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Autore: Linden    05/07/2012    0 recensioni
"Appena il sole fu alto nel cielo e la nebbia fu svanita, mi voltai cercando quell'uomo. Era sparito nelle acque o tornato sui suoi passi.
Mi riavviai verso casa, passando davanti al fioraio.
Comprai un crisantemo bianco."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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River Bank Nota:Per scrivere mi ispiro spesso a delle canzoni, quindi consiglio di leggere ascoltando il brano a cui mi sono ispirata.
        By This River- Brian Eno
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River Bank

Il grigiore del cielo sfumato da nuvole leggere e nebbia che si alza dal fiume, un'invisibile distinzione tra acqua e cielo. Una lieve increspatura disturba la distesa d'argento liquido;
qualche animale fa  muovere la superficie immobile.
E' ancora freddo, ma stiamo già uscendo dal grande gelo di dicembre.
In mezzo a tutto questo pallore si stagliano fronde sfrastagliate di alberi secolari, le grosse radici giungono fino alle sponde. Sono nere, ruvide, ricoperte da crepe e pezzi di corteccia pronti a staccarsi. Affondano nella neve soffice e immacolata.
Ho lasciato impronte pesanti e scure, solo quelle delineano le sinuisità del terreno. Tutto intorno è di un bianco lattiginoso, l'aria sembra liquida come l'acqua.
Mi spaventa l'idea di respirarla, mi sentirei annegare. Indosso dei grossi scarponi scuri, un cappotto pesante e una sciarpa di lana. Ho dimenticato i guanti e tengo le mani affondate nelle tasche. Davanti ai miei occhi compare ad intervalli regolari qualche sbuffo di vapore che si condensa in minuscole nuvole. Si sciolgono nell'aria come l'inchiostro in un bicchiere d'acqua.
Eccoci qui, immobili davanti a questo specchio. Nella nebbia riconosco una leggera macchia verticale. Forse un'albero, forse una persona. Mi avvicino lentamente alle sponde. Qua e là permane traccia dell'inverno rigido, sottili lame di ghiaccio perfettamente trasparente. Mi sento pesante. Ho le tasche piene di sassi di fiume raccolti e ripuliti dal fango.
Progetto questa visita qui da quando ho capito che il tempo della mia esistenza sta finendo. Qualcosa dentro mi sta consumando e non lo posso fermare. Vorrei decidere io quando fermarmi, quando finire questo percorso.
Un vento dolce sembra spingermi verso l'acqua. Come una madre che invita il figlio a muovere i primi passi.
Sento freddo ai piedi. Sono già arrivato alla distesa d'argento? Abbasso lo sguardo e vedo piccoli cerchi concentrici che si espendono sulla superficie. Tutto sembra scorrere molto più lentamente. Compaiono altri cerchi.
Alzo gli occhi. Scarpette rosse. Dei piccoli piedi calzati di rosso  immobili vicino ai miei. Con la coda dell'occhio noto che dalle caviglie fini e delicate si sviluppano due zampette sottili da zanzara. Una gonna gonfia e scura, un cappottino scuro. La sciarpa è rossa, i capelli corvini. Le labbra sono violacee per il freddo, ma sembrano morbide e piene.
Le mani sono scheletriche e minuscole. Bianche, morte. Osserva l'acqua come me.
"Le conviene approfittare della nebbia, nessuno la vedrà. Tra qualche tempo passerà il custode, a controllare i pescatori sulle sponde laggiù. Le farò da palo."
Si girò senza mostrare il volto. Si mise dietro di me e quelle piccole mani si arrampicarono sulle mie spalle.
"Prenda tutto il tempo che le serve, controllerò io che nessuno venga a disturbarla." Il tono dolce, calmo e sussurrato.
Ancora un lieve colpo di vento. Le mani scivolarono giù, seguendo la cucitura centrale sulla schiena. Appena percepibili, i passi si fecero sempre più distanti. Mi voltai e quella piccola figura nella nebbia tornò nel punto dove l'avevo scorta precedentemente.
Avanzai con lentezza, senza pensare a nulla. Il freddo saliva e sentivo i piedi intorpiditi. Aghi lunghissimi e sottili si insinuavano nei miei scarponi trafiggendomi. Piano piano anche le gambe cedevano. Mi voltai di nuovo. Era ancora lì, vigile.
I  raggi del sole mattutino consumavano la nebbia. L'orologio segnava le sette del mattino.
Il vento portava con sè una voce, una melodia quasi impercettibile. L'ombra stava cantando per me, intravedevo il cappellino rosso. Un lento scorrere di parole mi accampagnò fino a quando l'acqua ghiaccata mi lambiva la vita, percepivo già la pesantezza degli abiti e dei sassi, desiderosi di tornare al letto per fiume. Non c'era nemmeno corrente, sarei morto per il freddo.
Eccoci, bloccati su questo fiume. Pensado al perchè siamo qui.
Tutto fu subito ghiaccio. Gli aghi giunsero finalmente ai polmoni, immobili come l'acqua non riuscivano più ad espandersi e accogliere aria.
Mi sentì compresso.
Un silenzio nero mi tracinò sul fondo.


Appena il sole fu alto nel cielo e la nebbia fu svanita, mi voltai cercando quell'uomo. Era sparito nelle acque o tornato sui suoi passi.
Mi riavviai verso casa, passando davanti al fioraio.
Comprai un crisantemo bianco.










  
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