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Autore: Filakes    10/07/2012    4 recensioni
Mariko ha tredici anni, figlia di samurai nell'epoca Tokugawa, quando un conflitto fra due importanti daimyo fa scoppiare una guerra, sanguinosa, da cui il padre non tornerà.
Mariko, delusa dal suo daimyo, abbandonerà il feudo per diventare ronin, un samurai senza terra, in cerca di vendetta.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Giappone feudale
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Capitolo V:
“Lutto e Vendetta”

  Mariko camminava senza sosta avanti e indietro per il giardino. Perché avevano attaccato casa sua? Perché attaccare proprio loro? Non avevano particolari nemici, solo uno, ma da tempo le tensioni si erano placate.
Non riusciva a capire, e la cosa le metteva una certa agitazione. In più erano sicari deboli, perciò sapevano che la missione sarebbe fallita. Allora perché?
Il suono dei geta sui ciottoli nel giardino la distolse dai suoi pensieri. Kiri stava accompagnando un samurai dal kimono scuro in casa. Rimase un attimo ad osservarlo, mentre sentiva il sangue che lentamente le si gelava nelle vene.
Vide l’uomo fermarsi sulla porta d’entrata e la madre uscire dalla casa.
Le orecchie fischiavano, non riusciva a sentire quello che l’uomo diceva, non lo voleva sentire. Vide l’uomo porgere alla madre il kimono del padre e le due spade.
L’uomo si inchinò, facendo le condoglianze, la madre, tremante, si inchinò, trattenendo le lacrime.
L’uomo se ne andò e Yuriko si obbligò a mantenere la calma di fronte agli altri; Mariko, invece, si lasciò sfuggire le lacrime.
Come un automa tornò in casa, Haku la osservava preoccupata, anche lei piangeva.
-         Mariko-san, come state?
Chiese tra i singhiozzi.
-         Io… non lo so.
Bisbigliò priva di voce.
 

  Il samurai le aveva detto che il marito era morto combattendo in prima fila, per difendere il daimyo, un enorme onore. Sorrise, sarebbe rinato samurai. Poi Yuriko aveva chiesto notizie del figlio, ma la risposta l’aveva distrutta: era scomparso, nessuna traccia del suo corpo, probabilmente era caduto nel fiume vicino al campo di battaglia e l’armatura pesante l’aveva trascinato sott’acqua.
Non aveva ancora detto nulla a Mariko, non sapeva come fare. Sospirò riprendendo la calma.
-         Madre, posso entrare?
-         Certo Mariko.
La figlia entrò nella stanza, gli occhi arrossati.
-         Papà è morto?
-         Sì. Ma non devi piangere, è morto con onore.
-         Sì…
Mariko respirò profondamente per riprendere controllo di se stessa.
-         E Goemon…?
-         Lui… è scomparso.
Come un macigno, la risposta della madre la soffocò.
-         Scomparso non vuol dire morto.
Tentò Mariko.
-         Illudersi è inutile.
L’ammonì la madre.
Quella risposta colpì Mariko come uno schiaffo in pieno viso, anzi, fu molto peggio.
 
Quella notte Mariko non riuscì ad addormentarsi, l’agitazione le rovinava il sonno, si alzò e uscì in giardino. Osservò il punto dove lei e il padre si allenavano, dove lei e Goemon giocavano da bambini, era tutto così straziante…
 
-         I samurai devono sapere controllare le proprie emozioni. Sempre. Anche nei momenti peggiori.
-         Perché?
-         Perché bisogna mostrarsi forti, non deboli. Mai, sarebbe un’onta sul proprio onore.
Le aveva detto il padre una sera, quando Mariko era scoppiata a piangere perché Goemon aveva rotto un suo giocattolo. A quelle parole si era calmata, lei era una samurai e come tale si doveva comportare. Il padre le aveva sorriso e l’aveva abbracciata.
 
“Mi spiace papà, non sono così capace di controllarmi” pensò malinconica.
Dietro di lei sentì un leggero fruscio, ma non si girò, aspettando che l’altro facesse la sua mossa. Ma tutto rimase completamente immobile.
-         Chi sei?
Domandò Mariko con calma.
-         Non importa chi sono, ma devo parlarti. Non ti voltare.
La voce era famigliare, ma lei non riuscì a ricordarsi a chi apparteneva. Rimase immobile aspettando che parlasse.
-         Sono stato mandato ad informarti su come davvero sono andate le cose.
-         Riguardo quali cose?
-         Riguardo alla morte di tuo padre.
Mariko rimase in ascolto, i muscoli tesi sotto il kimono di seta.
-         Tuo padre è stato assassinato per motivi politici.
Il sangue di Mariko si congelò nelle vene, le parole le risuonarono nella mente senza sosta.
-         Il nostro daimyo ha promesso il vostro feudo, la testa di tuo padre e del suo primogenito in cambio della pace.
-         Cosa?!
La rabbia prese con prepotenza il posto della tristezza.
-         Tu ti sposerai con Sudara, portando in dote parte del tuo feudo e delle ricchezze, dopodiché tua madre non avrà abbastanza ricchezze per sostenere il resto del feudo. Sarà allora che il daimyo la convincerà a sposare Hayato, vostro nemico, per risanare la ricchezza perduta.
-         Ma è assurdo!
-         Lo so.
Mariko non sapeva cosa pensare.
-         Perché?
-         Perché tuo padre stava diventando troppo potente.
Mariko era immobile.
-         Perché me l’hai detto?
-         Ero molto amico di tuo fratello, qualcuno deve rendergli giustizia.
-         Perché non tu?
-         Oh, io sono nella rete di spionaggio, non posso uscire allo scoperto. Poi sono sicuro che tu voglia fare da sola.
-         Hai perfettamente ragione, Kazuo.
Concordò, ricordandosi di chi era quella voce.
Kazuo rise e diede una pacca a Mariko, poi lei non avvertì più la sua presenza.
Avrebbe avuto la sua vendetta. Ad ogni costo, anche quello di perdere il suo onore.
   
 
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