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Autore: JulietAndRomeo    04/07/2012    2 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7: Numeri.

Arrivati al distretto, Lewis non si fermò all'entrata principale, ma continuò dritto, fino ad arrivare al parcheggio riservato alle volanti della polizia.
Il parcheggio era molto grande e vi erano parcheggiate circa quindici auto, ma i posti auto vuoti erano altrettanti.
Scesi dall'auto, l'ispettore ci pilotò attraverso corridoi, scale e stanze, fino ad arrivare al piano in cui erano situati gli uffici.
Quel giorno il distretto era un via vai di gente: evidentemente il secondo cadavere aveva fatto fermentare gli animi di tutti.
«Sedetevi, vi aggiorno sulle ultime novità, ragazzi... oh grazie, Albert» disse Lewis prendendo una cartella verde chiaro che gli veniva porta da un agente: «Allora,» continuò: «Stamattina, due ragazzi si sono recati a Malibù, per fare surf».
«Perché quella smorfia, ispettore? Non le piace il surf?» dissi ridendo, quando notai l'espressione disgustata di Lewis.
«No, ma tralasciando il mio 'amore' per il surf, mentre andavano verso il mare, uno di loro è inciampato e si sono accorti di un braccio che sporgeva leggermente dalla sabbia e hanno chiamato noi».
«Quindi o era seppellito in profondità o è stato seppellito ieri» notai.
«Come fai a dirlo?» chiese Nick.
«Lo dico perché il vento di queste ultime settimane ha spostato molto la sabbia, ergo il cadavere era in profondità e il vento lo ha 'riportato in superficie' o era lì da ieri al massimo, per non dire stanotte, e non è stato seppellito in profondità di proposito».
«Beh, in effetti...» concordò l'ispettore.
«Ma perché seppellirlo in un posto come Malibù? Voglio dire ci va un sacco di gente a Malibù, ogni giorno. Se non lo avessero trovato quei due lo avrebbe fatto qualcun'altro» disse Nick pensieroso.
«Magari volevano fosse trovato. Come fosse un avvertimento» ipotizzò l'ispettore.
«Posso parlare con i due ragazzi?» chiesi all'ispettore.
«Certo, ma non credo ne ricaverà molto di più di quello che abbiamo ricavato noi. Non hanno molto da dire. In ogni caso, sono laggiù» rispose Lewis, accennando a due ragazzi che, nella sala caffé del distretto, parlavano tra di loro alla presenza di un agente.
Mi alzai e l'ispettore mi bloccò: «Ma non vuole almeno sapere i loro nomi? O a che ora hanno trovato il corpo? Non credo che le diranno molto: dopo la prima mezz'ora di domande, si sono stancati di parlare e hanno detto che avrebbero parlato solo dopo che li avremmo riportati a casa».
«Si fidi ispettore, a me diranno tutto, anche quello che non hanno detto a voi».
«Se vuole provare a 'sedurli', Cullen, la avverto sin da ora che non ci riuscirà: li abbiamo già fatti parlare con Barbara, l'agente più bella del distretto, e neanche lei è riuscita a cavare un ragno dal buco. Quelli sono due ragazzini con un pò di addominali».
«Non era nelle mie intenzioni ispettore» dissi ridendo della sua ipotesi, mentre mi allontanavo.
Raggiunsi la sala caffé, dove erano stati fatti accomodare i due ragazzi; era una stanza piccolina dove, oltre a quella dalla quale ero entrata io, c'era un'altra porta; a destra, il muro era occupato da un piccolo frigorifero, da un ripiano e da una credenza, oltre che dalla macchinetta del caffé; la parete a sinistra, invece era costituita da vetrate che permettevano di vedere la stanza con le scrivanie degli agenti. Al centro c'era un tavolino con 4 sedie disposte attorno, delle quali due erano occupate da due ragazzi.
Mi affacciai alla porta e bussai leggermente allo stipite, schiarendomi la voce: «Buongiorno agente, mi perdoni, posso scambiare anche io due parole con loro?» chiesi accennando ai due ragazzi.
«Certo, signorina Cullen, si accomodi» disse l'agente gioviale.
«Grazie» dissi sorridendo, mentre mi sedevo ad una delle sedie libere.
I due ragazzi mi guardavano come se fossi stata un alieno: erano entrambi sui venticinque anni, forse meno. Quello seduto a sinistra, era bruno, con i capelli ricci e gli occhi chiari, alto e con qualche muscolo che si intravedeva da sotto la maglietta; il suo amico, seduto a destra, era leggermente più basso, aveva i capelli lunghi, raccolti in un codino alla base della nuca e neri, proprio come gli occhi. La carnagione di entrambi era chiara, nonostante la leggera abbronzatura. Indossavano entrambi dei pantaloncini da spiaggia e delle magliette a maniche corte.
«Sei una poliziotta?» mi chiese quello con il codino, diffidente.
Io sorrisi: «No, anzi detto tra noi, qui dentro mi prenderebbero benissimo a calci se potessero. La cosa più gentile che mi sono sentita dire è 'Fuori dai piedi, Cullen'» dissi imitando la voce dell'ispettore.
«E allora cosa sei?» chiese l'altro.
«L'assistente, dell'assistente, della tirocinante affidata all'agente Jackson. In poche parole, l'ultima ruota di scorta del carro» dissi fingendomi sconsolata.
«E perché sei qui? Noi abbiamo già detto tutto» disse il ragazzo.
«Vedete, a noi 'ruote di scorta', viene assegnato il compito di raccogliere le deposizioni e di archiviarle. Gli agenti più anziani, quelli con cui avete parlato, non vogliono darci i loro appunti per stendere i rapporti, perché secondo loro dobbiamo ancora 'forgiraci il carattere', di conseguenza, noi poveri sfigati dobbiamo andarci a raccogliere le deposizioni di tutti e poi... nessuno vuole parlarci perché si sono seccati di ripetere le stesse cose o gli agenti più anziani ci danno appunti sbagliati per farci fare brutte figure con i testimoni e farci fare la figura dei fessi» dissi l'ultima parte del racconto quasi piagnucolando e rendendomi praticamente ridicola.
Ma il gioco valeva la candela, infatti, con la mia recita, riuscii nell'ardua impresa di scalfire i loro cuori perché il moro, quello con il codino, mi mise una mano sulla spalla e disse: «Hey, su non fare così, deve essere un lavoro difficile il tuo, non preoccuparti, ti diremo tutto quello che vuoi sapere» concluse sorridendo.
«Da-davvero?» dissi tirando su con il naso.
«Si, domanda e ti risponderemo».
«Grazie» sorrisi: «Probabilmente mi avranno dato delle informazioni sbagliate, quindi perdonatemi se dico qualche cretinata e per favore, non ridete».
«Sta tranquilla» rispose quello con i capelli ricci.
«Allora, mi hanno detto che il tuo nome é Jack» dissi indicando il tipo con i ricci: «E il tuo Danny, giusto?» chiesi indicando l'altro.
«Veramente, noi siamo Steve e Carl» disse quello con il codino, indicando prima l'amico e poi sé stesso.
«Ecco, appunto... perdonatemi» dissi abbassando gli occhi.
«No, non preoccuparti, anche noi fanno degli scherzi».
«Grazie. Ehm, allora voi siete arrivati a Malibù alle nove del mattino, vero?».
«Veramente siamo arrivati alle sei, alle nove è già tardi per fare surf, c'è troppa gente in spiaggia» e poi, vedendo che stavo già cominciando ad incupirmi per fingere la delusione di un'altra brutta figura, riprese: «Se vuoi ti diciamo noi come sono andate le cose, così puoi scrivere tutto» si affrettò a dire Carl.
«Grazie, ragazzi, siete due angeli».
Mi guardano con un'espressione da pesce lesso, che mi fece temere gli si fosse fuso il cervello. Notando che non smettevano di fissarmi, mi schiarii la voce.
«Ok, ehm, allora» riprese Steve: «Siamo arrivati a Malibù verso le sei e trenta, perché ci siamo svegliati tardi, sai non abbiamo una ragazza che ci svegli» disse con la stessa espressione di poco prima.
'Santissimi numi' pensai.
«Ehm, si... certo... quindi siete arrivati e poi?».
«Il tempo di indossare le tute e ci siamo avviati con le tavole verso il mare, ma Steve è inciampato e dopo aver capito che c'era qualcuno sotto la sabbia, abbiamo chiamato la polizia».
«Capisco. Avete notato la presenza di qualcuno in spiaggia?».
«In realtà, non c'era nessuno e siamo rimasti un pò perplessi: di solito i surfisti ci sono, specialmente in questo periodo che il vento è stato magnifico» disse Carl.
«Quando lo avete trovato, il corpo era a faccia in giù?».
«Si esatto; non abbiamo avuto il tempo di notare molto, eravamo davvero... scioccati, ecco».
«Capisco. Beh, ragazzi, grazie mi siete stati davvero d'aiuto» dissi sorridendo e alzandomi.
«Aspetta, che ne dici di andare a fare un giro, qualche volta... ehm...».
«Macy, mi chiamo così. Steve».
«Ok, Macy, che ne dici?».
Notai Lewis e Nick alla porta, che mi guardavano; per l'esattezza, Lewis mi stava guardando, Nick mi fulminava con lo sguardo, come se mi stesse sfidando ad accettare la proposta dei due ragazzi.
Con un ghigno dissi: «Ma certo, anzi vi lascio il mio numero, così potrete chiamarmi, anche se vi venisse in mente qualcosa sul caso».
Scrissi il mio numero con l'ultima cifra sbagliata (0011-5539-7482 anziché 0011-5539-7486) e lo porsi a Carl, dopodiché uscii dalla stanza, andando incontro a Lewis e un incredulo Nick.
Quest'ultimo mi strattonò per un braccio, meno di un secondo dopo la mia 'trionfale' uscita: «Che diavolo combini?».
«Di che parli?».
«Hai dato il tuo numero a quei due?».
«E se anche fosse? Qual è il tuo problema?».
«Non li conosci neanche!» alzò lui la voce.
«Li conoscerò» dissi alzando una spalla.
«Come fai a sapere se puoi fidarti di loro?».
«Gli ho dato il mio numero di telefono non il mio codice bancario, dove sta il pericolo? E poi a te che importa?».
«Sono estranei, in questo sta il pericolo e a me importa perché sei la mia... amica» disse esitando sull'ultima parola.
«Il tuo senso di protezione nei miei confronti, mi lusinga, ma non ne ho bisogno, so badare a me stessa! Quindi fatti i cavoli tuoi, anchio ho una vita sociale, cosa credi?».
«Se avete smesso di litigare, io andrei dal medico legale che ha appena chiamato, che ne dite?» si intromise Lewis.
«Si andiamo» dissi lanciando un'ultima occhiata a Nick.
Lui non disse più una parola e seguì in silenzio l'ispettore, proprio come me.
Scendemmo in obitorio per la seconda volta: adesso la vecchia del primo tavolo era sparita e, al suo posto, c'era un uomo sulla cinquantina, sul tavolo accanto c'era un corpo ancora coperto dal lenzuolo e sul terzo il nostro uomo.
«Bentornati! In una situazione diversa, direi di essere contento di riverdervi» esordì il dottore: «Spero che il nostro amico qui non si secchi troppo se parliamo di lui! Capita?» disse sorridendo nella nostra direzione e ridendo a quella che credeva essere una battuta divertente.
«Andiamo... 'spero non si secchi' lui è già secco... ok, non l'avete capita» disse facendo sparire il sorriso, dopo aver notato le nostre espressioni.
«Greg, non abbiamo molto tempo, quindi se volessi iniziare» tagliò corto l'ispettore.
«Si certo» il medico si schiarì la voce e continuò: «La causa della morte è asfissia, anche se mi ci è voluto un pò e parecchie consulenze per arrivare a questa conclusione; per quanto riguarda l'essiccamento, la disidratazione dei tessuti è dovuta al calore trasmesso dalla sabbia al corpo durante il giorno. A giudicare dallo stato di disidratazione, la morte è avvenuta più o meno un mese fa, di conseguenza questo è il primo cadavere e quello di Jennings il secondo; questo tizio ha lo stesso tatuaggio di Jennings sulla schiena e, non solo riporta gli stessi graffi e gli stessi tagli di quello di Jennings, ma gli è stata asportata anche la stessa porzione di pelle, vicino al manico del pugnale».
«Tutto qui?» chiese Lewis.
«Si, non ci sono segni di percosse e gli esami tossicologici sono impossibili da effettuare, a causa di questo» disse provando a sollevare un braccio.
Il braccio essiccato di spezzò e il dottore continuò: «I miei ragazzi hanno dovuto usare tutta la loro delicatezza per caricarlo sul furgone e non ti dico a che velocità abbiamo camminato! Una vecchietta ci ha sorpassati con la macchina urlandoci che stavamo andando troppo piano» disse il medico accennando prima al solito gruppo di sfigati e poi stampandosi in faccia un'espressione sbigottita.
«E adesso questo come lo identifichiamo? Non possiamo fare come per Jennings a questo l'unica cosa rimasta della faccia sono i denti e non sono neanche tanto apposto!» esclamò Lewis rivolto più a sé stesso che a noi.
«Se posso intromettermi, Tom» disse il medico: «Devi sapere che, dai corpi essiccati, lasciati in immersione per qualche ora, in una soluzione di idrato di sodio che reidrata le parti molli delle dita, si possono ottenere le impronte digitali. Quindi ve le farò avere quanto prima».
«Davvero puoi farlo? Sei un genio Greg. Fammi sapere al più presto» esclamò l'ispettore che stava lentamente guadagnando l'uscita insieme a Nick.
«Aspettate!» esclamai facendo segno all'ispettore e al medico di avvicinarsi: «Che diavolo significa questo numero?» dissi indicando due cifre impresse a fuoco sul tallone della nostra 'mummia'.
Entrambi si avvicinarono: «Non lo avevo notato» disse il medico.
Il piccolissimo segno, ristrettosi a causa della disidratazione della pelle, che stava sfuggendo anche a me, era posizionato al centro del tallone della vittima.
«Il numero undici? Che significa?» chiese Nick.
«Pensavamo Jennings fosse un affiliato di qualche setta, magari lo aveva anche lui un numero così, potrebbe essere un codice» riflettei.
«Fotografalo Greg e facci sapere se anche Jennings ne aveva uno» disse Lewis.
Stavamo per tornare ai piani superiori quando i tre sfigati di prima mi vennero vicini con un'espressione speranzosa sul viso; se speravano che io uscissi davvero con loro la risposta era una sola: «No, no e no» dissi intuendo i loro pensieri e indicando uno di loro ad ogni 'no'.
«Ma...» provò a ribattere quello che sembrava più giovane.
«No» sibillai minacciosa.
Con la coda tra le gambe tornarono tutti e tre ai loro cadaveri e io mi affrettai a raggiungere Lewis e Nick.
   
 
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