Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Kim NaNa    06/07/2012    5 recensioni
"C’è qualcosa che dovrei sapere anche io? Ti puoi fidare di me, lo sai…“
I suoi serafici occhi abbandonarono lo spettacolo incessante di quell’inclemente cielo grigio e si posarono sulle mie iridi castane, rallentando i battiti del mio cuore.
“Non adesso, Gabrielle. Non ancora…“
Questo mi disse.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chi sei, tu?
 
Scendeva fitta la pioggia quella sera. Il cielo si faceva sempre più nero, sempre più cupo. Un vento gelido s’alzò d’improvviso, scuotendo con veemenza gli alberi e il campo di grano che avevano davanti.
I tuoni si ripetevano ad un ritmo inquietante, mentre il mondo circostante s’illuminava d’argento.
« Anthony! Anthony! » urlavo spaventata.
Lui non mi rispose.
Se ne stava lì, immobile, con il capo rivolto verso il cielo. La pioggia gli scendeva copiosa sul viso, i capelli gocciolavano rivoli d’acqua che incorniciavano stranamente il suo viso, negli occhi quella luce che avevo imparato ad amare, sulle labbra la smorfia di un sorriso, la sua mente persa in chissà quale segreto pensiero.
Era bello, pensai. Bello da lasciarmi senza fiato.
Lo vidi allargare le braccia e voltarsi a guardarmi.
« La senti, Gabrielle? La senti l’eternità? » Mi disse.
Mi rivolse uno strano sguardo, uno di quelli che non riuscivo mai a reggere, uno di quelli che mi faceva rabbrividire.
« Smettila! Vieni via! Io sento solo la pioggia e… tutti questi tuoni e questi fulmini! Ti prego, ti prego andiamo via. Lo sai, ho paura… » urlavo per sovrastare lo scroscio dell’acqua e lo sferzare del vento.  Lui abbassò le braccia e mi guardò. Il suo sorriso si era spento e i suoi occhi mi parvero, d’un tratto, tristi.
Camminò lento sotto la piaggia, era bello, bello davvero, era come se anche lui facesse parte di quello spettacolo naturale.
Quando mi fu di fronte, mi afferrò per le spalle con forza e mi guardò dritta negli occhi, penetrandomi l’anima con quelle iridi nero pece.
Non parlava, ma io lo sentivo. Il suo cuore stava urlando.
« Lasciami! » dissi. « Voglio tornare a casa. »
Mi strinse con più forza e mi avvicinò a sé. Sentivo il calore del suo corpo, sentivo il suo respiro concitato, sentivo i suoi occhi che mi scrutavano.
« Hai paura? » urlò, fissandomi e scuotendo con forza le mie spalle.
Feci un cenno di assenso con il capo, senza riuscire a dire una parola.
« E di cosa, sentiamo? » mi domandò, mentre i suoi occhi mi scuotevano l’anima.
Stretta in quella morsa non riuscii a dire nulla.
« Tu hai paura della vita! Hai paura di farti male, hai paura di affrontare gli imprevisti… Hai paura della fine! E allora, spiegami perché la cerchi? »
La sua voce mi trapassò il cuore. Calde e silenziose scesero le lacrime sulle mie guance.
Non mi aspettavo quel comportamento, non mi aspettavo quelle parole, non dopo la giornata che avevamo trascorso insieme.
Ululava il vento, schiacciandoci contro la pioggia battente, ma era il mio cuore quello che piangeva di più.
Perché mi parlava così?
« Dimmi perché? » continuò.
« Dimmi, perché pianifichi la tua fine? Perché ti ostini a rifiutare il cibo? Perché ti nascondi in un bagno per vomitare via la tua vita? »
Il mio pianto si fece disperato.
No, Tony non poteva parlarmi così. Lui no.
« Quante vite pensi di avere, Gabrielle? » mi disse alla fine, allentando la presa.
« Nessuna. » Mormorai.
Un fulmine si abbatté alle mie spalle, seguito da un fragoroso tuono.
« Nessuna? A sì? E spiegami dunque… quella che hai fra le mani, cos’è? Non è forse una vita? Una? »
Non le sopportavo, le sue parole. Non riuscivo a sostenere la durezza del suo sguardo e, con tutta la forza che riuscii a raccogliere, mi liberai della sua presa.
« No, non lo è. La mia non è una vita. La mia è solo una sopravvivenza! Ma che puoi saperne tu… tu che parli di cose assurde come l’eternità… »
Gli voltai le spalle e cominciai a correre. Sentivo la pioggia entrarmi nelle ossa, sentivo il vento penetrarmi l’anima.
Correvo disperata, soffocata dai miei stessi singhiozzi, perseguitata dalla paura e dallo sgomento.
Perché? Perché Anthony mi aveva parlato in quel modo?
Riuscii a vedere il ciglio della strada e mi chiesi quanto distante fossi da casa.
Non sapevo neanche dove fossi. Non avevo fatto caso alla strada mentre andavo, ero con Anthony, mi sentivo al sicuro e mi fidavo di lui.
Mi accasciai sull’asfalto bagnato e cominciai a sbattere violentemente i miei pugni su di esso.
Pochi minuti passarono, minuti che mi parvero interminabili, minuti che mi annientarono dentro. Poi, una mano ferma si poggiò sulla mia spalla, arrestando il mio respiro.
Sollevai piano la testa e lo vidi.
I suoi occhi mi guardavano seri, con quella luce che scaldava ogni parte di me.
« Perché? » Mi chiese.
Ripresi a respirare, allontanando i miei occhi dal suo sguardo così profondo.
« Non chiedermelo, per favore. Non farmi domande… è troppo difficile per me risponderti… Io non posso… » aggiunsi.
« Non puoi o non vuoi? »
La sua voce decisa mi arrivò alle orecchie come uno schiaffo imprevisto.
Era stanca, sentivo le forze abbandonarmi, eppure feci forza sulle mie gambe e riuscii ad alzarmi.
Mi voltai a guardarlo e sentii la rabbia crescere dentro di me.
« Chi sei, tu? Eh? Dimmi chi sei? » urlai.
« Sei piombato nella mia vita dal nulla. Mi hai portato una dannata coca-cola, lo sai vero che non mi piace la coca-cola? Certo che non lo sai, tu non mi conosci, non sai chi sono io. Sei arrivato in quella stanza di ospedale, mi hai ascoltata, mi hai offerto la tua mano, ma tu… tu chi sei? Che vuoi da me? » piangevo disperata.
Sentivo il mio corpo fremere dalla rabbia, dalla paura, dall’incertezza.
In fondo, non sapevo nulla di quel ragazzo, però ero certa di volerlo nella mia vita.
Lo vidi avvicinarsi a passi lenti, quando mi fu davanti, mi strinse tra le braccia, con forza.
Sentii il suo cuore battere all’impazzata, sentii quel profumo di pioggia che aveva sulla pelle, sentii quel tepore che mi scioglieva il cuore.
Era Anthony quello, il mio Anthony.
« Tu chi sei, Gabrielle? » sussurrò al mio orecchio.
« Te lo sei mai chiesto? O hai solo paura di scoprirti come quella che credi di essere?»
Come poteva una persona che conoscevo da così poco tempo, leggermi così bene dentro? Come poteva conoscere persino quello che io stessa non avevo il coraggio di pensare?
Mi aggrappai alla sua giacca e strinsi i pugni.
« Smettila, Gabrielle. Smettila di farti del male. Questa è la tua vita, non ce ne sono delle altre a disposizione. Non puoi buttarla via in questo modo. Smettila di guardarti nello specchio dell’orrore, smettila di piangere, smettila di avere paura. Tutto questo è vita, fa male, ma è vita lo stesso, anche se non vuoi, anche se ti rifiuti di ammetterlo. »
Mi strinse con più forza, una mano dietro la mia schiena, l’altra sulla mia testa, quasi a volermi proteggere da quello che i miei stessi pensieri potevano dirmi.
« Io ti vedo, Gabrielle. Vedo te. Io lo so che speri di essere svegliata dolcemente dal sole e di scoprire che l’alba abbia portato via i brutti ricordi, il triste passato. Anche se ti rifiuti di crederlo, io lo so che tu speri. La realtà è troppo dura per te e quando al mattino ti svegli, rendendoti conto che nulla è diverso dal giorno precedente, i ricordi, il dolore, il tempo perduto, la vita rubata, tornano alla mente tormentandoti. E muori dentro, lentamente. E ricominci a farti del male, perché ti detesti, perché credi che il tuo domani non verrà mai, perché la disperazione è più forte della tua voglia di vivere. Perché scomparire per porre fine alle tue sofferenze lo ritieni l’unico mezzo valido per terminare il tuo calvario. Io lo so, Gabrielle. Io ti vedo e i miei occhi vedono al di là di quello che credi di mostrare agli altri. »
Mi sfiorò i capelli con un bacio, prima di riprendere a parlarmi.
« Se smettessi di sopravvivere, vedresti la vita con gli occhi di chi non ha nulla da perdere. Se tu volessi vivere io non ti lascerei… Non potrei farlo. Io ti ho scelta. Tra milioni di persone, tu sei quella a cui ho offerto la mia coca-cola. Lo sai che mi piace la coca-cola, vero? »
Mi sembrò di vedere quel dolce sorriso dipingersi sulle sue labbra e ridacchiai appena, stringendomi in quell’abbraccio, incurante della pioggia che scrosciava senza sosta.
« Quanti anni ti sei lasciata rubare? Quanta vita hai lasciato che corresse come le lancette di un orologio impazzito? Gabrielle, la vita è una, una sola, devi averne cura, trattarla come il più prezioso dei gioielli, perché non esiste bene supremo maggiore. Non spostare i limiti, non fare di essi la tua condanna a morte, non lasciare che la luce dei tuoi occhi si spenga, non permettere ai sogni che rinneghi di morire per mano tua. La senti, la pioggia? Lo senti, il vento? Guardati intorno, guarda quanta vita c’è. Respira questi profumi, lascia andare le tue paure, dentro di te c’è una grande forza, una forza alla quale non ti appelli mai. Preferisci essere un angelo agonizzante, perché temi il fallimento… ma non cerchi mai di farti scudo della forza che custodisci dentro di te. Parlo della tua forza di volontà, Gabrielle. Ti confesso una cosa, la vita è piena di fallimenti. Se non attingi a quella forza, se non sgomiti, se non cadi e ti rialzi, se non piangi e asciughi le tue lacrime, se non lotti con coraggio non saprai mai quanto è bello e gratificante superare un fallimento. Sforzati di uscire da quel tunnel nel quale ti sei cacciata con le tue stesse mani. Le tue mani… Io amo le tue mani, Gabrielle. »
La sua voce era calda, profonda, rassicurante. Io sapevo che potevo fidarmi di lui, sentivo di poter credere alle sue parole, Anthony non mi avrebbe mai mentito.
« Mi ascolti? » mi chiese, allontanandomi dal suo petto.
Mi mancò subito quel contatto e cercai i suoi occhi, smarrita.
« Sì. » Bisbigliai.
« Sei in guerra. Devi combattere per riprenderti l’unica vita che possiedi. Io sarò con te. Non lascerò la tua mano, mi prenderò cura di te, ma ricorda: se ferisci te stessa, ferirai anche me. »
« Io vorrei poterlo fare, ma non credo di riuscirci. Credi siano sufficienti le tue parole? Credi che mi basti guardarmi attorno per desiderare questa vita? Quel dolore, quel peso che mi porto dentro è sempre là, sempre più grande, sempre più profondo. Mi scava dentro, non arresta mai la sua corsa, mi sfinisce, non vuole lasciarmi andare. Sono stanca di battermi contro l’altra me. Vuoi sapere perché non mangio, perché mi chiudo in un bagno? Perché io odio Gabrielle, perché voglio ferirla, farle male fino a distruggerla. Lei non è mai quello che la gente vorrebbe vedere, non è neanche quella che io stessa vorrei vedere. Quella Gabrielle, si prende sempre quel che resta di me… e mi lascia in un angolo inerme, da sola, tormentata dai ricordi, dai pensieri… e allora mi sembra d’impazzire. E giro, giro, giro in tondo, come se corressi sulla ruota di un criceto; mi affanno ad andare avanti, ma sono sempre lì, ferma nello stesso punto dal quale ero partita. »
Scoppiai in un pianto inconsolabile.
Mi sentii come se la Gabrielle di cui stavo parlando, mi stesse prendendo in giro, come se ridesse di me, di quella vita che aveva trasformato in un inferno.
Mi accovacciai su me stessa, tappandomi le orecchie con le mani.
« Basta! Sta’ zitta! Sta’ zitta, non voglio sentirti! Non voglio che tu mi ricorda niente! Non voglio! »
I ricordi si susseguivano nella mia testa, come la pellicola di un film che scorreva veloce, sempre più veloce.
Strinsi gli occhi con forza per cancellare dalla mia mente quelle immagini, ma invano.
Vidi Anthony, piegarsi sulle sue ginocchia e cercare i miei occhi.
« Ti prego, falla smettere. Non ne posso più. » Mormorai.
Mi accarezzò il viso, asciugandomi una lacrima.
« Non posso mandarla via, quella Gabrielle è dentro di te. Fa parte di te, devi accettarla, batterti e vincerla. Tu non sei quella che credi, nella tua scia di imperfezioni sei perfetta così come sei. Credimi, tra milioni di persone, io sceglierei di nuovo te. Ancora e poi ancora. Sei così imperfetta, sei così reale, sei così viva… »
Mi asciugò le lacrime con piccoli baci e alzò gli occhi al cielo.
La pioggia era cessata. Intorno a noi c’era solo silenzio e quiete.
Potevo sentire l’eco dei nostri battiti, il fruscio dei nostri respiri, l’odore della pioggia.
Si alzò in piedi e mi offrì la sua mano.
Era lì, tesa verso di me, ferma e sicura.
L’afferrai piano, dapprima con timore, poi lasciai che lui mi aiutasse ad alzarmi e cercai, ansiosa, i suoi occhi che credevo persi in qualche angolo di cielo.
Invece no.
Mi guardava, Anthony. Mi guardava come solo lui sapeva fare.
Lui mi vedeva davvero. Lui vedeva Gabrielle.
« Chi sei, tu? » Gli chiesi, guardandolo attentamente.
Non ebbi risposta, ma mi sorrise. E come mi sorrise.

 
NdA: Quasi mi sembra impossibile, non credevo che un giorno avrei proseguito questa storia… Questo significa tanto per me, vuol dire che sono “tornata”, che sono davvero tornata. ^^
Voi cosa ne pensate? Fatemi conoscere il vostro parere, qualunque esso sia.

Con affetto,

Kim Na Nà
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Kim NaNa