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Autore: Ventitre    11/07/2012    0 recensioni
Finito il liceo daniel decide di andare a studiare in America, dove è nato per ritrovare anche il padre. Chiara innamorata di lui fin da quando lo ha conosciuto a 4 anni si sente sprofondare in un totale vuoto. Ma la ragazza è in gamba e reagirà prima con lo studio, poi con il lavoro (giornalista in un giornale locale) e con la sua casa, la prima tra i suoi amici ad avere una casa sua a 25 anni.
Ma dopo 6 anni ecco la notizia più temuta, Daniel sta per tornare. Lei giornalista, lui scienziato, riusciranno finalmente a far quadrare le loro vite?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era già arrivato venerdì. Da quella domenica sera Chiara non aveva più rivisto Daniel, si era buttata a capofitto nel lavoro proprio per non pensare a quel giorno, o meglio a quella sera. Ma pian piano che i giorni passavano un sospetto si fece largo tra i suoi pensieri: non si erano più risentiti, e se lui si fosse dimenticato del NON appuntamento? Era agitata, nervosa, voleva chiamarlo per sapere se si ricordava di quella sera, ma non aveva il suo numero di telefono – non lo aveva mai avuto, altra cosa assurda della loro ‘amicizia’, non si erano mai scambiati il numero di cellulare – e poi forse in realtà non avrebbe mai trovato il coraggio di chiamarlo.
 
Alle quattro di quel pomeriggio però il suo cellulare iniziò a squillare. Guardò il display, era un numero che non conosceva.
“Pronto?“
“Ciao Chiara, ti disturbo?”, era lui.
“Chi parla?”, non voleva dargli la soddisfazione di aver riconosciuto la sua voce subito. Lo sentì sbuffare un pochino, o era solo la sua immaginazione?
“Sono Daniel”
“Ah, ciao Daniel, no no, dimmi pure”
“Niente… ti…ti volevo ricordare il cinema di questa sera…”
‘Sbaglio o sta tentennando?’ si chiese Chiara? Quella voce incerta le fece tenerezza. “Si Daniel me lo ricordo, ancora convinto di voler passare tu a prendermi?” C’era stata troppa durezza in quelle sue parole, lo aveva notato, ma non ne aveva potuto fare a meno. Era come un riflesso incondizionato, sentiva di doversi proteggere, ed essere dura era il suo unico modo per proteggersi, anche se solo apparentemente.
“Ok…”,esitava ancora “si sono sicuro…passo a prenderti alle dieci ok?”
Chiara aveva chiesto di andare al secondo spettacolo perché così poteva lavorare di più, ma quel giorno si era accorta di non riuscire a concentrarsi a causa proprio di quell’uscita, si disse dentro di sé che prima andavano al cinema e prima sarebbe finita. “Si…No...Daniel…pensavo…”, lui non le dette il tempo di finire “Che c’è, hai cambiato idea? Non vuoi più venire?” Sentiva qualcosa di strano nella sua voce, come un miscuglio di tristezza e rabbia.
“No”, si affrettò a rispondere Chiara, “Volevo solo chiederti se ti andava bene anticipare allo spettacolo prima…cioè se per te non è un problema, se poi hai da fare è uguale, mi rendo conto che sia un po’ tardi…”Quel loro dialogo sembrava una danza, fatta di incertezza, incomprensione e paura. Lui rispose subito di scatto “No no, nessun problema, va benissimo anche lo spettacolo prima…però…passo a prenderti verso le otto e mezza allora, va bene?”
“Si, ok, ti aspetto allora”. “Chiara”, la chiamò lui, “a quale campanello devo suonare? Non ricordo”. Era come se le chiedesse scusa con quelle parole. Qualche volta quando era piccola e viveva in quell’appartamento con i suoi probabilmente era venuto a trovarla, forse per qualche compleanno, ma non di più. “Si c’è il mio nome Daniel, comunque è il primo dal basso.” “Va bene, a dopo Chiara”. Non gli dette nemmeno il tempo di salutarlo, ce aveva già riattaccato.
Le era sembrato strano come se un turbinio di emozioni lo stessero attraversando: felicità, tristezza, rabbia, sorpresa, amarezza, ma forse erano solo le sue di emozioni che lei stava riflettendo in lui.
 
Arrivarono così le otto e mezza di sera. Ci aveva messo delle ore a prepararsi e il risultato finale furono un semplice paio di jeans e una maglietta della Nadir Positano a tre quarti che le avevano regalato i suoi, con righe sottili bianche  e azzurre e poi tutti i soliti fronzoli che erano il simbolo di quella marca. Le sue chipie blu ai piedi, una spruzzata del suo profumo, ma niente trucco. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla truccata per un’uscita con lui che poi non era nemmeno una vera uscita, andavano solo a vedere un film insieme, e se fosse andata con Simone o Tommaso non si sarebbe mai truccata per stare tutta la sera al buio.
Il campanello suonò e lei tremò di terrore. Il panico l’assalì, ma dopo anni e anni di finzioni accanto a Daniel era diventata piuttosto brava a non far trasparire quello che provava. Rispose al citofono “Daniel?”, “Si”, “Arrivo”. Non aprì il portone principale, dove fare un solo piano di scale per arrivare da lui e quindi le sembrava inutile farlo entrare…e forse un misto di soddisfazione e cattivare non vedere la faccia di lui appena delusa quando arrivò al portone. Fu un attimo, perché non appena la vide arrivare il suo viso si illuminò di un sorriso dolcissimo. Chiara si sentì svenire. Per anni avrebbe voluto vedere quel sorriso rivolto a lei, perché proprio ora? Varcò la soglia e lo salutò con un leggero imbarazzo, non sapeva se avvicinarsi per un bacio sulla guancia, se in un forzato abbraccio o semplicemente dirigersi verso la macchina. Fu lui a decidere, le si avvicinò e le poggiò un leggerissimo bacio sulla guancia, appena sfiorato. Poi si voltò verso la macchina. Il tragitto fino al cinema fu veloce e Chiara nemmeno si accorse di essere arrivata perché era stata intenta a rispondere a tutte le domande di cui lui l’aveva tempestata. Le aveva chiesto dei suoi, come stavano, cosa facevano, come era il suo lavoro, come si trovava, se le piaceva, cosa faceva, come scandiva la sua settimana; insomma le chiese veramente di tutto.
 
Solo una volta arrivati alla biglietteria del cinema lui smise di farle domande. Chiese due biglietti per ‘The Avangers’ e quando lei tirò fuori il suo portafogli lui le mise una mana sopra e disse “Ci rifacciamo dopo”, lei gli vide tirare fuori una banconota da 20 e pensò che probabilmente voleva spicciolarla per un eventuale resto. Si avviarono così verso la sala senza che lei facesse storie, una volta dentro, visto che era presto e le luci erano ancora accese lei si girò per chiedergli quanto gli doveva ma lui la precedette “Torno subito”, disse e si alzò. Chiara lo guardò sorridendo pensando alla battuta che gli avrebbe fatto non appena fosse tornato ‘hai la vescica di un vecchio di ottant’anni?’, in fondo non era nemmeno passata mezz’ora da quando probabilmente lui era uscito di casa.
Tornò cinque minuti dopo con in mano un pacchetto gigante di poc-corn una bottiglietta d’acqua e una coca cola, e le disse “Non sapevo se preferissi acqua o coca e le ho prese entrambe”. Si girò verso di lei e si mise a sghignazzare. Chiara sorpresa gli chiese cosa avesse mai da ridere tanto e lui rispose “Hai un’espressione buffissima”. Lei mugugnò qualcosa e poi sussurrò quasi imbronciata “Mi hai sorpresa, tutto qua”. Lui sembrò non capire a cosa si riferisse, ma molto semplicemente le offrì coca e acqua e le chiese “Allora, quale preferisci?”, lei prese l’acqua e poi gli chiese quanto gli doveva. Lui disse “Niente, mi è sembrato quasi di doverti trascinare a vedere questo film con me, figurati se mi faccio anche rendere i soldi!”, lei rimase di stucco “ma no dai, che trascinare, sono venuta volentieri…” e lui fece una leggera smorfia e un fischio come per dire ‘si, come no, volentierissimo’ e quel gesto la fece scoppiare a ridere. Era semplice Daniel, non come il ragazzino che si ricordava lei sempre pronto a dirle qualcosa di spiacevole tanto per vederla stare male. E a quel punto anche lui si mise a ridere. Chiara si dimenticò all’istante dei soldi che voleva rendergli, quella risata genuina le aveva fatto dimenticare tutte le tribolazioni, i dubbi e le incertezze degli ultimi giorni in attesa di quella sera. Il film iniziò dopo poco. Aprì la bottiglietta dell’acqua in un baleno mentre lui era già pronto a fare il prode cavaliere e aprirgliela. Quando lei si rese conto disse “Tranquillo, vivendo da sola ho imparato ad aprire ogni tipo di bottiglia”, e con un sorriso si voltò verso lo schermo. Sentiva però lo sguardo di lui sempre su di sé, si rese conto che quasi tratteneva il fiato. Averlo così vicino, sapere che la stava guardando le provocò un brivido di piacere. Poco dopo però iniziò a farsi prendere dal film. Quando lo aveva visto arrivare con la confezione maxi di poc-corn aveva subito pensato a una qualche scena imbarazzante tipo film delle loro mani che si sfioravano per caso mentre entrambi cercavano di prenderne uno. Ma non era mai successo, a fine serata lei si chiese se lui non fosse stato attento apposta a non sfiorare la sua mano con quella di lei.
 
Finito il film tornarono alla macchina. Usciti da quella stanza buia era come se tutto fosse tornato come un tempo, non c’era più rilassatezza, era tutto troppo forzato; lui che tentava di fare conversazione sul film e lei che rispondeva senza guardarlo negli occhi.
“Insomma, non ti facevo una a cui piacesse un film del genere” disse Daniel appena arrivato sotto casa sua. “Bè ti sbagliavi, mi piacciono un sacco questo genere di film!” rispose lei cercando di sembrare il più tranquilla possibile. Erano davanti a casa sua, dovevano salutarsi, non c’era più niente da dirsi, la serata si doveva concludere lì, ma non sapevano come farla concludere, era ovvio. Era stato tutto così strano: strano andare al cinema con Daniel, strano lui a offrirle tutto, strana lei a sentirsi completamente rilassata quando le luci si erano spente, strano non sentire mai la mano di lui dentro quel pacchetto di poc-corn, strano che in tutte quelle ore insieme non si fossero ancora detti niente di spiacevole, strano che lui cercasse anzi di risultare piacevole.
Il saluto, alla fine, fu una leggera carezza della mano di lui sulla sua, come se per tutto quel tempo avesse aspettato il momento giusto per farle sentire quel contatto, per far scaturire quell’elettricità. Fu un istante, mentre le sussurrava un ‘buonanotte’ e poi la lasciò. Chiara tornò in casa, si chiuse la porta alle spalle e si guardò la mano. Sentiva come un leggero formicolio. Quella sera era andata meglio di come aveva pensato, ma era finita. Ora doveva tornare alla sua vita di sempre e smetterla di fantasticare su Daniel, erano andati al cinema insieme perché entrambi volevano vedere lo stesso film, lui si era comportato bene perché giustamente ormai non era più un bambino e sapeva comportarsi da adulto. Tutto qui. Meglio tornare adesso con i piedi per terra, o non ne sarebbe uscita viva.
 
  
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