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Autore: shesfede    05/07/2012    12 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter six.
 

1864
Mi trovavo nella stanza del pianoforte con la scusa di voler assistere alla lezione di canto di Elle. Seguivo Harry in ogni suo movimento. Le sue mani si muovevano leggiadre sul pianoforte e sembra che le sue dita neanche sfiorassero i tasti per quanto era delicato il suo tocco. Mia sorella cantava su quella melodia ed era piuttosto brava. Harry di tanto in tanto la correggeva, dandole piccoli suggerimenti o chiarimenti riguardo qualche esercizio. Nonostante avesse solo qualche anno in più rispetto a me dimostrava tanta esperienza e capacità. Era davvero il migliore insegnante che Elle avesse mai avuto.
Una delle cameriere mi venne a cercare, interrompendo così la musica e la lezione stessa. «Chiedo scusa, signorina Juliet il duca desidera vederla nel suo studio» annunciò con voce tremante, come se io le mettessi paura.
«Può riferire a mio padre che a breve sarò da lui?» le chiesi, anche se quella che appariva una domanda in realtà era un ordine.
«Perdoni l’insistenza, ma il duca desidera parlare subito» mi contestò, sorprendendomi. D’altronde in quel palazzo colui che comandava era mio padre, quindi anche un mio ordine veniva meno se lui ne aveva dato uno diverso.
«Va bene, adesso può andare» la congedai, innervosita. Aspettai che uscisse dalla stanza, per parlare con Harry. «Spero che non vi dispiaccia, ma sono costretta ad andare» usai quel finto tono di informalità giusto per non far insospettire mia sorella.
«Vada pure, sua sorella capirà se non potrà assistere alla parte finale della lezione di oggi» finse anche meglio di me. Guardai lui annuendo, per poi salutare a dopo Elle, augurando ad entrambi un buon proseguimento.
Uscii a malincuore da quella stanza per raggiungere lo studio di mio padre, che si trovava nell’ala opposta del palazzo. Camminai abbastanza, ma alla fine arrivai in breve tempo alla sua porta. Feci per bussare, ma le voci sue e di mia madre mi fecero arrestare. Stavano avendo quella che mi piacque chiamare un’accesa conversazione, della quale però non riuscii a decifrare subito il motivo. Così mi accostai alla porta già semi aperta e prestai molta attenzione a ciò che si dicevano.
«William comprendila, è solo una ragazza. Mi sembra normale che si possa essere presa un’infatuazione per quel ragazzo.» La voce di mia madre era abbastanza bassa e appariva premurosa. Stavano parlando di me, ormai mi era chiaro. Mi avvicinai ancora di più alla porta, per cercare di capire meglio cosa stessero dicendo di preciso sulla sottoscritta.
«Carol, nostra figlia è destinata a ereditare questo trono. Che lei lo voglia o no la nostra famiglia non può cadere nello scandalo.» Il tono di mio padre era più profondo e… sconfortato. Lo vidi sedersi sulla sua poltrona, come se si stesse rassegnando di fronte a qualcosa… di fronte alla sua stessa figlia. La rabbia mi accecò, così senza riflettere spinsi la porta e entrai, interrompendo il loro bel discorso.
«Padre, volevate vedermi?» domandai, seppur avevo già intuito perché mi avesse fatto chiamare.
«Vi lascio da soli» disse mia madre non appena fui entrata, affrettandosi ad uscire e a lasciarmi faccia a faccia con mio padre da sola.
«Allora padre? A cosa è dovuta tutta questa urgenza?» lo provocai, sapendo che avrebbe utilizzato interminabili giri di parole prima di arrivare al nodo vero e proprio della questione.
«Juliet, siediti» indicò la poltrona davanti a lui.
«Preferisco restare in piedi» rifiutai, incrociando le braccia al petto. Lui non lo gradì, lo intuivo dall’espressione che aveva assunto in viso.
«Ho saputo che ultimamente stai assistendo a parecchie delle lezioni di tua sorella» iniziò così quella che sarebbe stata una lunga e accesa discussione.
«Al signor Styles non dà fastidio la mia presenza se è di questo che ti preoccupi» dissi, anche se sapevo che non era quello il suo obiettivo.
«Sicuramente è così» mi diede infatti ragione. «Solo non credi di trascorrere troppo tempo in sua compagnia?»
Sorrisi amaramente quando ebbe pronunciato quella frase. Eravamo arrivati al momento fatidico. «Non so padre, secondo voi è così?»
Lui mi guardò con occhi spenti e stanchi, scuotendo la testa sconsolato. «Sebbene ti abbia insegnato che le differenze tra classi sociali siano state ormai superate devi comunque prestare attenzione ai tuoi comportamenti» disse con tono fermo e deciso, come se stesse dando un ordine a uno qualsiasi della servitù.
«Per caso mi state vietando di vedere Harry?» risposi arrabbiata, alzando leggermente il tono della voce e senza più prestare attenzione a ciò che stavo dicendo.
«Harry? Chi è Harry? Juliet ti proibisco di frequentare ancora quel ragazzo, sono stato chiaro?» mi urlò contro infuriato. Si alzò dalla sua poltrona di velluto rosso e mi osservò dall’alto con prepotenza e delusione allo stesso tempo.
«Vi credevo diverso padre, pensavo che avreste capito» dissi debolmente, allontanandomi a piccoli passi da lui. «Ma a quanto pare mi sbagliavo» aggiunsi, prima di lasciare in lacrime quella stanza.
Quando uscii fuori, scontrai contro mia madre. «Tesoro, cosa è successo?» mi domandò preoccupata.
«Come se non lo sapessi» le diedi contro, anche se infondo sapevo che non era lei il vero problema.
«Tesoro mi dispiace così tanto, vedrai che presto la situazione si risolverà» tentò di tranquillizzarmi, abbracciandomi e stringendomi a lei. Ma tutto era inutile.
«Lasciami andare» la pregai, ma lei invece strinse ancora di più la presa.
«Vuoi andare da lui?» mi domandò, accarezzandomi i capelli dolcemente. Annuii debolmente, anche se forse avrei dovuto negare, visto che anche lei era d’accordo con mio padre seppur non totalmente.
«E allora vai» disse, allontanandosi da me. La guardai sbalordita, mentre mi asciugava le lacrime rigate dal pianto. «Vai da lui, prima che cambi idea. Veloce!» mi ripeté.
«Grazie mamma» le dissi soltanto, per poi correre in direzione delle sue stanze. La servitù mi guardava incuriosita. Sicuramente d’ora in avanti non si sarebbe parlato d’altro fuorché di quella mia sorta di fuga.
La lezione di canto ormai sarebbe dovuta essere finita, quindi ero certa di trovarlo in camera sua. Bussai con insistenza, fino a quando non mi venne ad aprire.
«Cosa è successo?» mi domandò, spaventato. Spalancò la porta e io mi fiondai tra le sua braccia.
«Non è successo niente» iniziò a ripetermi, cullandomi tra le sue forti e confortanti braccia. Mi spostò leggermente, quanto bastasse per chiudere la porta alle mie spalle e impedire alla gente al di fuori di guardarci. Mi fece alzare leggermente il viso, incontrando così i miei occhi.
«Mio padre sa di noi, mi ha proibito di vederti» singhiozzai tra le lacrime, aggrappandomi al colletto della sua camicia ormai consumata.
«Andrà tutto bene, ci sono io ora Julie» mi disse, stringendomi ancora di più a sé. Nascosi il viso dietro la sua spalla, lasciandomi cullare da quei movimenti lenti e delicati.
«Non voglio rinunciare a te Harry, non voglio» dissi con voce smorzata, ancora tremante per l’agitazione e la paura di perderlo.
«Non dovrai farlo ok? Niente e nessuno riuscirà mai a dividerci» mi disse, afferrando il mio viso tra le mani e obbligandomi ancora una volta a incrociare i suoi occhi verdi, che in quel momento trasmettevano soltanto preoccupazione.
«Promettimi che saremo più forti di qualsiasi cosa, promettimelo Harry» lo supplicai, poggiando la mia fronte contro la sua.
«Te lo prometto Julie, saremo indistruttibili» disse convinto, per poi baciarmi delicatamente sulle labbra.
Lo baciai ancora, e ancora, e ancora. Lo baciai fino a quando non mi sentii totalmente al sicuro. Lo baciai perché avevo bisogno di sapere che era ancora lì con me, lo baciai perché avevo bisogno della certezza che non mi avrebbe lasciato. Lo baciai perché lo amavo alla follia.
 
2012
Avevo evitato Liam per le ore seguenti, riuscendoci anche alla grande. Ero più veloce e avevo un udito molto più sviluppato di lui perciò ogni volta che lo sentivo vicino cambiavo direzione, prendendo quella completamente opposta alla sua. Avevo spento il cellulare per non leggere i suoi messaggi, così nel caso in cui mi avesse chiamato avrei potuto usare la solita e banale scusa della batteria scarica. Dovetti saltare la lezione, l’unica materia che quel giorno avevo non solo in comune con Liam, ma persino con Harry. Evitare lui si rivelò molto più difficile e complicato di quanto potessi mai immaginare. Ogni passo che facevo lo sentivo dietro di me, era come stare perennemente col suo fiato sul collo. Mi sentivo sempre sul punto di essere raggiunta da lui, ma chissà come ogni volta, per un soffio, riuscivo a scampare da lui. Forse lo stava facendo di proposito a lasciarmi andare, forse voleva vedere quali fossero realmente le mie intenzioni. O forse negli anni ero diventata davvero brava a sfuggirgli di mano. Decisamente la prima opzione.
Nel pomeriggio sapevo che la situazione sarebbe diventata insostenibile, anche perché ci sarebbe stata l’ora buca di pranzo e allora non avrei più avuto scuse per evitare l’uno o l’altro. Perciò mi finsi malata, decidendo di saltare le lezioni pomeridiane. Quando ancora mancava qualche minuto al suono dell’ultima campanella per quella mattina, andai al mio armadietto per raccogliere le mie cose in fretta.
«Ehi bella mora, dove credi di andare?!» Alzai lo sguardo al cielo sbuffando. Ero troppo occupata a preoccuparmi di Liam e Harry che avevo completamente scordato tutti gli altri.
«Ti prego, non ti ci mettere anche tu Niall.» Richiusi la cerniera della tracolla e sbattei l’anta dell’armadietto per bloccarlo. Mi voltai così verso il biondo che stava con una spalla poggiata contro gli stessi armadietti e mi guardava arrabbiato.
«Perché non mi hai detto niente di questo Harry?» chiese aggrottando le sopracciglia. «Sono giorni che mi gira intorno e io sono diventato pure suo amico!»
Gli feci segno di seguirmi verso l’uscita. «Mi dispiace ok? Non ho avuto il tempo per realizzare il tutto» pregai che mi perdonasse. «Jenn non ha avvertito niente?» gli chiesi poi.
«Infatti è stata lei a dirmelo» mi spiegò frettolosamente. Poi si fermò, strattonandomi per un braccio e spingendomi a fare la stessa cosa.
«Posso credere che la mia migliore amica sia un vampiro. Posso credere che la mia ragazza sia un vampiro, ma a tutto c’è un limite» disse a bassa voce, per paura che qualcuno origliasse la nostra conversazione.
«Cosa è successo?» gli domandai, iniziando a preoccuparmi leggermente. Vedevo Niall preoccupato dalla figura di Harry e volevo capirne il perché.
«Zayn ci ha raccontato la tua…» fece una pausa, guardandomi negli occhi. «La vostra storia» si corresse, alludendo al passato mio e di Harry. «Insomma, perché non ce ne hai mai parlato? Perché non ci hai mai detto di essere stata innamorata del vampiro che ti ha trasformato?»
«È complicato ok?» gli risposi acida, non avendo una risposta reale da potergli dare. Non avevo raccontato loro niente perché parlarne mi feriva. Ricordare i giorni passati felice insieme a Harry nel lontano 1864 mi faceva strane male. Ogni volta che con la mente tornavo a quel periodo provavo una fitta allo stomaco terribile e scoppiavo quasi immediatamente a piangere. «Non credevo che fosse così importante per voi sapere la verità sulla mia trasformazione» riuscii infine a dire.
«Juliet sei la nostra amica più cara, puoi confidarti con noi, puoi parlarci liberamente del tuo passato.»
La campanella suonò in quel preciso momento, salvandomi da Niall ma mettendomi nel rischio di imbattermi in Liam o Harry. «Mi dispiace, devo andare» gli dissi, iniziando a correre verso l’uscita. «Ne parliamo un’atra volta!» urlai, voltandomi un’ultima volta verso di lui. Quella semplice disattenzione bastò per farmi urtare contro qualcuno che però non si mosse di un millimetro. Ciò stava a significare soltanto una cosa. Nello scontro mi ero ritrovata a poggiare le mani sul suo petto, che a movimenti lenti e leggeri si muoveva. Il suo respiro si poggiava caldo sul mio viso, mentre il suo profumo mi mandava completamente in tilt il cervello. Alzai il viso e incrociai subito i suoi occhi, intenti a guardarmi incuriositi. In quel momento le sue labbra si aprirono in un sorriso meraviglioso, capace di farmi spalancare la bocca e iniziare a balbettare come una matricola di fronte al ragazzo sexy e irraggiungibile dell’ultimo anno.
«Juliet» pronunciò il mio nome con voce bassa e rauca. Passò una mano tra i miei capelli, finendo col giocare con una ciocca. La attorcigliò al dito, fino a lasciarla cadere e a posare la mano sulla mia guancia. Era calda e morbida.
Rimasi qualche minuto intontita di fronte a lui, senza sapere come comportarmi. Lo guardai negli occhi ancora per qualche secondo, per poi prendere la sua mano nella mia e spostarla. «Non posso» sussurrai soltanto, prima di sorpassarlo e andarmene via.
Mentre spingevo il maniglione della porta d’ingresso, vidi Liam fermo qualche metro poco distanza da me. Mi stava guardando andare via e sicuramente aveva visto anche la scena tra me e Harry qualche minuto prima. In quel momento stavo peggio di come mi sentivo prima. Abbassai il capo e uscii da quella scuola in silenzio, correndo verso il mio appartamento, correndo lontano da quel dilemma secolare.
 
Sdraiata sul mio letto, fissavo il soffitto bianco sopra la mia testa. Lentamente il bianco latte si sfocò, lasciando spazio ad alcune sfumature di colore più chiaro o scuro. Socchiusi gli occhi, fino a serrarli completamente. Non tornai molto indietro nel passato, anzi, tutt’altro. Con la mente riavvolsi gli avvenimenti di quella giornata, soffermandomi sul mio incontro/scontro con Harry. Di fronte a me rividi le sue iridi verdi mentre mi penetravano l’anima (se ancora ne avevo una), il suo sorriso smagliante che da solo illuminava un’intera notte, le sue fossette capaci di dargli ancora un’aria dolce, i suoi ricci ribelli che spettinati gli ricadevano sulla fronte. Sorrisi al ricordo del suo volto.
Allora ti piaccio ancora! Spalancai gli occhi e mi alzai con la schiena quando quel pensiero mi venne in mente nonostante non fossi stata io a pensarlo. Ai piedi del letto, lì vicino a me, vidi Harry guardarmi divertito.
«Ma come…?» Lo guardai spaesata, non riuscendo a capire cosa avesse effettivamente fatto. Harry poteva cancellare la memoria della gente, poteva decidere quali ricordi far dimenticare e quali tenere, ma non era capace di insediare pensieri nella mente o addirittura di parlare attraverso.
«Sapevi che quando trasformi una persona con cui hai un legame forte, oltre che a prendere parte dei suoi poteri, i tuoi si ampliano se usati con lei?» mi disse, mettendo su quel suo sorriso sghembo che gli dava un’aria da vero stronzo. Un’aria che gli donava tantissimo. In quelle parole ritrovai lo stesso tono che io avevo usato quando gli avevo confessato il mio potere. E così anche le parole da lui usate erano le stesse delle mie.
«Quindi puoi controllare a 360° la mia mente adesso?» Lo guardai, scuotendo la testa.
«Solo se tu mi lasci entrare» mi rispose, lasciando passare il fatto che fosse contento che io non gli avessi opposto resistenza. «E tu puoi fare lo stesso con me» aggiunse, spiazzandomi.
«Io non posso controllare la mente. Io controllo i ricordi» lo corressi, non potendoci credere.
«Non puoi controllare le menti umane, puoi controllare solo la mia» rispose, marcando quelle ultime parole con il tono della sua voce. «Provaci» mi spinse di fronte alla mia titubanza.
Mi concentrai su di lui, guardandolo fissa negli occhi. «Non sento niente» mi arresi.
«Riprova» insistesse, avvicinandosi a me e prendendomi le mani nelle sue. Chiuse gli occhi, mentre le stringeva forte, con l’intenzione di non lasciarle andare. Chiusi gli occhi anch’io, cercando di non farmi distrarre dalla sua vicinanza.
Mi concentrai su di lui fino a quando non avvertii qualcosa. Una sorta di brivido mi percorse la schiena e istintivamente strinsi la presa. Mi sei mancata sentii.
«Anche tu mi sei mancato, Harry» dissi per la prima volta ad alta voce, cosa che fece sorprendere me per prima.
Riaprii gli occhi, convinta di vederlo ancora con i suoi chiusi, ma invece erano più spalancati che mai. Si trattò di un lampo, un istante quasi irrealizzabile. Prese il mio viso tra le mani e lo strinse saldamente, bloccandolo proprio di fronte al suo. Poggiò dolcemente le labbra sulle mie, facendole schiudere leggermente. Allora il bacio divenne più profondo e passionale. Strinsi le braccia attorno al suo collo, attirandolo ancora di più a me. Quel bacio fu travolgente, mozza fiato, da cardiopalma. Le emozioni dei vampiri sono sempre amplificata rispetto alla realtà, ma qualcosa, i ricordi del passato, mi diceva che anche se fossi stata ancora un’umana avrei provato lo stesso identico tornado di sensazioni. Il lato positivo adesso era che non avevamo bisogno di respirare e quindi non fummo costretti a staccarci dalla necessità di ossigeno. Fui comunque io la prima ad allontanarsi, perché avevo bisogno di specchiarmi nei suoi occhi che un tempo mi avevano fatto innamorare.
«Resti con me ‘sta notte?» gli domandai, aggrappandomi all’orlo della sua maglietta. Ci giocherellai un poco, finchè non si decise a rispondermi.
«Ok» disse solo, per poi spostarsi e sdraiarsi lungo il materasso. Allungò un braccio e mi fece segno di avvicinarmi. Mi sdraiai anch’io, poggiando la testa sul suo petto mentre lui mi accarezzava i capelli, proprio come una volta.
In poco tempo mi addormentai tra le sue braccia, accorgendomi che dopo un secolo e mezzo erano ancora il mio posto preferito, quello dove mi sentivo protetta, quello dove, nonostante avessi provato a negarlo a me stessa per anni, ero più al sicuro.


here i am:

ehilà bella gente, come vanno le vacanze?
io non sto facendo niente dalla mattina alla sera, perciò ecco qua un nuovo capitolo!
boh, a me piace tanto e spero che sia lo stesso per voi c:
fatemi sapere cosa ve ne pare, fede xx
p.s. mi dispiace ma sono da mia nonna quindi non ho con me l'elenco dei nick twitter per avvertire tutte voi che seguite, perciò chiedo scusa çç

   
 
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