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Autore: suinogiallo    22/01/2007    0 recensioni
Il gruppo si arrestò di fronte all’enorme statua di pietra che raffigurava Azmiotecul, uno dei Grandi Antichi che i popoli primigeni di quelle lande adoravano. Ai piedi della statua un altare in marmo bianco raffigurava una giovane donna nuda distesa di schiena su di un ceppo con le mani e le caviglie legate a dei paletti infissi nel terreno.
In quella posizione, alquanto scomoda, il torace e l’addome della ragazza formavano un piano quasi perfetto sul quale gli officianti del culto potevano celebrare i loro riti ed i sacrifici al dio. Sacrifici che, a dar retta agli antichi scritti erano invariabilmente umani.
(versione riveduta)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hyarbor’s Chronicles


Capitolo VII
Il tempio di Bal-Llur ed il Bosco Sacro

La luce evocata da Soda rischiarava le tenebre rendendo visibili i gradini di roccia che scendevano nelle viscere del vulcano mentre l’eco dei loro passi si confondeva con il gorgogliare della lava che giungeva da ogni dove intorno a loro.
- Fa caldo, non trovate – mormorò Butch avendo l’accortezza di non sfiorare le rocce intorno a lui. Obert aveva commesso quell’errore poco prima e per poco non si era ustionato.
- Siamo nel ventre del vulcano – gli ricordò Gobert avanzando con la sua ascia sempre davanti – e più scenderemo e più sentiremo caldo – quei luoghi erano a lui congeniali. Era un nano, era nato in una miniera e conosceva la terra e le rocce come nessun altro.
- Speriamo di trovare presto ciò che cerchiamo – sussurrò Obert sentendo il sudore colargli sotto la corazza. Anche se era leggera non era certo il massimo della freschezza. Per Crown, quel dannato mago avrebbe dovuto pagargli anche quella sudata.
- Silenzio! – li zittì all’improvviso Soda puntando il suo bastone verso il fondo della scalinata ed aumentando l’intensità della luce – Non stiamo facendo una scampagnata, dobbiamo essere prudenti –
All’inizio di quella discesa avevano trovato gli scheletri di molte creature diverse. Umani, nani, goblin ed orchi, ed anche un gran numero di armi e di frecce sparpagliate ovunque.
Doveva essere stata combattuta una qualche battaglia, probabilmente molto sanguinosa, ed anche se era passato molto tempo da quando si era svolta non era detto che qualche nemico fosse ancora nei paraggi. Le forze del male sanno essere molto longeve sapete, davvero molto.
- Cosa vuoi che potremmo incontrare? – sogghignò Butch andando, però, con la mano ai suoi coltelli. Un secondo dopo una freccia andò a schiantarsi contro la roccia dietro di lui subito seguita da una seconda che venne deviata dall’ascia bipenne di Gobert scattato subito in posizione di difesa – Merda –
- Giù! – urlò Soda scagliando un globo di luce verso la direzione da cui erano giunte le due frecce mentre Obert ed il nano scattavano in avanti pronti a fronteggiare un attacco.
- Io non vedo nulla – sussurrò Obert saettando con lo sguardo nel cerchio di luce prodotto dal globo che lentamente scendeva verso il basso illuminando i gradini e le rocce.
- Questa freccia non è partita da sola – gli fece notare Butch raccogliendo ciò che rimaneva della freccia che lo aveva mancato di poco andando a schiantarsi contro la roccia. La punta si era spezzata ed era andata persa, ma dalla coda piumata era facile risalire a che popolo apparteneva – goblin –
- Con questo caldo? – sbuffò Obert asciugandosi il sudore che gli stava colando sugli occhi facendoglieli bruciare – Mi sembra impossibile che qualcuno possa vivere qui sotto, noi siamo qui da poche ore e già siamo al limite della disidratazione, o almeno io lo sono –
- Questo popolo potrebbe vivere qui da secoli – gli disse Deadlight avvicinandoglisi – potrebbero essersi abituati a questa temperatura, come i troll che vivono nei ghiacciai, per noi sarebbe impossibile vivere tra i ghiacci eterni, mentre per loro, quelli sono la loro casa –
- Dannazione – latrò Butch – con questo buio, questo caldo, siamo delle prede troppo facili – poi, indicando le pareti di roccia che circondavano la scalinata – e qui, dentro questo budello, siamo ancora più facili da colpire –
- Il tempio dovrebbe essere vicino ormai – cercò di tranquillizzarlo Soda – Athalald mi ha detto che non era troppo in profondità, andiamo avanti –

Il viaggio di ritorno di Linna e Olsen fu più facile di quello dell’andata. Il possente barbaro era pienamente padrone della situazione e i ragni crudeli, forse sentendo quella forza si limitarono solo a guardarli da lontano, o forse sentivano che a guardarli dall’alto c’era un drago che vegliava su di loro. Comunque sia, giunsero senza nessun intoppo alla spiaggia e, finalmente approdarono al porto di Flatline dove trovarono ad attenderli Arethis.
- Bentornati – li guardò con gioia. Le due persone più importanti per lei erano tornate e questo era tutto quello che contava. Linna, che per lei era come una figlia, e Olsen che, beh, sorvoliamo per cosa era importante Olsen per lei.
- Grazie –sorrise il barbaro gettando sul molo i sacchi con le scaglie di drago.
- Il tuo allievo che fine ha fatto? – domandò poi a Linna – Morto? –
- No! – rispose forse con troppo impeto.
- Lui e gli altri si stanno occupando di una cosa molto importante – gli rispose Olsen – torneranno a breve – poi si avvicinò al capo gilda e, sfiorandole il braccio con una mano – Arethis, dovrò partire anche io, e Linna dovrà venire con me, ma prima -
- Mi spiegherai cosa sta accadendo – lo guardò con uno sguardo che non lasciava adito a dubbi – ma questa notte, nel mio letto – poi, voltandosi verso Linna – bel lavoro, davvero, adesso porta queste scaglie a Juviok, le sta aspettando con impazienza, poi vai pure a riposare, te lo sei meritato –
- Grazie – sorrise voltandosi poi verso alcuni uomini che stavano bighellonando per il porto – voi, cinque monete d’oro se mi aiutate a portare questi sacchi dall’armaiolo –

- E pensi che il popolo mezzelfo crederà a questo? – gli domandò Arethis muovendosi sotto al lenzuolo per sistemarsi più vicino al barbaro. Avevano fatto l’amore e l’odore del sudore e del sesso che emanava l’uomo era ancora molto forte e lei non voleva separarsene. Aveva avuto altri uomini nella sua vita ma non si era mai legata con nessuno.
Come poteva legarsi a uomini che l’avevano presa con la forza quando era ancora una bambina oppure, come poteva legarsi a uomini che erano si belli, ma deboli.
Olsen era diverso da tutti loro. Era forte, non era bello con quel suo volto rude ed il naso rotto da decine di battaglie, ma emanava una virilità che non aveva mai sentito.
A lui, sentiva, poteva legarsi.
- Se non crederanno a me, crederanno di sicuro a Linna – mormorò guardando il corpo della guerriera coperto dal lenzuolo e desiderandola ancora – lei è una di loro –
- E’ andata via da anni, per loro è morta – ribatté – è vissuta fuori dalla loro comunità, non accetteranno mai il suo ritorno, cosi come non crederanno a nessuno che non sia uno di loro –
- Dobbiamo provarci – le disse – se quel mago dovesse riuscire a portare a termine il suo compito avrebbe un potere enorme tra le mani, un potere che da solo potrebbe portare morte e distruzione per tutta Hyarbor e forse anche per l’intera Ishtar –
- A loro non interesserà – cercò di fargli capire Arethis – il popolo mezzelfo vive da sempre isolato da tutti e da tutto, considerati degli scarti sia dagli uomini che dagli elfi hanno fatto dell’isolazionismo il loro modo di vivere, e di certo non è che tutti i maghi che hanno cercato delle vergini mezzelfo da sacrificare li hanno aiutati ad uscirne, anzi, li hanno convinti ancora di più a vivere isolati –
Quando aveva incontrato Linna si era domandata come aveva fatto a sopravvivere per cosi tanto tempo lontano dalla sua gente.
Sporca, affamata, disperata.
L’aveva incontrata mentre stava dirigendosi a Flatline per prendere il comando della locale gilda dei guerrieri. Si era fermata per far riposare il cavallo e per mangiare qualcosa, quando, aveva sentito dei passi avvicinarsi a lei.
Istintivamente aveva sfoderato la spada e si era voltata, rimanendo però per qualche secondo sorpresa da quello che stava vedendo.
Una ragazzina lacera e sporca, con due occhi grandi e luminosi che guardavano avidamente il pezzo di carne che stava rosolando sul fuoco.
Aveva capito subito che era una mezzelfo. Diamine, due orecchie a punta non è che passano inosservate. E questo l’aveva stupita ancora di più.
A Hyarbor era decisamente raro incontrare qualcuno del popolo dei mezzelfo. Forse nelle terre del sud era più facile. Il popolo mezzelfo li si era lasciato andare e si era mescolato agli umani.
In quelle terre era facile incontrare una prostituta mezzelfa, ma, a Hyarbor era decisamente raro incontrarne uno.

Linna non riusciva a prendere sonno quella sera.
Dopo aver portato le scaglie di drago all’armaiolo era passata dai bagni pubblici prima di rientrare nella gilda.
Aveva voglia di un bel bagno caldo e, anche se poteva farlo alla gilda aveva preferito andare alle terme di Flatline, poi, pulita e rilassata era finalmente tornata a quella che ormai chiamava casa e si era sdraiata sul letto guardando il soffitto e ripensando a quello che l’attendeva.
Ormai chiamava casa quella stanza, e voleva bene ad Arethis come ad una madre e ad una sorella.
Perché doveva lasciare tutto per tornare dove non sarebbe stata ben voluta per niente?
Non riusciva davvero a capire Deadlight. Era stata cacciata solo perché si era difesa da un bastardo che aveva tentato di violentarla, eppure lei voleva ancora bene al suo popolo.
Lei non ricordava più neanche i volti dei suoi genitori. E come poteva fare a ricordarli?
Avrebbe dovuto ricordare anche il giorno in cui era scappata, il giorno in cui aveva messo la sua vita nelle mani del destino, lontano da Bosco Sacro, dalla sicurezza e dalle agiatezze.
I giorni successivi a quella scelta erano stati giorni duri. Non era mai stata sola, non aveva mai dovuto preoccuparsi del cibo o di un posto dove dormire, e soprattutto non sapeva nulla del mondo fuori da Bosco Sacro.
Come poteva voler bene al suo popolo?
Ma aveva promesso a sua sorella di andare ad avvertirli, e non sarebbe venuta mai meno a quella promessa.
La parola data era un contratto che non si poteva sciogliere in nessun modo senza perdere il proprio onore e lei era una guerriera e l’onore era, se non tutto, una cosa molto, ma molto importante.

La mattina dopo lei e Olsen si incontrarono di fronte alla porta della gilda.
Sia lei che il barbaro avevano gli occhi cerchiati di chi non aveva dormito molto durante la notte, anche se per motivi diversi e Linna comprese, con un piccolo risolino, quale era stato il motivo che aveva tenuto sveglio Olsen.
Ambedue si erano preparati per quella missione. In un grosso zaino il barbaro aveva stivato provviste e pozioni di guarigione a sufficienza per molti giorni e molte battaglie mentre lei aveva preparato una sacca da viaggio più piccola nella quale aveva messo alcune carte della regione, alcune pergamene di guarigione e qualche altra provvista.
Stavano decidendo se andare a piedi o se prendere dei cavalli quando Arethis li interruppe improvvisamente uscendo dalla gilda vestita con la sua armatura e con una sacca da viaggio a tracolla.
- Vieni con noi? – le domandò Olsen vedendola. Sebbene anche lei fosse stata sveglia quasi tutta la notte aveva un aspetto decisamente più riposato e fresco di loro due.
- Credo che questa missione sia molto importante per il futuro di questa regione – gli rispose facendo un cenno ad un guerriero che stava finendo di sellare tre cavalli – più siamo e più sono le possibilità di riuscita –
- E la gilda? – le domandò Linna guardandola felice del fatto che Arethis fosse venuta con loro.
- Per qualche giorno può anche andare avanti senza di me – sorrise afferrando le briglie di una cavalcatura che il guerriero che aveva chiamato aveva portato – muoviamoci adesso, Bosco Sacro non è certo qui dietro –

- Fermi! – urlò improvvisamente Butch alzando una mano.
Lui e Obert si erano messi alla testa del gruppo mentre Gobert chiudeva la retroguardia e Soda e Deadlight si erano posizionati al centro del gruppo nel classico schema di tutti i gruppi di avventurieri. Un ladro, per le trappole, ed un guerriero per la prima difesa davanti, un guerriero dietro per proteggere il gruppo da eventuali attacchi alle spalle, ed i maghi al centro per poter essere meglio difesi e dargli il tempo di preparare i loro incantesimi.
- Questi buchi – indicò una serie di piccoli fori nelle pareti di roccia che circondavano la scalinata, poi si chinò per osservare i gradini – questo e questo, ed anche questo – ne indicò tre consecutivi – sono degli interruttori che avrebbero fatto scattare le frecce nascoste in quei fori –
- Cosa facciamo? – gli domandò Obert osservando i fori – la facciamo scattare? –
- Potrebbero esserci anche altre trappole collegate – mormorò – li saltiamo – e senza attendere altro saltò i tre gradini trattenendo il fiato una volta dall’altra parte.
Non sarebbe stata di certo la prima volta che, saltata una trappola se ne trovava una subito dopo.
- Bene – riprese a respirare – andiamo, e state attenti quando saltate –

Il viaggio da Silfid fino al limitare del Bosco Sacro fu abbastanza tranquillo. Sia Olsen che Arethis erano due guerrieri che incutevano un certo timore e le bande di briganti che incontrarono preferirono quasi sempre battere in ritirata piuttosto che affrontarli, e quando, una sola volta, un gruppo numeroso di mezzi orchi, decise di dare battaglia, l’intervento di Athalald lo mise in fuga causando però anche scompiglio tra Arethis e gli altri due.
Ne Olsen, ne Linna avevano parlato ad Arethis di Athalald e del fatto che li avrebbe accompagnati e, quando vide il gigantesco drago rosso scendere in picchiata ruggendo e sputando fuoco dalle fauci spalancate aveva pensato che fosse giunto il suo momento.
Sapeva di essere una guerriera valorosa e forte, ma sapeva anche che affrontare un drago non era di certo una cosa semplice e che decine di guerrieri forse anche più forti di lei erano stati massacrati dai draghi.
Solo quando vide Linna rimanere tranquilla sul suo cavallo ed Olsen alzare la mano in segno di saluto verso il gigantesco animale che, dopo aver messo in fuga il gruppo di mezzi orchi, planava di fronte a loro, riprese a respirare.
- SALUTE A TE GUERRIERA – la salutò Athalald facendo un piccolo inchino di fronte a lei costringendola a stringere le redini del cavallo che si impennò violentemente di fronte all’enorme testa del drago rosso.
- Salute, a te – ricambiò il saluto mandando uno sguardo inferocito in direzione della sua allieva – non, non sapevo che, che un drago ci avrebbe seguito –
- Credo ci siamo dimenticati di dirtelo – mormorò confusa Linna – non sapendo che saresti venuta con noi non ho pensato di informarti di questo piccolo particolare –
- Piccolo particolare?!? – quasi urlò indicando il drago rosso che intanto si era rialzato e stava annusando l’aria tutto intorno – Questo piccolo particolare è grande come, come e anche di più di qualunque cosa mi possa venire in mente e sputa fuoco come, come solo un drago può sputare fuoco! E voi vi siete dimenticati di, mi avete fatto prendere uno spavento –
- C’E’ ODORE DI PIOGGIA – l’interruppe Athalald voltandosi a guardarli – UN TEMPORALE IN ARRIVO, MOLTO VIOLENTO, ANZICHENO –
- Un temporale? – mormorò Arethis guardando il cielo completamente sgombro di nuvole.

Finalmente i gradini erano terminati.
Avevano perso il conto di quanti ne avevano scesi. Si erano fermati una volta per mangiare e per riposarsi. Forse era già un giorno che erano li sotto e la temperatura era diventata ormai quasi insopportabile.
Obert si era slacciata la corazza e la portava dietro le spalle legata con le fibbie mentre persino Gobert, abituato alle miniere, si lamentava che quel caldo gli stava facendo sudare la barba.
Solo Butch e Deadlight non si lamentavano del caldo. Non indossavano corazze pesanti ed i loro abiti erano abbastanza leggeri da non farli sudare più di tanto mentre Soda probabilmente si doveva essere scagliato addosso un qualche incantesimo visto che non aveva neanche una perlina di sudore sulla fronte.
- E’ enorme – sussurrò Butch osservando l’enorme caverna che si apriva di fronte ai loro occhi. La volta, altissima, era sostenuta da colonne di roccia larghe come i fusti di certi alberi secolari completamente ricoperte da iscrizioni nella stessa lingua antica dell’antro del mago che aveva tentato di uccidere Deadlight e che irradiavano una debole luminescenza rossastra, mentre ovunque volgevi lo sguardo non riuscivi a vederne le pareti.
- Il tempio di Bal-Llur dovrebbe essere qui – mormorò Soda guardandosi intorno alla ricerca di un qualche indizio che potesse indicargli la direzione da prendere.
- Potremmo dividerci – propose Obert sguainando la spada e guardandosi intorno guardingo.
- Ogni colonna potrebbe nascondere una qualche insidia – obiettò Gobert tenendo la sua ascia con ambedue le mani, pronto per qualsiasi evenienza – dividerci non potrebbe essere la migliore idea –
- Questo posto sembra fatto apposta per un imboscata – sussurrò Butch osservando la debole luminescenza che irradiava dalle colonne e che creava degli aloni di luce rossastra lasciando in penombra l’immensa caverna.
- Non mi piace questo posto – si limitò invece a dire Deadlight spostandosi accanto ad Obert.
Tutto intorno a lei sentiva un’aura di malvagità che sembrava volesse avvolgerla e trascinarla nel regno delle ombre per nutrirsi della sua energia vitale. L’aveva sentita anche quando Roscoe, il mago che si era finto halfling per condurla nel suo antro, aveva iniziato la lenta nenia che dava inizio al sacrificio, ed un brivido le corse lungo la schiena come a ricordarle quanto era stata avventata e quanto poco era mancato alla sua morte.
- Andiamo avanti – disse infine Soda alzando il suo bastone e indicando una direzione da seguire.
- E state attenti a dove mettete i piedi – aggiunse Butch scattando avanti al gruppo per controllare se ci fossero trappole.

La pioggia cadeva violentemente fuori dalla piccola caverna dove Linna, Olsen ed Arethis avevano trovato riparo.
La debole luce di un fuoco da campo rischiarava l’ambiente creando anche un lieve tepore leggermente soporifero.
Tutti e tre avevano dormito poco la notte precedente e la stanchezza stava iniziando a farsi sentire.
- Farò io il primo turno di guardia – l’informò Arethis prendendo la sua spada e avvicinandosi all’imbocco della caverna.
- Credi ce ne sia bisogno? – le domandò Linna stando raggomitolata vicino al fuoco. Diamine, la corta tunica che indossava poteva anche andare bene per starsene in città, ma fuori, con quella pioggia, non era proprio l’ideale. Ci fosse stato almeno un certo giovane guerriero.
- Non siamo più al sicuro dentro le mura di Flatline – le ricordò Arethis. Come poteva essersi dimenticata degli incontri poco piacevoli che avevano fatto solo poche ore prima. A che cosa stava mai pensando.
- Il secondo lo faccio io – mormorò poi Olsen stendendosi sulla sua coperta e coprendosi con un lembo della stessa – tu dormi pure, ne hai bisogno più di tutti noi –
- Io – provò a ribattere Linna ma lo sguardo serio della sua maestra la fece desistere. Avevano ragione.
Era stata tutto il giorno persa dietro i suoi pensieri. Rivedere il posto dove era nata, rivedere la sua gente, i suoi genitori.
Tutti questi pensieri l’avevano accompagnata per tutto il giorno e, quando riusciva a cacciarli via, tornava il volto di un giovane guerriero a turbarla.
Non era da lei.
Per anni era stata fredda e pressoché priva di emozioni.
Voleva bene ad Arethis, questo si, ma non glielo aveva mai dimostrato abbracciandola o dicendole qualcosa. Lo aveva sempre fatto cercando di essere la migliore guerriera e le poche volte che un sorriso le aveva illuminato il volto erano state le occasioni in cui aveva dimostrato di star riuscendo a fare ciò che voleva.
Ma da quando quel giovane guerriero l’aveva sconfitta qualcosa era cambiato.
Se solo tra lui e Dead, sua sorella, non ci fosse stato già un legame.

La mattina dopo venne svegliata da Arethis che la scosse delicatamente con una mano.
Nonostante pensava che non sarebbe riuscita ad addormentarsi, poco dopo che si era sdraiata sulla sua coperta era caduta in un sonno profondo e ristoratore.
- Ha smesso di piovere – l’informò prima di uscire dalla caverna per raggiungere Olsen che, intanto stava facendo sciogliere i muscoli giocando con la sua spada. Si era tolto la casacca e la leggera corazza che indossava rimanendo a dorso nudo e per la prima volta Linna poté vedere la lunga cicatrice che gli segnava la schiena.
Partiva dalla spalla destra e terminava oltre l’orlo dei pantaloni a sinistra, un enorme segno chiaro che gli segnava la schiena muscolosa e altrimenti priva di qualsiasi altro segno o cicatrice.
Ne aveva viste molte altre di cicatrici. Anche quando aveva medicato Obert aveva visto e percorso con le dita decine di piccole cicatrici che gli segnavano la schiena, le braccia, le gambe, ma erano nulla in confronto a quella.
Non era stata trattata con la magia.
Su questo era sicura. Le ferite trattate con la magia con il tempo tendevano a sbiadire e a scomparire, mentre quella sembrava una ferita molto vecchia e trattata con i metodi tradizionali. Impacchi di erbe, forse una pozione, e riposo.
Per qualche attimo ebbe quasi la tentazione di chiedergli come se l’era procurata, ma, alla fine decise di evitare.
Le ferite alla schiena sono quasi sempre legate a brutti ricordi. Forse stava scappando ed era stato colpito alle spalle, e nessun guerriero ricorda con piacere di essere stato ferito mentre era in fuga, oppure era stato colpito a tradimento, magari da una persona di cui si fidava e lo stesso, poteva essere un ricordo doloroso.
Si diede una rassettata alla tunica, indossò di nuovo gli spallacci e gli stivali e dopo aver riavvolto la coperta ed averne fatto un fagotto da portare a spalla uscì dalla caverna raggiungendo i suoi due compagni di viaggio.

- Troll – sussurrò improvvisamente Gobert fermandosi e richiamando l’attenzione degli altri su di uno scheletro di grandi dimensioni gettato vicino ad una colonna.
- Cosa? – quasi urlò Butch prima di capire che il nano stava riferendosi ad uno scheletro e non ad un troll vivo – Mi hai fatto prendere un bello spavento – poi si avvicinò ai resti ed iniziò a frugarli alla ricerca di bottino.
Anche se era certo di non trovare nulla, la sua natura di ladro quasi glielo imponeva.
- Non ne ho mai visto uno – mormorò Obert osservando il gigantesco scheletro alto quasi tre metri e con gli arti superiori grottescamente lunghi.
- Non ti augurare di incontrarne uno vivo – sogghignò Gobert indicandogli gli artigli che sbucavano dalle ossa delle dita delle mani – ho visto nani sventrati da un solo colpo di questi artigli – poi si voltò a guardarsi intorno – hanno una vista notturna molto sviluppata ed un olfatto incredibile, e sono anche molto veloci, non lasciarti trarre in inganno dal fatto che si muovono goffamente, quando attaccano sono veloci e letali –
- Sbrighiamoci – li incitò Soda – questo posto è pericoloso –
- Sono d’accordo con te – sussurrò Deadlight. Nonostante il calore fosse ormai quasi asfissiante non riusciva a togliersi di dosso il senso di gelo che quel posto gli dava.
Prima usciva a rivedere il cielo e prima sarebbe andata meglio.
- Chi va la? – urlò improvvisamente Butch scattando in avanti con i suoi coltelli in posizione di attacco. Un attimo dopo Obert era al suo fianco con la spada sguainata ed in posizione di difesa subito seguito da Gobert che si piantò a gambe larghe tra i due.
- Un ombra, in quella direzione – urlò di nuovo Butch.
- Forse è un goblin – ipotizzò Soda alzando il suo bastone e generando un globo di luce abbastanza grande da illuminare a giorno un ampia zona tutto intorno a loro.
- Troppo grande – mormorò Butch – di la! – e, prima ancora che gli altri potessero voltarsi a guardare lanciò un coltello nella direzione dove stava guardando.
Un urlo animalesco li scosse fin nel midollo.
- Un troll! – gridò Soda vedendo il gigantesco essere muoversi ondeggiando verso di loro.
- C’è qualcuno – urlò Deadlight indicando una seconda ombra, più piccola, che, dalla destra del troll si spostò rapidamente allontanandosi da loro.
- Dead – la chiamò Gobert tenendo lo sguardo puntato contro la bestia immonda che si avvicinava sempre più rapidamente verso di loro – usa le frecce, tienilo a bada – poi lanciò un rapido sguardo verso Obert – io a destra, tu a sinistra – un cenno della testa del giovane guerriero gli bastò come risposta e, urlando si mosse velocemente verso la destra del troll mentre Obert, in silenzio, si spostò sulla sinistra cercando di non perderlo mai di vista.
La prima freccia della ragazza mezzelfo colpì l’essere ad una spalla cacciandogli un nuovo grido animalesco. Adesso che era più vicino si poteva vedere dove il coltello del ladro lo aveva colpito. Ad una gamba.
Una seconda freccia andò a piantarsi accanto alla prima, ma, nonostante le tre ferite, il gigantesco troll alto quasi tre metri, non sembrava voler minimamente arrestare la sua corsa.

Il primo assalto gli arrivò dalla sinistra.
Obert, dopo un attimo di esitazione gli si scagliò contro urlando e mulinando la spada di fronte a lui.
Un attimo dopo venne sbalzato di lato da un colpo di avambraccio del mostro andando a finire contro una colonna e perdendo la spada.
- Umano – latrò Gobert attaccando a sua volta sfruttando il momento di distrazione del troll che, voltatosi verso Obert stava cambiando direzione per finirlo.
Dopo una breve rincorsa spiccò un salto portandosi quasi alla stessa altezza della testa del troll e, con un colpo di taglio ferì la bestia al collo tranciandogli quasi di netto la testa e facendo sprizzare una quantità notevole di sangue scuro.
- Muori! – gridò poi Obert rotolando di lato per riprendere la spada e infilzando il troll penetrandogli nell’addome fino all’elsa. Uno schizzo di sangue lo raggiunse sulla corazza e sul braccio.
- Spostati! – gli urlò Deadlight.
Sebbene mortalmente ferito, il troll tentò nuovamente un assalto colpendo il giovane guerriero con i suoi artigli sulla corazza.
- Sei duro a morire! – sbraitò Butch estraendo la spada bastarda e, dopo una breve corsa, terminò l’opera iniziata da Gobert decapitando il troll che, mulinando ancora un paio di volte le lunghe braccia e fendendo l’aria con i suoi micidiali artigli, finalmente crollò al suolo morto.
- Speriamo non ce ne siano altri – mormorò Soda tenendo bene in alto il suo bastone per illuminare una porzione piuttosto ampia della caverna.
- Speriamo – rantolò Obert rimettendosi in piedi a fatica. La corazza, in vetro e metallo aveva ben assorbito i colpi che aveva ricevuto e non mostrava il minimo segno della battaglia appena conclusasi al contrario del suo proprietario invece, che sentiva ogni piccolo parte del suo corpo urlare per il dolore.
Appena tornato a Flatline sarebbe corso alla gilda e non ne sarebbe uscito almeno fin quando non sarebbe stato in grado di portare a termine un attacco senza finire a terra.
- Hai bisogno di cure? – gli si avvicinò preoccupata Deadlight.
- No – sussurrò rimettendo la spada nel suo fodero, poi si voltò a guardare la carcassa del troll priva della testa che, per effetto del colpo datogli da Butch era rotolata via per alcuni metri, e, con un sospiro si chinò a tirare fuori la sua spada dal gigantesco addome.
- Un bel colpo – lo elogiò improvvisamente Gobert dandogli una violenta manata sulla schiena – sei ancora acerbo, ma quando ti ci metti qualcosa di buono riesci a farlo anche tu –
- Il tempio di Bal-Llur! – intervenne Soda puntando un fascio di luce contro una costruzione in pietra che si ergeva tra alcune colonne – Lo abbiamo trovato –

Il Bosco Sacro si ergeva di fronte a loro reso quasi impenetrabile da una folta vegetazione che avvolgeva gli alberi e rendeva impossibile guardare al suo interno.
Athalald si era posato accanto a loro e guardava il bosco con il suo unico occhio avvertendo una forte magia che permeava gli alberi e la vegetazione. Il popolo dei mezzelfo aveva eretto una barriera magica tra la loro terra ed il mondo esterno.
Una magia molto forte che avrebbe fatto desistere chiunque dal tentare di penetrare in quel mondo verde.
- UNA VOLTA DENTRO, IO NON POTRO’ PIU’ SEGUIRVI – l’informò il drago – VI ATTENDERO’ QUI, ANZICHENO –
- D’accordo – annuì Olsen guardando il bosco e cercando di capire da dove sarebbero potuti passare. Non era visibile nessun sentiero ed era certo che, anche se gli avessero girato intorno non avrebbero trovato nessun punto da cui entrare.
Sbuffando estrasse la sua spada e con un fendente colpì la vegetazione che gli sbarrava la strada.
- No! – urlò Linna correndogli accanto e mettendosi tra lui e la vegetazione – Fermati, non è questo il sistema – poi si voltò verso il bosco – Madre protettrice del popolo dei mezzelfo ti prego di perdonare quest’uomo che ti ha offesa, io, Linna, figlia del Popolo, ti chiedo di aprire la strada a me e ai miei compagni
Improvvisamente la vegetazione di fronte a loro venne percorsa da un fremito e lentamente si scostò di lato mostrando un sentiero che penetrava nel bosco.
- Non uscite dal sentiero, non toccate gli alberi o la vegetazione – sussurrò voltandosi verso Arethis, poi, mettendosi in testa al piccolo drappello entrò nel bosco provando improvvisamente una strana sensazione.
Era a casa. Era nel posto dove era nata. Ogni albero le era familiare, ogni verso di uccello le ricordava i giorni della sua fanciullezza, ogni passo che faceva sprofondava sempre di più nei ricordi.
- Mi sento osservato – mormorò Olsen portando la mano alla spada.
- Abbassa la mano – lo riprese Arethis con un tono secco – qui non ci sono nemici che puoi passare da parte a parte con la tua lama –
- Sono gli alberi – gli disse Linna – sono i guardiani del mio popolo –
- Non mi sento a mio agio – disse di nuovo Olsen abbassando la mano. Diavolo, lui era un guerriero e la sua natura era quella di avanzare in un territorio ostile con la spada saldamente in pugno. L’idea di rimanersene invece cosi, indifeso e alla mercé di nemici invisibili, gli era intollerabile.
Tutto intorno a loro sembrava quasi che gli alberi volessero chiudersi.
Un frusciò alle sue spalle lo fece voltare di scatto.
La vegetazione, mano a mano che avanzavano si richiudeva dietro di loro facendo scomparire il sentiero che stavano percorrendo mentre enormi rami si protendevano a rendere ancora più impossibile una loro ritirata.
Ormai potevano solo andare avanti.
- State calmi – ordinò loro Linna – gli alberi sentono le nostre emozioni e potrebbero reagire di conseguenza –
- Stare calmi – bofonchiò Olsen tentando di resistere alla tentazione di porre mano alla spada – sembra facile –

Quando arrivarono nel villaggio del popolo dei mezzelfo si resero conto che il loro arrivo non era del tutto inaspettato, anzi, sembrava quasi che li stessero attendendo da tempo.
Una decina di guerrieri erano appostati allo sbocco del sentiero con gli archi già tesi e le frecce incoccate, mentre, poco più indietro alcuni maghi erano in attesa di intervenire.
- Non toccate le armi – sibilò Linna guardando fissa di fronte a lei. Sapeva che se solo avessero fatto cenno di prendere le spade dieci frecce sarebbero partite e per loro non ci sarebbe stato scampo. Conosceva bene le doti degli arcieri della guardia del suo villaggio ed era conscia del fatto che nessuna di quelle frecce avrebbe mancato il bersaglio.
Mostrando le palme delle mani vuote fece alcuni passi in avanti, poi, quando fu a pochi metri dalla linea degli arcieri, declamò a gran voce il suo nome e la sua paternità chiedendo di poter entrare nel villaggio.
Era sicura di essere stata riconosciuta.
Anche se era cresciuta e non era più la bambina che era andata via da li, il tatuaggio che aveva sulla coscia, le sue orecchie ed il legame di sangue che univa ogni mezzelfo parlavano da soli.
Ma non poteva essere del tutto certa che sarebbe stata comunque accettata.
Deadlight era stata cacciata dal villaggio, lei no, ma era stata comunque nel mondo di fuori e, ben pochi del suo popolo che erano stati fuori da Bosco Sacro avevano poi potuto far ritorno ed essere di nuovo accolti.
Per dei lunghissimi attimi vide le frecce rimanere saldamente al loro posto, gli occhi degli arcieri puntati su di lei e sui suoi compagni, poi, lentamente le vide abbassarsi, vide gli archi venir rilasciati e, alla fine la fila della guardia ritirarsi ed aprirsi per permettere il passaggio di una ragazza dai capelli color blu scuro vestita con gli abiti della vergine sacra di Lithis.
Non la riconobbe subito. Quando era andata via era ancora una bambina di pochi anni che giocava con lei di fronte alla capanna dei loro genitori.
- Mialee – la riconobbe – alla fine sei diventata tu la sacra vergine – poi, lentamente si inginocchiò di fronte a lei tenendo però lo sguardo ben fisso in avanti – salute a te vergine sacra del Popolo –
- Salute a te – le rispose fermandosi a pochi passi da Linna. Un debole sorriso comparve sulle sue labbra – Linna di Atrascimar, sorella mia – poi allungò una mano per invitarla a rimettersi in piedi – cosa ti ha condotto a Bosco Sacro dopo tutti questi anni di assenza? –
- Un grave pericolo incombe sul Popolo – le iniziò a dire – un pericolo mortale – doveva misurare le parole e cercare di essere convincente.
Se Mialee avesse accettato ciò che gli diceva avrebbe potuto parlare poi a suo padre, Ragon Atrascimar, sovrano del Popolo del Bosco Sacro.
- Uno stregone sta cercando un mezzelfo da sacrificare a Bal-Llur – continuò – ha già tentato di uccidere nostra sorella Deadlight ed ha fallito, ed ora potrebbe essere alla ricerca di qualcun altro da sacrificare –
- Nostra sorella – la guardò sorpresa di quella notizia.
Già l’aver saputo che Linna era ancora viva era stata una sorpresa, ma, il venire a sapere che anche Deadlight non era morta era stata una sorpresa ancora maggiore.
- Un mago ha tentato di penetrare la barriera magica che ci difende – la informò Mialee – ma è stato ricacciato indietro dagli alberi prima ancora di poter fare due passi – poi, guardando verso Olsen e Arethis – hai condotto qui due umani –
- Una è Arethis, capo della gilda dei guerrieri di Flatline – le spiegò – è lei che mi ha accolto nel mondo di fuori, l’altro è Olsen, un guerriero che sta dando la caccia al mago che ha tentato di uccidere Deadlight –
- Loro non possono entrare – decretò – possono attendere al limitare del villaggio, ma non possono porvi piede – e, prendendo Linna per una mano – vieni con me nel circolo sacro, parleremo meglio –

Il tempio di Bal-Llur era costruito in semplice pietra sormontata da un tetto di legno reso nero dal calore, privo di qualsiasi iscrizione o fregio e, dall’interno completamente spoglio tranne per la presenza di un altare sacrificale in pietra rossa completamente liscia.
Il primo ad entrarvi fu Obert che, spada in pugno varcò la soglia guardandosi intorno con circospezione, poi venne seguito da Deadlight ed infine da tutti gli altri.
Una debole luce rossastra lo illuminava a malapena rendendo completamente bui gli angoli e costringendo Soda a generare un nuovo globo di luce per illuminarlo completamente.
Ed improvvisamente videro la figura di un orchetto che, uscendo dal buio di uno degli angoli, scattò velocemente in avanti tentando di scappare con un fagotto sotto braccio.
Probabilmente era stato sorpreso dal loro arrivo nel tempio e si era nascosto in un angolo buio per cercare di non farsi vedere. La luce generata dal mago lo aveva invece fatto scoprire e adesso doveva tentare una fuga disperata.
- Ha con se il manufatto! – gridò improvvisamente Soda vedendolo avvicinarsi alla porta. Aveva visto l’altare completamente spoglio, il fagotto che l’orchetto portava con se e doveva aver fatto un semplice ragionamento.
In un attimo Deadlight incoccò una freccia e la scagliò contro l’orchetto mancandolo di stretta misura mentre Obert, rimasto vicino alla porta cercò di intercettarlo prima che uscisse vedendoselo sgusciare per poco dalle mani. Con uno slanciò si gettò oltre la porta buttandosi poi a terra per evitare un nugolo di frecce. Quel dannato orchetto non era da solo.
Appostati di fronte al tempio una ventina di goblin tenevano sotto mira con i loro archi la porta e solo grazie all’agilità che comunque aveva, Obert riuscì ad evitare di venir ridotto ad un fantoccio da tiro al bersaglio.
Quasi strisciando riguadagnò l’interno del tempio gettandosi poi a sedere contro una parete.
- Da qui non si esce – ansimò cercando di riprendere fiato. Aveva visto il nugolo di frecce e, senza starci troppo a pensare si era gettato per terra per non farsi colpire. Per Crown, li fuori c’erano almeno una ventina di goblin e loro anche se erano al riparo delle mura del tempio non avevano altro che quella piccola porta per uscire fuori e dare battaglia.
Se anche poi fossero riusciti ad uscire, erano troppo distanti per riuscire a raggiungerli prima che caricassero di nuovo gli archi e scoccassero.
- Una cinquantina di passi – osservò Butch sbirciando di fuori – l’unica è dividerci e cercare di non farci infilzare come tordi allo spiedo – una mossa decisamente rischiosa e che li esponeva al rischio di venir feriti o uccisi ancor prima di riuscire a menare almeno un colpo.
Dopo tutta quella fatica, dopo aver sudato come in una sauna, non solo non erano riusciti ad impadronirsi del manufatto, ma erano anche finiti in una trappola dalla quale sarebbe stato ben difficile uscire tutti interi.
- Se c’è solo una porta, ne facciamo un'altra! – grugnì Gobert avvicinandosi alla parete posteriore del tempio e, dopo averla tastata in un paio di punti la colpì con un poderoso colpo della sua ascia – Per tutti gli dei nanici – senza riuscire minimamente a scalfire la roccia.
- Queste pareti sono intrise di magia – gli spiegò Soda – una magia cosi forte ed antica che nessuno potrebbe spezzare – poi si concentrò qualche secondo e – Obert, mi serve qualche secondo tranquillo davanti alla porta –
- Ho capito – mormorò. Il piano del mago era decisamente semplice.
Avrebbe usato la sua magia per colpire più goblin possibili, ma aveva bisogno di qualcuno che facesse da bersaglio per le frecce mentre recitava la formula stando sulla soglia della porta.
- Perché Obert? – domandò Deadlight guardando il guerriero che, rimessosi in piedi si sistemava accanto alla porta per poter uscire il più in fretta e il più inaspettatamente possibile.
- Gobert è troppo lento – gli spiegò Obert – e ne tu, ne Butch avete una corazza, io sono l’unico che possa fare da esca e sperare di uscirne vivo – poi, dopo un rapido cenno di intesa con il mago si scaraventò fuori dalla porta urlando e correndo spostandosi ora a destra ora a sinistra mentre le frecce lo mancavano di poco o, con un clang metallico, rimbalzavano sulla corazza in vetro.
Un attimo dopo anche Soda era fuori dalla porta, con il suo bastone in alto mentre Deadlight più rapidamente che poteva scoccava le sue frecce cercando di colpire più goblin che poteva.
- Fulmini – invocò il mago guardando il gruppo di goblin che, incuranti di lui ricaricavano i loro archi per cercare di colpire Obert che, intanto aveva smesso di correre disordinatamente per puntare invece diretto verso i goblin con la spada che mulinava di fronte a lui. Un attimo dopo, con un violento rombo un fulmine si materializzò al di sopra dei nemici scaricandosi poi con forza a terra saltando da un goblin all’altro.
- Tocca a noi adesso! – urlò Gobert uscendo dal tempio seguito da Butch.
Probabilmente i goblin non si attendevano nulla del genere e, per parecchi secondi rimasero quasi frastornarti dall’azione repentina del gruppo, secondi che furono utilissimi per il nano, per Butch e per Obert, per raggiungerli ed affrontarli in un corpo a corpo al quale, si unì anche Deadlight che, lasciato a terra l’arco e sguainata la sua spada si gettò nella mischia cercando di capire se Obert fosse stato ferito o meno.
Lo vide quasi subito.
Stava impegnando in combattimento un goblin di dimensioni ragguardevoli che menava dei fendenti di tutto rispetto che, però venivano ben parati dal guerriero con la sua spada. In difesa era davvero bravo, si ritrovò a pensare improvvisamente. Era nell’attacco che lasciava a desiderare.
Ed infatti, di un gran numero di colpi che cercava di affondare, Deadlight notò che nessuno riusciva a raggiungere il bersaglio.
Mulinava quella spada in una maniera davvero scoordinata, perdendo il ritmo dei colpi e mancando il bersaglio.
Completamente diverso da Gobert che invece portava a segno ogni colpo decapitando e amputando con la rapidità e la precisione di una macchina da guerra.
Anche Butch, notò, non se la cavava male. E, in breve tempo della ventina di goblin non rimase che uno sparuto gruppo che dopo essersi guardati intorno decise di ritirarsi scappando in direzioni diverse lasciando il loro capo da solo mentre continuava a combattere contro Obert.
Ma anche quel duello era giunto ormai alla fine e, con un ultimo colpo, forse più fortunato degli altri, il guerriero riuscì a decapitare il suo avversario.
- Stiamo migliorando – rise Gobert osservando il gigantesco goblin steso a terra decapitato – se non ti farai ammazzare nei prossimi venti anni forse riuscirai a diventare veramente un guerriero degno di questo nome –
- Molto divertente – ansimò pulendo la spada sulla casacca del goblin morto.
- … – rimase in silenzio Deadlight guardandolo. Avrebbe voluto difenderlo, ma si rendeva conto che Gobert stava dicendo il vero.
Aveva sprecato tante di quelle energie per uccidere un solo nemico che se avesse dovuto affrontarne altri non sarebbe riuscito più neanche a menare un colpo.
L’unica cosa positiva era che in quella pioggia di frecce e nel successivo combattimento non aveva riportato nessuna ferita.
Era si stanco e provato. Respirava a fatica ed era madido di sudore, ma non aveva nessuna ferita.
- Tieni – gli porse un ampollina di vetro con un liquido verdastro che aveva tirato fuori dalla sua sacca – è una pozione di ristoro, ti farà recuperare più in fretta le forze –
- Grazie – le sorrise prendendola.
- Il manufatto è andato perso ormai – borbottò Soda cercando tra i cadaveri dei nemici abbattuti l’orchetto che era scappato dal tempio con il manufatto che stavano cercando – quel dannato deve essere scappato mentre noi eravamo bloccati nel tempio –
- Pensi ad una coincidenza? – gli domandò Butch.
- No – rispose – quel manufatto è forse l’unico oggetto in grado di neutralizzare gli effetti della magia di Bal-Llur, e non credo che per una pura coincidenza proprio adesso che un mago sta tentando di stringere un alleanza con lui, un orchetto trafughi questo oggetto –
- Muoviamoci – tagliò corto Obert dopo aver finito di bere la pozione – ogni minuto che passa, Roscoe potrebbe riuscire a mettere le mani su di un mezzelfo e sacrificarlo a Bal-Llur riuscendo nel suo intento – poi, dopo aver guardato per qualche istante Deadlight ripose la spada nel fodero e si incamminò lungo la direzione dalla quale erano giunti.

Linna si riunì a Olsen e Arethis meno di un paio d’ore dopo e senza dire nulla riprese il sentiero che li aveva condotti fin li e che, mano a mano che andavano avanti tornava visibile.
Solo quando furono di nuovo fuori dal bosco si lasciò andare ad una serie di imprecazioni che avrebbero fatto arrossire persino Capitan Jack.
- UNA RAGAZZA NON DOVREBBE PARLARE COSI, ANZICHENO – la riprese Athalald avvicinando il suo muso alla mezzelfa.
- Quando ci vuole, ci vuole! – urlò guardandolo, scoppiando poi in una risata fragorosa – ma guardatevi, siete cosi buffi –
- Non ti ho mai sentito parlare in questo modo – sussurrò Arethis inebetita – ti ho cresciuta come una guerriera, si, ma non mi sembra di averti mai imparato certi termini –
- Scusatemi – sorrise poi dando una leggera manata sul muso del drago che l’accettò con uno scrollo d’ali – pensavo che forse le cose erano cambiate in tutti questi anni nel mio Popolo, ma mi sbagliavo – poi si sedette su di una roccia ed iniziò a raccontare cosa aveva fatto in quelle due ore.
- Mialee mi fatto parlare, ha voluto sapere tutto quello che sapevamo su questo mago – raccontò – ha voluto sapere perché sta cercando una mezzelfo vergine, mi ha chiesto di Dead, insomma, mi ha fatto parlare per quasi tutte e due le ore ed infine mi ha detto che Roscoe ha già provato a penetrare nel Bosco Sacro ma è stato ricacciato indietro dagli alberi, che nostro padre non aveva nessuna intenzione di ricevermi e che da loro non avremo nessun aiuto –
- Va bene anche cosi – mormorò Olsen ricevendo gli sguardi curiosi delle due donne – non sono impazzito, ed ero sicuro che il popolo dei mezzelfo non ci avrebbe fornito nessun aiuto, ma almeno adesso sappiamo che Roscoe non potrà trovare nessun mezzelfo da sacrificare a Bosco Sacro e dovrà quindi andare a cercare da qualche altra parte –
- Si, ma dove? – domandò Arethis guardandolo.
- Questo non lo so – allargò le mani con un gesto sconsolato – ma lo dovremo scoprire – poi, voltandosi verso Athalald che era rimasto in silenzio ad ascoltarli – hai qualche idea? –
- LA COMUNITA’ DI MEZZELFI CHE VIVE NELLA FORESTA DEL PECCATO ORIGINALE, ANZICHENO – suggerì.
- Di quella se ne occuperanno Obert e Dead – ricordò Olsen.
- VEDRO’ COSA POTRO’ SAPERE – concluse alla fine il vecchio drago aprendo le ali e spiccando il volo, scomparendo in pochi attimi dalla loro vista.
- E noi allora, torneremo a casa – decise infine Arethis.


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Quattro Chiacchiere Con L'Autore
Da questo capitolo inizia la seconda parte della saga di HC, saga che porterà i nostri eroi a scontrarsi con delle forze che non avrebbero mai pensato di dover affrontare.

Hasta Luego
   
 
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