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Autore: Roxy_ 91    09/07/2012    5 recensioni
Forks è come sempre monotona, ma è un ambiente sicuro per Bella. Tutto va alla grande fino a quando non torna LUI. Non si sa cosa l'abbia spinto a tornare, fatto sta che stronzo è partito e stronzo è tornato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mike Newton, Un po' tutti | Coppie: Alice/Edward, Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Deponete le ascie di guerra.
Vengo in pace a porvi
il penultimo capitolo
della mia FF.
Spero che vi piaccia.
BUONA LETTURA!

 
 
 
 
 
 
CAPITOLO DICIANOVE                                  - Vado? No, non vado...oppure si?
POV BELLA
 
-          Alice, non c’è niente da decidere, le strade mie e di Edward si sono separate quando è andato via. Argomento chiuso. –
-          Ma non ti tocca nemmeno un po’? cioè non ti far star male saperlo di un’altra? –
-          Certo, ci sto male, prima era sopportabile, ma da quando mi hai detto che vuole sposarsi, sto peggio. –
-          Non ti capisco Bella, non ti capisco per niente.-
-          Allora smetti di capirmi. Ci vediamo Alice, devo tornare a lavoro. –
-          Ok Bella, un bacio. –
Riaggancio, Alice è una persona che non si arrende facilmente. So che mi ha detto di Edward in
modo che io aprissi gli occhi, ma cosa posso fare adesso? Non sono certo il tipo di persona che ruba
il fidanzato da sotto il naso ad un’altra, mi sono promessa che non mi sarei mai comportata come
Jessica, so come ci si sente ed è terribilmente brutto.
Infilo il cellulare in tasca e torno nel laboratorio, dove stavo finendo alcuni dolcetti per una cliente.
I miei progetti per il futuro, non hanno fatto molti progressi. Si, ho fatto il corso e sono migliorata,
decisamente migliorata ma non ho ancora avuto il coraggio di buttarmi in un’attività tutta mia.
Carol fortunatamente mi ha riaccolta nel suo negozio con grande felicità quindi per adesso sto
bene così, sento che Peccati di Gola è il luogo dove devo essere, o meglio è il luogo in cui mi obbligo
di stare. Questo è anche il luogo che ogni volta mi lascia una voragine nel petto. Quante volte
uscendo da lavoro ho trovato Edward appoggiato alla sua auto che mi aspettava, e quante volte
ho desiderato di vederlo all’improvviso lì ad accogliermi con un bacio.
Sospiro, tutti sogni Bella, tutti sogni. Come se non bastasse il suo ricordo che mi divora l’anima,
mia madre ogni giorno mi mette sotto al naso quel ridicolo bigliettino col nome del ristorante e l’ora.
La data la ricordo troppo bene. Maledetta Alice, proprio il giorno del mio compleanno??  
Ogni mattina strappo il bigliettino ed ogni sera mia madre me ne fa trovare un altro sulla scrivania
della mia camera o sul frigo. Ormai è diventato un incubo. Nei miei sogni spesso vedo la casa completamente
tappezzata di post it  gialli. Mia madre ed Alice ne sarebbero capaci e tremo al sol pensiero di trovarmi di f
ronte a questa eventualità.
Sono convinta che restare qui a Forks sia stata una decisione saggia allora, e credo che lo sia anche adesso,
ma se è saggia come idea, perché in alcuni momenti della giornata vengo presa dalla voglia di correre a Los Angeles?
Con un miliardo di idee confuse che mi frullano nella testa, ripongo il lavoro finito ed incartato
nel bancone del negozio con sopra il nome di chi verrà a ritirare l’ordine. Aiuto a pulire le stoviglie e appena finisco corro a casa.
Parcheggio l’auto nel vialetto di casa ed entro diretta al frigo per prendermi da bere. Come
sospettavo, attaccato al frigo con una calamita ecco il solito post-it, senza guardarlo apro il
frigo prendo una bottiglietta d’acqua e quando richiudo, strappo il bigliettino e lo butto via. Vado
in camera mia e passando per il salotto noto mia madre seduta sul divano che guarda la tv.
-          Ciao cara. –
-          Ciao. –
Non dico altro, in questi giorni mi innervosisce solo con tutti i biglietti che mi fa trovare. Entro
in camera mia e anche lì, in bella vista sulla scrivania, un post-it giallo. La rabbia mi assale ed io
non riesco più a trattenermi. Scendo e mi fermo a metà scala.
-          Mamma, basta! Smettila di fare ciò che ti dice Alice, mi innervosiscono solo questi biglietti.
Ho già deciso e non ho intenzione di cambiare idea. Sembri una bimba che prende ordini dal capo banda. –
-          In realtà, non sento Alice da qualche giorno, e comunque, il post-it con l’indirizzo e il ristorante era solo quello sul frigo. Su quello in camera tua, c’è segnato il nuovo numero di cellulare di Jessica. Ha chiamato qualche minuto prima che tu rientrassi e mi ha chiesto di fartelo avere. –
-          Ah….scusami. – Dio, sto sprofondando nella vergogna.
-          Non ne vuoi parlare? Magari buttando tutto fuori riesci a decidere, mancano cinque giorni. –
-          No mamma, grazie. Capisco la tua preoccupazione e anche quella di Alice. Se un giorno dovessi pentirmi di non essere andata a Los Angeles, so che la colpa sarà solo mia. –
Risalgo le scale velocemente, raccolgo il post-it dal pavimento ed effettivamente è il numero di Jessica.
Poco interessata, lo appallottolo di nuovo e lo butto nel cestino accanto la scrivania. Do inizio al nuovo
rituale di tutte le sere, a parte quelle dove esco con Alice. Mi spoglio e vado in bagno, apro il getto
dell’acqua e mi ci infilo sotto. Lavo con cura i capelli, li insapono due volte, anche tre se capita. Passo
poi al corpo insaponandomi con abbondante bagnoschiuma alla fragola, depilo le gambe anche se non ce ne
sarebbe bisogno. Resto poi sotto il getto d’acqua per quasi un quarto d’ora, così sono sicura di aver tolto
ogni traccia di schiuma. Chiudo l’acqua e mi avvolgo nel telo, raccolgo i miei capelli in un asciugamano.
Prendo la crema per il corpo e la spalmo ovunque con lentezza. Asciugo i capelli velocemente. Ogni sera,
da un anno, questo rituale è necessario. Mi serve a non pensare, serve a rilassarmi a cercare di svuotare
la mente, ma stasera questo non accade. Sento le mie decisioni vacillare, ogni tentativo di dimenticarlo
andare a farsi fottere. Perché? Perché Alice ha rotto la promessa? Perché ha messo me di fronte ad una scelta?
Torno in camera ed indosso l’intimo e il pigiama. Mi butto sul letto, non ho voglia nemmeno di cenare anche se
il mio stomaco brontola per la fame. Vorrei che qualcuno decidesse al posto mio, che mi dicesse cosa fare,
ma sono sicura che nessuno si prenderebbe una responsabilità simile, devo decidere io, ma non ne sono in grado.
Io ho amato Edward, anche se non l’ho mai detto, lo amo ancora. Ho fatto tutto il possibile, sono andata
anche in aeroporto per pregarlo di tornare a casa con me, ma lui  ha preferito il niente al vedermi nel
tempo libero. E’ vero, avremmo sofferto entrambi, ma almeno saremmo stati ancora una coppia. Dio cosa devo fare?
 
***
13 Settembre.
A lavoro oggi sono un completo disastro. Avrò bruciato almeno quattro teglie di biscotti prima di
riuscire a farne una come si deve.
Adesso sono completamente occupata con la decorazione di una torta da mettere in esposizione.
Aggiungo qualche goccia di cioccolato sulla glassa, pulisco il piatto da portata e lo porto in negozio.
Uscendo dal laboratorio, do un’occhiata all’orologio. Sono le 14.00, senza volerlo, faccio dei conti
meccanici su quanto tempo avrei impiegato per arrivare a Los Angeles, la cena era alle 21.00….
Sono in sovra pensiero e varcando la soglia del negozio, inciampo in qualcosa e scaravento la
torta completamente a dosso Carol. Merda…
-          Bella, ma cosa diamine combini oggi? Dove hai la testa?!?-
-          Scusa Carol…. Sono inciampata, perdonami. Torno subito a prepararne un’altra. –
-          Lascia stare, non c’è tempo. Sicura che è tutto ok? Hai bruciato anche un mucchio di biscotti. –
-          Si lo so. Scusami. Che ne dici se oggi resto qui in negozio? Provoco solo danni. –
-          Va bene, pulisci questo disastro, io vado a cambiarmi. –
Sorrido a mo di scusa, oggi è un giorno infernale. Stamattina mamma e papà mi hanno fatto gli auguri,
pensavano che avessi il giorno libero, ma ho preferito lavorare. La mamma si è rabbuiata per questo.
Ma non mi importa, preferisco stare qui che sentire mia madre dirmi ‘segui il tuo cuore’. Vado dentro
a prendere uno straccio e una bacinella con l’acqua. Pulisco con cura e raccolgo il piatto di portata andato in frantumi.
Poso tutto e torno in negozio, dove non posso creare alcun danno. Cerco di non pensare, chiacchiero
con i clienti, mi assicuro che sia tutto in ordine, tutto pulito.
Ad un tratto, senza volerlo guardo di nuovo l’orologio. E’ un’abitudine che ho da sempre. Sono le
16.30. Qualche calcolo mentale… un’ora per arrivare all’aeroporto, quasi tre di volo e il tempo
necessario per trovare il locale… Perché sto facendo i conti? Perché sto valutando l’idea di andare a Los Angeles?
Apri gli occhi Bella!! Maledizione io lo amo! Lo amo e non posso farci niente. Lo amo e mi manca
l’aria senza di lui. Lo amo e devo dirglielo prima che sia troppo tardi. Senza badare a nessuno,
tolgo il grembiule e scavalco il bancone, ci vorrebbe troppo tempo per fare il giro. Carol
mi guarda come se fossi impazzita.
-          Bella.. –
-          Scusa Carol, devo andare, devo andare a riprendermi il mio uomo. –
Esco come una furia dal negozio senza aspettare una sua risposta. Probabilmente mi crede pazza,
ed è vero… sono pazza di lui e me ne accorgo solo adesso, sono pazza di lui e non posso
permettere che sposi un’altra donna.
Corro verso casa mia. Devo chiamare Alice. Ho il fiatone, sento un dolore assurdo al fianco,
ma non mi fermo. A poca distanza da casa mia, vedo l’auto di Alice in lontananza. Dio grazie.
Lei mi vede, si apre in un sorriso enorme e comincia a gridare.
-          Lo sapevo!!! Lo sapevo. Sei grande. – Sono a pochi passi da lei, le lacrime agli occhi.
-          Alice, non ce la farò mai. –
-           Si invece, Sali in macchina, c’è un volo che ci aspetta. –
Salgo in auto e solo in quel momento mi accorgo che c’è mia madre che mi guarda. La
guardo con aria di chi cerca comprensione.
-          Mamma… -
-          Segui il tuo cuore. Vai, non preoccuparti. – Sorrido udendo quella frase.
Alice parte sgommando. A tutta velocità imbocca l’autostrada per Seattle. Il tempo sembra
passare troppo in fretta. Sono quasi le 17.00 e il nostro volo è previsto per le 18.15. Non ce
la faremo mai. Questa è l’unica frase che continuo a ripetere durante tutto il tragitto. Merda!
Perché mi sono decisa alla fine, ma che diavolo avevo in mente? Alice guida come una pazza, in
altre occasioni avrei avuto da ridire sulla sua guida, ma in quel momento ringraziavo che fosse così
spericolata. Alle 18.10 siamo all’aeroporto. Alice parcheggia dove capita, prende la sua borsa
e ci lanciamo in una corsa che anche questa volta mi toglie il fiato. Varchiamo il gate un minuto
prima della partenza. La hostess ci guarda torva quando ci vede salire sull’aereo facendo troppa
confusione, ma non ci badiamo. Ci sediamo ai nostri posti e attendiamo che l’aereo parta.
Adesso non possiamo fare niente per velocizzare il viaggio. Dobbiamo solo attendere e già so che darò di matto.
Finalmente l’aereo decolla, solo una volta che torna in posizione orizzontale, slaccio la cintura. Alice fa lo stesso.
-          Perché ci hai messo così tanto tempo? –
-          Non lo so Alice, quando ho visto l’ora sono andata nel panico, fino a 2 ore fa non avevo intenzione di partire.-
-          Ero a casa tua dalle 14.00. Quando sei arrivata, pensavo di avere le allucinazioni. –
-          Anche io quando ti ho vista…. Scusa, sei venuta a casa mia dalle 14.00? –
-          Si, stavo per venire in negozio a supplicarti –
-          Perché non l’hai fatto? A quest’ora staremmo arrivando a Los Angeles. –
-          Ora la colpa è mia? –
-          No, scusami. Sono agitata. –
-          Andrà tutto bene. Lui ti ama, e tu ami lui. Vedrai si sistemerà tutto.-
-          Si, perché lo amo giusto?-
-          Si… -
Alice mi guarda con aria preoccupata. Fa bene, anche io sono preoccupata delle mie
condizioni mentali. Cosa gli dirò? O mio Dio, so già che farfuglierò qualcosa di incomprensibile
e tutti rideranno. Mi tocco distrattamente i capelli, tiro giù le maniche del mio dolce vita e s
olo in questo momento mi rendo conto di essere conciata in modo orrendo.
-          Oddio… -
-          Che succede? – Alice si volta allarmata.
-          Guardami… -
-          E… ?- Come ‘E’ ? Lei che ha uno spigliato senso della moda, non vede in che condizioni sono?
-          Alice, hai prenotato in un albergo di lusso, saranno tutti in abito da sera ed io…. Oh che sciattona che sono. –
-          Come sai che è di lusso? Di la verità, hai sbirciato com’è il locale. –
-          Lo ammetto. – Divento rossa.
-          Per tua fortuna, ho programmato anche questo. – Prende la borsa che è ai suoi piedi. – Tieni, qui dentro c’è un abitino e delle scarpe. – Non credo alle mie orecchie…
-          Scherzi?? –
-          Ti sembro una che scherza? Con te tutto è possibile, ho pensato che fosse meglio portare con me qualcosa nel caso in cui ti fossi mossa all’ultimo secondo. –
-          Sei un angelo… -
-          Si, vai a cambiarti. Ho anche delle forcine, quando torni vediamo che fare ai capelli. –
L’abbraccio e vado in bagno. Tiro fuori dalla borsa quello che Alice mi ha portato. E’ un abito
bianco, con una fascia nera sotto il petto, è un tubino, perfetto per le mie forme. Lo indosso
con molta attenzione, gli spazi sono molto limitati negli aerei e non vorrei rovinarlo. Poso i miei
abiti nella borsa di Alice, indosso le scarpe che sono di un nero lucido e mi guardo allo specchio.
Ho un aspetto orribile. Sciacquo il viso un paio di volte, controllo che il vestito sia in ordine
ed esco dal bagno per tornare al mio posto.
Alice mi vede arrivare e si allarga in un sorriso.
-          Perfetta. Vieni qui, ho portato del trucco. –
-          Ti adoro… te l’ho detto? –
-          Si, si mi ringrazierai più tardi.
Mi siedo ed Alice si mette subito all’opera. Prevedo una tortura, ma non mi lamento. Mi da uno
specchietto e ogni tanto mi chiede di controllare se va bene il trucco. Ogni volta che me lo chiede
non faccio altro che annuire dando solo una veloce occhiata allo specchietto.
Come il suo solito, Alice mi trucca in modo molto leggero. Da un po’ di colore alla mia pelle,
nasconde le occhiaia che mi sono provocata dormendo poco nell’ultimo anno. Colora gli occhi di un
bianco molto leggero e disegna gli occhi con la matita. Niente mascara, in caso di lacrime rovinerei tutto.
Passa ai capelli. Lì non sa davvero da dove iniziare. Li spazzola con un pettine che non so da
dove ha preso e comincia a sciogliere i nodi. Non fa niente di particolare, non c’è tempo, ma
soprattutto non c’è la calma adatta. Li raccoglie lasciando cadere sulla mia schiena una sola
ciocca di capelli che cerca di arricciare con una forcina.
Quando ha finito, mi giro verso di lei che mi guarda con attenzione.
-          Bene, spero che questo non ti abbia dato tempo di entrare nel panico. –
-          Perché? – Adesso ero nel panico.
-          Manca pochissimo. – Mi manca l’aria, respiro a fatica. – Bella, guardami. Stai calma. Ricordati il motivo per cui sei su questo aereo. Pensa a lui, concentrati su di lui. –
-          E’ per questo che vado in panico. Cosa gli dico? E se mi rifiuta? Non ce la faccio Alice, torniamo indietro. –
-          No. Siamo qui e adesso devi andare fino in fondo. Ci sarò io con te. –
-          Ok… se ci sei tu, posso farcela. –
Senza accorgermene, ero quasi arrivata a Los Angeles. Non so davvero cosa dirgli una volta lì.
L’esperienza mi dice che le parole verranno da sé, ma la cosa principale che devo dirgli è che lo amo.
Quando ci pregano di allacciare le cinture, il panico torna di nuovo ad impadronirsi di me. Faccio
dei profondi respiri , chiudo gli occhi fino a quando l’aereo non tocca terra.
Alice mi scrolla portandomi alla realtà. Mi dice che abbiamo poco tempo. Ha orchestrato tutto al
meglio e se rispettiamo la tabella di marcia, o meglio di corsa, arriveremo al ristorante prima che
Edward possa darle l’anello. Corriamo ancora, sui tacchi è ancora peggio. Saliamo sul primo taxi,
Alice gli porge il biglietto con l’indirizzo del ristorante e prega l’autista di fare il più in fretta possibile.
Guardo l’ora sul cruscotto del tassista, sono le 21.30.
-          Alice, a che ora Edward darà l’anello alla tipa? –
-          Si chiama Tanya, tienilo in mente. Comunque alle 22.00 il maitre lo porterà ad Edward. –
-          Mezz’ora… -
-          Ce la farai. Tranquilla. –
Oggi il destino non voleva proprio saperne di darmi una mano. Il traffico non permetteva al taxi di
andare a più di 50 all’ora. Non ce l’avrei mai fatta, mancavano meno di 20 minuti ed io ero ancora
imbottigliata nel traffico. Poi finalmente, il tassista si ferma. Siamo arrivate, non potevo crederci.
Varchiamo la soglia dell’Ermitage. Entriamo in ascensore ed Alice preme il tasto che porta all’ultimo piano.
21. 54, l’ascensore era troppo lento. Non ci pensare Bella. Non devono mica spaccare l’ora? Dopo un
tempo che mi sembra infinito, le porte dell’ascensore si aprono e ci ritroviamo in un ampio spazio dai
colori chiari, arredato con ottimo gusto. Al centro c’è un tavolino su cui è appoggiato un vaso di cristallo
che fa strani giochi di luce. Alice mi tira verso una direzione e tutto ad un tratto si ferma.
-          Bella, siamo arrivati. Adesso tocca a te, Esci in terrazza e stendilo. –
-          Non vieni con me?-
-          Sarò qui, da dove posso vederti. Muoviti, il maitre si sta dirigendo verso il tavolo di Edward. –
Esco sul terrazzo e per un attimo vengo distratta dal panorama magnifico che mi si para d’avanti. Bella,
concentrati! Scruto il luogo e trovo Edward, è di spalle,  lo riconosco grazie ai suoi capelli. Lo vedo sporgersi
verso il maitre che gli porge qualcosa, a quel punto avanzo il passo e mi ritrovo a pochi passi da lui.
Non mi ha sentito arrivare, è normale sentire il rumore di passi in un ristorante. Prendo un bel respiro
pronta a fare qualche altro passo per mettermi nella sua visuale. La ragazza seduta di fronte a
lui mi guarda, ma subito torna a posare lo sguardo su Edward che sta trafficando con lo scatolino.
Gli occhi di lei si illuminano, lui sta per aprire lo scatolino. Non c’è più tempo, sono istintiva, quasi urlo..
-          NO! Edward aspetta, non farlo…-
Si gira,  ha l’aria di chi ha appena sentito la voce di un fantasma e quando mi mette a fuoco,
la sua espressione è indecifrabile. Al momento del mio urlo, tutti su quella terrazza hanno puntato
gli occhi su di me. Grandioso…. Lui mi guarda, non ha detto una sola parola. E adesso? Devo dire qualcosa,
è ovvio. Mi metto di fronte a lui, in modo che possa vedermi bene. Istintivamente gli prendo le mani
invitandolo ad alzarsi, lui si alza , le mani ancora intrecciate. Lo guardo negli occhi…devo dire qualcosa,
o mi crederà una stupida.
-          Edward…. Io ti amo. –
Sgrana gli occhi in modo assurdo, io sento gli occhi lucidi e lo guardo di Tanya che mi perfora la
schiena. Ma non mi importa, continuo a guardarlo negli occhi con intensità, aspettando che mi dica qualcosa.



ANGOLO AUTRICE:
Non c'è niente da dire.
So che forse vi aspettavate
Edward che corre da Bella, ma fa più effetto
lei che corre da lui.
Ditemi cosa ne pensate e scusatemi se il cap
è più lungo del solito
un bacio!
   
 
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