Alzatevi
dal letto, ragazzi dell’Upper East Side!
Il
sole è alto nel cielo, gli uccellini cantano e i vostri
French Toast vi
attendono fumanti nei piatti.
È
il primo giorno di scuola! Non sentite l’eccitazione salire
lungo la spina
dorsale?
Le
gemelle C. e P. sono già state avvistate da Starbucks, con
indosso le loro
uniformi. Uniformi che non staranno loro bene ancora a lungo se
continuano a
mangiare un enorme cookie ogni
giorno
a colazione.
Anche
il nostro caro B. è stato avvistato mentre accompagnava una
ragazza mai vista a
un taxi, probabilmente dopo una notte di intenso sesso.
Il
Ragazzo Solitario e sua sorella sono stati beccati mentre correvano
verso una
corriera nella loro modesta e triste Brooklin, diretti anche loro verso
le
scuole dell’Upper East Side.
Di
P. e D. ancora nessuna traccia.
Ma
si sa, i migliori si fanno sempre attendere.
Auguro
a tutti voi una piccantissima giornata.
XOXO
Gossip
Girl
Pansy
aveva una gran voglia di piangere. Si strappò di dosso il
reggiseno e lo lanciò
con un grugnito contro lo specchio.
Osservò
la sua immagine con occhio critico e lanciò
un’occhiataccia anche al reggiseno
di pizzo che giaceva abbandonato a terra.
Perché
diamine le stava largo? Era mai possibile che mentre a tutte le altre
ragazze
si ingrossava il seno a lei dovesse diminuire?
Aveva
già una terza piuttosto scarsa -diciamo una terza
immaginaria- e per qualche
strano motivo le sue tette si erano ristrette fino a riempire
decentemente solo
una seconda particolarmente imbottita.
Era
forse dimagrita? Pansy si diresse speranzosa verso il suo bagno
personale e
salì sulla bilancia, incrociando le dita.
48
chili. Era addirittura ingrassata di un paio di etti, anche se
sospettava
fortemente che l’abbuffata che aveva fatto la sera precedente
in preda alla
rabbia c’entrasse qualcosa.
Sbuffò
e
torno in camera sua, ripescando il reggiseno più piccolo e
più imbottito che
aveva e indossando l’uniforme.
Le
stava
bene, ma non aveva il minimo dubbio che a Draco sarebbe stata meglio.
Già
se
lo vedeva, arrivare a scuola seduto sulla limousine nera della sua
famiglia,
scendere lentamente con il caffè in mano e salire la
scalinata con la tracolla
che gli sbatteva sui fianchi ad ogni scalino.
La
cosa
che in assoluto detestava di più, di Draco, era la sua
incredibile perfezione:
era sembrato un fotomodello perfino la sera precedente, con quel paio
di jeans
sdruciti e i capelli arruffati sul collo.
Sarebbe
stato perfetto anche a scuola.
Afferrò
la borsa di Prada con decisione: sarebbe stata perfetta anche lei.
Più che
perfetta.
Draco
si
sollevò lentamente dalla tazza del water, afferrando della
carta e pulendosi la
bocca, tossicchiando.
Detestava
il retrogusto amaro del vomito. Ma era sopportabile.
Si
alzò
definitivamente e lavò la faccia con abbondante acqua
ghiacciata, spazzolò a
fondo i denti e pettinò i capelli, lasciando la frangia
libera sulla fronte.
Si
trascinò in camera da letto, abbottonandosi la camicia
bianca.
Nella
stanza regnava il caos. Le valigie giacevano ancora spalancate e piene
sul
tavolino in fondo al letto matrimoniale, dal beautycase traboccavano
creme
costose e bagnoschiuma al cocco, decine di vestiti erano sparse per la
stanza,
come se fosse esplosa una bomba in una delle valigie.
Draco raccattò i
pantaloni dell’uniforme da
terra e li infilò stancamente dalle gambe, la testa gli
girava un po’.
Non
aveva chiuso occhio tutta la notte. L’incontro con i suoi
vecchi amici lo aveva
messo tremendamente in agitazione.
Era
sempre stato abituato ad avere gli occhi addosso: la sua famiglia era
una delle
più ricche e importanti di Manhattan e compariva sulle
riviste ogni settimana
(dopo il divorzio dei suoi addirittura ogni giorno) ma non gli piaceva
sentirsi
giudicato dai suoi amici.
Poteva
anche andare bene che degli sconosciuti leggessero su di lui nelle
riviste da
quattro soldi o che postassero commenti acidi e invidiosi su Gossip
Girl, ma i
suoi amici no. Di loro si era sempre fidato.
Invece
lo sguardo che le amiche di Pansy gli avevano lanciato era stato... inquietante.
A
Draco
era parso quasi di sentire i loro cervelletti mettersi in moto,
recuperare un
minimo di lucidità e organizzare piani malefici ai suoi
danni.
E
il
comportamento di Blaise? Lui lo aveva guardato come se fosse stato affamato. Non gli aveva tolto gli occhi
di dosso per tutto il tempo che era rimasto a casa Parkinson e gli era
sembrato
più famelico del solito. Non che lui e Blaise fossero
chissà quanto amici, anzi
quel ragazzo lo aveva sempre un po’ preoccupato, ma si era
sentito passato ai
raggi X.
Per
non
parlare poi di Pansy. Lei lo aveva guardato semplicemente arrabbiata.
Delusa.
Non
avrebbe dovuto andarsene di colpo, mesi prima, ma non aveva avuto
scelta.
Si
era
sentito talmente osservato, la sera prima, che non aveva potuto fare a
meno di
chiedersi se ci fosse qualcosa che non andava in lui.
Quella
mattina stessa si era ficcato due dita in gola e aveva vomitato la
colazione.
Non
voleva ricadere in quel tunnel, ma la gente era stata troppo cattiva
con lui e
lui non era ancora abbastanza forte per sostenere i loro sguardi.
Certo,
l’articolo che Gossip Girl aveva postato nel suo blog quella
sera stessa non lo
aveva poi aiutato.
Era
rimasto a sorseggiare Scotch fino alle due di notte, spulciando il sito
per
leggere di tutto quello che si era perso.
Era
arrivato a leggere fino a maggio, e aveva notato come gli scoop che lo
riguardavano sembravano sempre più piccanti di quelli che
trattavano di altre
persone.
Su
una
cosa i ragazzi dell’Upper East Side avevano avuto ragione: D.
è tornato, e le
cose non saranno più come prima.
Harry
Potter si lasciò cadere stancamente sul sedile
dell’autobus.
-Grazie
al cielo!- gemette, facendo posto alla sorella vicino a lui -Non oso
pensare a
cosa avremmo dovuto fare se avessimo perso l’autobus!
-Qualcosa
tipo arrivare alla stazione di corsa, prendere il treno, scendere dal
treno,
prendere l’autobus e arrivare a scuola con tre quarti
d’ora di ritardo?- rise
Hermione, lisciandosi i capelli castani.
Si
era
alzata due ore prima del necessario, quella mattina, per lavare i
capelli,
passarsi la piastra, truccarsi e scegliere accuratamente le scarpe da
abbinare
alla gonna blu e alla camicetta candida dell’uniforme della
Constance.
Oramai
era entrata nel triennio
finale del suo
ciclo scolastico ed era ufficialmente sotto il regno di Pansy
Parkinson.
Se
si
fosse comportata bene, da brava suddita, avrebbe sicuramente ricevuto
inviti
alle feste, ai balli e forse anche da qualche ragazzo.
Suo
fratello era già all’ultimo anno del St.Jude e non
sembrava preoccuparsi troppo
delle feste, al contrario. Per lui contava solo ottenere la borsa di
studio. E
farsi notare dal ragazzo che gli piaceva.
-Harry,
lo sai che è tornato Draco, vero?
Il
ragazzo seduto affianco a lei quasi si strozzò con il
caffè che stava
sorseggiando.
-Cosa?
E
che vuoi che mi importi!- balbettò confusamente.
-Oh,
Harry!- rise la sorella -Da quando ti ha rivolto la parola alla festa
“Kings&Queens” dell’anno scorso
non l’hai mai dimenticato. Ti piace!
-Non
è
vero!
-Sì
che
lo è! Ma se non ti sbrighi a farti notare se lo
prenderà qualcun altro! Draco è
il ragazzo più ambito da tutte le ragazze e anche da molti
ragazzi. Ho letto su
Gossip Girl che alla festa a casa di Pansy perfino il suo amico Blaise
Zabini
non gli scollava gli occhi di dosso!
Harry
strinse i denti, fingendo indifferenza.
Purtroppo
era vero: aveva una tremenda cotta per Draco da quando lo aveva visto a
quella
festa, secoli fa. Era stato l’unico ad essere stato
così carino da rivolgergli
la parola, nonostante non lo conoscesse nemmeno.
E
poi
era misteriosamente sparito nel nulla. Pochi giorni dopo aveva iniziato
a
girare la voce che fosse partito per il college.
Poi
era
tornato. L’aveva visto, alla stazione, più magro e
bello che mai. L’aveva
seguito fino a casa Parkinson e l’aveva visto salire, per poi
scendere
precipitosamente e con l’aria arrabbiata solo dieci minuti
dopo.
Aveva
passato la serata nel suo loft, a leggere informazioni sul suo ritorno.
La
pagina web di Gossip Girl era completamente intasata di commenti: tutti
bramavano il ritorno di Draco!
Harry
non vedeva l’ora di arrivare a scuola per scoprire se aveva
qualche corso in
comune con Draco. Lo
sperava con tutto
il cuore, sebbene non lo avrebbe mai ammesso con nessuno.
Sua
sorella lo aveva capito da un pezzo che era gay. Molto gay.
Però lui non se la
sentiva ancora di fare outing. Suo padre -il suo padrino, sarebbe
meglio dire-
era già rimasto abbastanza sconvolto quando Neil Patrick
Harris aveva
comunicato al mondo di essere gay, e aveva smesso di guardare
“How I Met Your
Mother” in preda a una crisi di identità.
Non
osava pensare cosa avrebbe potuto dire
dell’omosessualità del suo figlioccio.
L’autobus
si fermò lentamente alla seconda fermata
dell’Upper East Side (ne mancavano
ancora tre prima della loro) e una testa bionda fece capolino dal basso.
Era
Draco. Harry trattenne il fiato e nascose la testa tra le spalle in
completo
imbarazzo, fissando di sbieco il ragazzo.
Draco
era nervosissimo. Si sentiva uno schifo.
La
testa
gli faceva un male cane per colpa di tutto lo Scotch che si era bevuto,
non era
riuscito a farsi un nodo alla cravatta decente e aveva improvvisamente
capito
di essersi messo i pantaloni sbagliati: quelli dell’uniforme
dovevano essere
beige o panna, e non blu come li aveva messi lui.
Si
sedette sconsolato in un sedile vuoto, accanto al finestrino, e mise le
cuffiette dell’i-phone nelle orecchie.
Mentre
cercava le canzoni dei 30 Seconds To Mars nelle sue playlist si
sentì
improvvisamente osservato.
Alzò
gli
occhi di scatto e incontrò quelli marroni di una ragazza
della Constance:
indossava la tipica gonnellina blu e la camicetta bianca. Era seduta
affianco a
un ragazzo dai folti capelli neri che aveva la testa tuffata in un
libro.
Sorrise
alla ragazza che ricambiò.
Girò
di
nuovo la testa e fece partire la canzone “Stranger in a
Strange Land”,
lasciandosi cullare dal ritmo cadenzato della batteria.
Era
arrabbiato a morte con sua madre: non solo non l’aveva ancora
vista dopo la
festa da Pansy ma non gli aveva nemmeno lasciato l’autista
che lo portasse a
scuola! Gli era toccato prendere l’autobus come uno di quei
poveracci di
Brooklin.
Draco
lanciò di nuovo uno sguardo ai due ragazzi seduti accanto a
lui. Loro erano certamente di
Brooklin. La ragazza
indossava delle ballerine blu delle quali non era possibile
identificare la
marca. Tutte le ragazze della Constance mettevano scarpe con gli stemmi
o le
firme bene in mostra.
Ricordò
con un sorriso le decolleté che aveva calzato Pansy alla
festa “Rosso Passione”
del loro primo anno al triennio: la scritta “Marc
Jacobs” era così grossa e
pesante che si era staccata appena qualcuno le aveva urtato il piede.
Il
ragazzo accanto alla piccoletta indossava delle converse grigie. Erano
nuove e
molto carine, doveva ammetterlo, ma niente a che vedere con le sue Lacoste a righine bianche e blu. Un
po’ da gay, forse, ma costose.
Draco
amava le cose costose. E detestava gli autobus.
Era
un
ragazzo abbastanza alla mano per essere dell’Upper East Side
ma, appunto, era
dell’Upper East Side.
Il
mezzo
rallentò nuovamente fino ad accostare al marciapiede. Draco
tolse le cuffiette
dalle orecchie quando vide chi stava salendo.
-Ron!
Blaise! Da questa parte!- esclamò, sollevando un braccio in
segno di saluto.
-Che
ci
fai su un autobus?- ridacchiò il rosso, lasciandosi cadere
accanto a lui -A
proposito, bentornato amico!
-Grazie!
Potrei farvi la stessa domanda comunque!- rise in risposta.
Harry
Potter, due posti più in là, si era appena
sentito abbastanza sicuro da alzare
lo sguardo sul biondo e si era immediatamente nascosto di nuovo dietro
il suo
libro alla vista del suo sorriso. Meraviglioso. Quel ragazzo era
meraviglioso.
-Si
da
il caso che questo idiota- rispose Blaise indicando Ron -Si sia
dimenticato di
avvisare l’autista di passare a prenderlo a casa mia. Ci
siamo dovuti adattare
visto che il mio è fuori con mia madre.
-Idem-
rispose Draco sorridente. Aveva già dimenticato gli sguardi
lascivi di Blaise,
la sera precedente.
-Oh,
eccoci arrivati- disse Ron dopo un po’, alzandosi in piedi e
lasciando uscire
Draco dal sedile interno.
-E
tu
chi diavolo sei?- abbaiò Blaise, quando sbatté la
spalla contro quella del
ragazzo dai capelli corvini.
Quello
alzò gli occhi, rivelandoli di un verde accecante che subito
abbagliò Draco.
-Sono
Harry- rispose gentilmente quello, sollevando la mano in direzione di
quella di
Blaise.
-Harry
chi?- domandò ancora
lui, guardandolo
con disprezzo crescente.
-Potter.
Harry Potter. Frequento la tua stessa scuola- rispose frettolosamente
il
ragazzo -Abbiamo la stessa cravatta, non vedi?
-Spiritoso-
sibilò Ron, seguendo Draco fuori dall’autobus.
Blaise
lanciò un ultimo sguardo a Harry, si soffermò
qualche secondo in più sull’esile
figura di Hermione e uscì con gli altri.
Harry
scese dal bus con uno sguardo lugubre e la sensazione di essere una
nullità.
Il
sole
splendeva tremendamente alto nel cielo di mezzogiorno e
l’intero Upper East
Side stava soffrendo il caldo.
Era
particolarmente brutto per i 230 ragazzi del St.Jude e per le 215
studentesse
della Constance: nei loro refettori c’era un’aria
irrespirabile di cibo
scadente e sudore e i poveretti erano stati costretti a uscire
all’aperto dove,
se possibile, faceva ancora più caldo.
Pansy
Parkinson e le sue amiche erano appena uscite dal portone della
Constance e si
dirigevano a passo spedito verso l’unico punto in ombra del
giardino: gli
scalini d’ingresso più in alto, quelli vicini al
vecchio platano.
Camminavano
in bilico sui piccoli tacchi da scuola (massimo sette centimetri!) e le
loro
borse firmate piene dei loro costosi pranzi pronti sbattevano
delicatamente sui
loro fianchi.
-Levatevi-
disse scocciata Pansy alle sei ragazzine che si erano sedute
all’ombra.
Ragazzine che non dovevano avere più di quindici anni e che
ancora non sapevano
chi comandava.
Non
ci
misero molto a capire: scattarono sull’attenti come
soldatini, raccolsero le
loro cose e sparirono.
-Che
fastidio queste matricole!- gemette Calì Patil appoggiando
il suo bauletto
Versace sullo scalino con una certa cura -Bisogna sempre insegnargli
tutto!
La
gemella annuì, aprendo la borsa Alviero Martini alla ricerca
del suo pranzo.
Lavanda
sospirò, cercando di nascondere la sua gigantesca shopper
Emporio Armani dietro
la sua schiena. Perché sbagliava sempre a vestirsi? Tutte
avevano dei bauletti
e lei una shopper! Doveva
assolutamente procurarsi una nuova borsa. Un bauletto o due abbastanza
grandi
da contenere alcuni libri scolastici. Avrebbe provveduto quel
pomeriggio
stesso.
-Impareranno,
vedrai- annunciò Daphne sedendosi accanto a Pansy, sullo
scalino più alto.
Pansy non le disse niente e i suoi occhi si illuminarono. Era abituata
ad
essere sempre cacciata dallo scalino più alto.
-Ragazze?-
le chiamò una voce femminile e dolce.
Pansy
alzò la testa, riconobbe la ragazza e si sforzò
di sorridere e avere un tono di
voce squillante.
-Hermione!
Che bello vederti! Come vanno gli inviti?
-Sono
finiti- annunciò la ragazza con orgoglio, porgendole una
scatola dorata nella
quale riposavano un centinaio di buste.
Pansy
prese la prima, quella dove il suo nome era scritto con la bellissima
grafia
della piccola H, e la aprì con delicatezza.
Cara
Pansy Parkinson,
sei
stata invitata
alla festa “Baciami sulle labbra” che si
svolgerà Sabato 10 Settembre al numero
12 di Evergreen Street.
Festeggiamo
insieme
l’inizio del nuovo anno scolastico!
È
gradito abito da
sera.
Il
comitato di
Organizzazione Scolastico
-Oh,
Hermione sono deliziosi!- squittì Pansy, sinceramente
colpita dalla bravura
della ragazzina -Hai una scrittura davvero meravigliosa!
-Grazie-
arrossì lei.
-Eccoti
il tuo invito, come promesso!- Pansy le porte una delle buste argentate
rimaste
in fondo alla scatola, quelle senza destinatario che andavano sempre
fatte in
caso comparisse la necessità di invitare qualcuno
all’ultimo minuto.
Hermione
stava per ringraziare quando qualcuno di molto bello arrivò
a disturbare la
quiete della regina.
-Ciao
Pansy!- salutò Draco salendo gli scalini con uno yogurt
magro in mano -Ciao
ragazze!
Pansy
notò con fastidio che indossava dei pantaloni blu. Sempre il
solito
rivoluzionario pronto a farsi notare da tutti. Cos’era? Non
si sentiva
abbastanza osservato con l’uniforme tradizionale?
-Ciao-
risposero tutte freddamente.
-Oh,
ciao! Io sono Draco- sorrise all’indirizzo della nuova
ragazza.
-Hermione-
rispose lei sorridendo. Draco era il suo idolo.
-Che
fate?- domandò Draco adocchiando gli inviti con
curiosità -Quando c’è la festa?
Tutte
le
ragazze si girarono a guardare Pansy, aspettando con ansia una sua
risposta.
Lei le fulminò con gli occhi, poi si sforzò di
sorridere e rivolse uno sguardo
languido a Draco:
-Sabato.
E... tu non sei invitato.
-Oh-
disse semplicemente Draco, prendendo in mano il cucchiaino e dando la
caccia a
un pezzo di frutta per non far vedere il disagio.
-Sai,
non sapevamo saresti tornato, tu non ce l’avevi detto, e
abbiamo finito gli
inviti.
Daphne
nascose un sorriso acido dietro il suo cappuccino e le gemelle Patil si
guardarono furbette.
-Veramente
ci sono...- iniziò ingenuamente Hermione.
-Non
stavi andando via?- la liquidò Pansy.
-Certo...
io... beh, ciao!
-Ciao,
è
stato un piacere conoscerti!- la salutò Draco mentre
Hermione raccoglieva le
sue cose e scappava via intimidita.
-Dobbiamo
andare anche noi- esordì Pansy alzandosi in piedi e
mettendosi la Prada
sottobraccio -Ho una riunione con il Comitato Diplomandi, dobbiamo
decidere da
adesso chi terrà il discorso di fine anno.
-Oh-
disse si nuovo Draco.
-A
meno
che tu non voglia che ti aspettiamo, non hai ancora finito il tuo
yogurt-
continuò Pansy, continuando però a scendere gli
scalini.
-Pansy!-
la chiamò Draco. Lei si girò e gli
puntò gli occhi scuri addosso.
Era
davvero carina. La gonna dell’uniforme perfettamente stirata
conteneva la
camicetta bianca immacolata. Ai piedi calzava delle semplicissime zeppe
Emporio
Armani non troppo alte, le unghie delle dita dipinte di blu. I capelli
neri
erano intrappolati in un caschetto corto e la fronte nascosta dalla
frangetta
folta.
-Pansy,
qual è il problema?- domandò scendendo anche lui
di un paio di scalini.
Anche
lei lo guardò. Draco non era semplicemente carino. Era
dannatamente bello.
I
suoi
capelli erano di un biondo talmente chiaro da sembrare quasi bianco,
dai
riflessi dorati. Gli occhi grigi come un cielo in tempesta facevano
capolino
dalla frangia spettinata e le labbra erano sottili ma appetitose. Era
magro
come un modello, forse un tantino troppo basso, e la sua vita era
stretta come
quella di una donna.
-Draco,
te ne sei andato senza dirmi niente! Sei scomparso per mesi! Qual
è il problema
secondo te?- rispose lei acida, con un tono di voce forse troppo forte.
Il
cuore
di Draco si strinse. Si era sentito davvero in colpa, ma non aveva
potuto fare
a meno di sparire... se Pansy avesse saputo...
-Ne
parliamo stasera ok? Alle otto al Palace.
-Devo
uscire con Ron. Lui non se n’è andato
all’improvviso, ha la precedenza.
-Ron
aspetterà. Noi due siamo più importanti, Pan.
Anche
il
cuore di Pansy si strinse forte. Erano secoli che non si sentiva
chiamare “Pan”
e le era mancato terribilmente.
-Va
bene
allora. Alle otto.
Draco
annuì e la seguì con gli occhi mentre se ne
andava.
Gettò
via il suo yogurt ancora mezzo pieno e si diresse a grandi passi verso
il St.Jude.
L’ora
di pranzo è sempre una guerra fredda nell’Upper
East Side!
P.
e D. hanno avuto un acceso scontro proprio sui gradini davanti alle due
scuole
più esclusive di Manhattan!
Gira
voce che questa sera si incontreranno al Palace per parlare.
Riusciranno
a fare pace o accenderanno la miccia di un cannone?
Scoppierà
la guerra o arriverà la pace?
Onestamente?
Io spero per la guerra!
XOXO
Gossip
Girl