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Autore: margherIce46    03/07/2012    1 recensioni
Dal terzo capitolo:
“[...]Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare [...]”
Terza classificata al contest "You and I: di coppie, intrighi, vendette e tradimenti", indetto da LunaGinnyJackson su efp.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 7
 
Le perfezioni provvisorie
     
Elizabeth ci aveva provato davvero.
Aveva tentato con tutte le sue forze di tenere insieme la situazione, ma non ci era riuscita: lei, Peter e Neal insieme avevano affrontato lo squilibrio di tre corpi dispari che non si riconoscevano come tali, fino a quando la gelosia aveva frantumato il loro delicato mondo, fin quando il desiderio di possesso aveva posto fine alle loro illusioni, spezzando l’incanto del numero tre.
Perché adesso era finita, finita per sempre: man mano che quella straziante consapevolezza si era fatta strada dentro di lei, aveva anche compreso cosa doveva fare per ritrovare finalmente il suo equilibrio e la sua serenità.
Trasse il cellulare dalla borsa e lo appoggiò sul cruscotto, accostò e fermò la macchina. Poi, compose un numero di telefono: “E’ tutto a posto?” chiese soltanto, con un tremito appena percettibile nella voce, non appena dall’altra parte risposero.
Ciò che udì la soddisfece; annuì, chiuse la comunicazione e rimase in attesa.
L’aveva capito una settimana prima: era finita e oramai non si poteva più tornare indietro. La sensazione di non essere più al primo posto nei pensieri di Peter ma, anzi, di venire sempre per seconda dopo Neal aveva scavato un solco profondo dentro di lei. Rischiava d’impazzire in quella situazione.
Disperata, aveva cercato di chiarirsi con il marito.
Adesso - le palpebre chiuse e la testa reclinata sul sedile dell’auto - quella scena penosa le passava per la milionesima volta davanti agli occhi.
Neal, con la sua solita aria ammiccante, stava aiutando Peter a fare il nodo alla cravatta; quello a sua volta lo fissava divertito, con le labbra dischiuse in un sorriso. Vicinissimi, complici, occhi negli occhi, sembravano sul punto di baciarsi ancora una volta. 
Elizabeth l’aveva notato e di nuovo il sangue le era montato alla testa per la rabbia e la frustrazione: era diventata un’estranea, un’ospite in casa sua, una presenza ingombrante ma facile da tenere in disparte.
Allora era entrata nella stanza come una furia e aveva detto: “Peter, per favore, ho bisogno di parlare con te…”
“Da sola” aveva aggiunto alla fine volgendo gli occhi su Neal, il quale aveva volutamente ignorato il suo sguardo e la sua richiesta. A sua volta aveva fissato Peter, facendogli capire che se ne sarebbe andato soltanto se fosse stato lui a chiederglielo.
“Ti prego” aveva insistito Elizabeth, notando che il marito esitava “E’ importante, per noi…”.
“Beh” aveva risposto Neal con un sorriso che a lei era parso beffardo, mentre forse era soltanto spavaldo “noi comprende anche me, se non erro…”.
“Ok” aveva detto Peter alla fine, tirandoli fuori da una situazione che stava diventando estremamente incresciosa per tutti e tre “Neal, per favore, dacci un minuto!”.
Non appena il truffatore era uscito dalla stanza, senza abbandonare peraltro la sua aria di sicurezza, Elizabeth aveva iniziato a parlare. Si era ripromessa di essere sintetica e di non annoiare il marito con inutili piagnistei: fare la figura della moglie isterica e lamentosa era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Invece poi gli occhi le si erano riempiti di lacrime e il tono si era fatto implorante, spezzato, mentre spiegava a Peter quanto stesse male, quanto la situazione fosse diventata per lei insostenibile, straziante.
Sperava di parlare al suo cuore, di riuscire di nuovo, come aveva fatto in passato prima che Neal sconvolgesse il loro matrimonio, a tirare fuori ciò che di più profondo, puro e pulito c’era nella sua anima. Sperava che ricordandogli quanto erano stati felici insieme, tutti i progetti che avevano fatto e i sogni che avevano condiviso, lui sarebbe tornato l’uomo di prima, l’uomo che amava e che aveva sposato, nell’illusione che fosse per sempre.
Ma la delusione era stata cocente: il Peter che aveva sposato certamente non l’avrebbe guardata come una creatura stravagante che dice, con tono accorato, cose senza senso. Non avrebbe sorriso vedendo i suoi occhi umidi di pianto e non le avrebbe detto semplicemente, quasi ansioso di troncare quel discorso scomodo, che si stava sbagliando, che era tutto a posto e che l’amava come sempre. Non le avrebbe detto che si stava comportando come una sciocca, che i suoi dubbi erano indegni di una donna intelligente come lei e che così rischiava di rovinare tutto. 
Rovinare tutto! Come se la sua vita non fosse già rovinata!
All’improvviso gli aveva afferrato le mani incapace di dire altro, schiacciata dalle sue parole banali, prive di sentimento, che sembravano essergli uscite dalla bocca per dovere più che per autentico desiderio di lenire il suo evidente dolore.  
Per una frazione di secondo, il vecchio Peter era tornato. O, almeno, lei si era illusa che lo fosse.
Per una frazione di secondo, guardando nei suoi occhi, aveva creduto di riconoscere ciò che l’aveva fatta innamorare di lui e per quella frazione di secondo erano stati di nuovo uniti come un tempo.
Ma era stato un solo fragile istante, che la voce di Neal che lo chiamava dabbasso ricordandogli che erano in ritardo, aveva spezzato, frantumandolo in mille pezzi.
Lui le aveva deposto un bacio fuggevole sulle labbra, leggero come un soffio di vento e altrettanto freddo, aveva afferrato la giacca e, come se nulla fosse accaduto, le aveva detto: “Buona giornata, tesoro! Ci vediamo a cena”.
A quel ricordo le si riempirono ancora una volta gli occhi di lacrime, ma Elizabeth le ricacciò indietro con esasperazione: basta.
L’aveva amato con tutta l’anima, aveva rischiato serenità, vita ed equilibrio  per lui. E un amore così grande non poteva semplicemente spegnersi, consumarsi lentamente come un fuoco che arde sempre meno vivo fino a che tutto il combustibile non si consuma e poi soffoca lentamente, nel silenzio, invisibile a tutti. Doveva infrangersi, non spegnersi.
No, un amore così grande era destinato a chiudersi in tragedia allorché l’equilibrio instabile si  fosse spezzato sotto il peso della quotidianità, delle gelosie e della brama di possesso.
Adesso che lo aveva perso e non poteva sopportare il peso della sua perdita, doveva scacciarlo - scacciare tutti e due - dai ricordi, esiliando loro e ciò che avevano vissuto insieme in un paese buio e sporco, rimuovendoli quanto poteva per continuare a sopravvivere. Ricoprire di fango ciò che erano stati affinché il male potesse attutirsi, lasciando sotto di sé soltanto le cicatrici, che non sarebbero mai scomparse. 
 

  
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