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Autore: PioggiaDiLuglio    06/07/2012    1 recensioni
In questa storia Renji ripensa al suo passato in modo disordinato e spesso divagante.
Durante la narrazione il punto di vista di Renji verrà continuamente alternato e confrontato con quello di Rukia.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Renji Abarai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Memorie di un cane                                                                                                                                                                               Salve, questa e la mia prima Fanfiction.
                                                                                                        Mi scuso per lo stile "un po' particolare"e
spero che questa storia che non vi deluda.
                                                                                                      In questa storia Renji ripensa al suo passato in modo disordinato e spesso divagante.
                                                                                                     

                                      Memorie di un cane randagio  

1.Ricordi

Renji amava quello sperduto angolo della Soul Society, lì in quella radura si sentiva al sicuro, si trovava in un posto quasi del tutto abbandonato dove la natura non era ancora stata profanata dalla mano dell’uomo.
Il sole filtrava tra le frondose chiome degli alberi concedendo a quel luogo un atmosfera quasi sacrale, così doveva essere il mondo prima degli uomini.
In pace gli unici suoni che Renji poteva percepire erano i versi degli animali appostati dietro ogni cespuglio, il rumore del vento che armonioso passava tra le foglie carezzandole e creando un armoniosa melodia, gli stridii degli insetti che si radunavano sulle cortecce ferite degli alberi che trasudavano gustosa linfa dorata.
Amava quel posto perché ogni dettaglio dimostrava che era vivo.
Alzò la testa per porgere i suoi omaggi alle maestose cime degli alberi secolari, che avrebbe potuto incutere soggezione persino al Capitano Yamamoto .
Rimase a fissare i grandi rami possenti che pullulavano di scimmie di varie dimensioni, andava particolarmente d’accordo con quelle creature; quello stronzo di Kurosaki avrebbe detto una cazzata del tipo:
< Tra simili ci si intende >
Ma Renji, non diede peso a quei pensieri così irritanti e si sdraiò sul manto erboso, sul quale crescevano rigogliosi fiori di ogni tipo, e decise di arrendersi alle moine di Morfeo che già da un po’ aveva deciso di accoglierlo sel suo abbraccio.
Rimase lì qualche ora, ormai catturato dal sonno, quando si ridestò era ormai il tramonto,decise di camminare fino ad una sorgente termale, che non distava troppo da lì.
Non c’era paragone con le sorgenti della Corte delle Anime Pure.
In quelle rocciose sorgenti nascoste dagli alberi regnava una perenne penombra, offuscata ulteriormente dai vapori dell’acqua, solo lui conosceva quel posto, l’aveva trovato da disperato, l’aveva trovato e l’usato per allenarsi ossessionato dall’idea della forza; solo se fosse stato abbastanza forte sarebbe riuscito a parlare con Rukia.
In quel periodo era assillato da quel problema. Lui non era nobile, e quando Rukia diventò la sorella minore di Byakuya Kuchiki, perse il diritto di parlarle.
Era passato tanto tempo, e ormai quel problema non esisteva più, ma lui si sentiva ancora condizionato da quegli eventi.
Ora aveva accettato il fatto di essere solo un cane randagio, e non riusciva più a considerarsi in altro modo.
L’invidia di ieri non è già finita, era passato tanto tempo ma Renji ancora non riusciva a scacciare quei sentimenti nei confronti del suo capitano.
Si sentiva inferiore a lui dal primo incontro, e in diverse occasione il Capitano della Sesta Brigata aveva dimostrato di essere superio in tutto al suo tenente.
Che scherzo del destino, lui tenente di Kuchiki Byakuya, non aveva senso, ma da quando aveva perso la sua stella il suo Capitano era diventato il suo unico punto di riferimento, la sua guida, la persona da eguagliare e il suo muro da scavalcare.
Ironico, come contrastino tra loro i sentimenti di Renji.
Forse come spesso gli veniva ripetuto non era un genio, era rissoso manesco, impulsivo, permaloso, volgare, e a volte persino ingenuo; tutte doti opposte a quelle del suo fascinoso Capitano.
Diavolo se lo odiava. Ma gli rimaneva solo lui.
    
Questi pensieri lo accompagnarono fino alla sorgente.
Quando iniziò a scorgerne i vapori era ormai buio.
Cazzo aveva dormito troppo a lungo.
Per fortuna aveva ancora qualche giorno di congedo per prendersela comoda.
Non aveva chiesto il periodo di congedo per caso, ne chiedeva uno appena poteva appositamente per andare in quel posto a lavarsi via di dosso ogni residuo di stress.
Poteva dimenticarsi quei coglioni di Kurosaki e tutti quei rissosi babbei che lo circondavano.
Potevano andare a farsi fottere, loro e tutte le responsabilità che comportava essere un tenente;
aveva raggiunto quel grado per la sua forza non per fare da segretario al suo Capitano.
Una volta arrivato davanti alla sorgente iniziò a spogliarsi, con metodica lentezza; quando ebbe finito si immerse nell’acqua bollente, e venne subito raggiunto da un babbuino che lo aveva, evidentemente, preso in simpatia.
Immerso nell’acqua sulfurea della sorgente naturale si poteva dimenticare di tutto ciò che lo angustiava.
Si rilassò e si fece scappare un sospiro.
Mentre si godeva il calore dell’acqua incominciò a ripercorrere a ritroso la strada dei suoi ricordi riscoprendo nuovamente tutti gli eventi che aveva vissuto fino a quel giorno.


Era ancora uno studente quando scoprì quel luogo, lo trovò cercando un luogo dove allenarsi, si ricordava perfettamente quel giorno, era lo stesso giorno in cui aveva passato la seconda fase della “classe speciale di livello avanzato”, anche se aveva ancora qualche problema nella gestione del kido; si sentiva fortunato, molto fortunato, era così felice che pensò di esplodere a causa della troppa emozione. Era entrato nel “Istituto Centrale per le Tecniche dello Spirito” anche chiamato l’Accademia insieme a Rukia, ed entrambi erano intenzionati a diventare degli shinigami di alto livello per sfuggire alla fame, alla povertà, alla frustrazione, al dolore e forse anche ai loro ricordi.
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.                                                                                                                   Tre anni prima
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Renji percorreva il lungo corridoio di legno a grandi falcate, ma con ritmo irregolare, a volte la sua andatura accelerava, mostrando tutto il suo entusiasmo, a volte invece rallentava, per riacquistare un po’ di contegno, non poteva di certo presentarsi a Rukia felice come una pasqua per essere entrato in un corso dal quale lei era stata esclusa, indeciso su come presentarsi al amica Renji continuò a muoversi con quell’andatura incerta, ancora per qualche minuto ma alla fine l’emozione lo travolse e perdendo ogni contegno iniziò a correre, schivando i poveri malcapitati che si aggiravano per il corridoio, e suscitando sguardi di rimprovero nei testimoni della sua “corsa ad ostacoli”.

Continuò a correre fino ad arrivare davanti alla grande porta scorrevole di legno e carta di riso; con il suo solito fare incruento, senza fermarsi, aprì la porta e senza neanche pensare a ciò che stava facendo gridò tutto d’un fiato
< Rukia, ho passato la seconda fase………. >
Ma la scena che gli si parava davanti era ben diversa da quella che si era immaginato.
La stanza era buia e davanti a lui si trovavano quattro persone di cui due shinigami dal fisico possente e due uomini dalla straordinaria forza spirituale che, a causa dei loro Kenseikan, aveva riconosciuto come nobili.
Rukia era al centro della stanza e guardava in basso, i morbidi capelli corvini la coprivano gli occhi.
L’atmosfera doveva essere veramente pesante prima che Renji irrompesse nella stanza interrompendo qualunque cosa si stesse svolgendo là dentro.  
Tutti lo stavano fissando con sguardi carichi di elettricità, tutti tranne Rukia che continuava a fissare il terreno sotto di lei.
Poi all’improvviso un uomo voltò le spalle a Renji e ricominciò a parlare rivolgendosi a Rukia
< Mi raccomando signorina, ci aspettiamo una risposta affermativa >
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.                                                                                                                       Rukia
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Rukia fu veramente grata che Renji fosse entrato nella stanza solo alle fine del discorso di quel vecchio viscido, non sapeva perché ma la sua voce le risuonava ancora in mente.
Richiamò alla mente tutte le parole pronunciate dal vecchio una ad una.
< Quindi signorina Rukia come le ho spiegato in precedenza, le stiamo offrendo una grande opportunità proponendole di entrare nella casata dei Kuchiki, ci pensi, non è un onore che capita a tutte le donne quello di assomigliare in modo così impressionante alla povera signora Hisana Kuchiki, che aimè ormai è deceduta. > fece una pausa < Il qui presente Byakuya Kuchiki per primo ha riscontrato in lei questa somiglianza e le sta offrendo non solo la possibilità di unirsi alla nostra casata, ma anche quella di concludere immediatamente il suo addestramento in accademia e diventare subito uno shinigami di ruolo, ci occuperemo noi della sua sistemazione nel Gotei 13, ovviamente dopo l’adozione lei sarà considerata una nobile a tutti gli effetti, non che la sorella minore di Byakuya Kuchiki >
Quando l’uomo smise di parlare calò il silenzio.
Dopo tre lunghi attimi d’attesa Renji entrò bruscamente nella stanza chiassoso come di consueto.
Rukia si sentì sollevata da quel nuovo arrivo, decise di alzare lo sguardo per accoglierlo.
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Finalmente Rukia decise di alzare gli occhi dal terreno, tutti i presenti la ringraziarono mentalmente per quel gesto, erano molto nervosi, e molti era stanchi di vederla fissarsi le scarpe e di ripeterle centinaia di volte le stesse cose; fosse stata un'altra avrebbe acetato al volo, cosa era a trattenerla?
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.                                                                                                                       Renji
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Renji era fermo sulla soglia, sudava freddo e non capiva il perché; era molto nervoso forse più di Rukia stessa, perché non riusciva a capire cosa stava accadendo in quella dannata stanza. Aveva un brutto presentimento e aveva assolutamente bisogno di guardare Rukia negli occhi.
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Il silenzio regnava ancora sovrano, quando gli occhi di Rukia incontrarono quelli di Renji.
Era curioso che quello sguardo fosse dedicato a lui, Rukia era circondata da persone che l’avevano assillata per chissà quanto tempo e che aspettavano bramosi una sua risposta, persone con cui sarebbe stato più logico parlare dato quello che le stavano proponendo.
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.                                                                                                                       Renji
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Visto da altri quello sguardo poteva essere interpretato come una richiesta d’aiuto al unico volto amico presente nella stanza, a Renji avrebbe fatto molto piacere se fosse stato così, non riusciva a spiegarselo nemmeno lui il perché ma ciò lo avrebbe sollevato; ma conosceva troppo bene Rukia, sapeva che quello sguardo e sfuggente era solo la conferma di ciò che aveva premunito il suo istinto: GUAI

Quello sguardo era solo il modo di Rukia di informare anche Renji che aveva fatto una scelta, e la cosa la spaventava, e che soprattutto aveva bisogno di sentirsi dire che era quella giusta.
Il problema era che Renji non aveva idea cosa fosse accaduto in quella stanza, e quindi non avrebbe potuto aiutarla.

L’anziano signore le rivolse un ultima occhiata e si congedò insieme ai due gorilla e al giovane capitano.
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.                                                                                                                        Rukia
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Rukia sapeva già cosa avrebbe risposto, sapeva che era la scelta giusta, lo avrebbe capito anche Renji, forse.
Ma anche se era la scelta giusta Rukia si sentiva veramente malissimo, era triste e si sentiva sola, sola come non mai.
 
Rukia era ambiziosa, determinata e abbastanza sicura di se, di certo non era debole come poteva apparire; lei era un osso duro, aveva passato tutta la vita per la strada a cadere e rialzarsi costantemente, si diceva ogni volta che sarebbe stata l’ultima caduta, l’ultimo errore, che non si sarebbe più ripetuto, poi aveva incontrato Renji e gli altri ragazzini della strada, piccoli disperati che cercavano di sopravvivere in un mondo troppo duro per dei bambini.
Solo lei e Renji erano abbastanza forti per quelle strade, solo loro di tutti i loro amici e conoscenti avevano bisogno di mangiare, per mantenere intatta la loro energia spirituale, molte volte gli era stato consigliato di diventare shinigami, l’idea allettava entrambi, ma diventare shinigami era come un tradimento dei confronti di tutti gli amici che erano condannati a rimanere in quelle strade polverose che puzzavano costantemente di marcio e sangue.
Ma diventare shinigami non è più un tradimento se non c’è più nessuno da tradire.
Così il giorno della morte dell’ultimo dei loro compagni Rukia decise di dire a Renji quello che da sempre aveva ripetuto a se stessa
< Renji, diventiamo shinigami > prese fiato
< Diventiamo shinigami, così potremo vivere nella Corte delle Anime Pure >
- Così questa sarà l’ultima volta- pensò Rukia, guardando dritto davanti a se, verso la Corte delle Anime Pure.

Così si erano iscritti al “Istituto Centrale per le Tecniche dello Spirito” ; l’ Accademia, il resto era andato tutto troppo velocemente per ricordarlo, era tutto offuscato dai fumi dell’euforia della promessa di una nuova vita, poi l’incertezza, la paura di non essere pronti, o peggio di non essere adatti, e alla fine ci si ritrova in una stanza buia circondati da sconosciuti che ti offrono grandi opportunità.

Non aveva senso, era andato tutto troppo veloce, ma in realtà non le importava ora finalmente poteva portare a termine ciò che aveva iniziato, dopo la sua risposta sarebbe stata lei a dare un senso a tutto, stava solo aspettando di salutare una persona; perché lei sapeva che probabilmente quello sarebbe stato un addio.
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.                                                                                                                        Renji
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Renji capì subito ciò che passava per la tasta di quella sciaguratissima mora.

Quell’idiota aveva deciso da subito la sua risposta, non aveva mai avuto dubbi, il problema era che lui non conosceva ancora la domanda.
Ma quando gli si avvicinò capì che l’unico motivo per il quale non aveva ancora risposto era lui, era il suo modo per dirgli addio; come aveva aspettato la morte dei suoi compagni per diventare shinigami aspettava la sua presenza per informarlo che non si sarebbero più visti, o almeno non lo avrebbero più fatto come prima. Era questo che gli diceva il suo istinto, ma Renji sperava tanto di sbagliare.

In quel momento doveva avere una faccia proprio sconvolta.

Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, Rukia era accanto a lui, evitava il suo sguardo, Renji esitò e poi disse con palesemente falso tono gioioso, che non nascondeva un certo imbarazzo
< Ehi Rukia, che atmosfera pesante che c’è qui dentro eh? > si fece scappare una risata nervosa e continuò con un sorriso decisamente falso
< Di cosa stavate parlando? >
Lei evitò il suo sguardo, di nuovo.
< Quindi? >
Rukia ignorò le sue parole, mentre diede corpo ai suoi pensieri.
Aumentando la stretta sulla spalla del rosso abbassò la testa a sussurrò
< La casata Kuchiki ha chiesto di adottarmi>
Lo disse tutto d’un fiato, senza pause, puntando lo sguardo in basso; lo disse così velocemente da mordersi la lingua, ma solo così poteva dirglielo, solo così potava evitare che quelle parole gli morissero in gola.

Renji sentì una fitta di dolere al petto, era come una violenta pugnalata nella gabbia toracica.
Era un colpo inaspettato, si sentiva ferito, tradito, triste e molto solo, unico pezzente del 78° Distretto del Rukongai in mezzi tutti quei signorini ben vestiti e di buona famiglia, che non avevano mai provato la fame, il cui massimo divertimento era giudicare lui e suoi modi energici, proprio lui che per arrivare dove era aveva lottato con le unghie e con i denti.
Sentì la rabbia esplodergli dentro, un sentimento così forte da colpire tutti senza distinzioni, i suoi compagni ben pensanti, i nobili, il Rukongai, la Corte delle Anime Pure, l’ intera Soul Society.
Ma non poteva farci nulla, questa era l’occasione di Rukia e lui non poteva rovinargliela.
Aveva appena trovato un bell posto in cui vivere in mezzo a tutta quella merda.
Non poteva mostrarsi debole o offeso in quel momento; era un passo importante per Rukia e doveva aiutarla.
Cercò di recitare meglio di come avesse mai fatto prima, così riuscì quasi ad eguagliare la sua naturale euforia
< Che colpo Rukia! > gridò
Rukia apparve sorpresa dalla reazione del amico.
< Ma si, se vai in un posto del genere potrai rimbecillirti nell’ozio!! > disse lui con un grande sorriso.
< Dannata, ti invidio!! > continuò                                           
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.                                                                                                                         Rukia
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Rukia si sentì sollevata dalla reazione di Renji, ma questo non bastò a cacciar via la tristezza e il senso di vuoto che ormai l’avevano ghermita nel loro subdolo abbraccio.
Fissò il rosso con occhi languidi, mentre quello mostrava troppo entusiasmo per la situazione rivelando così la falsità delle sue parole.
La ragazza dai capelli corvini, spostò il braccio del compagno che aveva deciso di cingerle le spalle mentre emetteva falsi gridi di gioia; Rukia abbassò lo sguardo, poi mantenendo la presa sul braccio di Renji, che intanto aveva smesso di comportarsi da cretino e ora la fissava attentamente, lo avvicinò a se, vi poggiò sopra l’altra mano e si avvicinò al corpo del compagno.
Il suo respiro regolare venne scosso dai singhiozzi, sentiva il suo odore, sentiva l’odore di Renji così, ed era sicura che anche lui sentiva il suo; sapeva che lui, in quel momento, era concentrato sul calore delle sue mani e non riusciva badare ad altro.
Voleva che fosse bello il loro addio, perché lo sapevano bene entrambi, quello era un addio.
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.                                                                                                                          Renji
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Doveva essere il modo che Rukia aveva scelto per dirgli addio; solo a questo riusciva a pensare Renji mentre si deliziava della solida stretta di quelle piccola mani calde, che avevano deciso di cingere il suo braccio, poteva quasi essere considerato un abbraccio, o almeno così lo considerava lui.
-Sbrigati ad andartene idiota, non potrei resistere oltre- pensò il rosso.
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.                                                                                                                           Rukia
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Rukia capì che era il momento di andare, alzò la testa e degnò l’amico del suo sguardo, gli sussurrò una parola che non avrebbe mai pensato di dirgli, a causa della sua natura orgogliosa
< Grazie > poi scappò via sperando che non avesse notato le lacrime.
Semplicemente grazie.
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.                                                                                                                           Renji
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Renji guardò la pulce dai capelli corvini scappare via, era sicuro che stesse piangendo.

Rimase lì ferme per qualche minuto a metabolizzare i fatti, quel suo stupido sorriso gli era morto sulle labbra.
Rukia aveva trovato una famiglia non poteva mettersi in mezzo.
Rimase ancora un po’ fermo a pensare, era arrabbiato, frustrato, amareggiato, e solo.
Rimase ancora un po’ fermo a pensare, sul suo braccio sentiva ancora il calore di Rukia.


Doveva trovare un modo per sfogarsi, lo trovò nel tormentarsi.

Se avesse aspettato prima di aprire quella fottutissima porta si sarebbe risparmiato quello scenario, e forse anche quella delusione, proprio ora che poteva dire di aver ottenuto qualcosa, ne perdeva un'altra, proprio nel momento in cui aveva dimostrato a se stesso di non essere più lo straccione moccioso del 78° Distretto del Rukongai, proprio ora che si sentiva una persona vera, e non un cane che ululava disperato alla sua stella, proprio nel momento in cui avrebbe potuto dire a Rukia che ne era valsa la pena, che ce la poteva fare, proprio ora quella ragazzina stizzosa era diventata nobile, e lui ora aveva perso anche la stella a cui ululare.

Ma che stava dicendo, Rukia non aveva colpa di niente, anche lei, come Renji una volta era una pezzente del 78° Distretto del Rukongai.
 L’aveva conosciuta in un assolato pomeriggio estivo; lui e i suoi amici stavano cercando di scappare da un vecchio commerciante al quale avevano sottratto una otre piena di dissetante e freschissima acqua; ma il tipo era fermamente deciso a riprendersela.
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.                                                                                                      Tredici anni prima nel Rukongai
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Quel vecchiaccio non sembrava nutrire molta simpatia per i clienti che non potevano permettersi di pagare, e quel maledetto caldo non aiutava di certo.
Stava correndo via con l’otre, stando ben attento a non farla cadere, e sentiva il fiato del vecchio venditore sul suo collo, non riusciva ad accelerare e presto sarebbe svenuto dalla sete, stava per fermarsi quando tra un sospiro e un altro colse le parole del mercante
< Ti uccido > sussurrò il vecchio quasi sfiorando Renji, il quale venne scosso da un brivido di terrore che gli correva per tutta la schiena.

Lo sapeva benissimo che lo avrebbe ucciso, e non solo perché il vecchio fino a poco prima stava sbraitando le stesse parole lungo la strada cogliendo l’attenzione dei passanti.
Renji lo sapeva benissimo perché ormai era parecchio tempo che viveva in quelle luride polverose e malfamate strade, che erano tra le più pericolose, lui lo sapeva benissimo che dove si vive male la gente non va mai tanto per il sottile, nessuno in quelle strade avrebbe avuto pietà di lui, non era mai successo, e neanche quel giorno sarebbe accaduto.

Stava ancora correndo con tutte le sue forze, determinato a vender cara la pelle e incitato dai suoi compagni, non sarebbe morto quel giorno, decise di usare tutte le forze che aveva ancora in corpo per un ultimo e disperato sprint, nel tentativo di superare il vecchio mercante quando improvvisamente si ritrovò a terra con la faccia nella polvere, non si era neanche reso conto di cadere, ora però il problema era rialzarsi.

Ancora stordito per la botta non si rese pienamente conto di ciò che stava accadendo, l’unica cosa che vide con chiarezza fu una ragazzina saltare di netto sopra di lui e atterrare precisamente sopra la faccia del maledetto mercante.

Era incredibile come un semplice calcio sembrasse un movimento così elegante eseguito da quella piccola pulce dai morbidi capelli corvini e la pelle d’avorio.
La ragazzina si girò verso di lui mostrando il suo piccolo e grazioso volto, fu un instante ma a Renji parve un tempo assolutamente lunghissimo, il tempo necessario per studiare i suoi grandissimi occhio color della notte, di un blu così intenso da essere quasi soffocante, uno di quei colori che ti avvolge e poi ti affoga dolcemente nei suoi meandri.

Renji non sapeva se fosse stata colpa della botta ma si sentiva stralunato, sarebbe voluto restare molto più a lungo in quella sorta di trance in cui era caduto, ma venne destato dalla voce severa della ragazzina
< Scappa! > disse lei iniziando a correre
Renji si rialzò trascinando via l’otre d’acqua inizio a correre per raggiungere quella pulce dai capelli corvini.

Intanto il venditore ripresosi dal poderoso calcio della piccola moretta si era rialzato, e sentendosi ormai sconfitto, si arrese all’idea di non rivedere più la sua preziosa otre d’acqua e quindi si limitò a guardare i ragazzini scappar via e agitare malamente il pugno in aria; imprecando contro di loro si avviò verso il suo esercizio per controllare che altri disperati non avessero approfittato della sua assenza per trafugare altra acqua.
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.                                                                                                          Rukia tre anni prima
.                                       
Rukia corse fino a perdere il fiato lungo il corridoio di legno, corse finché non vide la figura dei Kuchiki davanti a lei, poi gridò
< Aspettate! > riprese fiato
< Aspettate, vi prego! >  i Kuchiki si voltarono a guardarla
Ansimò, cercando di ricomporsi.
Ora la giovane aveva tutti gli occhi puntati su di lei, dosò bene le parole e  assunse una posa regale, e  con voce decisa e cristallina disse
< Accetto la vostra offerta e vi ringrazio infinitamente, sono onorata di entrare a far parte del casato dei Kuchiki >
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.                                                                                                  Renji nella sorgente termale
.                                       
I ricordi si affollavano nella mente di Renji .
Non poté fare a meno di provare un moto d’ira.
          Quanto si sentiva patetico.

Neanche in quello splendido posto era al sicuro dai suoi ricordi.
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                                                                                                           Mi sono presa la libertà di modificare alcuni aventi in modo non troppo rilevante.                                                                                                                                          Spero di essere stata abbastanza fedele nel riportare gli eventi.
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                                         Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Tite Kuko, questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
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