Avventatezza
Le
salve dei nemici
erano precise e ben calibrate, colpivano perfettamente gli obiettivi
designati scatenando scompiglio nelle trincee imperiali; l'attacco
condotto dai nativi di Exon si stava dimostrando magnifico nella sua
pianificazione ed esecuzione.
Ad esso faceva da
contraltare l'imbarazzante disorganizzazione della difesa degli
invasori, con l'artiglieria che sparava alla cieca sulle proprie
prime linee a causa dei disturbi indotti alle reti di comunicazione,
gradito omaggio per gli exoniani.
“Settore
F... ...siamo sotto att... ...9! Ripeto, settore... corazzati
avanzano da... stanno sfondando il fianco! Ripeto il fianco... la
contraerea! Ci stanno... saturazione sulla mia posizione,
coordinate...”
Le voci convulse di migliaia di soldati sotto
attacco intasavano i canali degli scouter, risuonando continuamente
nella testa di Kakaroth a mo' di eco della bolgia in cui si trovava;
era finito in per ritrovarsi in una situazione veramente scomoda,
aggravata dal fatto che non sapeva al momento come cavarsela.
I loro nemici
avevano attaccato all'improvviso, senza aver dato segno nei giorni
precedenti di essersi raggruppati in un così massiccio
raggruppamento di forze o almeno così gli era parso.
Sporse leggermente
la testa dalla trincea ma venne accolto da una precisa salva di colpi
blaster che lo indusse a ritirarla prontamente; ancora un istante e
il suo capo sarebbe stato cotto in un fumante ammasso di carne
ustionata.
Si guardò intorno,
una decina di sayan di cui almeno tre impossibilitati a combattere
gli erano vicini, una forza insignificante per quanto valorosa,
almeno in quel momento in cui non sapevano nemmeno chi o cosa avevano
davanti, dato che exoniani non potevano essere.
I loro corazzati
erano armati principalmente con proiettili solidi mentre la fanteria,
di cui percepiva le auree, non era così numerosa da
giustificare un
tale rateo di fuoco sulle loro linee, quindi una terza forza era
presente sul campo di battaglia.
Si mosse quasi a
carponi lungo la trincea, fino a quando non trovò quello che
faceva
al caso suo: un pezzo di metallo largo almeno una spanna, un oggetto
inutile che con una bella spolverata gli avrebbe permesso di
utilizzarlo come specchio improvvisato invece di sporgersi.
Si sedette nella
lordura della trincea e non trovando niente di simile ad uno straccio
strappo un lembo di divisa dal cadavere di una guardia imperiale, uno
sputo e poi via a sfregare, fino a quando il metallo non
cominciò a
prendere una parvenza di lucido e a riflettere la sua immagine; non
era un bello spettacolo così sporco e trasandato, lo sguardo
stanco
in un viso spruzzato di sudore, polvere, sangue e chissà
quale altra
schifezza gli si era appiccicata addosso in quei mesi di prima linea.
Vegeta non era messo certamente meglio di lui, ma prima di partire
per la missione che il colonnello gli aveva affidato era riuscito a
darsi una lavata e sistemarsi un poco; si chiese come stesse il
fratello, se anche la sezione di fronte in cui si trovava fosse stata
messa sotto attacco o se effettivamente ci fosse arrivato alla base
della squadra Ginew, invece che essere abbattuto da qualche arma
intercettatrice del nemico.
La cannonata che si
schiantò ad una cinquantina di metri da lui lo fece tornare
bruscamente al presente lurido e letale in cui si trovava: una
trincea lurida, pericolosamente vicina all'avanzata del nemico,
isolato dal resto dell'esercito, la classica situazione in cui i
sayan finivano per trovarsi sempre troppo spesso.
Se voleva riuscire a
raddrizzare quella giornata e portare a casa la pelle doveva prima di
tutto capire con cosa aveva a che fare, quindi sporse lentamente il
pezzo di metallo da oltre la trincea, sperando di non innescare un
qualche riflesso che avrebbe indicato chiaramente la sua posizione al
nemico; aguzzò lo sguardo per distinguere meglio i dettagli
che
vedeva sul metallo, ma il polverone che si era sollevato con l'inizio
degli scontri mascherava il corpo dell'avanzata nemica, almeno fino a
quando un fortunato colpo imperiale non centrò qualcosa in
mezzo
allo schieramento nemico.
Era stato un attimo,
le guardie imperiali avevano forse visto qualche scintilla, ma per i
sensi dei sayan gli attimi di una guardia erano un tempo assai
più
lungo, un tempo in cui racimolare più informazioni dal mondo
che li
circondava e così fece anche Kakaroth; quattro zampe sottili
e
slanciate, simili a quelle di un insetto, sostenevano un corpo tondo
pesantemente corazzato, sul quale erano ancorate due armi blaster e
un visore ad ampio spettro: la silhouette dei droidi della Resistenza
contro cui aveva combattuto almeno su una dozzina di mondi.
Si trattava di
macchine compatte ed efficaci, in grado di lanciare colpi blaster in
grado di penetrare con sorprendente facilità le battle suit
imperiali; se non ricordava male erano alte almeno un metro
più di
lui, per questo si sorprese nel notare che quelle che stavano
attaccando la sua sezione di fronte non gli arrivavano nemmeno ai
pettorali, seppur intuisse che la loro letalità non era
diminiuita
nonostante le minori dimensioni.
Pattern Demetrios,
quella era la denominazione tecnica imperiale con cui erano
conosciute quelle macchine, qualcosa di molto più
altisonante del
“cassonetti assassini” con cui erano appellati
dalla maggior
parte dell'esercito imperiale.
SI trattava di una
notizia relativamente buona, almeno adesso sapeva contro cosa si
stava battendo e quindi poteva impostare una strategia di reazione
mirata; fece segno ai sayan vicino a lui di avvicinarsi, urlare in
quella bolgia no sarebbe servito a niente.
Tracciò per terra
un cerchio con sotto un paio di linee verticali ed una linea
orizzontale all'altezza del diametro, così che i suoi
compagni non
ebbero difficoltà a venire a conoscenza di quello che aveva
scoperto; “bene” pensò Kakaroth
“ora dobbiamo farlo capire al
resto del fronte”.
Cercò di
concentrarsi per trovare una soluzione, ma in quel marasma era una
cosa assai difficile concentrarsi e poi era Vegeta quello che
preparava i piani, lui si fidava di suo fratello e si limitava a
seguire le indicazioni che riceveva al massimo delle sue
capacità;
pensò, pensò a fondo, rendendosi conto di come
fosse impossibile
comunicare via scouter a causa delle interferenze, ancora
più
impossibile era portare il messaggio a voce e di certo non c'era una
bella insegna luminosa a segnalare “attenzione,
droidi”
Un momento!
L'insegna non c'era, ma potevano crearla!
“Avvicinatevi”
disse ai sayan più vicini “mi serve il vostro
aiuto” e un volto
si fece strada sul volto stanco del soldato.
Vegeta
volava
rapido, più che poteva, senza curarsi di tutte quelle
precauzioni
che aveva preso all'andata, suo fratello era in mezzo all'avanzata
che da mesi tutti temevano e lui non era lì a guardargli le
spalle;
non che avesse poca considerazione di Kakaroth, era un buon guerriero
anche se rozzo nella forma e in forza lo eguagliava, tuttavia aveva
un pessimo presentimento da quando era partito dalla base 89K, di
quelli che gli facevano torcere le viscere.
Era in volo da
almeno un'ora e si trovava ormai a due terzi della distanza da
percorrere per essere di ritorno al campo, quindi salvo sorprese
sarebbe arrivato entro una trentina di minuti; sempre che ci fosse
ancora un campo base pensò tetro, i brandelli di notizie che
percepiva tramite lo scouter non erano per niente incoraggianti,
sembrava che l'attacco nemico avesse sfondato completamente la linea
del fronte imperiale.
Ciò che lo rendeva
realmente inquieto era però il non percepire un numero di
nemici
tali da poter compiere qualcosa del genere in così poco
tempo,
tramite uno scontro diretto in campo aperto; in realtà la
sua mente
fredda e razionale aveva già trovato la risposta mentre il
dubbio
ancora si faceva strada della mente del sayan e a Vegeta non
restò
che ringhiare un sommesso “dannati cassonetti...”
Forse fu proprio
perché perso in quei pensieri o più semplicemente
perché pur di
rientrare in fretta alla base non aveva prestato minimamente
attenzione a passare inosservato che venne colpito, in pieno e senza
preavviso, da un colpo antiaereo; le batterie d'intercettazione
exoniane che all'andata aveva accuratamente eluso lo avevano ora
inquadrato, agganciato e bersagliato con la metodica e fredda
precisione di chip e sensori che lavoravano alacremente.
L'impatto fu tanto
violento quando improvviso, ma la fortuna quella volta sorrise a
Vegeta, che invece di essere centrato da un letale colpo blaster era
stato invece abbattuto da un proiettile solido di tipo esplosivo, le
armi ad energia erano state spostate a supporto ravvicinato della
prima linea nell'assalto che si stava svolgendo un centinaio di
chilometri più a sud; cadde rapidamente verso terra il
sayan, veloce
e stordito, la suite crepata e bruciacchiata, ma tutto sommato
integra come il suo possessore.
L'aria gli lambiva
il volto man mano che a piombo si avvicinava al terreno, sempre
più
veloce, sempre più vicino, fino a quando con una vampata
d'aura
corresse la traiettoria, mutando la caduta verticale in un rovinoso
atterraggio d'emergenza oltre le linee imperiali.
L'impatto fu
tremendo e l'energia cinetica accumulata nella caduta fece
attraversare al sayan un primo edificio per poi schiantarlo in un
secondo, essendo atterrato –
“sfracellato” si corresse
mentalmente – nella città colpita da un ordigno
termico in cui si
era trovato a passare anche all'andata; il soldato respirò a
fatica,
il proiettile aveva impattato sul fianco sinistro e si accorse che
lentamente dalle crepe della corazza cominciava a colare un filo di
sangue.
Si concentrò sul da
fasi e lentamente cominciò a levarsi la battle suite cosi da
esaminare meglio la ferita che si era procurato a causa
dell'avventatezza che aveva dimostrato, poggiandola su di una trave
che aveva divelto nell'impatto; dopo essersi levato il guanto destro
cominciò a tastarsi il fianco, notando che l'under suite era
impregnata del suo caldo ed appiccicaticcio fluido vitale;
sollevò
il tessuto e notò senza sorpresa che la carne era stata come
maciullata, l'alone nero dell'ematoma contornava la ferita che
sanguinava lenta.
Premette leggermente
e una fitta di dolore lo travolse ma nonostante ciò
continuò il
controllo, spostandosi verso le ultime costole, ottenendo
così
velocemente lo stato della situazione: gli addominali obliqui del
fianco sinistro erano danneggiati e almeno due delle costole erano
incrinate, tuttavia gli organi interni non sembravano aver subito
danni gravi, anche se di tanto in tanto si trovò a sputare
una
boccata di sangue.
“Complimenti
Vegeta” si rimproverò mentalmente “ti
sei fatto fregare come una
recluta al primo giorno di addestramento, ignorando tutte le regole
di sopravvivenza e facendosi coinvolgere dalle emozioni, davvero una
condotta esemplare per qualcuno che vuole diventare generale! E solo
ora ti accorgi di non aver portato dietro il kit di primo soccorso,
meriterei la medaglia per idiota del mese!”
Trasse alcuni
profondi respiri, ricoprendo nel frattempo la mano di un piccolo
strato di sfrigolante energia biancastra, premendola poi contro la
ferita; l'acre odore della carne bruciata gli invase le narici mentre
una fitta di dolore gli invase il cervello, tuttavia non
urlò come
sarebbe stato normale, cercando di soffocare quella sensazione
tremenda con la rabbia che provava verso il suo fallimento,
limitandosi a ringhiare a denti stretti fino a quando non ebbe
finito.
Di certo era una
soluzione barbara e temporanea ma almeno avrebbe evitato di
sanguinare nello scontro che lo aspettava al campo 89K; se fosse
sopravvissuto si sarebbe recato alle camere di rigenerazione, forse.
Prese ancora un paio
di respiri e poi cominciò a levitare lentamente, questa
volta non
avrebbe fatto lo sconsiderato e si sarebbe mosso più
circospetto,
non aveva intenzione di prendersi un altro proiettile exonioano in
quel momento.
Caricò l'aura ma
d'improvviso un brivido freddo gli corse lungo la schiena e d'istinto
portò la mano allo scouter, fiondandosi nelle comunicazioni
della
prima linea imperiale; ascoltò attento e quasi incredulo la
breve
frase che risuonava nell'aggeggio che aveva all'orecchio, ancora e
ancora, per poi schizzare nuovamente nel cielo di quel maledetto
pianeta ancora più rapido di prima.
“Al
diavolo le norme” pensò rabbioso, in quel momento
non era proprio
il caso di rispettarle.