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Autore: Eleonora999    10/07/2012    8 recensioni
Salve, allora questa è una fic Ichigo/Kisshu.
E' la mia prima storia, quindi so già che sarà difficile guadagnarsi qualche lettrice. Ma ci spero comunque tanto.
La storia è molto incasinatA, dove si capirà qualcosa solo verso la fine della storia stessa.
Ci saranno i tormenti di ghish, varie scoperte sulle origini della sua razza.
ese vi dico DEA DELL'AMORE cosa vi fa pensare?
Bhè, allora entrate e leggete, e lasciate qualche commentino se vi è piaciuta ^^
* Fine della battaglia. E’ finita, ma io mi sento morire. Perché? *
Ho almeno attirato un po' la vostra attenzione? Che fate, leggete ancora l'introduzione.. Entrate e leggete la storia ^^
Ciao ♥
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve, forse è un po troppo presto per pubblicare il capitolo 8 ma avevo il lavoro finito, valeva la pena pubblicarlo :)
Avviso: Le parti scritte in grassetto sono raccontate in prima persona dai personaggi stessi, le parti normali le racconto io in terza persona :)
Spero che vi piaccia, un bacione e al prossimo aggiornamento!




Decisioni
*Ottavo capitolo*






“GHISH!"


 

 

Non sapevo perché lo stavo facendo.
Correvo senza un meta.
Correvo senza un motivo.
Correvo.
Continuavo ad urlare il suo nome.
Ma di lui neanche l’ombra.
Così mi decisi di andare al parco Inohara, al grande albero. Era inutile girovagare per la città, non lo avrei mai trovato.
Giunta al parco, mi recai al grande albero.
Dei brividi mi sopraggiunsero alla visione di quello che vedevo.
Otto giorni, da quel pomeriggio. Otto giorni e la macchia non scomparve.
Era ancora evidente.
Enorme, rossa.
Il cuore mi si strinse in gola.
Mi guardai intorno, non vedevo e non sentivo nulla e allora mi affidai ai miei geni felini.
Il posto era davvero tranquillo, lì, in quel posto, non c’era quello che cercavo.
Così cambiai direzione e riprovai a cercare per le strade di Tokyo.
Nulla.
Basta, stavolta ero davvero stanca, ma di andare a casa non se ne parlava.

 

 

Allora mi recai sul grattacielo più alto di Tokyo. Il mio posto preferito.



“Oh Ghish, finirai con l’impazzire da un giorno all’altro se continui così!”
Ero stanco di quella sensazione, l’amavo così tanto a costo di rendermi ridicolo.
Ma ogni volta che ci pensavo la rabbia mi assaliva, mi divorava.

 

Mi uccideva.
 


 

Ero andata lì per rilassarmi, non dovevo affaticarmi, se non altro il medico era stato chiaro.
Dopo che mi sono dimessa, Mark è partito per un lungo viaggio diceva che troppi ricordi lo legavano a Tokyo, e a .. me!
Sospirai, mi stesi al suolo e mi misi a guardare le stelle.

 

Che belle!


 

“Avrei giurato di sentire dei passi .. strano. Mhà, forse è solo la mia immaginazione”
Nessuno dei due misero a fuoco che sul quel grattacielo non erano soli, il caso volle che si incontrassero lì.
In quel posto che rendeva la vista fantastica del panorama della città di Tokyo, soprattutto a quell’ora.

 

Nonostante le strade erano deserte, essa brillava.



Una voce, mi girai, non ci credevo.
“Gh-ghish..” – la sua voce, allora non mi sbagliavo quando dicevo di non essere solo.
“No!” - gridai – “Non ti avvicinare, non so cosa potrei farti”
Ma lei era testarda, a passi lenti e un po’ indecisi si avvicinava, sempre di più, lentamente.
Mi stancai del senso di disagio che si era creato, non potevo aspettare che lei mi venisse in contro, l’attesa mi stava risucchiando in un vortice.
Deciso, mi alzai in volo qualche centimetro da terra, e andai verso di lei.
Sorpresa da quell’azione lei rimase immobile davanti a me.
Le presi un braccio con forza e l’avvicinai ancora di più verso di me.
Ma il mio gesto non fu affatto gentile.
Lei, i suoi occhi, il suo corpo, il suo cuore.. aveva paura, lo sentivo, la tensione puzzava del suo odore.
Ma io mantenni fermo il mio sguardo. La guardavo intensamente.
Forse la gattina si sentiva a disagio perché tentò di fare un passo indietro, e di liberarsi, ma io le strinsi ancora di più il braccio.

 

“Allora? Cosa vuoi da me Strawberry?” forse stavo urlando, la vidi irrigidirsi per qualche secondo.
 

 
Già, cosa volevo dal quell’alieno .
Non me lo sapevo spiegare neanche io.
Non sapevo cosa mi  suggerì di cercarlo, sembravo sicura nel farlo, ma non avrei mai immaginato che ad avere un nuovo contatto con lui mi terrorizzava.
“Gh-Ghish..” Cazzo, solo il suo nome riuscivo a dire. La paura mi stava uccidendo!
Mi lasciò il braccio, mi aveva fatto un livido enorme.
Guardai il mio braccio, poi guardai lui.
Maledii il momento in cui lo feci.
I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi si erano ridotti a due fessure.
“Stupida” – mi disse in un filo di voce – “Vattene razza di idiota!” – ora mi gridava contro.
Ero immobile dalla paura, volevo fare ciò che lui mi diceva, ma il mio corpo non reagiva.
“Ghish..” – Tentai di chiamarlo, lui per mia sfortuna non mi ascoltò. Con violenza mi prese il braccio che aveva lasciato poco fa. Anche se solo veniva sfiorato sentivo le stelle.
“L’hai voluto tu razza di sciocca terrestre, mi hai rotto con i tuoi giochetti. Tu ora vieni con. Sul mio pianeta. CHIARO?” – l’ultima parola me la gridò in faccia.
Quando mi resi conto che mi stavo per alzare in aria, riuscì, finalmente, a svegliarmi da quella tortura.
“Lasciami Ghish, io-io non voglio venire con te! Mi fai schifo.” Ora gridavo anche io.

 

Caddi con il sedere per terra. Ghish che mi guardava. Lui aveva lasciato la presa.
 


“Mi fai schifo!” quelle parole mi colpirono come un tornado colpisce una piccola e povera cittadina.
Aveva distrutto in me tante cose.
“Vuoi vedere se faccio davvero schifo?” – lei era ancora seduta a terra,  prestava attenzione al dolore che le aveva procurato in seguito l’impatto del suo sedere con il tetto rigido.
Volai verso di lei. E mi misi a gattoni su di lei.
Le strappai la camicetta. Sorrisi sadicamente.
Che bel reggiseno Rosso in pizzo aveva.
E brava la gattina!
Si irrigidì.
Non volevo farle del male.
Ma volevo farle capire chi comandava in quella situazione.

Forse mi persi troppo nei miei pensieri sadici, perché la gattina mi scappò da sotto il naso.
Stupida. Sorrisi ancora. Quel gioco mi stava eccitando.
Riuscii a fermarla e la imprigionai con le spalle al muro.
“Oh no no no Strawberry, non si fa. E’ vero tu sei la gattina, ma ricorda io non sono il topo. Sono un cane, un cane feroce ed affamato – le dissi – e sono affamato di .. Carne!”
Le sfiorai la guancia con la mia lingua, buona.

 

Si irrigidì al quel gesto, ma la cosa non poteva farmi altro che piacere.
 

 

“Ghish, per favore – lo stavo implorando – verrò via con te, te lo prometto..”
Mi guardò un po’ estraniato . “ Se dici il vero ti darò la possibilità di prendere le cose necessarie per te. Se dici  il falso – mi mise una mano al collo, soffocandomi – dovrò ucciderti” mi disse nella felicità più immensa.
“Oo-o-ook-k” gli risposi a fatica.
Dopo un po’ mi ritrovai in camera mia. Lui era fuori al terrazzo della mia camera, aveva le mani alla ringhiera e guardava il cielo.

 

Silenziosamente mi preparai una borsa, con qualche ricambio e le cose essenziali come intimo spazzolino dentifricio e bagno schiuma, il suo preferito.!
Prima di recarmi da lui inviai un messaggio a Ryan “Ryan sono Strawberry, scompariro’ dalla zona. Appena ritornerò ti dirò tutto.”

 


‘ Cavolo Ghish, sei proprio un idiota. Continui a farle del male.’
Istintivamente, sentendomi osservato, mi girai.
Mi ritrovai alle mie spalle una Strawberry con una borsa un po’ più grande del normale e sorrideva.
ASPETTA! Sorrideva?
“Andiamo..?” mi disse dolcemente, mi avvicinai a lei e le presi la mano.
 
Quella fu l’ultima conversazione che fecero l’alieno e la donna-gatto.
Passarono due notti da quell’avvenimento. Ghish la ‘ospitò’ nella sua camera, infondo era l’unica che c’era sulla sua astronave. Strawberry non disse nulla in quei due giorni, si limitava a stare in un angolo.
Non si fidava di Ghish, e l’alieno se ne rese conto.
Infondo Strawberry non è che non avesse fiducia di Ghish, ma in realtà non aveva fiducia di se stessa.
Lo aveva squadrato, studiato, osservato e.. ammirato tutte le volte che Ghish, con indifferenza incredibile, entrava in quella stanza, faceva finta che lei non esistesse, ma in fondo era quello che faceva anche lui.
Il fatto che Ghish era bello, era un dato di fatto, ma dopo quasi quattro anni era veramente cambiato.
Aveva il viso più calcato, l’aria da fanciullo ce l’aveva sempre, ma era più maturo.
Il corpo, molte volte lui entrò a petto nudo in camera, e ogni volta che lo vedeva sentiva caldo al basso ventre.
I capelli, non aveva più quei codini, ma erano sciolti.
Era diventato un Dio.
Passarono delle ore quando l’alieno rientrò in camera. Si sedette sul letto e sospirò.
“Ah Strawberry, hai intenzione di restare in quella posizione per tutto il viaggio? Sai anche le ossa a volte hanno bisogno di sgranchirsi.!” Ammise lui.
“Oh ma io sgranchisco molto bene le mie ossa – fece una pausa – quando non ci sei tu!” Disse severamente. L’alieno sorrise.
Si stese sul letto. Per circa 5-10 minuti calò il silenzio tra loro. Strawberry  spezzò quel momento di puro relax.
“Quando arriveremo sul tuo pianeta?” Ghish che aveva gli occhi chiusi li aprì lentamente e sospirò.
“Il tempo che ho perso sulla terra ha fatto consumare carburante alla mia navicella. Avevo attivato la barriera di invisibilità e di protezione, se avevo carburante a sufficienza potevamo arrivare circa in dieci ore, ma da come vedi sono passati già quasi due giorni”
“Quindi.. quando dovremmo arrivare?” – “Si parla dai 5 ai 10 giorni, tutto dipende dai campi magnetici che ci sono nello spazio, se sono raggiungibili sarà un viaggio breve, se hanno scarso segnale  ci vorrà più tempo del previsto” Ora Ghish chiuse gli occhi, voleva solo riposare.
Strawberry entusiasta di aver capito il discorso di Ghish si alzò in piedi gridando “Ho capito ! Funziona come la connessione internet” ora se la rideva, ma quando si rese conto che Ghish la stava fissando si rimise di nuovo seduta. Lo sguardo di Ghish era inspiegabile. Quegl’occhi nel buio, strano ma brillavano e ciò la fece intimorire.
Dal canto suo Ghish sapeva che lo sguardo che le aveva fatto era ‘pericoloso’ ma desiderava riposare. Solo riposare. Quando guardava qualcosa intensamente al buio, i suoi occhi brillavano, era una caratteristica della loro specie. A volte veniva usata per intimorire i prigionieri. Ma quello sguardo lo fece solo perché voleva un po’ di tranquillità.
Strawberry lo guardò, iniziava a sentire caldo.

Senza rendersene conto si alzò, e si avviò verso il letto di Ghish.
Ghish che era crollato nei suoi pensieri, non percepì affatto la presenza della ragazza che si avvicinava.
‘Adesso.. o mai più!’ penso’ la ragazza-gatto.
Aprì gli occhi solo quando si rese conto che il suo letto sprofondò un po’di più sotto il suo peso, lentamente aprì gli occhi, per lo stupore aveva la bocca dischiusa.
Strawberry si mise a gattoni su di lui, lo guardava, aveva gli occhi lucidi, non se lo sapeva spiegare, ma agì senza pensare.
Lentamente scese sempre di più con il viso.
Unì le sue labbra a quelle di Ghish.

  
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