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Autore: pandamito    04/07/2012    1 recensioni
« Cazzo ti guardi? » grida.
« Mi piacciono i tuoi leggins! » urlo di risposta.
« Ma vaffanculo, frocio! » mi insulta, andandosene.
Ho trovato la mia preda.
[...]
« Tu devi essere Zanno, Zeta, Zorro… » [...] Ma vaffanculo! Tutti, sono tutti degli stronzi, a cominciare dalla signorina del colloquio che ha abbindolato mio padre, convincendolo ad iscrivermi qui, passando poi a quelle facce del cazzo degli studenti di questa scuola che mi osservavano mentre arrivavo manco fossi Gesù Cristo risorto. [...] 1. Ho sbagliato stanza? No, è la mia, ho controllato il numero, non sono ancora cieco, anche se questo spiegherebbe il perché la porta non si aprisse. 2. Se questa è la mia stanza, loro cosa ci fanno qui? 3. E perché giocano a carte? 4. Ma specialmente, perché mezzi nudi?

Fanfiction AU che vede come protagonisti sempre i soliti cinque ragazzi ango-irlandesi, ma stavolta non come band, ambientata in un college al tempo moderno. Una storia che si concentra principalmente sui temi della droga, del sesso e dell'alcool.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Triangolo
Capitoli:
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Mia.

Che succede? Penso di non esserne pienamente cosciente. Le piante dei miei piedi sono fredde a contatto con la sabbia umida della notte. Attorno a me un brusio di voci, non so il numero preciso di persone che urlano, ballano, si divertono, ma è un numero che basta a riempire un interno istituto. Io continuo ad avanzare come se non esistessero, tiro dritto per la mia strada fino a quando con la punta delle dita non riesco a toccare l’acqua gelida che giunge a riva. Riesco a percepire la presenza dei miei amici: Louis schizza Harry e Perry sembra aver chiarito le cose del ragazzo, Niall sarà da qualche parte sulla spiaggia a pomiciare con quella barbie, mentre Liam non c’è; Melanie Jae è stata licenziata ed ha già abbandonato la scuola, lui invece è scappato in un primo momento, poi è tornato ma è stato spostato in una camera provvisoria finché non se ne andrà definitivamente. Sì, ma dove andrà? Non gli è stato permesso manco di partecipare alla festa d’istituto stanotte.
Eppure tutti in questa scuola abbiamo dei problemi, sennò non saremmo qui e questo college non sarebbe famoso per la dritta istruzione e tutto il resto, più che altro sembra un orfanotrofio.
Louis, mio cugino, ha i genitori divorziati, avrebbe tanto voluto restare a casa con la madre per non vederla piangere ogni giorno, ma lei lo ha spedito qui perché non voleva che lui la vedesse soffrire ed anche perché aveva paura del bullismo a Doncaster. 
Perry si dice che abbia una madre pazza ridotta così dalle sigarette, il gioco d‘azzardo e l‘alcol, ora è in un centro di riabilitazione, ma il padre ha spedito qui lei non riuscendo a tenere a bada il suo carattere irrequieto e testardo che gli causava ulteriori problemi, disposto ad avere un peso in meno.
Harry era il solito playboy, da sempre, i problemi col sesso non li ha ancora guariti… o forse sì. Vorrei tanto lasciarmi sfuggire un sorriso mentre guardo i suoi tentativi di non bagnarsi i ricci per colpa di Lou, però non ci riesco perché sono completamente paralizzata e non capisco molto bene cosa realmente stia succedendo, per me sono solo una marea di figure, macchie che vanno avanti e indietro senza un senso logico.
Niall è stato mandato qui credendo all’inizio che fosse autistico e che avesse ereditato i geni dal padre, in seguito però si scoprì che la sua era solo una forte timidezza, oramai superata da tempo, ma i genitori non vengono ancora a riprenderselo.
Amélie è la solita figlia di papà… anzi, no. Un padre che non ha visto quasi mai a causa dei suoi troppi impegni e la madre, donna in carriera, benché avesse più tempo da dedicare alla figlia, preferiva spenderlo in negozi di città lussuose come New York, Milano, Tokyo, Berlino… Così lei doveva rimanere la figlia perfetta che tutti volevano. Istruzione rigida! C’è scritto anche nel coupon di benvenuto.
Zayn non ha mai avuto un bel rapporto col padre e non vi è stata soltanto una goccia che ha fatto traboccare il vaso con il suo passato pieno di filoni, bullismo, infrazioni, a volte anche qualche incendio e poi quelle canne. A volte penso che anche lui si chieda perché il padre non l’abbia mandato qui prima.
Persino io lo ammetto, se non fosse per Louis a quest’ora sarei di certo in un orfanotrofio, come se questo posto in fondo in fondo non lo fosse.
Ma Liam? Cosa farà? Di sicuro non avrà intenzione di tornare a casa, dopo che ha mandato in ospedale suo padre perché continuava a maltrattare e picchiare sua madre, non penso che quello gli riserverà un benvenuto di cortesia. E cosa potrebbe fare? Non gli è stato concesso manco di essere qui oggi, forse questa era l’ultima sera in cui poteva divertirsi.
Ho paura per lui, tant’è che mi accorgo di tremare solo quando i miei pugni si chiudono così tanto che le unghie mi fanno male nei palmi. Sussulto al tocco lieve di alcune dita che mi sfiorano un braccio; mi volto di scatto pronta ad atterrare qualcuno - se solo ne avessi la forza - ma noto con piacere, credo sia questa la sensazione, che è Zayn. Lui mi sorride e mi viene naturale corrispondergli, non perché io voglia, solo mi viene naturale e spero non si renda conto che sia sforzato. Mi porge un bastoncino, non mi ricordo bene il suo nome, ma è uno di quei fuochi d’artificio che paiono stelle, abbastanza innocui. Lo fisso e improvvisamente tutto sembra esser tornato nitido, scorgo che sono tutti in cerchio vicino a me, che si passano quei bastoncini e l’accendino per accenderli. Zayn avvicina il suo al mio, poi agita il suo accendino davanti ai miei occhi, forse si è accorto che sto quasi dormendo in piedi e lo fa per farmi svegliare e tornare alla realtà, non pienamente ma ci riesce abbastanza da farmi capire che quello è l’accendino che gli ho regalato io, un gesto da niente, ma a lui sembra esser piaciuto. Sorrido mentre i nostri bastoncini si accendono assieme e mille luci fuoriescono da essi.
Sono stupendi.
Mi sento come una bambina, ho visto la vita nascere in questi piccoli fuochi che divampano e mi diverto ad agitare il mio per creare mille forme, assieme alle risa degli altri che fanno lo stesso. Sembra tutto tornato alla normalità, come se non ci fosse stata nessuna divergenza fra noi. Ora non voglio pensare a nulla, voglio solo divertirmi e vedere come le luci sembrano scoppiettare; corro sulla spiaggia, saltando e divertendomi ad inseguire gli altri, poi i ruoli si alternano e Lou cerca di spingermi in acqua. Niall è andato anche questa volta, Harry non si lascia l’occasione di fargli un video, mentre Amélie cerca di riprenderlo, ma neanche lei può fare a meno di trovare la situazione divertente. Mentre sento la stretta di Louis che si allenta sulla mia vita per raggiungere le risa provocare dalla non sobrietà dell’irlandese, il mio sguardo si sposta poco più in là, su una timida Perry che sorseggia il suo drink cercando di farsi di nuovo accettare, sugli occhi di Zayn che la guardano come se fosse ancora la vecchia ragazza scontrosa che non voleva sedersi al nostro tavolo. Gli occhi di un ragazzo che l’ha compresa, pieni di gentilezza nei suoi confronti. O forse è desiderio? In realtà ciò che mi attira è il bicchiere nelle mani di Perry, chissà se nel mio punch c’era qualcosa perché improvvisamente la testa gira e la vista mi si annebbia. E poi la sigaretta che tiene in mano Zayn.
Otto. La sigaretta della festa.
Tremo, finché il mio sguardo si abbassa di nuovo e viene catturato dalle luci che sono ancora nella mia mano. Noto che più i secondi passano, più le luci scintillano, più il bastoncino si accorcia. E’ come una vita, prima è nata ed ora sta andando inconsciamente verso la morte, non potendo impedirlo. E’ così triste, ma sarà anche la mia fine. La fine di tutti, chi prima e chi dopo.
Però la luce non raggiunge mai la fine perché d’improvviso sento una goccia sulla mia testa, poi un’altra ed un’altra ancora. La luce resiste per un po’ poi però non può fare niente quando quelle gocce aumentano. Alzo il viso al cielo e lo ringrazio, perché ora potrò camuffare il mio pianto. La pioggia, le lacrime del cielo, in una notte così festosa. 
A volte odio avere i capelli corti, le ragazze hanno i capelli lunghi che decorano con fiori, frontini e si divertono ad intrecciarli in capigliature compilate, ma in realtà li rendono così belli per distrarre la gente dalla vera funzione che quelli hanno. Loro le proteggono quando piangono, coprono i loro visi delicati che non possono permettersi di diventare brutti e mostrare alla gente come sono realmente, loro devono essere perfette. Sempre. Ecco perché i maschi non piangono mai, perché loro non hanno capelli lunghi che coprono il loro viso, devono sempre essere forti per gli altri, per far finta che tutto vada bene anche quando il mondo sembra crollare. 
Io, invece, devo aspettare la pioggia per piangere.
Qualcuno afferra la mia mano che impugna ancora il bastoncino, ormai spento. Zayn mi guarda negli occhi e chiedere che lui non capisca che io ho pianto penso sia troppo, oramai avrà imparato a conoscermi anche se non gli importa più di tanto di me. La sua era una battaglia contro Perry ed ora che sembra essere tutto risolto io non gli servirò più, ritornerà tutto alla normalità… tutto come prima, proprio come dev’essere.
Le sue labbra si muovono in frasi impercettibili alle mie orecchie, i miei occhi vagano da soli, il mio cervello sembra esser spento ed i miei piedi, ancora in acqua, si sono congelati e non mi permettono di muovermi, la pioggia mi dà fastidio in viso ma io mi concentro a guardare il mulatto di fronte a me. Sembra essersi fermato anche lui, forse scoraggiato dal tirarmi via, così noto che è in acqua anche lui e che oramai gli altri ragazzi, se prima volevano aspettarmi, ora ci hanno rinunciato anche loro e si stanno affrettando a mettersi al riparo.
Io non voglio un riparo, voglio la pioggia, così posso piangere.
Zayn mi sfiora il viso con la mano che non tiene salda la mia e fa scorrere il pollice con premura sotto i miei occhi. Noto che ha buttato la sigaretta, si sarà spenta anche lei, se non l’ha finita prima della pioggia.
« Piove. » mi avverte come se non me ne fossi accorta, ma io so che lo dice per proteggermi, per farmi capire che anche se l’ha già fatto continuerà a fare ciò che io voglio, continuerà a fingere di non capire e per questo sorride.
Il mio cuore accelera i battiti, sento il mio petto che si alza e si abbassa leggermente più veloce del solito, le mie labbra dischiuse e gli occhi fissi su di lui; non lascio la sua mano, anzi la stringo ancor di più e la pioggia presto non mi fa distinguere manco ciò che è bagnato da ciò che è asciutto, so solo che inizia a far freddo. La fronte di Zayn si poggia sulla mia ed ho paura quando sento che il bastoncino mi scivola dalla mano e cade in acqua. Tremo ancora e forse anche un po’ per la paura, di perdere Zayn come ho fatto con quel bastoncino, così gli butto le mani al collo e lo stringo a me più forte che posso, lui subito preme le labbra contro le mie e mi solleva, per portarmi in braccio. Ed io piango, mi lascio andare perché so che, anche se lui capisce, dirà sempre che è colpa della pioggia e per questo non ringrazio il cielo, bensì lui.
Quel bastoncino non è mai arrivato alla fine, la luce si è spenta prima, ma non per la sua natura, per un piccolo inconveniente. Mi chiedo se anche io mi spegnerò prima, se ciò che c’è fra me e Zayn finirà o addirittura non è ancora iniziato e mai inizierà, o se ritorneremo “amici” come prima e lui tenterà ancora di conquistare Perry, che ora di certo non se lo farà scappare. Ma io non voglio. Non voglio tornare all’inizio, anche se dev’essere così, stavolta non voglio che il serpente dell’uroboro si mordi la coda. Stavolta farò in modo che lui se ne stia al suo posto, anche se non andrà tutto come voglio io, ma farò in modo che quelle scintille continuino a brillare.
O, forse, la fine alternativa di quelle luci volevano significare la speranza?
 
Quando sento che la porta si richiude alle spalle di Zayn ed io sono ancora stretta a lui, la prima cosa che noto è il silenzio. Sì, perché anche se non voglio aprire gli occhi perché non voglio mostrarmi brutta e con gli occhi arrossati, riesco a percepire che Niall non c’è. Ed ho paura di dove possa essere adesso. Con chi possa essere adesso. Sento che è sempre più lontano e mi chiedo se un giorno potremmo tornare come prima. Presumo che la risposta sia solo una: no.
Tremo ancora e sento le dita leggere di Zayn che mi sfiorano, poi mi abbraccia e cerca di farmi infilare il pigiama e mettermi a dormire. Ma non voglio. Questa è la prima sera che non mi vuole e non mi piace, perché io ho bisogno di lui. Tento di baciarlo e lui risponde, ma dolcemente, mentre io cerco invano più contatto, che non ricevo. 
Salve, sono Mia Harris, ho quasi diciannove anni, sono orfana ed un tempo vivevo a Doncaster con i miei zii che mi facevano da tutori e mio cugino Louis, finché non ci hanno spedito in questa specie di carcere. Ogni notte faccio sesso con Zayn Malik per far ingelosire la sua fiamma, Perry Holmes, quindi faccio finta di essere la sua ragazza. Solo che c’è un problema: mi sono innamorata di lui ed oggi, dopo aver flirtato con Perry, è la prima volta che non mi vuole. Ed ho paura. Paura di perderlo, come ho fatto con tutto il resto.
Sento la sua preoccupazione, ciò che lo blocca dal cedere ed i continui tentativi di allontanarmi, ma nemmeno io mollo, non voglio smettere, non voglio lasciarlo andare perché lo voglio tutto per me. Solo per me.
« Hey. » mi dà un buffetto sulla fronte, ma non ci rimetto molto a riunire le mie labbra con le mie. Mi manca il respiro. Ci ritenta. « Mi spieghi cos‘hai? » Nulla da fare, stavolta gli mordo il labbro inferiore e lo tiro un po’ verso di me, restando a mezzo busto di fronte a lui, sul letto « Non me lo dirai, vero? » e , siccome non può unire le labbra perché uno lo sto mordicchiando io, lo dice in un modo così buffo che se avessi avuto le forze l’avrei preso in giro come minimo per un mese.
Mi accorgo che non ho mai smesso di piangere. Mai. « Piove anche qui dentro? » domando, restando immobile davanti a lui, col suo labbro fra i denti e gli occhi gonfi fissi su di lui.
Ci riflette qualche istante e poi annuisce. Come fa a sapere sempre ciò che vorrei sentirmi dire?
Poi riesco solo a ricordare che si è alzato due volte.
Nove. La sigaretta dopo il sesso.
Dieci. La sigaretta della buonanotte.
Per me è stato diverso, per lui era solo il povero capriccio di una bambina imbronciata.
 
Uno. La sigaretta del buongiorno.
Due. La sigaretta del caffè mattiniero.
E non lo percepisco dal fumo, ma dall’aria fredda che riempie la stanza subito dopo che lui apre la finestra per andare a fumare, dopo che naturalmente si è ricordato che mi dà fastidio l’odore del fumo, specialmente sui capelli. Quell’aria punge sulla mia pelle nuda anche fin sotto le lenzuola. Cerco a fatica di aprire gli occhi e di alzarmi, facendo leva su una mano e gemendo qualche istante per il dolore momentaneo, poi noto che la stanza è buia. Mi guardo attorno e vedo le persiane chiuse; ve ne è solo una aperta di poco che lascia entrare solo una piccola striscia di luce che si irradia fino al cuscino. Rimango un po’ a fissarla, cercando di catturarla inutilmente con la mano, poi vado in cerca di quella di Zayn per stringergliela e finalmente scatto subito in piedi quando noto che non è di fianco a me. Il mio cuore batte a mille. Forse l’ho perso, penso. Mi guardo attorno e noto che neanche Niall è in camera, o forse non c’è mai stato questa notte.
Di fianco a me noto il comodino con la solita pila di libri che lascio ed una busta che conosco fin troppo bene, la apro e trovo il bicchiere ricoperto di latte macchiato con due muffin con le gocce di cioccolato, uno bianco ed uno nero, che di solito uso mangiare in compagnia la mattina. Mi metto a gambe incrociate sul letto, nuda, infischiandomene di chi potrebbe entrare da un momento all’altro, anche perché so che non entrerà nessuno, addentando già il mio muffin bianco. Nella busta trovo anche un biglietto scritto in una grafia non molto bella.
 
Stamattina ti cedo il mio muffin.
Ti dispiace, dolcezza?
Love, J.
 
Quella J. potrebbe benissimo riferirsi al ‘James’ di Niall, ma io so che non è così, io so chi ogni mattina mangia il muffin al cioccolato assieme a me. O almeno so chi lo fa adesso, perché il mio “vecchio James” ha perso l’abitudine, da quando c’è lei. Quella “J.” sta per “Jawaad” e solo io so a chi appartiene, perché lui l’ha detto solo a me e perché solo io amo chiamarlo in questo modo. Lui è mio, di nessun altro, deve essere così perché lei non sa ciò che so io su di lui, lei non rimane con lui fino a tardi anche solo per parlare, lei non sa niente, niente.
Solo ora incomincio a capire che il sogno che ho fatto, di Zayn che mi bacia e mi dice di continuare a dormire, non era affatto un sogno.
Di fronte a me noto che Zayn ha lasciato le ante dell’armadio aperto e mi sembra strano perché, anche se ama definirsi un “cattivo ragazzo”, è quello che tiene di più all’ordine e di certo non è normale scordarsi di chiudere l’armadio per uno come lui, come è strano che non mangi il suo muffin al cioccolato e com’è strano che si svegli presto per uscire. Deve aver avuto di certo un impegno. Il problema è: che genere di impegno?
Scendo dal letto e vado a richiudere le ante quando mi vedo riflessa nei due specchi al loro interno, ancora col muffin in mano, prima frontalmente poi mi metto di lato, posando una mano sulla pancia. E se fossi io il problema? In fondo loro sono bellissime, lunghi capelli biondi e lisci, mai fuoriposto, grandi occhi azzurri, impeccabili nel vestirsi o nel truccarsi, perfette, sembrano delle barbie da poter collezionare. Forse da piccoli Zayn e Niall volevano giocare con le barbie ma non potendo ora cercano di riscattare la loro infanzia. Mi accovaccio dentro l’armadio, nuda, portandomi le ginocchia al petto ed abbracciando le mie gambe, mentre mi diverto a vedere uno ad uno i vestiti di Zayn. Vorrei mettermene uno, vorrei poter dire a tutto il mondo che lui è mio, mettergli un’etichetta di mia proprietà. Ma, in fondo, io odio le etichette. Così mi alzo, scelgo una sua canotta - semplice, lunga e bianca - e me la infilo, assieme a degli short e ad un paio di scarpe basse. 
Non mi va di scendere in mensa a mangiare perché so che dovrò affrontare Perry, ma ancor peggio Amélie e Niall, così mi siedo di nuovo a gambe incrociate sul letto, salterò il pranzo, in fondo è meglio se non mangio. Prendo la reflex e passo il tempo osservando le foto che hanno scattato gli altri, che se la sono passata per tutta la serata. Oh, che dolce, la mia reflex è diventata una piccola puttanella. Quando vado più indietro nella memoria iniziano quelle mie e di Zayn che abbiamo scattato nei giorni precedenti, almeno una o più al giorno, alcune assieme, altre con il resto del gruppo e ce ne sono pure con Niall. La spengo e la poggio sul comodino, mettendomi la testa fra le mani, finché il mio cellulare non squilla e noto che vi sono parecchi messaggi che mi sono arrivati ma non ho letto. Sono tutti dalla stessa persona, ma non ho voglia di leggerli, così leggo solo l’ultimo messaggio.
Tre. La sigaretta mentre chatta. 
 
“Dove diavolo sei finita? Perché non sei scesa a mangiare?”
 
Forse era meglio se non lo leggevo il messaggio. Sbuffo e metto il cellulare in tasca, non rispondendo. Prendo una sacca dalla mia parte dell’armadio e ci infilo dentro portafoglio, custodia per gli occhiali, chiavi della stanza, un quadernino, una penna e il primo libro della pila che vi è sul comodino: Romeo e Giulietta di Shakespeare. Forse Zayn sarà arrabbiato con me perché non gli rispondo e perché non mi sono fatta sentire, ma non m’importa.
Quattro. La sigaretta quando è arrabbiato.
 
E’ quello che mi serve, una tragedia da leggere in santa pace in biblioteca, dove so che nessuno verrà mai a disturbarmi perché è come se fosse l’inferno per gli studenti. Forse è il mio purgatorio proprio perché non c’è nessuno. Purgatorio, perché devo ancora trovare il mio paradiso
Apro il libro e dopo aver letto alcune pagine lo tengo aperto mentre vi ci appoggio sopra il piccolo quaderno, anch’esso aperto e mi metto a fare ghirigori, alternandomi a volte in cui scrivo sempre la stessa frase: non devi mangiare. Forse con questo metodo diventerò più bella, forse così qualcuno mi vorrà.
Però io questo mondo non lo continuo ancora a capire. Se mangi, sei grasso. Se non mangi, sei un mostro. Se bevi, sei un alcolizzato. Se non bevi, sei un fifone. Se leggi, sei un secchione. Se non leggi, sei stupido. Se dici un segreto, sei uno spione. Se non lo dici, sei un traditore. Se lasci qualcuno, sei una facile. Se non lo lasci, vuol dire che è il meglio che puoi ottenere. Se fumi, pensi di essere figo. Se non fumi, sei uno sfigato. Se hai fatto sesso, sei una puttana. Se non l’hai fatto, sei una verginella. Se ti trucchi, sei lo stesso una puttana. Se non ti trucchi, sei brutta. Già, penso che questo mondo non lo capirò mai.
L’improvviso bacio sulla mia guancia mi fa chiudere immediatamente il libro ed il quaderno, facendomi irrigidire. Di fianco a me Zayn si siede, scostando qualche libro e porgendomi un caffè starbucks, che rifiuto, e di nuovo una busta che contiene delle piccole ciambelle. Ne prendo un paio e lui fa lo stesso, sorseggiando il caffè e scrutandomi, notando che indosso la sua canotta, ma non dice nulla. 
« Come facevi a sapere che ero qui? » domando, mentre mi affretto a riporre il quaderno e la penna nella mia sacca.
Lui alza semplicemente le spalle. « Ho imparato a conoscerti. » Beh, di certo non mi aspettavo che dopo tutto questo periodo in cui siamo stati assieme non avesse imparato nulla. « Che leggi? »
Gli mostro la copertina del libro. « Romeo e Giulietta. »
Lui fissa il libro. « Me lo presti? »
Sorpresa di questa proposta, glielo porgo, per poi vedere che lo infila nella sua sacca e subito dopo da lì caccia una busta con delle cartine e del tabacco; lo vedo subito all’opera a rullare, poggiandosi il drum sulle labbra ed avvicinandoci l’accendino.
Cinque. La sigaretta dopo un pasto.
« Non ti conviene. » lo avverto, sperando che non faccia cazzate.
Non mi ascolta e già fa un tiro. « Perché? » mi chiede con un po’ di strafottenza.
« Se mi rovini il libro sei morto. » 
E’ una minaccia e non fa in tempo a dir nulla che si sente l’allarme anti-incendio suonare e dal soffitto sembra che qualcuno abbia aperto il rubinetto della doccia perché è come se stessimo sotto la pioggia. Butta contrariato la sua sigaretta sotto uno scaffale, mentre io rido appoggiandomi sulla sua spalla, beffandomi di lui.
Sentiamo solo lo strillo preoccupato della vecchia bibliotecaria che grida: « I libri! »
Ma in effetti un allarme anti-incendio in una biblioteca non ha senso: fuoco o acqua, i libri si rovineranno comunque. E questo è un peccato, perché in fondo è l’unica traccia concreta del nostro passaggio, dei nostri pensieri, che l’uomo può tramandare.
 
6. La sigaretta mentre aspetta.
Passo le dita fra la custodia di un disco in vinile e quella di un altro, cercando qualche pezzo d’epoca interessante nel negozio di musica. Sto pensando che forse dovrei comprarmi delle cuffie nuove, come quelle di Zayn, anche perché le mie auricolari se ne stanno andando a farsi fottere. 
« Hey, sentiti questa! » esclama Zayn avvicinandosi, togliendosi le cuffie collegate alla playlist dei nuovi successi e sistemandole sulle mie orecchie.
Me le sistemo meglio e poi ascolto la canzone per un bel po’, o almeno così a me sembra, facendomi travolgere totalmente da quelle note. E’ fresca, è molto più che orecchiabile, mette allegria ed è come se mi sentissi bene, finalmente me stessa. Io e la musica. Che sia questo il suo grande potere? Unire un gruppo di persone con una semplice canzone? Trovare il proprio paradiso interno e cercarlo di condividere col mondo? Forse.
Alzo gli occhi, guardandolo. « Paradise, dei Coldplay. » azzecco il nome e il gruppo. « La conosco. »
« E‘ fantastica! » commenta lui, emozionato, collegando un’altra cuffia alla playlist del negozio e finendo di ascoltare la canzone assieme a me.
Il campanello del negozio non dovrebbe risvegliarci dal tepore di beatitudine creato da quella canzone, e di fatti non lo fa, ma la mia faccia sorpresa nel vedere una figura troppo familiare nel negozio, proprio dietro Zayn, fa allarmare quest’ultimo.
« Liam! » gridò di gioia, mentre il piccolo riccioluto schiaffeggia la nuda del mulatto.
« Ahio! » urla lui, mentre io lo scantono per abbracciare il nostro amico, che mi avvolge a sua volta in un abbraccio. « Hey, amico, che vuoi fare? Rubarmi la ragazza? » commenta, fingendosi contrariato, ma non potendo nascondere un sorriso allegro.
Liam gli lancia uno sguardo, stringendomi ancora di più ed io lo assecondo.
« Cosa ci fai qui? » domando, non potendo trattenere la felicità, ma cambio subito espressione quando nella mente mi brulica un’idea, trattenendogli le mani. « Non sarai mica scappato di nuovo? »
Lui mi sorride e scuote la testa. « No, mi hanno rilasciato. » scherza, facendo l’occhiolino. « Domani me ne andrò definitivamente, così ho chiesto se potevo passare in santa pace il mio ultimo pomeriggio qui. »
L’aria si fa pesante, siamo tutti seri, anche se Liam cerca di non far pesare la cosa. Poi lui si volta verso la playlist, legge il titolo della canzone a cui è ferma e sorride, per poi voltarsi di nuovo verso di noi.
« Allora? Vogliamo passare il mio ultimo giorno impalati in un negozio come tre coglioni? » ride e subito Zayn mette le braccia su una mia spalla e su quella di Liam, sapendo già che cosa intende il più chiaro come concetto di divertimento, visto che entrambi hanno uno skate sottobraccio.
 
E’ incredibile come il pomeriggio sia passato così velocemente, è già il tramonto, tra poco si farà notte, andremo tutti a dormire e non so nemmeno se domani potrò rivedere Liam per un’ultima volta. Sta finendo il giorno. Li guardo mentre si divertono a saltare le rampe coi loro skateboard e mi viene da sorridere, mentre penzolo le gambe nell’aria, seduta sul bordo del muretto, osservando come si possa vedere una parte della città da qui, come si possano vedere le sfumature d’arancio del sole cadere nell’azzurro del mare. E inizia a tirare un po’ d’arietta, benché l’estate sia alle porte, ma forse è meglio così.
Sento un bacio sulla guancia e mi sorprendo a credere che sia Liam, quando mi volto, ma sorrido lo stesso, prendendogli la mano, e lui si siede vicino a me, col suo skate sempre sottobraccio, mentre Jawaad è ancora ad improvvisarsi un acrobata.
« Allora » inizia, « che succede? » domanda.
Rido, beffandomi, ma non so di chi, se di me o di lui. « Tu sei finito nella merda fino al collo e chiedi a me che succede? » dico, mentre non posso fare a meno di trattenere le risa. Ma lui mi guarda dolcemente e dal suo sguardo capisco che fa sul serio, che è un vero amico. « Non lo so. » confesso.
Prende un respiro profondo e guarda nello stesso punto in cui io rivolgo il mio sguardo: al tramonto, al catturare nella mente quelle sfumature di giallo, arancio e rosso, mischiate a quell’azzurro che si fa sempre più scuro per dar spazio alla notte. Cerco di non dimenticarmi di quei colori. 
« Vorrei solo iniziare una nuova vita. » mi lascio sfuggire per la prima volta. « In un posto nuovo e molto lontano da qui, dove nessuno sa chi sono, nessuno mi può giudicare. »
« Non esistono posti così, qui. La gente ti giudicherà, sempre. » In un secondo distrugge tutti i miei sogni. « Quello che intendi tu, Mia, è il paradiso. »
Mi volto a guardarlo, innocentemente, ma con l’animo di una bambina a cui è stata negata una gita allo zoo. « E come lo trovo? » chiedo.
Lui scrolla le spalle e sospira rumorosamente. « Per trovarlo dovresti morire, ma non è ancora arrivato il tuo tempo, Mia. » ammette ed io ci rimango male. Molto. Forse troppo. 
Lui posa una mano sulla mia testa e me la fa appoggiare sulla sua spalla, mentre sento le sue labbra posarsi sulla mia fronte. 
« Credo che non potrò salutarti domani. » dico, tristemente. « Ho l‘impressione che dovrò fermarmi a pensare molto a lungo. »
« Sai, forse dovrei iniziare a pensare anch‘io. » ridacchia e mi contagia, per poi lasciarmi un altro bacio sulla fronte ed abbandonarmi.
Già mi sento sola. Volto la testa solo qualche attimo per concedermi di guardarlo un’ultima volta, mentre va via, sparisce dalla mia vita per sempre. 
7. La sigaretta quando è annoiato.
Sento il suo dito che cerca di accendere l’accendino e finalmente ci riesce; fa un tiro e poi butta fuori il fumo. Lentamente giro la testa verso di lui e fisso la sua sigaretta.
« Hai una sigaretta? » domando improvvisamente.
Lui si blocca e mi guarda sgranando gli occhi, stupito. « Come mai questa richiesta? Non fumi mai, dici che sennò ti resta la puzza del fumo addosso. » dice, un po’ confuso.
Scrollo le spalle, cercando di apparire naturale. « Fumo quando sono nervosa. » ammetto.
« Ed ora sei nervosa? » Una domanda del genere me lo dovevo aspettare.
Distolgo lo sguardo, prendendo un bel respiro e non rispondendo, ritorno a fissare il mio tramonto in silenzio, cercando una qualche genere di risposta in esso. Magari qualcosa che mi dica chi sono, cosa dovrei fare, dove dovrei andare e se per adesso sto percorrendo la strada giusta. Ma all’ultima so già qual è la risposta: no. Per il resto, niente, nessun segno divino, nessun cartello pubblicitario che mi dia una risposta, niente che possa capitare nei film, c’è semplicemente il silenzio che ci avvolge, perché neanche lui osa fiatare, lui mi aspetta e basta, come fa sempre quando capisce che c’è qualcosa che non va.
« Niall nemmeno fuma tanto, solo quand‘è obbligato. » ricaccio quest’argomento per distrarlo, ricordandomi ogni festa d’istituto in cui Louis ed Harry si divertivano con lui, scambiandolo per un burattino con cui giocare. 
Già, Niall. Per qualche ora ero riuscita a dimenticarmi di lui, ma sapevo già che non poteva durare a lungo. Chissà poi cos’avrà fatto oggi, da ieri sera che non lo vedo. Ma che m’importa a me? Che si vada a scopare felicemente quella bionda e che lasci stare i cazzi miei. Ah, parlo a vanvera, non capisco manco più cosa dico, cosa penso. Niente.
« Mia, lui ti piace? » mi domanda.
Perché? Perché mi chiede proprio una cosa del genere? Mi viene il mal di testa. No. Io non amo Niall James Horan. Però sembra che più che convincere gli altri, io debba prima convincere me stessa. Vorrei piangere, ma sembra che il tempo non preveda pioggia. Così non rispondo nemmeno a questa domanda, resto in silenzio, di nuovo.
« Sai fare il fumo a panna? » chiedo.
Lui capisce già il mio gioco, sa che non gli darò una risposta definitiva, così abbandona le speranze e prede un tiro abbastanza lungo, poi allontana la sigaretta dalle labbra, trattiene un po’ e poi apre semplicemente la bocca, mentre una coltre di fumo quasi denso si innalza e svanisce pian piano. Io rimango a fissare il fumo che si dissolve, come incantata da un gioco di magia. Forse anch’io un giorno svanirò, proprio come quel fumo.
« Io amo i ragazzi che sanno fare il fumo a panna. » mi lascio sfuggire.
« Quindi mi ami? » ritorna all’attacco ed io rimango ancora una volta in silenzio, cercando di tener testa al suo sguardo, ma non con molto successo. Fa un altro tiro e quando caccia il fumo sembra più un sospiro rassegnato. « Allora facciamo così: ti piaccio? » mi chiede.
Io annuisco, convinta. « Sì. »
« E lui ti piace? »
Che bastardo. Se mi piace? Non lo so. O almeno, non so se potrei mai pensare a Niall come il mio ragazzo, lui è sempre stato un amico, anzi forse mio fratello, più di quanto lo sia stato Louis, nonostante il bene che in fondo io voglia a quel coglione di mio cugino. Qui non stiamo parlando di ‘amore’, però, questa domanda è più semplice, è se mi piace come persona, una persona qualsiasi, potrebbe essere un amico, un famigliare, chiunque… giusto? Ma tanto è inutile girarci intorno. 
« Sì. » confesso.
Lui sorride tristemente; il suo sorriso sembra quasi una beffa. « Io non ti merito. » sento sussurrare.
Le mie labbra si dischiudono, i miei occhi lo fissano mentre lui ora è preso a guardare al di sotto del muro, dove si stende una piccola parte di case che anticipa il mare. Sento il peso di qualcosa che si frantuma a causa mia, schegge che mi colpiscono, il non voler perdere qualcuno a cui si vuole veramente bene. Vorrei prendergli la mano. Vorrei, ma non lo faccio.
« E chi te l‘ha detto? » chiedo, cercando di ricomporre un po’ della mia arroganza.
« Liam. » ha già la risposta pronta.
Alzo un sopracciglio, un po’ confusa dalla risposta immediata ed altrettanto inaspettata. « E a lui chi gliel‘ha detto? » cerco di riportarmi in carreggiata.
« Louis. » Ecco, questo forse era più prevedibile.
Roteo gli occhi, alzandoli al cielo che oramai sta diventando sempre più scuro. « E tu credi a quel coglione di mio cugino? » domando, sentendomi presa un po’ in giro.
« No » dice, « però credo a me stesso. »
« E cosa dice questo te stesso? » domando in ultimo. 
« Che ti amo. »
 
Non ho detto nulla. Ero incapace di fare qualsiasi cosa. Si è limitato a restare in silenzio e ad accompagnarmi, poi si è volatilizzato ed ora non so neanche dov’è, cosa farà, se ritornerà. Che stupida. 
Apro la porta della 302 praticamente trascinandomi, mentre noto che sul letto di Zayn vi è Niall e non lui. Ah, come se non bastasse! Ci fissiamo per qualche istante, poi mi butto sul matrimoniale.
« Dove sei stata? » Che gran faccia tosta, dovrei essere io a chiederglielo!
« Alla pista da skate, niente di che. » alzo le spalle, dicendogli solo l’ultimo posto e tralasciando tutta la giornata in biblioteca. « Tu, piuttosto. »
« Amélie. » dice solamente.
Mi sfugge una specie di grugnito. « Beh, allora bastava che anch‘io dicessi semplicemente ‘Zayn‘, non ti pare? » faccio notare, mentre il tono della mia voce si indurisce.
« Sì, il problema è che non sei stata sempre con lui visto che a pranzo non c‘eri. » Mi mordo un labbro, colta sul fatto. « Che succede? » Sempre la solita domanda. Ma ce l’ho scritta in fronte?
« Penso che Amélie ti stia solo usando. » commento, un po’ acida.
« E perché? » lo sento irrigidirsi, contrariato da ciò che ho detto.
« E‘ ovvio, Niall! Aveva perso tutti e si è accontentata di te. » solo dopo averlo detto mi accorgo che avrei fatto meglio a starmi zitta. 
« Ti sbagli, non è affatto così. » protesta. « E poi non ti devi preoccupare di me e Amélie. Tu piuttosto, Zayn di certo non fa per te. »
Questo mi fa subito alzare dal letto. « E tu che ne sai? »
« Non è il tuo tipo. » taglia corto.
Stringo i pugni, inarcando le sopracciglia. « E tu che ne sai qual è il mio tipo?» Poi cerco di rilassarmi ed inizio a contare sulle dite. « Bello, carnagione scura, occhi e capelli scuri, labbra perfette, atletico, non si mette troppo in mostra ma non è neanche un semplice, figo. Sì, è il mio tipo. »
Lui rotea gli occhi e scuote la testa. « Ti conosco da troppo tempo per cascarmi. Mia, oramai so tutto di te. »
« E cosa sei, uno stalker? » commento, sulla difensiva.
« Dannazione, Mia! » grida, alzandosi dal letto e sinceramente mi fa un po’ paura vedere Niall arrabbiato, perché non capita praticamente quasi mai. E’ uno spettacolo raro. « Si può sapere perché per una benedettissima volta non puoi essere felice per me? » il tono della sua voce è decisamente troppo alto. « Insomma, non eri stufa che Amélie rimanesse solo una fantasia del mio cervello? »
« Niall. » lo chiamo, cercando di calmarlo. 
« No, certo, perché se Mia va con chi le pare va bene, ma se lo fa Niall… » sbraita. « Beh, Amélie non è come Zayn? Ti dà forse fastidio ascoltare la mia felicità per una volta? »
« Niall, guardami. » provo ancora, con la testa bassa ed invasa dai sensi di colpa.
« Se pensi che sia divertente sapere ogni secondo della tua vita in cui tu e Zayn fate sesso, sappi che non lo è affatto! »
« Guardami. Niall, maledizione, guardami! Non sono invisibile! » urlo, non rendendomi conto che sto piangendo da un po’. « Non sarò bella come Perry ed Amélie o tutte le altre ragazze, non avrò la pelle bianca e perfetta, non sarò dell‘altezza giusta, non sarò anoressica o non avrò i capelli lunghi, lisci e biondi e gli occhi azzurri come loro, però… » e mi ci vuole una pausa, per qualche singhiozzo, per cercare di sorridere - benché malinconica - mentre ho gli occhi appannati dalle lacrime ed il viso sicuramente arrossato, « però… ehi, anch‘io posso essere bella! »
La mia è solo gelosia, un inutile sentimento che distrugge le persone che lo provano e quelle che lo circondano. Come ha fatto con me. Io, forse, volevo solo essere perfetta. Mi rifugiavo nella speranza di essere quella diversa, di essere etichettata come tale e non come quella incapace, mi difendevo mostrando la parte più stronza di me solo per proteggere me stessa dai sentimenti degli altri che avrebbero potuto ferirmi. Ed ora è come se lui mi leggesse tutto dentro, come se sapesse a cosa sto pensando ed è per questo che abbassa e scuote la testa, deluso, mentre mi lascia qui, sola. Ridevo delle sfortune di quelle barbie che venivano abbandonate, solamente per dimostrare a tutti che ero io quella realmente perfetta, quella giusta, quella che non sbaglia mai; ma ora mi rendo conto che in realtà sono io quella rimasta completamente sola.

« Ma quante sigarette fuma al giorno? » chiese una volta Amélie, scocciata e con la sua solita voce stridula, mentre Zayn si allontanava dalla mensa per andare a fumare fuori, al solito posto dietro l’edificio, dove di solito Harry ama passarci le ore in cui salta le lezioni.
« Dieci. » rispondo prontamente io, attirando l’attenzione di tutti su di me, che mi guardano con espressioni sorprese. Concludo, un po‘ imbarazzata: « Ce n‘è una per ogni momento. »
 
Mi rifugio nel letto matrimoniale, nuda, sotto le coperte, e piango sapendo che però stavolta non ci sarà la pioggia a proteggermi. Ma soprattutto so che stasera non ci sarà nessuno che dormirà con me. Sono sola.
Una cosa però la so: nessuno lo ama come me. Nessuno.








fuckin' panda's place. ♥

Questo non è un capitolo, è stato un parto!
No, sul serio, non so da quant'è che ci lavoro!
Ah, che poi è il penultimo, quindi il prossimo sarà quello finale.
Tirate un po' le somme e dovreste capire chi è.
Inaspettato, vero?
Cioè, per me sì, perché in fondo è il personaggio sui cui ho lavorato meno.
Ma è proprio per questo che non dovreste aspettarvi nulla.
A mio parere il finale sarà un vero... ehm... colpo di scena, dai, mettiamola così,
Se volete contattarmi andate nel mio profilo, ci sono tutti i link lì.
Spero di aggiornare presto, bao!
Baci e panda, Mito.
   
 
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