsi nella progettazione di protesi all'avanguardia riuscendo a
sbagliare "solo" un paio di menischi. Se lui si fosse
trovato nelle sue condizioni – e, ricordando il suo quarto
anno di
medicina, era
quasi
successo, almeno a livello mentale – avrebbe
probabilmente defenestrato tutti i progetti, si sarebbe chiuso in
camera sua e avrebbe dormito per una settimana di fila. Questo
ovviamente non sembrava rientrare nei prossimi piani del miliardario,
che sembrava più incline a spingere il suo corpo e la sua
mente
all'estremo limite per dimostrare chissà cosa a
chissà chi. Ian
sospirò tra sé: i pazienti orgogliosi e cocciuti
erano i
peggiori.
Se poi erano anche miliardari, geni e pseudo-supereroi, c'era davvero
da mettersi le mani nei capelli.
Mise momentaneamente da
parte le sue elucubrazioni mentali per riscuotere Stark dallo stato
di trance in cui era scivolato, forse indotto dalla carenza di
sonno:
«Signor Stark, a parte gli errori strutturali... le volevo
proporre una futura modifica per il
braccio, e anche per la gamba.»
Tony voltò la testa, di nuovo
reattivo, e lo invitò a continuare con un cenno del mento.
«Come ben vede, le protesi
sono piuttosto... vistose,» accennò
al braccio di un color antracite metallizzato, chiaramente
riconoscibile anche da lontano come un componente meccanico.
«Beh,
sono protesi.
È ovvio che si vedano,» scrollò
le spalle lui, non particolarmente interessato.
Quel giorno
sembrava più assente del solito... sperò che
fosse solo la
stanchezza e che non ne stesse architettando una delle sue.
«Sì, ma con
un intervento di chirurgia plastica si potrebbe camuffare il danno, a
protesi ultimate. Con molti innesti di pelle o con un rivestimento
sintetico, intendo,» gli
spiegò nel tentativo di catalizzare la sua attenzione.
Funzionò:
il miliardario corrugò intrigato le sopracciglia e
ticchettò sul rivestimento metallico dell'avambraccio.
«Sarebbe
strano,» commentò
poi,
lentamente, meditando sulla proposta. «Molto strano. Ci
penserò più in là:
devo ancora apportare moltissime modifiche e vorrei aspettare che la
situazione si stabilizzi. E non sono neanche sicuro di volerlo
fare,»
concluse,
un po'
distaccato.
Ian lo fissò un po' sorpreso dal suo momentaneo
rifiuto, ma annuì senza fare domande. Aveva pensato che la
prospettiva di non avere costantemente sotto il naso un promemoria di
ciò che aveva perso potesse essere confortante, ma
evidentemente non
rientrava tra le sue preoccupazioni più immediate.
«Va bene,
potrà sempre cambiare idea in futuro,»
concluse
conciliante, prima di passare a un argomento ben più
urgente. «Piuttosto, ha intenzione di dormire prima o poi, da
qui al processo?»
«Sono
in grado di tener testa a quegli avvoltoi anche da
sonnambulo,»
ribatté
lui con
sicurezza.
«Signor Stark...» cominciò
lui, sapendo che ogni sua parola sarebbe caduta nel vuoto.
«Doc,
prima finisco la gamba e prima potrò riposare,»
lo
interruppe subito lui, risparmiandogli un discorso che sarebbe comunque
rimasto inascoltato. «Non si preoccupi per me, sono abituato
a
lavorare sotto stress,» concluse
con un sorrisetto che non raggiunse il suo sguardo spento.
Ian
non insistette, ma si ripromise di parlare con Pepper per fargli
rifilare qualche sonnifero a sua insaputa. Tony spostò lo
sguardo sul soffitto, improvvisamente assorto e facendogli presagire
qualcosa di molto, molto assurdo. Era dall'inizio di quell'incontro che
Ian cercava di intuire cosa ribollisse nella testa del suo paziente, e
si preparò all'impatto.
«Sa, Doc,
anch'io stavo pensando...»
"Appunto," quasi sospirò il medico.
Si arruffò i
corti capelli grigio ferro, riducendo le labbra a una linea sottile e
severa.
«Perché ogni volta che lei ha qualche idea sento
un
forte senso di oppressione al petto?»
«Non saprei, ma mi creda,»
rispose
lui,
momentaneamente distratto mentre si picchiettava il reattore in modo
eloquente, «ne so qualcosa.»
Ian stavolta sospirò apertamente, ma tacque, aspettando
sulle spine.
«Stavo dicendo: lei si ricorda che ho un piccolo
"difettuccio" qui, no?» Tony
indicò
la benda che gli copriva l'occhio sinistro.
Mitchell si tolse gli
occhiali con lentezza, prendendo a pulirli con un lembo della camicia
con ostentata calma, concentrandosi unicamente sulle lenti
già
perfettamente lucide.
«Mi ricordo benissimo, signor Stark, e le ho già
detto che sarò lieto di metterla in contatto con un chirurgo
plastico quando vorrà,»
rispose
freddamente.
«Come va il braccio? Mi ha detto di avergli apportato delle
migliorie,» cambiò
poi argomento con voce atona.
«Sì, l'ho calibrato ieri... forse
adesso non sarò più un pericolo pubblico; e
adesso è caldo e tra
poco potrò anche tornare a sentire, ma torniamo
a...»
«Un
momento. Che cosa?
Sentire?» domandò
Mitchell, stranito, lasciando perdere la pulizia degli occhiali per
un istante.
«Ci sto lavorando. Mi lasci fare,»
lo
liquidò lui in poche parole con un gesto scocciato della
mano
metallica.
Le sopracciglia di Ian si aggrottarono all'istante,
incorniciando di rughe i suoi occhi acquamarina, nei quali
passò un lampo
di stizza. Cercò di moderare la sua irritazione, ripetendosi
che stava parlando con un suo paziente... ma suddetto paziente gliene
aveva fatte passare di tutti i colori, ignorando ogni sua direttiva,
consiglio e prescrizione, mettendo di conseguenza a repentaglio la
propria salute e ponendo lui in uno stato di ansia latente. Non si
reputava un tipo tollerante e tentava sempre di tenere a bada la
propria schiettezza per non sembrare troppo brusco, ma a questo punto
si sentiva in diritto di esternare la propria contrarietà,
soprattutto in faccia all'ego ipertrofico di Tony Stark.
«È forse impazzito?»
disse
quindi con voce estremamente calma, gelandolo con un solo sguardo.
Tony
lo fissò spaesato e Ian ne approfittò per
continuare, senza
più preoccuparsi di suonare professionale:
«Lei ha a malapena
cominciato a muovere decentemente il braccio, non sta facendo
progressi evidenti con la gamba, è ridotto in uno stato
pietoso, è
già oberato di lavoro e si mette a pensare a queste sciocchezze?»
Lo sguardo di Tony
si incupì.
«Non è certo nella posizione di poter giudicare
cosa sia una sciocchezza o meno,» ribatté
l'ingegnere,
altrettanto freddamente.
«Vuole tentare di ricreare il
tatto con una protesi appena inventata: le sembra una
priorità,
nelle sue condizioni?» lo incalzò ancora, senza
nascondere la propria scettica perplessità.
«Le
mie...» l'uomo
s'interruppe, non gli fu chiaro se per la frustrazione delle sue
"condizioni" o per lo sforzo di seguire il suo ragionamento per lui
incomprensibile.
«Lei sta solo perdendo
tempo prezioso,»
scandì
Ian, e a
quelle parole Tony
sobbalzò. «Tempo che potrebbe utilizzare per
dedicarsi
alla gamba. Visto
che ha tanta fretta di tornare a camminare, non mi sembra il caso di
distrarsi,» gli
ricordò poi, sempre imperturbabile.
Era più
sconcertato di quanto
volesse lasciar trasparire: quando Stark si era messo a lavorare
sulla prima protesi, l'aveva fatto con una costanza e una
meticolosità quasi ossessive... e adesso si lanciava in
modifiche e
miglioramenti improbabili a cui avrebbe dovuto pensare a protesi
ultimate, non con un'operazione e un processo alle porte.
«Ha ragione, sono
distrazion,.» gli
concesse Tony, sempre più tetro in volto. «E il
modo in cui impiego
il mio tempo o mi distraggo
non
la riguarda.»
«Devo essere io
a
ricordarle che sta rischiando la vita proponendomi queste operazioni
impensabili? E che se le sue "distrazioni" dovessero
causare difetti nelle protesi...»
Tony non lo lasciò finire,
ponendosi immediatamente sulla difensiva:
«È il mio
corpo
e so a quello che
vado incontro; inoltre il fatto del "sentire" non implica
la sua diretta collaborazione, quindi eviti di...»
«... sarò io
a subirne le ripercussioni, non solo lei! Si è dimenticato
l'incidente
con i reattori? È quasi morto sotto i miei
ferri!»
concluse
in tono più
alto, ignorando il suo intervento e mettendo a tacere ogni sua
protesta.
Tony lo fissò, probabilmente restio a comprendere il
motivo della sua improvvisa rabbia. Lui rimase in silenzio, attendendo
una spiegazione che non arrivò: Ian era sicuro che fosse
abbastanza
intelligente da potersi dare una risposta per conto proprio. Non
negava di essersi dimostrato molto prevenuto riguardo all'idea
delle protesi: anche dopo aver compiuto la prima operazione non aveva
perso il suo astio verso qualunque cosa non si collocasse
naturalmente in un corpo umano, e, sfortunatamente per il suo paziente,
né palladio, né reattori, né
unobtanium rientravano in quella
categoria. La sua scetticità si era attenuata col successo
della
prima operazione, ma aveva sempre prospettato con ansia la seconda,
pur trattenendosi dall'esporre così chiaramente il suo
disappunto e
i suoi timori, ritenendolo scorretto per un medico nei confronti del
proprio paziente. Doveva essere un punto di riferimento e una fonte di
sicurezza, non fomentare ulteriori ansie e preoccupazioni. Avrebbe solo
voluto che Tony procedesse più adagio, e con più
criterio: aveva già realizzato qualcosa di sbalorditivo, ma
la sua fretta e brama di fare meglio si sarebbe rivelata ben presto
controproducente.
L'espressione di Stark si era rilassata di poco e
adesso sembrava preoccupata, più che irata. Probabilmente il
rischio
di inimicarsi l'unica persona che potesse materialmente aiutarlo a
mettere in pratica i suoi progetti era riuscito a farlo rinsavire.
Questo era ciò che sperava il medico, ma le successive
parole
del miliardario lo costrinsero a ricredersi:
«Sono sopravvissuto
all'intervento, la protesi ha funzionato fino ad ora e
continuerà a
farlo. E le operazioni sono un inconveniente sopportabile per chi
è
nelle mie "condizioni",» enunciò
con durezza.
Il suo tono non piacque affatto al medico, che si
irrigidì.
«Ora mi stia bene a sentire,» esordì,
inforcando di nuovo gli occhiali con un fremito. «Quello che
ora le
permette di usare il suo braccio destro, e che forse in futuro le
consentirà di rimettersi in piedi, non è solo la
sua genialità, ma
anche la mia abilità chirurgica. Un qualunque altro medico
sano di
mente si sarebbe rifiutato di compiere una follia del genere. Visto
che per sua fortuna anch'io ho avuto un momento di pazzia
nell'accettare quest'incarico, eviti di rivolgersi a me con quel tono
e con quell'atteggiamento.»
«Sono consapevole di avere un
caratteraccio, ma pensavo che ormai ci avesse fatto
l'abitudine,»
commentò
Tony, non
riuscendo a trattenersi.
«Non ho ancora finito, signor Stark,»
lo
zittì il medico, e l'altro tacque di malavoglia.
«Per quanto io possa essere bravo,
abile e preciso con i ferri, non sono perfetto...»
«Almeno non
le manca la modestia,» gli
parlò sopra Tony, senza riuscire ad interromperlo.
«... e
anch'io
posso
sbagliare. Ho
sbagliato mentre la operavo, e lei è quasi morto. Non credo
che lei
capisca cosa significhi, per un medico. Potrebbe succedere di nuovo,
non glielo auguro di certo, ma è una possibilità
da prendere in
considerazione.»
Una scintilla di comprensione si accese nello
sguardo di Tony.
«Ah, quindi stiamo parlando di responsabilità e
sensi di colpa? Con tutto il rispetto, Doc, ma ha scelto la persona
sbagliata se pensa che io non capisca.»
Stavolta
il suo tono suonò colmo d'irritazione. «Il suo
unico compito in
questo frangente è quello di impugnare in modo decente un
bisturi e
tagliuzzare nel punto giusto cercando di schivare i punti vitali.
È
il suo lavoro, dovrebbe essere preparato a compierlo, e dovrebbe
sentirsi tranquillizzato dal fatto che, se mai dovesse perdere all'
"Allegro Chirugo", io non mi scomoderò certo a tornare
sottoforma di fantasma dall'aldilà per perseguitarla per i
suoi
errori. In poche parole, corro io
il
rischio e sono io
a
pagarne le
conseguenze. La sollevo da ogni responsabilità, se
ciò la fa dormire più tranquillo,»
sbottò,
in un'onda di
sarcasmo crescente.
Mitchell impallidì vistosamente, diventando poi
livido di rabbia.
«Lei è il più grande egoista che abbia
mai
incontrato,» riuscì
a dire, evitando di alzare la voce e muovendo appena le labbra nel
parlare.
«Bene, appurato questo dato di fatto...» Tony scacciò
con un gesto annoiato la gamba virtuale che aveva continuato a girare
ininterrottamente sul posto, e questa si scompose in una miriade di
pixel. «Vogliamo parlare di questo
fastidioso
inconveniente? E non mi riferisco alla chirurgia plastica,»
specificò,
indicando
di nuovo la benda sul volto.
Ian rimase impietrito, incredulo che
Tony avesse liquidato la questione con così tanta
superficialità e
che, anzi, stesse di nuovo insistendo sull'argomento "distrazioni".
«La sua
ostinazione mi stupisce, visto ciò che le ho appena detto.
Ma
dimenticavo che, oltre ad essere egoista, è anche
arrogante.» La
sua voce fremette
appena, ma si costrinse a ricomporsi. «Sono momentaneamente
propenso, anche se non entusiasta, ad operarla alla gamba. Ma
l'occhio è fuori discussione,»
scandì
lapidario.
«Non ho ancora capito il motivo di questo suo disgusto
verso il mio apparato visivo,» ironizzò
Tony.
«I motivi sono gli stessi che le ho elencato prima:
è
tremendamente
pericoloso, lei ha già tentato la sorte più volte
e io non voglio
un morto sulla coscienza.»
«Insomma, ha paura,» concluse l'altro, con un
sottotono provocatore.
«Dovrebbe averne anche lei,» replicò
flemmatico Ian. «Soprattutto
perché è impossibile.»
Tony fece un
sorrisetto di scherno.
«Anche questo lo era, a detta sua,»
strinse il pugno meccanico davanti al volto e lo lasciò
ricadere con disinvoltura.
L'espressione di Ian rimase immutata: una decisa
maschera di granito, totalmente irremovibile. Tony sospirò e
si
massaggiò le tempie, scuotendo appena la testa.
«Non le sto
chiedendo di operarmi domani, anche perché devo ancora
ideare un
congegno in grado di sostituire un bulbo oculare, e anch'io sono
d'accordo sul fatto che forse sarà impossibile,»
disse
in un inatteso
slancio d'umiltà. «Ma vorrei... tenere aperta
questa strada, e lei ha ancora moltissimo tempo per cambiare idea.
Direi poco meno di sei mesi, visto lo stato delle cose. Ci
pensi,»
concluse
in tono pacato,
osservando la reazione di Mitchell.
Questi si rilassò appena nel
constatare che non aveva intenzione di distogliersi ulteriormente dai
suoi problemi più immediati concentrandosi su tecnologie
improbabili e illusorie.
«E per quanto riguarda gli eventuali potenziamenti
delle protesi... quelli sono il mio
campo e, se mi avesse ascoltato
prima, non richiedono la sua presenza e non penso proprio che mi
distrarranno al punto da mandare a rotoli la progettazione della
gamba,» aggiunse
Tony, e Ian notò come stesse cercando di essere
più o meno garbato, ma finì per suonare comunque
un po' brusco.
«L'ho
ascoltata molto bene e le ricordo che, in quanto suo medico,
è mio
dovere scoraggiarla dal fare stronzate,» proferì
serafico.
Tony rimase per un
attimo spiazzato dal suo tono più leggero, poi
sogghignò
divertito.
«Siete tutti così carini a preoccuparvi per
me,»
commentò,
falsamente
estasiato, e un accenno di sorriso attraversò anche il volto
del
medico. «E penso che la signorina Potts la prenderebbe in
simpatia se la
aiutasse a "non farmi fare stronzate" un po' più spesso:
è
dura fare tutto il lavoro da sola.»
Si
sentì forse un po' in colpa nel dirlo, ma
continuò a sorridere
sotto i baffi.
***
Il
vapore della doccia aleggiava pigramente nel bagno, offuscando l'aria.
Sotto il getto d'acqua calda, Pepper si passò le dita tra i
capelli
ramati, sistemandoseli all'indietro e scoprendo la bella fronte alta
quasi sempre coperta dalla frangetta. Si lasciò
cullare da
quell'abbraccio liquido e rilassante, nonostante avesse finito
già da qualche minuto di lavarsi. Poteva finalmente
concedersi qualche momento
per essere da sola con se stessa, senza preoccuparsi di qualcun altro
o per qualcos'altro. Semplicemente lei, i suoi pensieri e quella
rilassante acqua calda.
Da quanto non si concedeva un momento per
sé? Tanto, troppo tempo, e se d'ora in poi non l'avesse
fatto regolarmente, avrebbe
iniziato a
perdere veramente i nervi con Tony.
E se fosse successo... non
sapeva dire nemmeno lei che cosa sarebbe potuto accadere.
Sapeva benissimo
che ora più che mai aveva bisogno di lei, anche se a volte
pensava
di non volere il suo aiuto o più semplicemente di non volerla
affatto. Strinse le labbra quasi di riflesso, lasciando che il getto
della doccia vi picchiettasse sopra. Non avevano tutti i torti a
tenersi a distanza a vicenda: non era davvero il caso
di complicare ancora le loro... la
situazione. E non poteva fare a meno
di chiedersi se Tony si fosse mai realmente interrogato sulla sequenza
di eventi che l'avevano portato su quel letto d'ospedale in quelle
condizioni. Per quanto la riguardava, vi si soffermava abbastanza a
lungo da aver perso più di una notte di sonno. Chiuse gli
occhi e nascose il viso sotto la patina d'acqua che continuava a
scivolarle addosso, lasciando che insieme ad essa scivolassero via
anche quelle tetre preoccupazioni, sostituendole con riflessioni
altrettando intricate, ma forse più dolci.
Il filo dei suoi pensieri fu
interrotto dalla voce robotica di JARVIS, che da fuori tentava di
dire qualcosa a Tony; ovviamente lui lo zittì con il suo
solito ed
imperioso “muto”, che risuonò da dietro
la porta.
Chissà
cosa stava combinando...
«Pepper!»
Lei sgranò gli occhi nel
sentire la sua voce all'interno
del bagno, cioè dentro
al bagno, lo
stesso bagno in cui si stava facendo la doccia e nel quale
era
completamente, totalmente ed irremediabilmente nuda, celata al suo
sguardo solo dal vetro appannato ma altrimenti trasparente.
«Tony?!»
Pepper si rintanò nell'angolo della doccia, dandogli la
schiena
e lanciandogli uno sguardo allarmato da sopra la spalla: Tony era
entrato e lo scorse barcollare appena, investito dalla cappa di
vapore asfissiante. Probabilmente non si stava ancora rendendo ben
conto della situazione, perché fece qualche passo
claudicante con le
stampelle prima di riprendere a parlare in modo pimpante:
«Pepper,
devo assolutamente...»
«Tony!»
tuonò lei in preda al panico
più totale. «Non si azzardi a guardare!»
Sentì il fracasso
delle stampelle che cadevano a terra e vide Tony che si appoggiava
con una mano al lavandino, coprendosi al contempo il volto col
braccio sano, come un bambino che inizia a contare quando gioca a
nascondino:
«Non guardo! Non sto guardando! Scusi, giuro che non mi ero
accorto di...»
«Non guardi!»
«Non sto
guardando, le ho detto! Eppure io
non mi sono fatto tanti problemi quando ero completamente inabile a
muovermi e...»
«Ho detto che lei
non deve guardare e comunque lei non era... così nudo!»
continuò
lei, agitandosi e impappinandosi mentre avvampava
all'istante.
«Quindi lei
è autorizzata a guardare me?»
nel bagno echeggiò una risatina e Pepper ebbe la tentazione
di
tirargli addosso la saponetta mirando ai punti vitali. «Le ho
detto che non guardo. E
poi, santo cielo, Pep, non mi scandalizzo per...»
«Non si
azzardi a dire altro! Ora esca di qui; parleremo fuori, se davvero
è
così
urgente.»
«Lo farei volentieri ma, ecco... avrei un
problemino.»
«Lei
avrebbe
un problema?!» chiese Pepper scandalizzata, chiudendo
finalmente
l'acqua per sentirlo meglio e infrangendo così tutti i suoi
sogni di
relax.
«Sì, e proprio ora: per farla felice e preservarla
alla
mia vista ho mollato quegli inutili aggeggi di metallo che
però mi
tengono in piedi, ed ora sono su una gamba sola e rischio di
frantumare un lavandino. In precario equilibrio, insomma.
Perciò se
fosse così gentile da uscire dalla doccia e passarmi
la...»
Pepper
interruppe la sua parlantina:
«Va bene, va bene... un momento. Io
ora esco dalla doccia. Lei non
sbirci! Mi vesto subito e le passo la
sua stampella. Ha capito?»
«Roger, capo.»
«Non si
muova.»
«Veramente volevo giusto farmi una passeggiatina con
lei...»
Pepper alzò gli occhi al cielo ed ignorò la
battuta.
Uscì dalla doccia e si asciugò sommariamente,
maledicendo il
fatto che avesse dimenticato l'accapatoio e i suoi vestiti troppo
vicino a Tony. Afferrò in fretta e furia le prime cose che
le
capitarono sotto mano nel cesto dei panni sporchi e le
indossò,
sempre guardando di sottecchi l'uomo, ma lui sembrava tener fede alla
sua parola ed era immobile e a volto coperto come l'aveva lasciato,
solo un poco più sbilenco. E con un sorrisetto malizioso
stampato sulla sua faccia da schiaffi. Doveva sentirsi decisamente
meglio,
dato che scorrazzava per bagni e camere da letto senza la solita
sedia a rotelle...
Si affrettò a recuperargli le stampelle da terra e
gliele porse; lui ne inforcò una, trovando un appoggio
più stabile
del lavandino, ma non accennò a scoprirsi l'occhio.
«Ha
fatto?»
«Sono vestita ed ho l'altra stampella.»
Tony
sbirciò cautamente, scostando appena il braccio ed
osservando il viso
della
donna ancora bagnato: i capelli ramati e grondanti le ricadavano
all'indietro
e sgocciolavano... sulla sua maglietta dei Black Sabbath? Pepper colse
il suo sguardo perplesso e
realizzò in quel momento cosa indossava. Spostò a
disagio il peso
da un piede nudo all'altro.
«Quella è mia,» dichiarò
Tony,
decidendosi ad accettare la stampella e ritrovando finalmente il
proprio equilibrio.
Pepper decise di ignorare il
reticolo di crepe grigiastre che aveva lasciato sulla ceramica del
lavandino, ma
notò Tony che gli scoccava un'occhiata contrariata. Pepper
osservò per
un momento la maglietta che le stava tre volte più grande e
le
arrivava quasi a metà coscia, non sapendo bene come
sbloccare quella
situazione imbarazzante.
«Sì... è la sua maglietta,»
si trovò
a ripetere, un po' assente.
Preferì non chiedersi se l'avesse
scelta in modo conscio o meno, perché entrambe le
possibilità
racchiudevano implicazioni sulle quali non voleva soffermarsi.
«Le
sta bene. È mia, dopotutto,» osservò
Tony, sorridendole sornione.
Pepper
arrossì un po' ed il calore della stanza la aiutò
a nasconderlo. Si
schiarì la voce prima di parlare:
«Quindi... mi stava cercando, signor
Stark?»
«Ah, sì, giusto. Volevo dirle che... oh. Mi sono
dimenticato,» sbuffò lui, imbronciandosi e facendo
un encomiabile sforzo per continuare a guardarla negli occhi.
«Come,
scusi?»
Pepper arcuò minacciosa un sopracciglio, apprezzando
però collateralmente la sua buona volontà nel non
lasciarsi distrarre dalla situazione anomala.
«Dovevo
dirle qualcosa, ma poi c'è stato un "contrattempo" e mi
è
passato di mente,» accennò con fare impertinente
al suo
abbigliamento poco ortodosso, e Pepper, con un'ondata d'imbarazzo, non
volle soffermarsi sulle cause fisiologiche che potevano aver causato
quella dimenticanza improvvisa.
Notò di sfuggita come il suo sguardo saettasse qua e
là a disagio, cosa decisamente insolita per lui, che non era
certo l'immagine del pudore.
«Ma che cosa ci faceva la mia
adorata maglietta nel suo
bagno?» continuò poi, in fretta. «E
soprattutto: le faccio presente che sarà solo un
prestito
momentaneo.»
«Se l'è dimenticato?» insistette lei
ignorando le
sue osservazioni fuori contesto.
«Ho detto di sì. Si vede che
non era importante,» disse lui, in modo un po' meccanico,
stabilizzando infine la linea del suo sguardo su un punto neutrale in
fondo al bagno. «Appena me lo ricordo glielo dico... ora: la
mia
maglietta?» insistette, come se fosse una questione
d'importanza vitale... o più probabilmente un modo molto
poco efficace per distogliere entrambi dalla situazione anomala in cui
si trovavano.
«Mi pare di averla trovata in giro sporca di
clorofilla e quindi l'ho portata in bagno... credo,» si
decise a
spiegare Pepper, abbassando gli occhi e notando solo ora l'evidente
macchia verdastra appena
sotto il logo della band.
«Ah, giusto. Colpa della protesi, faccio ancora casini in
giro,»
Tony sembrò ricordare, un po'assente. «Poi mi
spiega perché va in
giro a raccattare la mia roba,» aggiunse poi, con un
sogghigno
divertito.
Pepper incrociò le braccia e iniziò a battere
ritmicamente la punta di un piede per
terra, ignorando quell'insinuazione e attendendo che lo spirito
d'osservazione e il – poco – buonsenso dell'uomo
traessero le
dovute conclusioni da quel gesto.
Tony ondeggiò a disagio sul
posto, finalmente consapevole.
«Giusto, sono di troppo.
Allora... io la lascio da sola. Buona doccia,» concluse,
schiarendosi la gola e facendo dietrofront.
Pepper annuì in
risposta, attendendo pazientemente che uscisse, ma lui si
girò di
scatto non appena fu sulla soglia:
«Ecco!»
"Lo sapevo,"
pensò Pepper al limite della disperazione.
«Volevo dirle che il
processo è stato rinviato. Vado giù a stappare lo
champagne!»
Revisione effettuata il 26/02/2018
Note delle Autrici:
Ebbene sì... non ci bastava far addannare Pepper, Kyle con Tony: Ian è il nuovo membro del club-Tonyhairottoilca***coffcoff (non è l'unico a diventare più volgare ultimamente).
come al solito questa è solo la calma prima della tempesta... *sempre più cattive*
Come sempre ringraziamo di dovere chi ha recensito/letto ed aggiunto la storia alle preferite/ricordate/seguite, in particolare Lupoz91, Sherlock_Watson, Rogue92, Micchi, blackpearl_, alliearthur e bluephoenix <3
See you soon!
Moon&Light
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