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Autore: xCyanide    11/07/2012    2 recensioni
La storia che sto per raccontarvi vi rattristerà, ne sono consapevole. Vi farà ripensare a quello che le persone intendono per amore e a quello che invece intendevano loro. Vi farà rivalutare la pazzia.
La storia che vi sto per raccontare parla di loro.
Di Gerard e Frank.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Cosa siamo noi, Frankie? – gli domandai, prendendogli la faccia tra le mani.
Lui mi sorrise, complice. –Siamo una squadra, Gee. Ce la faremo, amore.
Gli diedi un leggero bacio e gli carezzai una guancia. –Si.
Feci un respiro profondo, prima di scendere dalla macchina, rubata poco prima, e impugnare la mia fedele magnum. Vidi Frankie sistemarsi bene la cintura dei pantaloni e dirigersi dritto verso la porta della banca. Mi sorrise un’ultima volta prima di prendere la sua pistola per puntarla davanti a sé.
Spinsi la porta d’ingresso tenendo ancora la magnum bassa. Sentì un cassiere, quello della postazione a sinistra, esclamare distintamente un “Oh, cazzo, sono loro” prima di fare una faccia terrificata. Portò le mani alla cassa, come a volerla proteggere.
Mi sembrava triste e banale urlare “Fermi tutti, questa è una rapina!”, così mi limita a puntare la magnum verso le casse e a controllare se Frank stesse bene.
I clienti si erano pietrificati, come se fossero congelati dal terrore. Li capivo, anche io sarei stato spaventato a vederci. Sapevo che avevano parlato di noi dappertutto, così tutti ci conoscevano, tutti sapevano che noi eravamo come i Bonnie e Clyde della nostra generazione. E tutti erano terrificati.
-Allora, ragazzi, se ci date retta andrà tutto bene, garantito – urlò Frank, guardandosi intorno.
-Giù, tutti a terra! – ordinai, con voce ferma. –No, te no! – indicai il cassiere di prima, che aveva sempre di più gli occhi fuori dalle orbite. –Tu ci servi.
Le persone nella stanza ci obbedirono tutte, compresi gli altri impiegati. Nessuno faceva storie, nessuno ci diceva di no, bastava che vedessero una pistola. Poi, se fosse stata carica o no, quello era un altro discorso.
Notai una bambina, lei non l’avremmo toccata. Avevamo come un libro di regole non scritte, io e Frankie, le donne e i bambini non dovevano essere assolutamente toccati, un po’ come la mafia italiana. Eravamo uomini d’onore, noi.
Mi incamminai verso il cassiere, che aveva le mani in alto e stava letteralmente tremando dalla testa ai piedi. Porsi una mano verso di lui, rivolta verso l’alto.
-Le chiavi delle casseforti – precisai. –E se provi a chiamare la polizia, sei morto, amico.
Lui mi lanciò nella mano le chiavi e si ritrasse velocemente dietro il bancone. Frank mi sorrise e mi feci tintinnare il ferro che avevo in mano, prima di dirigermi nei locali dietro.
Avevamo studiato quella banca per una settimana, la conoscevo a memoria, e ogni cosa era al suo posto. Cominciai ad armeggiare con le chiavi per trovare la serratura giusta e aprii la prima cassaforte. –Si, cazzo! – esclamai.
Sentivo intanto Frank, nell’altra stanza, che teneva d’occhio gli ostaggi e stava intimando a qualcuno di non muoversi assolutamente. Beh, se voleva, poteva fare davvero paura.
Entrai nell’anticamera, se così si poteva chiamare, trovandomi davanti un’altra porta blindata. La scassinai con facilità e mi ritrovai davanti scaffali pieni zeppi di soldi e tesori di ogni genere.
Si poteva dire che avevo una specie di fissa per l’oro in generale, mi mandava in ecstasy vederne così tanto tutto insieme. Risi, proprio come uno psicopatico, e mi sbrigai a racimolare più cose possibili, infilandole nella borsa, in modo quasi febbrile e malsano.
Ero contento, davvero sulle nuvole. Pensare che poi tutto quel denaro sarebbe stato nel comodino della nostra nuova casa, poi… Immaginarmi quante belle cose avrei potuto comprare a Frank, come l’avrei potuto fare davvero felice. Mi strinsi al petto la sacca, con fare materno, e mi apprestai ad uscire, per raggiungere la seconda cassaforte.
-Gerard, cazzo, esci di lì, corri! – sentii urlare. Era Frankie, che si trovava ancora nell’altra stanza, sembrava mi stesse implorando di sbrigarmi, come se ne andasse della mia vita. –Gerard! – strillò di nuovo. –Il commesso ha chiamato la polizia!
Mi pietrificai a quelle parole. Erano state il mio incubo per mesi interi, mi veniva quasi da piangere. Alcune collane di diamanti mi scapparono di mano e si infransero a terra, rovinosamente.
Non riuscivo a muovermi, sentivo il mio cuore che batteva talmente forte che sarebbe scoppiato da un momento all’altro. I muscoli del mio corpo non rispondevano, non mi sentivo più le gambe.
Il mio primo pensiero, però, andò al mio Frankie. Avrebbero anche potuto uccidermi, ma gli avevo promesso che quei figli di puttana non lo avrebbero toccato. E non lo avrebbero fatto, garantito. Anche se nella mia testa si erano create già immagini del mio ragazzo ammanettato e sbattuto con poca delicatezza sul cofano di una maledetta volante. Avevo sempre avuto una fervida immaginazione, soprattutto nei momenti di panico. Non trovate?
Vidi Frank correre verso di me e strattonarmi per un braccio, facendomi quasi risvegliare da un sogno a occhi aperti. Lo guardai terrorizzato e lui mi rassicurò con il solo sguardo. –Dobbiamo andare – mi ordinò, tirandomi per la manica della maglietta. –Quel figlio di puttana ha spinto il tasto di emergenza e stanno arrivando le volanti, Gee, lo capisci?
Annuii poco convinto e lo seguii fino all’altra stanza. Mi ripresi soltanto quando vidi la faccia soddisfatta del commesso, che ci guardava come se avesse vinto. Impugnai per bene la mia magnum la puntai nella sua direzione, nonostante la distanza. –Ti avevo detto che se avessi chiamato la polizia saresti morto – ricordai. –Io porto sempre rispetto alle cose che dico – spinsi il grilletto, senza dargli tempo di realizzare che avrebbe smesso di respirare. Se non altro era stata una morte indolore.
Delle urla si levarono dagli altri ostaggi, terrificati di aver visto la morte di qualcuno. Risi di loro, continuando a camminare deciso, stavolta, dietro Frankie.
Uscimmo fuori, salendo velocemente in macchina. Lui era al posto di guida, al contrario dell’andata, e mi aiutò a sistemare la refurtiva nei sedili posteriori.
Mise in moto la macchina e l’ultima cosa che sentimmo erano i suoni delle sirene in lontananza.
 
Sbuffo. L’ultima cosa che vorrei è trovarmi qui. Helwin mi ha dato come un foglio con degli orari delle varie sedute che devo fare. Ha insistito tanto perché ne facessi anche una di gruppo, “per evitare di farti perdere la voglia di stare con le altre persone, Gerard” aveva detto. Io la voglia di stare con la gente l’avevo persa da un bel po’, precisamente da quando ti avevano ucciso. Ho perso la voglia di fare tutto, in realtà. Non mi va nemmeno di alzarmi dal letto la mattina, sento le gambe pesanti, i piedi non rispondono, proprio come quando ti ho sentito urlare che il cassiere aveva chiamato la polizia.
“Queste sono cose brutte da ricordare, Gee” mi rimbecchi. “Dovresti invece pensare a quando ci mettevamo a letto e ci coccolavamo, o quando giocavamo a contare i tatuaggi che avevo, nonostante fossero troppi e perdessimo sempre il conto”
Sorrido. Si, mi piacerebbe poter ricordare solo quelli. Lavare via con l’acido i ricordi brutti e dolorosi. Pensare che tu sia davvero ancora qui con me, e che, invece, non ti trovi due metri sotto terra, senza la capacità di respirare ancora.
Non mi hanno nemmeno fatto partecipare al tuo funerale, Frankie. Dicevano che sarebbe stata una botta troppo forte per la mia sofferenza, non avrei retto. Ma loro non si rendono conto di quanto io mi sarei sentito bene anche lì, perché ti avrei avuto comunque più vicino. E poi, la sai una cosa? Io sono già pezzi.
Qualche giorno fa ho scoperto il vero significato della parola “schizofrenia”. Significa “mente divisa”. Helwin mi ha spiegato che le allucinazioni uditive sono all’ordine del giorno dentro questa specie di clinica, e che la malattia diventerà incurabile se comincerò anche a vederti. Ma… oh, come mi piacerebbe poterti anche solo intravedere per un’ultima, maledettissima, fottuta volta! Osservare per bene il colore dei tuoi occhi, la forma armoniosa delle tue labbra, le piccole fossette che ti si formano sulle guance quando sorridi. Venderei l’anima al diavolo per poterti salutare un’ultima volta, Frankie, davvero. E…
-Allora, ragazzi – una voce interrompe il flusso dei miei pensieri. Come detto, Helwin mi ha mandato al fare le sedute di gruppo e oggi è la mia prima volta. –A chi tocca, ora?
Da quello che ho capito, e dal poco che ho sentito, c’è gente davvero pazza lì. C’è una ragazza che ha tentato di dare fuoco a casa sua, un altro che passa le giornate a cercare di scongiurare attacchi alieni (proprio oggi avrebbero dovuto conquistare il mondo, ma , senza alcun motivo apparente, non l’hanno fatto) e un altro ancora che è convinto di essere perseguitato da una squadra di footballer zombie.
-Vuoi parlare tu? – mi indica la psichiatra. E’ lì, insieme a Helwin. –Sei nuovo, perché non ti presenti?
“Non ti da fastidio che ti parlino come se fossi un bambino?”
-No, grazie, passo – sussurro. So che mi ha sentito perché fa una smorfia di disapprovazione, ma sinceramente non me ne fotte un cazzo.




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xCyanide's Corner
Buonasera (o dovrei dire notte, dato che è l'1.34) Motorbabies! 
Credo che non ci sia niente da dire su questo capitolo, tranne il fatto che il commesso della banca è un grande bastardo D:
Mi raccomando recensite!

Alla prossima, xCyanide

  
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