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Autore: Emily Alexandre    07/07/2012    4 recensioni
"Era un giugno particolarmente caldo, quello, persino nell’uggiosa Londra; la casa dei Palmerston era situata poco lontano da Hyde Park, in una via signorile ed elegante i cui lati erano un susseguirsi di ville tutte uguali, dai muri bianchi e dai giardini perfettamente curati.
Era una mattina come tante, con sir Palmerston che sorseggiava il tè leggendo le ultime notizie sul Times e sua moglie che dava disposizioni per il pranzo. Quando Emma fece il suo ingresso, spumeggiante come era solita essere persino di prima mattina, i suoi genitori stavano discutendo sulla necessità di iniziare ad inviare alcuni pacchi a Maidenhead.
-La Stagione si concluderà in tre settimane, mia cara, dovremo iniziare a riportare quello di cui non abbiamo bisogno a casa."

Londra, 1814. La Stagione mondana si sta concludendo, ma per i Palmerston e gli Astor tutto ancora deve essere deciso. Chi sposerà alla fine il conte di Cecil? Miss Claire Palmerston o Miss Annabeth Astor? E chi è l'amore segreto di Eve Palmesrton? Cosa nasconde Mr Astor? Intanto, per la felicità della cugina Emma, Arthur Browning,nipote di Sir Palmerston, sta tornando a casa, ma porta con sé una sorpresa.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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“È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere alla ricerca di una moglie.” [Orgoglio e Pregiudizio]

Colonna sonora del capitolo


 

La cena fu servita alcuni minuti dopo l’arrivo degli ultimi ospiti, Mr. e Mrs. Sefton, una coppia di vecchi amici dei Palmerston. Argenteria e cristalleria erano state lucidate per l’occasione e brillavano sulla tavola illuminate dalle candele posizionate lungo tutta la sala da pranzo; le diciannove persone si sedettero mentre il pendolo suonava la settima ora della sera, le coppie furono divise come il decoro imponeva e le chiacchiere iniziarono immediatamente, proseguendo tra una portata e l’altra.
Sir e Lady Palmerston erano rinomati per essere degli ottimi padroni di casa e anche quella sera non si smentirono.
-Mia cara Mrs. Sefton, ho saputo che vostra figlia si sposa.
La donna annuì all’indirizzo di Lady Astor, -Sì, la sera della vigilia di Natale. Avevo iniziato a temere che non si sarebbe più sistemata e sarebbe stato un tale peccato, una così deliziosa fanciulla sprecata.
Nessuno le fece notare che Allison Sefton era sì deliziosa, ma aveva le forme decisamente troppo morbide e un umore che scivolava nella tristezza fin troppo facilmente; evidentemente, però, la dote di ottantamila sterline era stato un ottimo incentivo per tale Mr. Eston, che l’avrebbe condotta all’altare.
-Ci riteniamo molto fortunati, Mr. Eston sarà un ottimo marito per lei. Non l'ama, è indubbio, ma cosa importa? Ha rendita di oltre settemila sterline l'anno.
-Non credete, mia cara signora, che l’amore sia importante nel matrimonio?- si inserì il reverendo Burrel, la cui moglie stava conversando con il colonnello mostrando una pancia che ormai, al settimo mese, neppure gli ampi abiti potevano nascondere più. Il loro matrimonio aveva destato un certo scalpore, la Stagione precedente, poiché l’allora Miss Mary Bridgeton proveniva da una ricca famiglia appartenente alla gentry, la nobiltà di campagna, e avrebbe potuto aspirare a un partito superiore a Mr. Burrel, reverendo del paese. La fanciulla aveva strepitato così tanto, però, che alla fine i genitori avevano acconsentito, diminuendo però la dote che avrebbe ricevuto se avesse sposato un uomo che avesse ricevuto l’approvazione paterna.
-Oh, reverendo, lo è, senza dubbio, ma non è fondamentale: voi vi siete sposato per amore e lo stesso faranno Mr. Browning e la sua splendida fidanzata, ma molti di noi qui si sono sposati che appena si conoscevano e sono stati perfettamente felici in ogni caso.
-Io credo sinceramente che l’amore sia un concetto sopravvalutato.- commentò il conte. –Il matrimonio è basato su altri valori, sul rispetto, sul desiderio di costruire una famiglia… L’amore forse arriva in seguito, ma non mi struggerei se così non fosse.
E mentre diceva quelle parole guardò prima Claire e poi Annabeth, per poi tornare a concentrarsi sulle fragole che aveva davanti a sé.
 
La conclusione della cena li fece spostare nell’ampio salone, dove Emma si posizionò al piano e i giovani presero posto al centro, pronti a ballare il Cotillion: il conte con Eve, il colonnello con Miss Astor, Mr. Astor con Miss Trevelyan e Athur con Claire.
Sir e Lady Astor, Sir e Lady Palmerston, Mr. e Mrs. Sefton, Mr. e Mrs. Burrel si accomodarono sui divanetti, in estasiata contemplazione della danzante gioventù. Non appena Emma iniziò a suonare l’atmosfera si riscaldò ed è inutile specificare come gli sguardi di tutti sfuggissero dal compagno per posarsi su altri componenti di quel gruppo di ballo, in un incrocio di speranze, aspettative e delusioni che li racchiusero in una bolla fuori dal mondo. La Stagione stava finendo e quello era un dato inesorabile e lapidario, per tutti loro.
Le coppie mutarono, per il ballo successivo, e mutarono ancora e ancora: Eve, però, non lasciò mai il braccio del colonnello, concedendosi una libertà che in luoghi come l’Almack's sarebbe stata ritenuta assolutamente sconveniente, ma che in quell’ambiente ristretto sembrava solo una necessità dettata dall’esiguo numero di ballerini.
-Credete che vi saranno altre guerre, colonnello?- domandò tra una figura e l’altra del ballo.
L’uomo la guardò un istante prima di rispondere, -Non lo so. La situazione in Francia sembra stabile, ma finché quell’uomo è in vita mai dire mai. Ad ogni modo, non potrò partire in ogni caso, il mio braccio ferito è ancora ottimo per ballare, ma non per imbracciare un fucile.
Eve sospirò –Mi dispiace che siate stato colpito, ovviamente, ma non mi dispiace affatto che non rischierete più la vita, colonnello Lennox.
Sincera e impavida, come solo il profondo affetto poteva renderla. Il colonnello le strinse di più la mano.
-Mia signora… Mia splendida Miss Eve, sono troppo ardito a chiedervi di incontrarci domani, per una passeggiata al parco?
Eve arrossì, mentre il cuore le batteva nel petto. –No, colonnello, non lo siete. Io ed Emma stavamo proprio pensando di fare una passeggiata domani.
-Allora vi attenderò.
Era dunque giunto il momento? Eve si voltò verso Claire che, lontana dalla pista, parlava con il conte insieme ad Annabeth; verso Emma, che osservava pensierosa Arthur e la sua fidanzata danzare, e sospirò sentendo di non meritare quella gioia privata che l’aveva invasa. Poi però vide lo sguardo raggiante del colonnello e ogni pensiero triste svanì in un istante: a pochi passi da lei stava la chiave della sua felicità.
 
Emma aveva temuto l’arrivo di quel momento per tutta la sera, spaventata dall’idea di condividere con suo cugino un rito che fino a pochi anni prima era innocente e carico di allegria. Era stato Arthur a insegnarle a danzare dopo averla scoperta a spiare le lezioni di ballo delle sorelle maggiori e riprodurre i passi insieme con una bambola di pezza a farle da cavaliere; di nascosto le aveva impartito le lezioni basilari e anni dopo, quando era stata ritenuta grande abbastanza per prendere lezioni anche lei, tutti si erano stupiti della sua bravura. Anno dopo anno aveva atteso trepidante il ritorno del cugino per mostrargli i suoi progressi, per ballare ancora alla luce del sole, ma in quel momento tutto ciò che desiderava era essere dimenticata. Purtroppo, però, verso la fine della serata Lady Palmerston aveva constatato che Arthur doveva ancora un ballo alla cugina più piccola e non era stato possibile rinunciare. Avevano preso posto al centro della sala, circondati dalle altre coppie, ed Emma aveva cercato di sorridere spensierata: Arthur le porse la mano dopo averla fatta volteggiare due volte tra loro, come era solito fare tanti anni prima per rendere la danza teatrale… E solo allora la fanciulla rise di cuore, comprendendo che anche lui ricordava.
-Posso prendermi il merito della tua bravura?
-Devi. Non credo che quella bambola di pezza abbia contribuito molto.
Arthur le sorrise, continuando le elaborate figure della danza. Era bella, Emma, e in quel momento più che mai la sentì sua.
-Com’è andata questa tua prima Stagione?
-Benissimo. La mamma voleva attendere che Claire si sposasse, ma poi ha pensato che sarebbe stato crudele costringermi a casa anche quest’anno… terribilmente crudele!- aggiunse con un’espressione buffa che fece stringere il cuore di Arthur.
-Decisamente. Ho sempre pensato che far dipendere la vita delle sorelle minori da quella delle maggiori fosse ingiusto.- replicò serio, per poi scoppiare a ridere cogliendo un’occhiata astiosa della suddetta sorella maggiore.
-Molto ingiusto, in effetti. È stato un bel debutto, ho ballato fino a che non sono più riuscita a stare in piedi.
-Mi sarebbe piaciuto esserci.
-Sarebbe piaciuto anche a me.
Chiacchiere apparentemente innocenti che però, all’orecchio di cinque persone, assumevano significati pericolosi e sconcertanti; non appena poté, Julie si avvicinò al suo fidanzato e poi fece casualmente notare a Lady Palmerston la necessità che Emma, alla sua prima Stagione, uscisse il più possibile in modo da creare un giro di giovani pretendenti le cui lettere la divertissero durante l’estate. L’idea aveva la sua coerenza, la padrona di casa si disse d’accordo ed Emma non riuscì a replicare nulla, perché quanto esposto dalla ragazza americana era esattamente ciò che si era prefissata il precedente dicembre, quando la Stagione era iniziata. In quel momento, però, tutto ciò che riuscì a pensare fu che Julie aveva probabilmente intuito tutto e si sentì terribilmente in colpa: non era una rovina famiglie, non aveva mai voluto esserlo e non aveva alcuna intenzione di rovinare proprio quella. Il suo cuore battè stizzito quando la sua mente partorì quel pensiero, ma Emma sapeva che, tra ragione e sentimento, in quella circostanza sarebbe dovuta prevalere la prima, nella speranza che il secondo venisse sfumato dal tempo.
Quanto a Miss Trevelyan, sospirò di sollievo quanto Arthur le si sedette accanto, lasciando il fianco di Emma, e riuscì ad ascoltare le chiacchiere di Mrs. Sefton con più tranquillità.
-Chi credete sposerà alla fine?
Julie sbiancò, pensando per un folle istante che si riferisse ad Arthur, ma poi seguì lo sguardo della donna e vide il conte lasciare la mano di Claire per ballare con Annabeth.
-Chiunque sarà, non potrà certo dire di essere il suo unico vero amore.
-No, ma potrà farsi chiamare contessa.
 
 
-Claire…
Miss Palmerston si voltò sorridendo verso Trevon, che le si era seduto accanto; in pubblico evitavano da anni di chiamarsi con i nomi di battesimo, ma in quel momento, seduti vicino al pianoforte, erano lontani da orecchie indiscrete.
-Vi divertite?
-Molto, come sempre quando sono a casa vostra: voi Palmerston sapete come intrattenere gli ospiti.
-Sono felice di sentirlo.
-Dovremmo parlare.
Claire annuì, reprimendo un brivido; nonostante desiderasse sposarsi e nonostante il giovane Astor fosse stato sempre il più papabile tra tutti i pretendenti, in cuor suo la ragazza non era sicura di volerlo. Provava per lui un profondo affetto, ma come si ama un fratello dispettoso.
-Lo credo anche io…
-Lo sapete che tengo molto a voi, vero?
Claire sorrise –Mi avete dimostrato il vostro affetto in modi molto discutibili nel corso degli anni,- replicò ricordando gli scherzi e i litigi che li accompagnavano da sempre –ma sì, lo so.
-Claire, voi siete splendida, ma seriamente, riuscite a immaginarci come marito e moglie? So che è quello che si aspettano da noi e forse l’aspettate anche voi, ma…
-Ma è un’idea ridicola, lo so.- confermò con un sospiro, -Non riesco davvero ad immaginarci sposati e credo che, se da amici funzioniamo perfettamente, da marito e moglie finiremmo per renderci miserevoli a vicenda.
Non nominò Virginia, ma non ve ne fu bisogno: conosceva Trevon al punto da sapere che per lei avrebbe rinunciato all’amante, ma in quel modo si sarebbe inflitto una punizione che, a lungo andare, li avrebbe portati ad odiarsi. Per qualche motivo che non sapeva comprendere, non riusciva a fare a meno di lei.
-Dunque… Cosa diremo loro?- le chiese indicando con il capo il gruppo alle loro spalle.
-Nulla. Non per il momento, almeno. Ci penseremo a casa, la Stagione sta finendo e noi abbiamo il matrimonio di Arthur a cui pensare.
Mr. Astor sorrise –Ho sempre pensato che vi sareste sposati.
-L’avete pensato solo voi, temo.- commentò alzandosi, -Raggiungiamo gli altri, non sta bene rimanere qui da soli.
L’altro annuì, alzandosi e tendendole la mano per aiutarla a fare altrettanto, poi tornarono a sedersi insieme agli altri finché non fu ora di salutarsi, entrambi con un peso in meno sul cuore.
 
Non riusciva a prendere sonno dopo aver riaccompagnato Julie a casa, dove una paziente Miss Bolton l’attendeva sveglia. Troppi pensieri affollavano la sua mente, troppe sensazioni contrastanti condite da sensi di colpa e speranze morte prima ancora di nascere. Quella che fino a pochi giorni prima sembrava un’incrollabile certezza, quell’amore che l’aveva spinto a pregare una giovane fanciulla ad abbandonare tutto per seguirlo in Inghilterra, vacillava. Le aveva promesso che l’avrebbe resa felice, che con lui sarebbe stata al sicuro e non aveva alcuna intenzione di venire meno a quella promessa, ma il suo quadro di vita perfetta non aveva fatto i conti con un’imprevista variabile che lo torturava sin da quando non aveva posato gli occhi su di lei la prima volta. La seconda prima volta, in realtà, ma la prima lei non era che un fagottino di cinque mesi con due enormi occhi chiari e un ciuffo di capelli talmente biondi da essere impalpabili. L’aveva amata sin dal primo istante, sin dal primo sorriso, ma non avrebbe mai immaginato che quell’affetto fraterno potesse mutarsi in altro, nel corso del tempo.
Immerso com’era nei suoi pensieri quasi non notò che la porta della sala della musica era socchiusa e, attraverso lo spiraglio, filtrava la luce di una candela. La casa era immersa nel silenzio, e nonostante vi abitassero quasi quindici persone, tra i padroni e i domestici, sapeva perfettamente chi vi avrebbe trovato.
Leiera lì, con gli occhi chiusi e le mani che quasi sfioravano il pianoforte inseguendo una muta melodia accessibile solo a lei. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere di quale melodia si trattasse, ma quando si avvicinò e guardò lo spartito avrebbe preferito non essere mai entrato. Concerto per pianoforte e orchestra n. 25 in Do maggiore,di Mozart. Ricordò una bimba di sei anni seduta in un angolo, in silenzio, totalmente rapita dalla musica che lui stava suonando al pianoforte. Era ovunque, Emma, nel felice passato, nell’oscuro presente… Ma non nel suo futuro.
Mosso da puro istinto le sfiorò una ciocca di capelli con le dita e la sentì sobbalzare, colta totalmente di sorpresa.
-La suonerai per me?
-L’ho sempre suonata solo per te.
Fu solo un sussurro, ma nel silenzio che li circondava lo colse perfettamente.
-Emma…
La ragazza si alzò in piedi, allontanandosi da lui e nascondendosi in un angolo privo di candele; Arthur poteva scorgere solo la sagoma.
Sarebbe dovuto andare via, interrompere quell’inopportuna situazione, ma qualcosa –qualcuno- lo teneva inchiodato lì impedendogli di allontanarsi e, cosa ancor più grave, di pensare con lucidità.
-Non scappare da me.
-Non ho scelta.
-Emma… Mia meravigliosa Emma…
-Vi prego, non fatelo. Non posso sopportarlo.
Arthur incassò il colpo, la dolorante, deliberata freddezza. –Non ho mai voluto farvi male.
-Lo so. Staremo bene, Arthur. Julie è meravigliosa e sono sicura che vi renderà felice.
-Vorrei non essere mai partito.
Il cuore di Emma si strinse, ma la sua razionalità si rifiutò di arrendersi alla flebile speranza di quelle parole. –Pensare al passato non serve a nulla, tutto ciò che ci interessa è il futuro. Con quello dobbiamo fare i conti. Buona notte, Arthur.
Egli si lasciò congedare e solo quando fu sola Emma crollò a terra, scossa da interminabili singhiozzi.
 
Mrs. Virginia Lieven non aveva mai avuto amanti fissi, se si escludeva quello che sarebbe divenuto suo marito, un ricco uomo d’affari sempre in giro per il mondo che non faceva mai ritorno a Londra e che lei raggiungeva di tanto in tanto all’estero. Mr. Trevon Astor era la sua eccezione, l’unico amante di cui non riuscisse a fare a meno neppure dopo anni di stabile relazione; certo, lei aveva avuto altri uomini nel frattempo, era una cortigiana dopotutto, ma nessuno stabile quanto il figlio del baronetto. Astor era la sua anima gemella, saziava il suo desiderio di amore violento che gli altri banali uomini non riuscivano neppure a cogliere… L’idea di poter, un giorno, dover rinunciare a lui non le piaceva affatto e accolse con gioia la notizia del mancato matrimonio con Miss Palmerson; Claire, oltretutto, le piaceva, era una donna forte in un mondo governato dagli uomini e questo riscuoteva la sua simpatia, ma sapeva che non avrebbero mai potuto dividere Astor.
-Dunque non vi sposerete?- gli chiese indossando una vestaglia e cercando di dare una forma accettabile ai boccoli biondi. Trevon, ancora sdraiato a letto e coperto solo dalla cintola in giù dal lenzuolo, le sorrise. –Lo farò, ma con qualche sciocca fanciulla che si accontenti di governare Periwinkle Abbey senza fare troppe domande.
-Finalmente vi riconosco.
-Oh, lo so… Ero diventato troppo sentimentale, nevvero?
La risata di Virginia si disperse nella stanza, provocando i pigri miagolii del candido gatto acciambellato sul vano della finestra.
-Quel gatto mi odia.
-Lo so, mio caro, è un animale geloso e voi mi distraete.- gli rispose prendendo in braccio l’animale e tornando a sedersi sul letto.- Quando tornerete a Maidenhead?
-Non appena terminerà la Stagione. Voi cosa farete in questi mesi?
-Penso che raggiungerò mio marito in Egitto.
Trevon sgranò gli occhi, -Il marito!
-Oh, sì, il marito.- confermò mostrandogli la fede nuziale che adornava l’anulare. –Ora, se volete scusarmi avrei da fare.
L’uomo annuì, uscendo dal letto incurante della sua nudità e sorridendo deliberatamente, certo di aver preso la decisione giusta: non sarebbe mai riuscito a fare a meno di Virginia, ma neppure avrebbe accettato di oltraggiare in tal modo Claire. Si prefissò di convincere Cecil a sposare sua sorella, così da poter tornare a casa senza essere sottoposto ai rimproveri della famiglia, ma non sapeva che il conte, in quel momento, aveva preso la sua decisione.
 
 
Il colonnello Lennox aveva sempre apprezzato la più piccola delle sorelle Palmerston, ma mai come quel giorno trovò adorabile la sua intuitività. Emma aveva accompagnato Eve per la passeggiata pomeridiana, ma non appena il colonnello le aveva raggiunte si era attardata con la scusa di ammirare gli aquiloni, lasciando ai due la giusta riservatezza per dire ciò che doveva essere detto. Non appena giunsero all’ombra di un albero, lontano da orecchie indiscrete, Lennox si voltò verso la fanciulla, che quel pomeriggio era più bella del solito, e le prese le mani percependone il tremore.
-Mia cara Eve, voi di sicuro saprete perché vi ho chiesto di incontrarvi…
Miss Eve arrossì, ma benché sapesse perfettamente il perché di quell’incontro, o almeno lo sperasse, negò con un breve movimento del capo, come si conveniva.
-Mi sono innamorato di voi non appena vi vidi, tanti anni fa. Tre anni or sono vi manifestai i miei sentimenti, ma voi mi chiedeste di aspettare e io lo feci, comprendendo i vostri motivi.Vi aspetterei anche tutta la vita, mia cara, carissima Miss Eve, ma non posso lasciarvi ripartire senza chiedervi se i vostri pensieri sono mutati. So di non essere l'uomo perfetto per varie ragioni, ma vi amo, profondamente e perdutamente. Sposatemi e farò tutto ciò che è in mio potere per rendervi felice.
Mai in vita sua aveva creduto che il cuore le potesse esplodere di gioia, ma istintivamente Eve si portò una mano sul petto, per accertarsi che quella dispettosa e totalmente fuori controllo parte del suo corpo fosse ancora lì. Diventare Mrs. Lennox… Non vi era nulla che desiderasse di più.
-Chiedete la mia mano a mio padre, colonnello. Se egli acconsentirà, io sarò vostra anima e corpo. Il cuore lo possedete da tanto, tanto tempo ormai.
-Oh, Miss Eve, voi mi rendete l’uomo più felice del mondo.
La fanciulla sorrise. –Passate a casa tra un’ora.
-Sarà eterna.
-Anche per me.
Non aggiunse altro, ma si allontanò per raggiungere Emma che lesse immediatamente negli occhi della sorella la felicità di un amore che era giunto al suo culmine.
-Finalmente si è deciso?
Eve prese sotto braccio la sorella, ma non rispose, lasciando che fosse il suo sorriso a parlare per lei: non aveva dubbi sul consenso del padre, ma sarebbe stata ancor più felice quando tutto fosse divenuto ufficiale.
 
La villa era immersa nel silenzio e Lord Gordon tentennò prima di bussare, pensando che non vi fosse nessuno; d’un tratto, però, sentì delle note di pianoforte e pensò che se i padroni di casa erano fuori, sicuramente loro figlia era lì, oltre quella porta, pronta ad udire le sue parole. Scambiò un cenno d’intesa con il suo valletto e bussò, attendendo pochi istanti per essere accolto in casa e condotto nel salottino della musica, dove Miss Astor lo attendeva seduta al pianoforte. Miss Veronica Dalrymple si alzò in piedi non appena l’uomo fece il suo ingresso e ad un gesto della sua signora uscì portando con sé Ted, che la attendeva sull’uscio.
Miss Astor si alzò e fece accomodare il conte, poi si sedette di nuovo, chiedendosi se fosse abbastanza presentabile per ricevere una proposta di matrimonio, perché di quello si sarebbe dovuto trattare.
-Miss Astor, perdonate la visita priva di preavviso, ma stavo passeggiando quando ho compreso che dovevo vedervi.
Il conte sfoggiò il suo sorriso più seducente, poi si alzò e si inginocchiò ai piedi della ragazza.
-Miss Annabeth Astor, volete farmi l’onore di diventare mia moglie?
Annabeth sorrise –Pensavo non vi sareste mai deciso.
Quella risposta spiazzò il conte che, dopo un istante di spaesamento, scoppiò a ridere e si alzò in piedi.
-Dunque possiamo fare a meno delle romanticherie?
-Dire di sì.
-Menomale, non sono il mio forte. Dunque è un sì, il vostro?
-Assolutamente, conte. Sarò lieta di diventare vostra moglie. Ora, perché non continuate la vostra passeggiata e ritornate questa sera, quando troverete mio padre? Non sta bene che rientrino e vi trovino qui.
Cecil si esibì in un pittoresco inchino ed annuì, certo una volta di più di aver compiuto la scelta giusta: Annabeth era stata, dopotutto, sempre la sua prima scelta, nonostante la leggera sbandata per Miss Palmerston che, in fondo, era più un divertente diversivo che una vera e propria possibilità di matrimonio. Era certo che Sir Astor avrebbe dato il suo consenso, dunque non rimaneva che decidere quando celebrare le nozze.
Miss Dalrymple sorrise udendo quello scambio di battute da oltre la porta, da cui non si era mossa per preservare un minimo di decenza della sua signora. Purtroppo, neppure Mr. Bull si era spostato dal suo fianco e aveva continuato a parlare di esempi da seguire e matrimoni da celebrare.
-Noi siamo scritti nelle stelle...
-Le uniche stelle che ci riguardano sono quelle che vedrete se vi colpirò con il parasole della mia signora.- replicò ella, indicando con la testa l’ordinata fila di ombrellini poco distante da loro.
-Voi mi ferite, vi divertite a torturarmi, ma ora che vivremo sotto lo stesso tetto capitolerete.
Quella che era stata una battuta del conte era divenuta un reale desiderio per Ted, che aveva realizzato quanto bella e altera fosse Veronica; non appena il matrimonio fosse stato celebrato la nuova Lady Gordon si sarebbe trasferita a Lilies Manor e con sé avrebbe portato la sua cameriera personale, il cui rifiuto costante era ormai diventato una sfida. Era certo che l’avrebbe sposata per la fine dell’inverno.
 
Il colonnello Lennox non era uomo da farsi intimorire facilmente; veterano di guerra, aveva combattuto contro Napoleone finché una ferita non l’aveva costretto a lasciare l’esercito. Mentre attendeva che Sir Palmerston lo ricevesse nel suo studio, però, si sentì nuovamente il diciottenne pieno di timori che attendeva di essere ammesso nell’esercito.
-Colonnello, accomodatevi. Posso offrirvi qualcosa?
-No, vi ringrazio sir Palmerston. Sono qui per un motivo preciso e vorrei esporlo subito.
L’altro annuì, facendogli cenno di sedersi. –Ditemi pure.
-Forse quello che sto per chiedervi non vi coglierà di sorpresa, credo di non esser stato molto bravo in questi anni a nascondere i miei sentimenti. Sono qui per chiedervi la mano di vostra figlia Eve, signore. So di non essere titolato, ma vi prometto che farò di tutto per rendere Miss Eve una donna felice; Hazel House mi frutta quattromila sterline l’anno, a cui si aggiunge la rendita dell’esercito, ma questo voi già lo sapete. Inoltre, l’impossibilità di combattere mi permetterà di non lasciare mai il fianco di Miss Eve.
Aveva parlato quasi senza prender fiato e Sir Palmerston l’aveva ascoltato impassibile.
Lo sapeva, ovviamente, le intenzioni del colonnello non erano mai state molto celate e non poteva negare che l’idea lo preoccupasse un po’, memore della sorte di sua sorella. Era certo, però, della serietà dei sentimenti di Lennox, così come era consapevole dell’amore di sua figlia,così sorrise.
-In realtà mi stupisce abbiate impiegato tanto a domandarmelo.
-Anni fa ho esposto a Miss Eve i miei sentimenti e le mie serie intenzioni, ma vostra figlia mi chiese di aspettare e lo feci.
-Molto ammirevole, ma dopotutto non mi aspettavo nulla di meno da voi. Eve è d’accordo, immagino.
-Sono felice di dire di sì, signore. Miss Eve ha avuto la compiacenza di accettare la mia proposta, se voi sarete d’accordo.
Il baronetto si alzò in piedi e gli tese la mano, che il colonnello prese dopo essersi alzato a sua volta.
-Sarò felice di affidarvi Eve, colonnello. Venite, andiamo dalle signore.
-Grazie, Sir Palmerston. Non ve ne pentirete.
Uscirono dallo studio per recarsi nel salottino di Lady Palmerston dove trovarono le quattro donne di casa, intente chi a leggere chi a ricamare.
-Signore, sembra che, alla fine, un matrimonio si avrà.
A quelle parole Eve si alzò in piedi e abbracciò suo padre, voltandosi poi verso il colonnello con gli occhi velati di lacrime di gioia. Claire ed Emma andarono ad abbracciare la sorella, mentre Lady Palmerston si alzò e sorrise al colonnello.
-Facevate già parte della famiglia, ma sarò lieta di potervi chiamare mio genero.
Eve guardò Claire con una nota d’apprensione, ma la sorella scosse la testa: era felice per lei, non importava che si sposasse prima di lei. Eve e Lennox erano innamorati da anni e non potevano continuare ad aspettare in silenzio che lei si decidesse a convolare a nozze.
-Congratulazioni, mia cara. Sono davvero molto felice.
 
L’esuberante gioia di Miss Natalie Rowley fece sorridere l’addetto alla reception del Rose Hotel, elegante albergo situato nel cuore di Londra; la diciottenne fanciulla, pur essendo inglese, aveva alcun ricordo della capitale che aveva lasciato a pochi mesi di vita al seguito dei genitori, trasferitesi in Antigua nel podere di famiglia. La giovane Natalie non aveva mai lasciato la colonia, se non per trascorrere quindici mesi a Chicago alcuni anni prima, ma aveva immaginato Londra così a lungo e così ardentemente che trovarvisi, finalmente, era come un sogno ad occhi aperti.
-Cosa vi porta qui, Mr. Rowley, se posso chiedere?
L’uomo, un elegante signore sui trent’anni, annuì compito –La dipartita di mio nonno, purtroppo, e la nomina a Pari del regno.
-Oh, mi dispiace molto per vostro nonno, ma mi congratulo con voi per la nomina. Presto diverrete Sir Rowley, dunque?
-Sì, così pare.
Difficilmente si sarebbe riusciti a immaginare due fratelli più diversi di quelli che avevano fatto il loro ingresso a Londra la sera precedente: se la giovane Miss Rowley era esuberante e chiacchierona, il fratello era talmente serio e compito da apparire più vecchio dell’età che effettivamente aveva. Non una emozione aveva attraversato il suo viso per tutto il tempo in cui era stato nella hall dell’albergo, e il dipendente aveva iniziato a pensare che nulla avrebbe mai modificato i lineamenti di quel volto quando, d’un tratto, gli occhi dell’uomo si sgranarono e tutto il sangue gli defluì dal volto.
-Sapete…- la voce titubò e dovette schiarirsela più volte perché riuscisse a parlare –Sapete chi sono quei signori?
L’addetto della reception si sporse oltre il bancone e seguì lo sguardo dell’uomo, poi annuì –So chi è lui. Il suo nome è Mr. Arthur Browning, è giunto dall’America poche settimane fa, ma è inglese come voi. Della signorina mi sfugge il nome, ma so che è la sua fidanzata, un’americana. Convoleranno a breve a noz…
Un grido sorpreso di Miss Rowley lo interruppe bruscamente e notò in lei lo stesso stupore che aveva colto il fratello pocanzi.
-Scusate, signore, ma li conoscete?
-Forse. Posso chiedervi dove alloggiano?
-Non so dove sia alloggiata la signorina, ma Mr. Browning è ospite dei suoi zii, i Palmerston. Desiderate l’indirizzo?
-Sì, vi ringrazio.
L’uomo scrisse l’indirizzo su un pezzo di carta che consegno a Mr. Rowley insieme alle chiavi dell’appartamento.
-Posso domandarvi un altro favore?- aggiunse l’altro prendendo dal taschino un biglietto da visita, -Potete farlo recapitare a Sir Palmerston? Intendo far loro visita.
-Sì, lo farò immediatamente.
Il biglietto fu affidato a un valletto, che partì subito per consegnarlo, poi l’uomo osservò i Rowley salire le scale diretti all’appartamento chiedendosi cosa mai celassero.
 

Caro diario, Eve e il colonnello si sposeranno. Sono davvero felice per loro e ho un motivo in più per aspettare con ansia il momento in cui lasceremo Londra. Il colonnello verrà con noi, lui ed Eve voglio sposarsi non appena terminerà l’estate, verso metà settembre; per allora, spero sinceramente di aver dimenticato Arthur, che ci verrà a trovare con colei che sarà sua moglie. Qualunque cosa sia nata tra noi, dovrà finire al più presto… La notizia delle nozze di Eve mi ha ricordato quanto la vita sia un’infinita sequela di possibilità: sarò felice anche io, un giorno, e sorriderò di quanto è accaduto in queste settimane. Arthur sarà sempre mio cugino, nulla più.

 




Note: In ritardo, ma ci sono. Scusate, ma sono stata risucchiata dai saldi :)
Eccoci con il penultimo capitolo e con la cena: è stata all'altezza delle vostre aspettative? Siamo quasi alla fine e molti nodi vengono al pettine, ma... Chi saranno i Rowley? Che mistero portano con sé? 

Lo scoprirete la prossima settimana, con l'ultimo capitolo, e non posso negare che mi dispiace essere già giunta alla fine, ma grazie, grazie davvero!
E consentitemi una dedica speciale alla neo dottoressa Giulia!

A sabato!

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