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Autore: Filakes    05/07/2012    2 recensioni
Mariko ha tredici anni, figlia di samurai nell'epoca Tokugawa, quando un conflitto fra due importanti daimyo fa scoppiare una guerra, sanguinosa, da cui il padre non tornerà.
Mariko, delusa dal suo daimyo, abbandonerà il feudo per diventare ronin, un samurai senza terra, in cerca di vendetta.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Giappone feudale
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Capitolo IV:
“Attacco”

  Su richiesta di Mariko, Haku si allenava con lei la mattina, senza ascoltare le critiche di Kiri, per l’anziana governante una serva non poteva minimamente toccare le antiche armi della famiglia.
Erano passati due mesi dalla partenza del padre e del fratello e nessuna notizia le aveva raggiunte. Sudara, il futuro marito di Mariko, era partito per la guerra, ma era tornato alcuni giorni prima, ferito gravemente dopo un’imboscata dei nemici.
-         Haku, mi passeresti quel pezzo di stoffa?
-         Certo.
Mariko ringraziò e pulì la lama della katana facendo attenzione a non tagliarsi.
-         Mariko-san, posso andare a messa questa mattina?
-         Ancora con questa storia del cristianesimo? Vai pure, ho convinto mia madre a lasciar correre.
-         Grazie mille, pregherò anche per la tua anima, Mariko-san!
Mariko sorrise ad Haku che andò a cambiarsi di corsa.

  Erano molti anni ormai che i portoghesi puzzolenti commerciavano con il Giappone le sete cinesi e con il commercio avevano portato anche la loro religione.
Benché la maggior parte dei samurai e dei nobili fosse ancora buddhista, gran parte del popolo era diventato cristiano.
-         Fai attenzione, mi raccomando Haku.
-         Te lo prometto.
Haku si inchinò e uscì di corsa dal giardino. Con calma Mariko completò i suoi rituali di ringraziamento alla katana e contemplò l’alba.
Osservò una piccola nuvola sorvolare il cielo.
“Chissà se papà sta vedendo quest’alba” pensò, poi sospirò.
Sua madre stava ancora dormendo, erano giorni che lavorava senza sosta, nascondendo la sua preoccupazione dietro una maschera impassibile.
Socchiuse gli occhi, la brezza leggera le sfiorò la pelle chiara, poi tutto accadde in un attimo.

 Un pugnale si conficcò nella carta di riso dietro di lei, era riuscita a schivarlo all’ultimo momento.
Con un solo movimento sguainò la spada e tagliò la mano del suo aggressore, poi gli tirò un calcio nel ventre e con un altro colpo gli mozzò la testa, che rotolò silenziosamente nell’erba.
Lo sguardo serio di Mariko era vigile, la spada insanguinata era in guardia. Un piccolo rumore e Mariko capì che il nemico era alla sua destra, un ninja vestito di nero si trovava sulla tettoia bassa della latrina.
Velocemente Mariko estrasse il tanto, ovvero il pugnale, dall’obi e lo lanciò contro l’uomo, che fu costretto a scendere e lei gli corse incontro, lui sguainò la katana e le due spade cozzarono con un rumore metallico.
L’uomo le tirò una ginocchiata, ma lei strinse i denti senza scomporsi, ignorando il dolore, e lo sopraffò, lo disarmò e lo fece cadere a terra, gli puntò la katana alla gola.
-         Chi vi ha mandato?
L’uomo non rispose.
-         Parla o ti uccido.
-         Allora uccidimi, perché non te lo dirò.
La katana calò con un sibilo sul ninja ma fu fermata dal tanto della madre.
-         Ferma Mariko. Lo porteremo da chi lo farà parlare.


 
  -         Che brutto livido, Mariko-san!
-         Non è nulla, meno male che eri appena uscita Haku, non mi sarei mai perdonata se ti avessero fatto qualcosa.
Commentò Mariko.
-         Non erano molto forti, probabilmente servivano per avvisarci, per farci capire quanto siamo vulnerabili.
Continuò Mariko pensierosa.
-         Promettimi che farai attenzione.
-         Va bene Haku.
Promise Mariko.

  Finite le medicazioni, la ragazza raggiunse la stanza della madre e aprì la porta.
-         Cosa facciamo?
-         L’ho portato dai samurai rimasti a proteggere la zona. Ora dobbiamo aspettare e stare all’erta. Hai pulito la katana?
-         Sì, l’ho pulita dal sangue.
-         Come ti senti?
-         Non lo so, so solo che ho svolto il mio compito.
Yuriko si alzò e abbracciò la figlia, in tutta la sua vita Yuriko non era mai stata costretta ad uccidere, ora invece, la figlia si era già macchiata di sangue.
Mariko non capì il motivo di quell’abbraccio, ma ne fu contenta e ricambiò.
 


  -         Avete scoperto qualcosa?
Chiese Yuriko al samurai.
-         Si è suicidato in cella prima che potessimo fare qualsiasi cosa.
-         Capisco.
Era strano che glielo avessero lasciato fare, un dubbio si insinuò nella mente della donna, ma subito lo scacciò.
-         Vi ringrazio lo stesso.
Yuriko si inchinò e accompagnò alla porta il samurai.
-         Fate attenzione e fate i complimenti a Mariko per la sua bravura.
-         Sarà fatto. Arrivederci.
Yuriko osservò la figlia che rideva e chiacchierava con Haku spensierata, ma colse un velo di tristezza negli occhi della piccola samurai e sospirò rientrando in casa.

   
 
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