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Autore: Moonage Daydreamer    06/07/2012    5 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Good Day Sunshine.
 

Mi svegliai nel bel mezzo della notte.                                                                                            
Tremavo come una foglia e goccioline di sudore freddo mi scivolavano lungo la schiena, facendomi rabbrividire. Il gelo di quelle piccole gocce mi penetrava nelle ossa.                                        
Anche se ero sveglia, riuscivo a vederli chiaramente davanti a me: due occhi color del ghiaccio che facevano ghiacciare il sangue nelle vene.                                                                                                      Cercai di scrollarmi quell'immagine via dalla mente e mi alzai dal letto, ma nella semi-oscurità della stanza incespicai nello stesso cuscino in cui ero inciampata la sera prima.                                                       Arrancai fino al bagno e quando vi entrai tremavo ancora.                                                                                   
Non riuscivo a farmeli passare, quegli incubi; tutte le notti andavo a dormire con la speranza di trovare un po' di pace, e puntualmente loro tornavano ad assalirmi, tutte le notti, sistematicamente. Stavano peggiorando, lo percepivo.                                                                                                                           
Era come se la mia anima presagisse che stava per accadere qualcosa di terribile.                                            
Cercai di scacciare quel pensiero, cercando di concentrarmi sui problemi più immediati. Ero indecisa se guardarmi allo specchio o meno, per paura di quello che avrei potuto vedervi.                                 
Mi appoggiai al lavandino per sostenere le mie gambe tremolanti, poi lanciai una rapida occhiata alla mia immagine riflessa nel vetro. Il sollievo che mi investì quando mi accorsi che non c'era niente di eccessivamente fuori dall'ordinario mi calmò un poco e perlomeno riuscii ad acquistare un po' di stabilità.                                                                                                                                 
Riempii la vasca di acqua calda e la prima cosa che feci fu pulire i capelli, in parte incrostati del poco sangue uscito dal taglio che mi ero procurata la sera precedente, ma poi rimasi immersa a lungo, lasciando che il tepore rilassasse i muscoli contratti e le membra ancora tremanti.                                        
"Ti devi dare una calmata" disse la voce della mia coscienza "O perlomeno imparare a conviverci, con questi incubi del cazzo. Se non se ne vanno di loro spontanea volontà, te ne freghi e continui a vivere come hai sempre fatto."                                                                                                                             
-Vorrei vedere te al mio posto...- borbottai uscendo dalla vasca e avvolgendomi in un asciugamano.  
"Tesoro, io sono te come tu sei me (1), e poiché siamo la stessa identica cosa, quello che fai tu è come se fosse fatto anche da me, anche se essendo io soltanto una voce nella tua testolina, non posso agire in prima persona. Logico, no?"                                                                                                                          
 
-Se lo dici tu...-                                                                                                                                                                                  
Decisi che era meglio porre fine a quell'assurdo scambio di battute, e mi chiesi perché proprio a me era dovuta capitare una coscienza amante del sarcasmo.                                                                    

Mi rivestii in fretta, poi tornai in camera. Mi diressi come al mio solito verso il letto, ma a metà strada inciampai di nuovo.                                                                                                                                   
" Mi stai prendendo in giro?!" pensai con rabbia. Non era possibile, non tre volte di seguito.                               
A carponi, tornai verso la porta. Accesi la luce e scrutai il pavimento finché lo trovai: il cuscino su cui ero inciampata tutte e tre le volte . Era uno di quelli che preferivo.                                              
Lo presi e lo guardai per qualche secondo, accigliata.                                                                               
"Scusami, ma te lo meriti."                                                                                                                                   
Lo lanciai dall'altra parte della stanza e andò a finire sotto la scrivania. Era una cosa ridicola da fare, ma in quel momento mi diede molta soddisfazione.                                                                    
pensi di nuovo la luce e finalmente raggiunsi il letto.                                                                                       

La mattina dopo , come tutti gli Inglesi di buona famiglia, andammo in chiesa ad assistere a un sermone, in nome del buon vecchio puritanesimo.                                                                                             
 A me sembrava soltanto un'altra delle gigantesche ipocrisie che la società ti imponeva di seguire fin da quanto eri un bambinetto.
Non credevo nell'esistenza di Dio e non lo feci mai in tutta la mia vita, tranne forse ai tempi dell'asilo, quando ancora mi limitavo a recitare a memoria le parole che gli altri mi dicevano di recitare. Non mi ci volle molto tempo per cominciare a credere che se davvero ci fosse stato un Dio, non avrebbe permesso che nel mondo succedessero tutte le cose orribili che accadevano tutti i giorni.                      
Anche se ero seduta composta sulla panca e avevo gli occhi fissi sul sacerdote che stava parlando in quel momento, nella mia mente stavo canticchiando "One Kiss" di Eddie Cochran.                                       
Ben presto dovetti smettere, perché notai l'occhiataccia che l'anziana seduta al mio fianco mi rivolse: senza accorgermene, avevo cominciato a tamburellare le dita sullo schienale della panca davanti a me a ritmo di rock 'n' roll.                                                                                                                                                                     
Mi morsi un labbro per evitare di scoppiare a ridere in chiesa.                                                                    
Cominciai ad ascoltare distrattamente il sermone. Parlava di qualcosa come l'affrontare Satana tutti i giorni e bla,bla,bla,bla...                                                                                                                       
Satana... effettivamente, c'era più probabilità che credessi nella sua esistenza che non in quella di Dio. Il mio Diavolo, però, non era rosso, con le corna e il forcone, ma aveva un paio di crudeli occhi color del ghiaccio.                                                                                                                                    
Tutte persone presenti in chiesa si alzarono in piedi. Alzai immediatamente lo sguardo e fissai l'alto soffitto a volta, per non avere un attacco di panico, e trassi numerosi respiri, mentre iniziavano i cori. Elisabeth e James erano ormai abituati a quel comportamento e sapevano il motivo per cui facevo così, ma la vecchietta al mio fianco no. Sentii da subito i suoi occhi fissarmi.                          
La ignorai, e non appena mi sentii meglio cominciai a muovere le labbra come se stessi cantando, pur non emettendo un suono. Anche perché le parole che articolavo erano quelle di "Roll over Beethoven" di Chuck Berry ed ero sicura che la vecchietta non avrebbe apprezzato se mi fossi davvero messa a cantare.

Quando finalmente tornammo a casa mi appropriai del giradischi prima che i miei genitori adottivi potessero rivolgere la minima protesta e attaccai un disco.                                                         
Dopo quella mattinata in chiesa avevo decisamente bisogno di rock 'n' roll. Era il mio modo per reagire alle idee che il Cristianesimo tentava di inculcare con la forza nella mia testa(2).                           
Mi appoggiai al muro, ma cominciai ben presto a muovermi a tempo e a cantare sulla voce di Ray Charles.
Il rock 'n' roll aveva la straordinaria capacità di liberarmi da qualsiasi pensiero che non fosse la musica. Lo ascoltavo perché mi rendeva felice e quando ero felice avevo voglia di ascoltarlo. Quindi, pressoché sempre, anche se dovevo ogni tanto scendere a compromessi con i miei genitori adottivi.                                                                                                                                             
James si fermò a guardarmi sorridendo e, come lo vidi, lo presi per mano e lo trascinai a ballare con me. Né a lui né alla moglie dispiaceva ascoltare un po' di rock 'n' roll ogni tanto e capivano l'effetto che quella musica aveva su di me.                                                                                                                                  
 Probabilmente, se avessi avuto qualche amico, sarei stata la sua invidia, da questo punto di vista: non solo la mia famiglia era abbastanza benestante da potersi permettere di comprarmi dei dischi, ma i miei genitori non consideravano la musica che ascoltavo soltanto "rumore", come facevano invece tanti altri.                                                                                                                                                            
- Se avete finito di ballare, potreste venire a pranzare. - ci richiamò Elisabeth ridendo.                                     
Ero stata davvero fortunata, nonostante tutto.                                                 

Dopo pranzo uscii di casa, con il taccuino e una penna in mano.                                                                    
Andai a piedi fino a Calderstones Park e camminai a lungo nel verde, godendomi i raggi del sole di maggio.                                                                                                                                            
Era una splendida giornata e mi era difficile ricordare la terribile nottata che avevo trascorsa. Mi sedetti sull'erba nei pressi del lago al centro del parco e guardai a lungo il riflesso del sole sull'acqua, poi aprii il quaderno e cominciai a scrivere.                                                                                      
Staccai la penna dal foglio parecchio tempo dopo, e solamente perché si era scaricata.                           
Sorrisi e la misi in tasca. Mi guardai intorno, cercando di capire che ore erano perché avevo completamente perso la condizione del tempo.                                                                                           
Una figura in lontananza cominciò a sbracciarsi per richiamare la mia attenzione e la riconobbi subito.  Era Cyn, che evidentemente aveva avuto la mia stessa idea di trascorrere un pomeriggio all'aria aperta e aveva trascinato con sé pure il suo fidanzato.                                                                             
Lasciò la mano di Lennon e cominciò ad avvicinarsi. Mi alzai e le andai in contro.                                       
- Ciao,Anna!- mi salutò allegramente.                                                                                                               
- Il tuo tipo non mi sembra molto entusiasta del fatto che tu lo molli da parte per venire da me. - osservai guardando Lennon, il quale a sua volta aveva gli occhi fissi su di me.                                    
Cyn scrollò le spalle :- Che palle che siete a volte! Tutti e due!-                                                                          
La guardai con aria innocente anche se sapevo che effettivamente non aveva del tutto torto a dire che Lennon non era l'unico ad alimentare la tensione fra noi due, qualche volta.                                   
- In ogni caso, non è per questo che sono qui - continuò Cynthia. - Un mio professore mi ha detto che c'è una mostra interessante alla ICA Gallery, a Londra, e io e John pensavamo di andarci sabato. Perché non vieni anche tu?-                                                                                                                      
- Venire a una mostra con te e... Lennon? - dissi scettica inarcando un sopracciglio.                                                                                                                                                                                                   
Cyn sbuffò:- C'è anche un amico di John, più contenta adesso che te l'ho detto?-                                          
Io risi:- No, ma abbastanza soddisfatta per assicurarti che chiederò a James e ad Elisabeth il permesso per venire.-                                                                                                                                      
-Perfetto, fammi sapere!- esclamò Cyn prima di salutarmi e di tornare da Lennon.                                                                                                                                                               
Guardandoli allontanarsi mi venne spontaneo chiedermi come diavolo avesse fatto Cynthia a convincere Lennon ad andare a una mostra d'arte.                                                                                          
"Meglio non saperlo" mi dissi cercando di non farmi degli strani pensieri, poi mi incamminai verso casa.                                                                                                                                 

E' del tutto superfluo dire che James ed Elisabeth non solo mi diedero il permesso di andare alla ICA Gallery insieme a Cyn, ma furono decisamente entusiasti all'idea e la mia madre adottiva andò avanti tutta la settimana a darmi consigli su cosa indossare, arrivando a volte a contraddirsi da sola.  Non capivo il perché di tutta quell'agitazione, anche perché io, da parte mia, non spesi più di dieci minuti a pensare ad un look adatto all'occasione: andavo a vedere dei quadri, non a fare una sfilata di moda!

La settimana trascorse a una lentezza che mi esasperava.                                                                                       
Tutte le notti mi svegliavo in preda agli incubi almeno una volta; mi alzavo dal letto, andavo in bagno cercando di non cadere a causa del tremore che rendeva instabili le mie gambe e qui rimanevo finché non riuscivo a calmarmi, poi tornavo in camera e mi coricavo di nuovo, nella speranza di riuscire a riposare almeno qualche ora. Stava diventando un'abitudine.                                    
Sabato mattina mi svegliai alle due.                                                                                                                       
Non riuscivo a ricordarmi l'incubo che avevo fatto, ma piangevo disperata.                                                        
Ero terrorizzata. Mi rifugiai in bagno e mi rannicchiai sotto il lavandino, nascondendo il viso con le mani e strinsi le ginocchia al petto, come se quella posizione potesse darmi la protezione che non riuscivo più a trovare da nessuna parte.                                                                                                                                                                 
Piansi silenziosamente per ore, senza svegliare i miei genitori adottivi. Non volevo che mi vedessero in quello stato, non se lo meritavano  dopo tutto quello che avevano fatto per me.                              
Stavo vivendo nella paura; avevo paura di addormentarmi, ma anche di rimanere sveglia: temevo che una notte, guardando il soffitto spoglio della mia camera, mi sarei accorta che gli incubi avevano trovato il modo per tormentarmi anche quando tenevo gli occhi aperti. Avevo ricominciato a temere il buio.                                                                                                                                                     
Mi alzai lentamente con i muscoli che dolevano per la posizione scomoda in cui ero rimasta così a lungo. Non riuscivo a frenare le lacrime e ansimavo come se avessi corso per ore.                       
Aprii la finestra del bagno e mi affacciai mentre aspettavo che la vasca si riempisse d'acqua gelata.  Mi immersi nell'acqua, anche se dovetti trattenere il respiro finché mi abituai al freddo. Mi piaceva quella sensazione. Mi ricordava che avevo un corpo che, qualsiasi cosa la mia mente si inventasse, continuava a svolgere le sue funzioni vitali.                                                                                          
Dopo che fui uscita dalla vasca, persi molto tempo a sfregare con un asciugamano la pelle per non perdere la sensibilità e quando tornai in camera mia erano già le cinque; dal momento che il treno che dovevamo prendere per arrivare a Londra partiva dalla stazione alle sei e mezza, decisi che era ora di prepararmi.                                                                                                                                 
 Mi legai i capelli in una treccia, poi tirai fuori dall'armadio un paio di jeans chiari e una camicetta bianca, cui abbinai un paio di ballerine e una piccola borsa nella quale misi il mio taccuino di pelle, una penna e una matita.                                                                                                                                 
Scesi al piano terra e presi un foglio per scrivere un messaggio ai miei, poiché era talmente presto che pensavo che fossi l'unica sveglia.                                                                                                                
- Buongiorno, tesoro.- mi salutò Elisabeth come entrai in cucina. Sussultai, colta alla sprovvista.                
- Già sveglia?- chiesi alla mia madre adottiva.                                                                                                            
- Io mi sveglio sempre presto, sei tu quella che oggi è in piedi prima del solito. Stai molto bene vestita così. -                                                                                                                                                      
Il tono con cui mi parlava era strano.                                                                                                                   
- Elisabeth, va tutto bene?- domandai poco dopo.                                                                                                           
La donna mi guardò, seria:- Sei stata tanto in bagno questa mattina.-                                                                 
Mi morsi un labbro.                                                                                                                                            
- Ho avuto uno dei miei soliti incubi. Niente di grave. -                                                                              
Elisabeth mi si avvicinò e mi pose una mano sulla spalla.                                                                       
 - Non mentirmi. - il suo tono mi fece capire che non era un rimprovero - Si vede che c'è qualcosa che non va, Anna. -                                                                                                                                    
- Sto bene!- sbottai scostandomi. Non ci volle molto tempo perché mi accorgessi del modo in cui le avevo parlato e le presi la mano, guardandola mortificata. - Scusami tanto. Ma devi credermi: sto bene sul serio. Non ti devi preoccupare.-                                                                                                                                                       
Elisabeth mi abbracciò :- Non chiedermi di non preoccuparmi per te. Tu sei mia figlia: mi preoccupo per te anche quando hai un semplice raffreddore! Ma mi fido e se mi dici che stai bene, che non è niente di grave, ti credo. L'unica cosa che ti chiedo è di non chiuderti mai più a chiave in bagno per così tanto tempo. E' una cosa che mi spaventa a morte.-                                                                     
Io annuii mentre sentivo le lacrime pungermi di nuovo  gli angoli degli occhi.                                                                   
- Vado adesso, altrimenti arriverò in ritardo.-                                                                                                                                
-Ma certo. Divertiti, tesoro. Te lo meriti.-                                                                                                        
Mi diede un bacio sulla guancia, poi presi la giacca e uscii di casa.                                                                  
 Ero decisamente in anticipo, ma volevo arrivare alla stazione a piedi senza preoccuparmi di essere in ritardo e alla fine arrivai prima di Cyn e di Lennon.                                                                            
I due ragazzi fecero il loro ingresso insieme, tenendosi per mano.                                                                                 
Cyn indossava un abito  elegante che le arrivava al ginocchio e persino Lennon aveva abbandonato temporaneamente la tenuta da Teddy boy. Sorrisi alla mia amica, mentre non degnai di uno sguardo il suo ragazzo. Volevo evitare di parlargli il più a lungo possibile.                                                                      
-Immagino tu sia qui da un bel po'- disse Cyn, ma io scossi la testa.                                                                             
- Non ho nemmeno iniziato a scrivere, vedi?- replicai allargando le braccia. In genere resistevo dieci, quindici minuti al massimo, ad aspettare senza fare niente, poi tiravo fuori il quaderno, o un foglio, e cominciavo a scrivere.                                                                                                                         
 Una voce annunciò che il treno diretto a Londra sarebbe partito in una decina di minuti.                              
- Perfetto!- esclamò Cyn. - Possiamo andare.-                                                                                                             
Inarcai le sopracciglia, sorpresa.                                                                                                                             
 - Ma non dobbiamo aspettare il vostro amico?- chiesi, mentre un atroce dubbio si insinuava nel mio cuore.                                                                                                                                           
Lennon sogghignò:- Stu è già a Londra e ci raggiunge direttamente alla mostra. -  Si avvicinò di qualche passo e abbassò la voce. - Non avrai intenzione di tirarti indietro per paura di trovarti a fare il terzo incomodo, vero?-                                                                                                                                  
 Perfetto: ero proprio dell'umore adatto per riuscire a sopportare Lennon per le due ore e mezza di viaggio.                                                                                                                                           
"Grazie al cielo posso mettermi a scrivere." pensai. Ignorai la sua ultima affermazione e mi diressi subito verso il binario in cui era fermo il nostro treno. Anche se era abbastanza affollato, trovammo una cabina rimasta libera non molto distante dall'uscita e io mi sedetti su un sedile vicino al finestrino, di fronte a quelli che occuparono i miei compagni di viaggio.                                                        
Appoggiai la testa contro il sedile.                                                                                                                             
- Che mostra andiamo a vedere?- chiesi a Cyn dopo un po' spezzando il silenzio che era calato tra noi  - Non sei stata molto precisa al riguardo.-                                                                                     
- C'è l'esposizione di alcuni lavori degli studenti dell' Istitute of Contemporary Arts. - mi rispose la mia amica appoggiando la testa sulla spalla di Lennon. 
Annuii e chiusi gli occhi, anche se non ero affatto stanca.  Ero fin troppo cosciente del fatto di trovarmi in una grande scatola di acciaio (o di qualsiasi altro materiale fosse fatto un treno)  chiusa ermeticamente, dalla quale non sarei potuta uscire finché qualcuno avesse deciso che potevo farlo. Mi imposi di regolare il respiro.                                                                                           
Lennon sussurrò a Cyn qualcosa, ma non distinsi le parole, perché tentavo in tutti i modi di concentrare i miei pensieri sulla respirazione , tuttavia capii perfettamente che avevano cominciato a baciarsi.                                                          
 - John, fermati per favore.- disse Cyn quando quel bacio finì - Non mi sembra il caso di fare così di fronte ad Anna. -                                                                                                                                    
- Tanto sta dormendo. - replicò Lennon ricominciando a baciarla.                                                                      
- Non sta dormendo. - sbottò Cyn. Gli angoli della mia bocca accennarono ad un sorriso.                                   
Sentii un rumore, che ipotizzai fosse provocato dalla mia amica che si scostava dal suo ragazzo.                            
- Cosa c'è, hai paura di bloccare la crescita alla verginella?- sibilò Lennon.                                                            
 - Non fare lo stronzo in questo modo, John!- ribatté lei alzando la voce.                                                                           
Calò di nuovo il silenzio, poi sentii Cynthia alzarsi.                                                                                             
- Dove vai?- le chiese Lennon.                                                                                                                            
- A farmi un giro. - gli rispose la ragazza secca.                                                                                                   
-Come vuoi.- disse Lennon, con un tono che faceva sembrare quella frase un "fottiti".                                                                                     
Cyn non gli rispose e uscì dalla cabina.
Aprii gli occhi e guardai Lennon senza celare la soddisfazione che mi aveva dato accorgermi che se c'era una persona in grado di dare del filo da torcere a Lennon, quella era Cyn.                                     
Avrei voluto ridergli in faccia, ma alla fine mi limitai a sogghignare.                                                                       
Presi il taccuino dalla borsa e appoggiai la schiena contro il finestrino, poi cominciai a scrivere, sentendomi improvvisamente ispirata.                                                                                             
Scrissi pagine intere, poi cominciai a canticchiare nella mia testa "Tutti Frutti" di Little Richard. Adoravo quella canzone, aveva un'energia che mi travolgeva ancora più di quanto facesse  "Roll over Beethoven", che era una fra le mie preferite. Cominciai a tenere il tempo muovendo appena la testa e tamburellando le dita contro il finestrino.

- Womp-bomp-a-loom-op-a-womp-bam-boom!(3)-     

La celebre onomatopea che chiudeva il ritornello sfuggì dalle mie labbra senza che me ne rendessi conto.                                                                                                                                                 
Non arrossii, divenni fucsia.                                                                                                                                     
Mi morsi il labbro che tremava appena per l'imbarazzo nel silenzio esterrefatto nel silenzio che seguì la mia brillante uscita. Avrei voluto scomparire.                                                                       
Fosse successo con Cyn, o con chiunque altro, ma con Lennon...                                                                       
Alzai timidamente lo sguardo. Lennon mi fissava, sorpreso. Stava tentando senza molto successo  di trattenere le risate, tuttavia quella volta ebbi l'impressione che fossero spontanee e che non contenessero alcuna intenzione di deridermi. Guardandolo venne da ridere anche me, ma ero ancora troppo imbarazzata per farlo.                                                                                                 
- Ascolti Little Richard?- chiese quando riuscì a calmarsi abbastanza per articolare delle parole.  Aprii le labbra, come per parlare, ma poi le richiusi. Non avevo idea di come comportarmi : mi aspettavo che facesse qualche commento cattivo, invece sembrava solo divertito.                                                                                                                                                                   
Lo guardai a lungo, poi annuii :- Mi piace molto.-                                                                                   
- Non l'avrei mai detto.-                                                                                                                                      
Sorrisi:- E invece ho tutti i dischi usciti fino adesso. -                                                                                       
Lennon spalancò gli occhi e vedere la sua espressione fu impagabile. Non riusciva a crederci.                           
- Davvero?-                                                                                                                                                            
- Sì, a James non dispiace il rock n roll, quindi in genere me li lascia ascoltare.-                                                
- Che culo. - disse semplicemente. Scossi la testa: sembrava che si fosse dimenticato per un momento che io ero Anna Mitchell, quella che l'aveva rifiutato e umiliato davanti ad un sacco di persone e che aveva giurato di odiare fino alla fine dei suoi giorni da Teddy boy.                                                                                                                                                                    
In quel momento entrò Cyn.                                                                                                                                    
- Siete tutti e due svegli e non vi state urlando addosso?! - esclamò sorpresa - State migliorando, ragazzi!- Si sedette di fianco a Lennon e il ragazzo le prese la mano.                                                       
Li guardai: forse non stavano così male assieme, dopotutto. Erano molto simili e si sarebbero tenuti testa a vicenda.                                                                                                                                       
"Ti rendi conto di quello che stai pensando?" mi dissi " Non puoi credere davvero che Cyn possa stare bene con uno come Lennon!"                                                                                                         
Era vero, avevamo fatto la nostra prima conversazione civile dell'anno, ma questo non cancellava il fatto che Lennon fosse un grandissimo bastardo.

Per tutto il resto del viaggio,  io e Lennon non ci rivolgemmo più la parola. Quando arrivammo a Londra ci dirigemmo direttamente alla ICA Gallery perché a causa del viaggio in treno avevamo accumulato un po' di ritardo rispetto all'appuntamento con l'amico di Lennon. Infatti ci accorgemmo che la mostra doveva essere già stata aperta al pubblico, poiché non c'erano molte persone al di fuori della galleria, tuttavia notai subito un giovane minuto, più basso di alcuni centimetro rispetto a Lennon, che aspettava con le mani nelle tasche dei jeans scuri. Aveva lo sguardo basso, ma come sentì che ci avvicinavamo alzò gli occhi e sorrise, poi ci venne incontro.                                                          
-Sempre in ritardo, Lennon.- disse salutando l'amico.                                                                                                             
- E tu sempre vestito da barbone, Sutcliffe.-                                                                                                          
Il ragazzo salutò Cyn, poi posò gli occhi castani su di me. Sorrise e mi porse la mano.                                   
- Stuart Sutcliffe. - si presentò.                                                                                                                        
- Piacere di conoscerti. - risposi stringendogli la mano - Io sono Anna Mitchell.-                                            
-Sì,lo so, la ragazza con la madre in carcere. John mi ha parlato di te. -                                                            
Serrai la mascella.                                                                                                                                                            
- Grandioso. Non devo neanche fare la fatica di aggiungere altro su di me. - sibilai senza preoccuparmi di nascondere il mio disappunto. Un'espressione dispiaciuta si dipinse sul volto dai tratti affilati del ragazzo.                                                                                                                                                              
- Mi dispiace, non volevo offenderti. -                                                                                                                
- Fa' niente, Stuart. Ci sono abituata. -                                                                                                                   
- Gli amici mi chiamano Stu - disse Sutcliffe cercando di cambiare argomento. Non gli avrei permesso di cavarsela così facilmente: ero fuori di me.                                                                                          
- E' un vero peccato, allora, che io ti conosca da due minuti e non possa quindi essere annoverata nella lunga lista di quelli autorizzati a chiamarti con il tuo soprannome. - ringhiai.                                             -Okay, forse è meglio che entriamo, che ne dite?- si intromise Cyn per interrompere quello scambio di battute. Io annuii e precedetti tutti quanti all'interno della galleria.                                                     
La mostra era davvero interessante, poiché, essendo l'esposizione degli allievi della scuola d'arte contemporanea, c'erano opere di ogni tipo: sculture, dipinti astratti, ritratti, paesaggi e nature morte, oli, tempere e acquarelli.                                                                                                                                       
Alcuni dei quadri erano davvero splendidi. Ben presto mi persi nella contemplazione delle opere e mi dimenticai del mio scontro con Sutcliffe, di Lennon e talvolta anche di Cyn. La mia anima si immerse completamente nell'arte e si estraniò da tutto il resto del mondo.                                                            

I due ragazzi si fermarono a osservare una scultura, mentre io e Cyn passammo direttamente al dipinto successivo, allontanandoci un po' dai nostri compagni, che erano tuttavia abbastanza vicini perché potessi udire parte della loro conversazione. Non avevo intenzione di origliare, tuttavia capii ben presto che stavano parlando di me.                                                                                                                        - ... è simile ad alcuni serpenti velenosi : se il suo veleno non ti uccide in pochi secondi ne diventi immune. - stava dicendo Lennon.                                                                                                                   
- Non credo esistano serpenti del genere, ma apprezzo lo sforzo di inventarti una similitudine.- replicò Sutcliffe sorridendo. Poi tornò serio. - In ogni caso, sono io quello che ha sbagliato, John, non lei. Avrei dovuto immaginare che si sarebbe infuriata. Si sarà sentita giudicata per l'ennesima volta per una cosa in cui lei centra relativamente e immagino abbia creduto che io avessi già un giudizio su di lei, formulato sulla base della descrizione che tu ne hai fatto con me. Io al suo posto mi sarei comportato molto peggio.-                                                                                                                     
- Non farti ingannare dal suo visino angelico. Quella è meno indifesa di quanto sembri.-                            
Stuart rise:- Se ti riferisci al pugno che ti ha rifilato l'anno scorso, mi spiace dirtelo, Lennon, ma te lo sei meritato.-                                                                                                                                                Ridacchiai, poi riportai la mia attenzione sull'opera che io e Cyn avevamo di fronte.                                
- Secondo te ho esagerato?- chiesi alla mia amica. Lei mi guardò, perplessa.                                               
- Un po'. - rispose infine.                                                                                                         
Sbuffai.                                                                                                                                                                     
- E' solo che sono stufa che in ogni posto in cui vado, tutte le persone con cui parlo riescano a pensare solo a quello che ha fatto mia madre! Siamo nel 1957, cazzo, non nel Seicento! Ci manca solo che qualcuno mi denunci all'inquisizione e mi faccia bruciare su un rogo!-                                                
Cyn non ebbe il tempo per rispondermi perché Lennon e Sutcliffe ci raggiunsero e io non avevo alcuna intenzione di continuare la conversazione in presenza sei due ragazzi. E poi non c'era più niente da dire.                                 
Giungemmo di fronte agli ultimi due quadri della mostra.                                                                                 
- Questo è splendido!- esclamò Cyn guardando il primo. Era la raffigurazione di una ragazza stesa sull'erba e sul suo corpo nudo erano disegnati degli incredibili giochi di luce.                                         
Io scossi la testa:- Ma è privo di significato. Da esso non traspare alcuna emozione. E' semplicemente un bel dipinto.-                                                                                                                               
- E' vero. - convenne Stuart - Quello a fianco è decisamente meglio.-
Guardai l'altro dipinto. Era dominato da colori scuri, non ben definiti, e da figure contorte,  sfocate, dai contorni  pressoché inesistenti. Una sola di esse era riconoscibile: era un uomo, scuro e quasi indistinguibile dallo sfondo, come un'ombra proiettata da una luce che nel quadro non c'era. Guardandolo si aveva l'impressione di essere avvolti in una nebbia scura e impenetrabile.                             
Cyn lo guardò, inarcando un sopracciglio. Era palese il fatto che quel quadro non le piacesse. Io, invece, non riuscivo a staccare gli occhi da esso.                                                                                           
- E' meraviglioso.- mormorai e Stuart annuì lentamente, assorto nello stesso modo in cui lo ero io.           
- Il sentimento d'angoscia che domina l'atmosfera è quasi palpabile. - osservò il ragazzo.                                 
- Sì... l'angoscia di un'anima che ha perduto la strada e tenta in tutti i modi di ritrovarla, finendo così per smarrirsi in modo irreversibile, o quella di un uomo tormentato che è incapace di chiedere aiuto e si trova da solo ad affrontare gli orrori che lo perseguitano. - dissi e sentii lo sguardo di Sutcliffe su di me.                                                                                                                                                           
Cyn sbuffò:- Non mi piace comunque. E poi quelle due macchie d'azzurro non c'entrano niente con il resto del dipinto. -                                                                                                                          
Dopo la sua osservazione mi accorsi di un particolare che mi era fuggito alla prima osservazione. Dietro all'ombra dell'uomo c'erano due cerchi di azzurro talmente chiaro da sembrare quasi bianco, al centro dei quali c'era una macchia nera circolare.                                                                                         
Impallidii e schiusi le labbra, sgomenta.                                                                                                         
"Con tutti i colori che poteva scegliere l'autore, proprio questa tonalità di azzurro, vero?" pensai mentre cercavo di recuperare un po' di calma.                                                                                   
- Anna, stai bene?- chiese Cyn accorgendosi della mia reazione. Battei le palpebre.                                    
- Certo. Fa solo un po' troppo caldo qui dentro.- mi affrettai a rispondere. Sorrisi, mentre cercavo un pretesto per eludere qualsiasi altra domanda.                                                                                           
- Torni a Liverpool in treno con noi?- chiesi a Sutcliffe.                                                                                                  
- Sì. - rispose lui, meravigliato che proprio io gli avessi posto quella domanda. Mi ero accorta di aver sbagliato con lui, quando ci eravamo conosciuti, e volevo rimediare a tutti i costi.

Ci incamminammo verso la stazione e mentre Cyn e Lennon erano mano nella mano qualche passo dietro di me, io e Stuart procedevamo senza dirci una parola.                                                                 
- Senti... mi spiace per prima. Ho esagerato. - dissi guardando la strada asfaltata.                                                
- No, sono io che devo scusarmi. Ho fatto lo stronzo, e mi dispiace. - replicò lui.                                                                               
- Be', allora facciamo che abbiamo sbagliato tutti e due, ci spiamo scusati e possiamo metterci una pietra sopra. - conclusi sorridendo.                                                                                                          Camminammo ancora un po' in silenzio,finché giungemmo alla stazione, dove pranzammo velocemente in un bar, poi salimmo sul treno che ci avrebbe riportati a casa. Come per il viaggio precedente, riuscimmo a trovare una cabina libera, tuttavia essa si trovava esattamente a metà del vagone e sapevo che poteva costituire un problema non da poco, nel momento in cui tutti i passeggeri si sarebbero accalcati nel corridoio per scendere dal treno e io mi ci sarei trovata esattamente in mezzo.                                                                                                                                       
Cercai di fare finta di niente e mi accomodai ancora una volta vicino al finestrino, mentre Stuart si sedeva di fronte a me. Cyn e Lennon si sedettero dall'altra parte della cabina e cominciarono a parlare fra di loro,ma dopo un po' si alzarono e ci dissero che andavano a fare un giro.                                                                                                          
- Cyn mi ha detto che sei un'artista. - affermò Stu, richiamando la mia attenzione. Scrollai le spalle.                                             
- In realtà non ne sono affatto sicura.- risposi con sincerità.                                                                                   
- Conosco Cynthia e so che non è il tipo da prodigarsi in complimenti non meritati. - disse Stuart - Anche se devo ammettere che quando si tratta di te è poco obiettiva. E'  incredibile come cambi il suo comportamento, il suo intero carattere quando è con te. Credo ti consideri una specie di sorellina minore. -                                                                                                                                           
Guardai fuori dal finestrino. Io e Cyn eravamo molto legate, ma non sapevo a cosa potesse paragonarsi il nostro rapporto. Era così e basta.                                                                                                      
- In ogni caso, secondo lei disegni davvero bene ed è un peccato che tu non faccia la scuola d'arte. -                  
- Tuttavia, anche se ciò fosse vero, ciò non basterebbe a definirmi automaticamente un'artista, non credi? Io non credo che basti il "saper disegnare davvero bene". -                                                   
Sutcliffe mi guardò, interessato dalle mia affermazioni.                                                                                       
- Vorrei che più persone la pensassero così - mormorò il ragazzo. - Un disegno o un dipinto non possono essere automaticamente definite delle opere d'arte solo perché sono perfetti dal punto di vista tecnico.
Sorrisi, piacevolmente sorpresa dal fatto che qualcuno apprezzasse e condividesse le mie idee.     
 


(1)  Ogni riferimento (involontario da parte di Anna) a "I am the Warlus" è del tutto casuale!

(2) Vorrei specificare, per evitare fraintendimenti, che tutte le frasi scritte sulla Chiesa e il Cristianesimo sono stata scritte semplicemente per riportare i sentimenti e i pensieri della protagonista, senza intenzione alcuna di offendere l'ideologia o la religione delle persone che potrebbero leggere la mia storia.

(3) Non sono sicura che si scriva così, perché sono andata "a orecchio". Scusate in anticipo se è sbagliato.


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Hello, everybody!                                                                                                                                                 
Come di sicuro avrete notato, il titolo non c'entra pressoché niente con il capitolo, ma non sapevo cos'altro mettere e alla fine ho "pescato" a casa fra le canzoni che ho sul computer. ( Io e una mia amica abbiamo passato mezz'ora buona a sparare titoli della serie: "Rock and Roll Music" " No, non ci sta. I want you (she is so heavy) ?" "Peggio che andar di notte. Che ne dici di I've just seen a face? ... etc.)Okay, adesso è il momento in cui io dovrei fare qualche considerazione intelligente su questo capitolo, ma... boh! Mi è venuto fuori così: ci sono delle parti che amo alla follia ( come il pezzo di "Tutti Frutti") e altre che non mi entusiasmano.                                                                                              
La cosa positiva è che sto capendo che pian piano sto cominciando a ingranare con la storia e mi pare (dal mio punto di vista di autrice fuori di testa) che cominci a delinearsi la base su cui si svilupperà tutta la vicenda.                                                                                                                                    
La coscienza mi obbliga ad informarvi che la prima parte della storia è  una roba da depressi che cercherò di alleggerire un po' con capitoli come questo, ma che poi ci sarà un miglioramento. Quindi, mettete da parte le lamette ché il bello arriverà tra un bel po'. ( Chiedo venia per l'accenno di anticipazione, ma mi sentivo in dovere di avvertirvi che "here will come the sun", non si sa quando, ma arriverà. )


Lonely Heart: Grazie mille per le tue recensioni. E' davvero confortante sapere che i miei capitoli non sono poi così male, perché nell'ultimo periodo mi sto accorgendo che con essi ho un rapporto amore-odio che mi complica la vita. Se da una parte li adoro, dall'altra mi sembrano insipidi e insulsi. Una volta che sono finiti, non so mai da che parte prenderli.

Un sincero ringraziamento a tutti quelli che stanno seguendo la storia e che hanno la pazienza di leggerla.


Peace n Love.
 

  
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