La
storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il
prompt di luglio è: “Questo
caldo mi sta sciogliendo il cervello”
Personaggi:
Bellatrix Lestrange
Rating:
giallo
Genere:
introspettivo,
dark
Introduzione:
Prigioniera
in una cella fredda come solo l'inferno dovrebbe essere. Prigioniera
di mura spesse e di sé stessa. Prigioniera da quella che sembra una
vita intera.
Nei
brevi momenti in cui torna padrona della sua mente sconvolta, quella
che una volta era conosciuta come Bellatrix Black vede cose...
desidera cose... Soprattutto, sogna il calore.
NdA:
Per
il 2° mese consecutivo quella che state per leggere non è la storia
che avevo immaginato di scrivere quando ho letto il prompt. Avevo
pensato a una storia leggera e divertente sul 36° compleanno di
Harry, visto con gli occhi di Lily. Sono finita a scrivere di
Bellatrix, della sua pazzia e della sua prigionia ad Azkaban. Che
salti può fare la mente umana, vero?! ^^
Bellatrix non è un personaggio semplice su cui scrivere. Soprattutto perché è difficile parlarne senza pensare a quello che ci ha raccontato di lei zia Row. Non si può pensare Bellatrix scissa dai suoi delitti, dalla sua cattiveria. Non si può immaginarla troppo diversa dalla pazza assassina che diventerà. Quando io scrivo di lei, però, senza dimenticare il futuro e il passato, cerco sempre di non farmi condizionare. Per scrivere di qualcuno bisogna in un certo modo sentirlo, anche affezionarcisi un po'. Con lei non è semplice, lo ammetto, però in qualche modo ci riesco. Me la immagino sempre contorta e malvagia, attraversata da questa vena di ossessione per il male e di crudeltà fin da bambina, ma anche profonda, sfaccettata, femminile. Be', questa è la mia versione.
La storia è ambientata durante la reclusione ad Azkaban. Ho situato la prigionia di Bellatrix tra il 1982 (i Potter sono morti nel luglio 1981, quindi è plausibile) e il 1996 (quando Harry è al 5° anno, se non sbaglio), circa 14 anni. 5110 giorni.
Le frasi in corsivo sono parole dette tra sé, voci immaginate, ricordi.
Frammenti di una vita fa
Giorno 1634
Fa
freddo qui dentro, tanto freddo.
Tutto
quello che riesco a percepire con chiarezza è gelo.
Non
so da quanto tempo la mia mente fosse lontana da questo ammasso di
ossa che ancora mi ostino a definire corpo.
Non
so quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho ripreso una
sorta di coscienza di me.
Giorni,
mesi, anni.
Potrei
esserei rinchiusa qui da pochi minuti, o da tutta una vita.
Farebbe
differenza?
Per
il mondo che continua a girare, ignaro persino della nostra esistenza
– noi esseri rinchiusi e rinnegati?
Per
le persone che ci hanno intrappolati, sicure e felici, ora che il
Male sembra sconfitto?
Per
me, patetica specie di relitto umano, senza più un nome, senza più
un futuro?
Una
risata sinistra e isterica sale dalle profondità delle mie viscere.
La
sento risuonare per un attimo tra le pareti vuote, prima di tapparmi
la bocca a forza, terrorizzata e attonita da questo mio gesto.
Loro
potrebbero arrivare...
Il
silenzio torna a prendere il sopravvento su tutto.
Forse
nessuno mi ha sentita. Forse ho solo immaginato di ridere.
Ma
dopo un attimo in cui il mio cuore ritrova il battito, sento qualcosa
che striscia nel buio.
Si
fa più vicino, sempre più vicino.
Loro
sono qui.
Un
attimo prima che il gelo mi attanagli, prima che quelle cose mi
sfiorino con i loro aliti che sanno di morte e putrefazione, mi copro
la testa con le braccia, in un patetico quanto vano tentativo di
difesa.
* * * * * *
Giorno 1659
Apro
gli occhi all'improvviso.
Per
un attimo mi sento pervasa da una strana quanto folle lucidità.
So
dove mi trovo. So
chi sono.
Bellatrix
Black, così mi chiamavano le mie sorelle.
Dopo,
Madama Lestrange. Quella è una parte della mia identità che nessuno
mai mi permetterà di dimenticare.
Bellatrix.
Bella.
Mi
sembra di sentire una voce che mi chiama così dall'oscurità. Credo
davvero di sentirla.
Accesa
da questa folle fiammella di speranza cerco di orientarmi nel buio
fitto che mi circonda. I sensi all'erta, cerco di localizzare la
fonte del suono.
Brancolo
come una cieca nello spazio angusto della cella. Sbatto contro il
muro di pietra.
Sola,
sono sola.
Sfiancata
dallo sforzo fatto, mi accuccio a terra e mi lascio di nuovo
avvolgere dall'oblio.
Oblio
insidioso e avvolgente come un manto; oblio vuoto come la peggiore
delle maledizioni.
* * * * * * *
Giorno 1699
Luce,
ecco cosa desidero.
Luce
e calore.
Ero
una donna potente, prima di finire qui.
Non
ricordo con esattezza, i contorni della mia vita passata si fanno
ogni giorno più sfocati. Non ricordo tutto, ma di questo fatto sono
certa.
Ero
potente, temuta, rispetta. Avevo tutto. Ho perso tutto. Adesso non mi
resta niente.
Eppure
se mi venisse chiesto quale è il mio desiderio più grande in questo
momento la risposta sorprenderebbe il mondo. Risponderei subito,
senza esitare. Né potere, né gloria. Direi:
luce, calore, bruciare.
Ho
sempre saputo che quello era il mio destino, ho sempre saputo che
solo nel fuoco avrei realizzato a pieno la mia natura più intima.
Mi
definiscono una creatura delle tenebre, lo so bene. Non posso dire di
non essermi adattata a questo ruolo.
Ho indossato il manto nero come
una seconda pelle. Ho indossato la maschera.
Ho seguito l'Oscuro
Signore fino a perdermi nell'ombra. Senza
rimorsi, senza rimpianti.
Ma
non posso dire di essermi sentita viva come quella volta che ho
brillato in pieno sole.
Non ne sono sicura, eppure per un attimo il ricordo si fa cosa viva davanti a me...
*
* * * * * * * * *
Ho
compiuto da poco 9 anni.
L'estate
è arrivata torrida come mai prima, quest'anno in Inghilterra.
Un
giorno, nell'ora di massima luce, esco fuori per mettermi alla prova.
So
che sono fatta per questo. Per il fuoco.
Dopo
un paio di ore sento delle voci che mi chiamano, allarmate.
Le
mie sorelle mi stanno cercando nel parco immenso.
Io
me ne sto sotto il sole cocente, incurante della mia pelle diafana
che lentamente prende fuoco. Incurante del calore di mezzogiorno,
incurante del dolore.
Immobile.
E
così che mi trovano.
“Bella,
andiamo”, la voce impaziente di Narcissa, “questo caldo mi sta
sciogliendo il cervello.”
Povera,
piccola sorella mia. Così
bella, così... debole.
Rivolgo
a lei i miei occhi spiritati. Le soffio contro: “Io sono fatta per
bruciare”, con un filo di voce prima di cadere a terra, consumata
dal calore e dalla potenza del sole.
* * * * * * * * * * * * *
Allungo
la mano per toccare mia sorella. Afferro il nulla.
Resto
stupita.
Dove
ti sei nascosta, Narcissa?
Non
può essere un sogno.
Sento
il calore del sole cocente sulla mia pelle, la fiamma che mi brucia
le membra.
Sento... credo di sentire la vita che scorre nelle mie vene.
Allora
dove sei?
Illusione, follia, inganno.
La
consapevolezza mi colpisce come un fulmine.
Nell'ultimo
attimo di lucidità che mi resta prima di scivolare nell'oblio
realizzo che qui intorno c'è solo umido e freddo. Nessun calore,
nessuna luce.
Mai.
* * * * * * * *