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Autore: _Mad    06/07/2012    0 recensioni
Tutto ciò che aspetti: un po' di anormalità in questo troppo normale buco di città spersa nel nulla.
Una ventata d'aria fresca, un qualcosa che faccia capire che anche qui, sì, si possono avere dei sogni, dei sogni reali, dei sogni anche realizzabili.
Le solite persone, le solite famiglie da generazioni.
E poi, ciò che sconvolge tutto. Immersi in una guerra troppo assurda e troppo incomprensibile da concepire.
Restare forte, l'unica scelta per non farsi abbattere dalle situazioni.
Lucrezia, una semplice ragazza di 16 anni, una vita stravolta da una guerra.
E poi un arrivo. Un arrivo che agita tutta la quotidianità ormai troppo normale, così tanto normale che da non poterla più considerare tale.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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-Arriveranno. Domani o dopodomani.- gli dico io, non appena entro in camera sua dalla finestra. Lui ridacchia
-Puah. Almeno sono i Tedeschi e non cert'altra gentaccia.- io mi siedo sul bordino del davanzale della finestra
-Che ti aspettavi? Lo sapevi che sarebbero tornati, e torneranno finché non sarai “pronto” per tutto.- ride beffardo, ancora scettico su quest'aspetto
-Ti pare? Ti pare che io mi farò trovare qui ancora per altri loro sopralluoghi? Lucrezia, io me ne vado, me ne vado.- 
No, ti prego non dire così. Non mi lasciare in questo buco di città, portami con te.
-Ah, e tu ti aspetti che io me ne starò qua a guardarti che scappi? Io vengo con te, eccome.- dico io, scherzando ma infondo lui capisce che sono serissima
-Lo sai, che è difficilissimo. È già tanto se riuscirò a scappare io.- 
Mi dispiace davvero, per lui. Questa sua paura perfino di stare a casa sua, questa sua necessità di dover scappare, dalla sua famiglia, dal posto dove ha passato l'infanzia.
Tutto questo che per me soffoca così terribilmente, lui invece sta lottando con tutte le forze per tenerselo stretto. Lo vedo alzarsi e andare a cercare qualcosa sotto il letto.
Trascina fuori la bilancia, mio Dio mi sta facendo impazzire con questo fatto: controlla il suo peso e la sua circonferenza di braccia e gambe neanche fosse una modella in ansia per un concorso di bellezza.
-Merda, da ieri soltanto tre etti in meno. E ho toccato poco e niente.- lo vedo smorto, e nonostante stia crescendo ha un corpo magro e asciutto.
Non è il Giampaolo che ho sempre conosciuto, sta crescendo psicologicamente con una precocità che io neanche riesco a immaginare.
-C'è solo da sperare che vengano dopodomani, così almeno ho ancora un giorno da sfruttare.-  io penso di aver avuto un colpo di genio
-Scusami, perchè non ti nascondi? Penseranno che ormai qui si siano presi tutti quelli che hanno potuto.- lui scuote la testa
-Magari fosse così facile. Era un'opzione accettabile se solo non fossero già passati una volta: lì mi hanno scartato di loro. Sanno che io potrei essere un “possibile nuovo entrato”. Devo solo tenere duro, ancora per un paio di giorni. Poi, si vedrà.- io gli sorrido, lui forse si accorge della mia preoccupazione, e così ricambia il sorriso.
-Non me ne andrò per sempre, non preoccuparti. Dovrò soltanto sparire per qualche tempo, finché la guerra non finirà. Devi soltanto promettermi che non scomparirai, anche tu.- io alzo un sopracciglio
-Io? Ovviamente, certo che scomparirò. Non deperirò mica qui, in questa minuscola città di campagna. Me ne andrò a vivere in Canada, sposerò un biondo mozzafiato e avrò pochi figli (si spera).- lui fa spallucce
-Basta che non ti metti sotto un tetto uno sporco Sovietico, o Americano.- io faccio spallucce
-Macché! Io punto ai Canadesi. Confinano con gli americani, ma sono tutt'altra cosa, intendo... nei pantaloni.- lui strizza gli occhi e poi mi tira una spintarella
-Eddai, con questi discorsi!- 
 
 
 
Per sua sfortuna, i tedeschi sono arrivati la sera del giorno dopo, e proprio lui come temeva sono andati dritti dritti a casa sua.
Dalla finestra della mia camera riesco a capire attraverso le ombre sulle finestre del salotto di casa sua che i soldati non se ne sono ancora andati.
-Uhh! Sono arrivati i soldati!- dice Margherita tutta emozionata, imitando anche male la voce di Maria. E brava, almeno lei che prende spunto e ispirazione da chi deve.
Magari sarebbe stato diverso, se l'avessi fatto anche io fin dal principio, quando ancora il mio carattere non era definito, ancora in ridefinizione.
-Non sarei così felice e allegra, se fossi in te, Margherita. Quando arrivano non c'è da aspettarsi niente di buono.- lei finge di non capire ma poi commenta
-Ma sono così affascinanti! E poi hanno certi muscoli!- io mi metto una mano sugli occhi appena sento questi discorsi provenire dal salotto.
Che superficiale, mio Dio. Un'altra sorella da stimare!
-Ti prego, Maria, mi porti alla trattoria?- Maria la guarda male, e così Margherita si spiega subito
-Sì, dai, di sicuro vanno lì a mangiare, là sera! Ti prego, accompagnami.- raggiungo la famiglia in cucina e sento mia madre dire
-Dai, sì, Maria, accompagnala... è pure una bella serata, fa caldo, andate a mangiare fuori... io qua ho ancora da fare... con il bucato, e le lenzuola...- dice mia mamma, un po' sovrappensiero e quasi malinconica.
Non ce la potrei fare a stare questa sera con mia mamma, rischierei di pensare troppo a mio padre. Va là, andiamo a mangiare da Giuliano.
 
 
Ci serve subito, non appena ci mettiamo seduti ad uno dei suoi tavoli, tanto ormai siamo clienti abituali, sa benissimo cosa ci piace mangiare da lui.
Non è che avessi molta fame, però non rinuncio al polpettone della casa.
-Mi dispiace sconvolgere in questo modo la tua euforia, ma mi sa che non si faranno vedere.- comincio a dire io, quando ad un certo punto comincia ad attizzarsi sulla sedia, e a sussurrare
-Guardali, guardali, sono arrivati... mio Dio...- io la guardo quasi imbarazzandomi per lei, non riesco a vederli, sono ad un posto del tavolo che do le spalle alla porta d'entrata.
A me viene un po' da ridere nel vedere Margherita così euforica per l'arrivo dei soldati (insomma, è poco più di una bambina!), e Maria non è che le dia così tanto retta.
Però io un po' sono curiosa, mi volto appena, noto che si sono seduti in un tavolo poco più indietro da noi. Sono ancora in divisa, sciatta e con il solito ocra spento, neanche per mangiare si tolgono il berretto: mi fanno ribrezzo.
Li sento borbottare e ridacchiare, marcato come un solco nel terreno il loro accento tedesco, ma in realtà non so quale sia il motivo di tanto ridere, forse noi, perchè poco dopo uno di quelli ci dice 
-Signorine, non siamo di qui. Avete qualche specialità da consigliarci?- io socchiudo gli occhi, questo accento da spocchioso tedesco mi irrita.
Non è molto nel mio carattere fare la scazzata oppure rispondere male e attaccare litigi così senza motivo, però sono parecchio irritata.
Vengono qui, spopolano le città, tolgono dalle case padri di famiglia, figli, e poi pretendono di stare qui, nella nostra città, nella nostra trattoria di fiducia come se niente fosse, come se tutto potesse considerarsi normale.
Mi giro di scatto verso il tavolo per dire tutto, tutto ciò che penso.
 
Quando però mi blocco di scatto.
Sento un fuoco scoppiarmi sotto le guancie.
 
 
Davanti a me il ragazzo più bello che abbia mai visto.
   
 
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